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Channel: mangiare greco - cucina greca con tutte le ricette tipiche
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prasoselino (porri e sedano stufati)

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E’ tutto una questione di equilibri. Quasi sempre si risolve tutto abbinando e mescolando sapientemente gli ingredienti, trovando quel equilibrio che spesso è difficile da raggiungere usandoli singolarmente. Che si tratti di sapori, di colori, di consistenze, di forme e di temperature, è sempre importante un  istinto molto sviluppato. Laddove l’istinto difetta, la conoscenza e lo studio diventano necessari,  sia pure nelle piccole faccende quotidiane.
Così io che ho sempre adorato il sedano verde con le foglie, per via di quel suo sapore leggermente piccantino e vagamente amarognolo e non ho mai amato i porri (tranne che per questa zuppa), ho dovuto arrivare alla mia veneranda età per scoprire che le due cose insieme stanno divinamente. 
Di questa ricetta molto popolare ma che ignoravo, (lo studio... si diceva sopra)  ci sono varie versioni, di cui una con la carne di maiale e tutte generalmente senza pomodoro.
Io ho optato per una versione vegan con il pomodoro, prendendo spunto da Elias Mamalakis, che anzichè le patate usa il sedano rapa e profuma con un poco di noce moscata.


Ingredienti:
-          1 porro grande
-          1 mazzo di sedano verde con le foglie
-          1 cipolla bianca tritata
-          2 patate medie
-          1 pomodoro  tagliato a dadini
-          1 tazzina da caffè di passata di pomodoro
-          brodo vegetale
-          il succo di mezzo limone
-          sale
-          1 peperoncino piccante tritato
-          5 cucchiai di olio evo
Procedimento:
Puliamo il porro e il sedano e li laviamo accuratamente. Tagliamo in porro a rondelle abbastanza grosse, usiamo pure la parte verde e il sedano a pezzi anche questi un po’ grossi.
Scaldiamo l’olio in una pentola e versiamo il porro, il sedano, la cipolla e il peperoncino, tutto insieme ad appassire.  Uniamo le patate tagliate a spicchi, aggiungiamo il pomodoro e la passata diluita in 1 tazza di brodo vegetale. Saliamo, mescoliamo e cuociamo a pentola coperta per circa mezz’ora. Versiamo il succo di limone e ritiriamo dal fuoco.
Si mangia sia caldo che freddo.





uova in salamoia/avga toursi

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Famosi per la loro ospitalità, tanto che i viandanti avevano un Dio protettore,  Zeus Xenios, gli ateniesi spesso davano dei banchetti, i famosi simposi. Per le compere e i preparativi si recavano al punto nevralgico della città, l'agorà.

I contadini dell’Attika arrivano al mercato prima dell’alba con capre e capretti, lepri,  uccelli e uccelleti. I proprietari terrieri intorno alla città mandano i loro prodotti per scambiarli. Dal Pireo e dal Faliro arrivano i pescatori. Nei loro cesti portano tonno, anguille che gli ateniesi adorano dal Ponto Eusino, triglie dall’ arcipelago.
Dai piccoli negozi e drogherie si espandono e si mischiano miriadi di odori. Frutta fresca e secca, incensi, pelli, sottaceti, melanzane, sangue rappreso, vino, erbe, ciambelle calde che calamitano i nasi degli avventori affamati.
Il rumore è assordante, la folla si muove in tutte le direzioni. Aristofane immortala un salumaio che vende salsicce calde sulla tavolozza appesa al collo, e alcuni ispettori sanitari che controllano che le leggi siano rispettate. Che i pani siano lunghi quanto previsto, che i pescivendoli non spruzzino acqua sui pesci. Le donne povere arrivano con sfoglie di pasta o con corone di fiori.
Nella parte riservata ai  verdurai ci si può sbattere il naso sulla madre di Euripide, giacchè, come ci informa Aristofane era una semplice verduraia.
Il mercato era concepito con un disegno ben preciso. Ogni categoria di alimenti ha il suo spazio dedicato. Il cliente sa dove troverà pane, pesce, formaggio, verdure, olio, sa dove troverà cuochi e danzatrici se si tratta di un simposio.  I cuochi che hanno imparato l'arte di cucinare i cibi a Siracusa, si radunano tutti i giorni in un punto preciso del mercato.  Avevano un ruolo importante nella vita cittadina se si considera la pletora di aneddoti che li riguardano, nelle commedie greche, dove il cuoco viene presentato come bugiardo, ladro, chiacchierone e abbuffone. Senofonte era indignato dal numero dei piatti raffinati che si cucinavano alla sua epoca, Platone ha cacciato senza esitazione, dalla Repubblica, tutti i cuochi.
Gli spartiati probabilmente pensavano che il gusto raffinato per il cibo porta all' indebolimento dello stato e così prendevano cuochi che cucinavano piatti di carne semplici e austeri, cacciando dalla città chi si azzardava a proporre nuove pietanze.


Le uova in salamoia  non so se le facevano, forse che si forse che no.
Mettere in un pentolino con acqua fredda 18 uova di quaglia (dico 18 perchè tanti erano nella confezione che ho comprato)  e far bollire per 4 minuti da quando stacca il bollore. Togliere dall’acqua e immergerle in una bacinella con aceto bianco. Lasciare 20 minuti e nel frattempo preparare una salamoia come segue: mettere in un recipiente ½ litro di acqua e immergere un uovo crudo di gallina precedentemente lavato, che non è entrato in frigorifero. Versare tanto sale quanto serve perché la punta dell’uovo emerga dall’acqua. Togliere l’uovo.
Sgusciare le uova di quaglia, metterli in un barattolo sterilizzato e versare sopra tanta soluzione di salamoia fino ad arrivare a ¾ del barattolo.  Mettere dentro un gambetto di sedano, grani di pepe bianco, nero, rosso e verde, qualche chicco di pimento e finire di riempire il barattolo con un buon aceto bianco, mescolato con un paio di cucchiai di aceto balsamico, per far prendere quel bel colore.
Se il barattolo è grande e le uova galleggiano, incastrare all'apertura laddove finisce la soluzione, qualche stecchino di legno per impedire che fuoriescano.
Tappare e mettere in luogo fresco e buio, si possono mangiare dopo una decina di giorni, condite con un filo di olio evo.
Una volta aperto il vasetto, conservare in frigorifero, ma non credo dureranno molto.

Note: le uova di quaglia sono bellissime, sembrano sassolini in riva al mare, ma una volta messe nell’aceto, quella bella pellicina si stacca. Bisogna quindi lavarle per toglierla e non sporcare le uova quando le sgusciamo.
Immagino non ci sia bisogno di dirlo, la stessa ricetta la facciamo anche con le uova di gallina.

Credits
Ricettada qui.
Fonte del testoqui.



arance amare sciroppate al cucchiaio/neratzaki glyko koutaliou

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Le vie di Atene che amo di più non sono quelle del centro. Sono quelle di periferia, dove spesso capita di trovarne delle alberate. Alberi di mimosa, aranci, limoni, ulivi, melangoli.
La parte di Atene dove abita mia madre è piena di melangoli. Intorno a dicembre offrono uno spettacolo meraviglioso con i loro frutti così tondi e così arancioni che sembrano delle palline colorate sull’albero di Natale.
Nessuno li raccoglie e va a finire che cadono sulla strada e sui marciapiedi spapolandosi e sporcando in giro. La gente non li tollera più, tanto che il dirimpettaio di mia madre spesso minaccia di andare a innestarli per farli diventare degli aranci dolci. Almeno fa le spremute!
Se l’ha fatto non me l’ha detto, ma per fortuna sono rimasti ancora tanti da poter preparare questo magnifico dolce sciroppato al cucchiaio, vagamente piccante e leggerissimamente amaro, quel tanto che serve per ricordarci che esiste anche il sapore amaro e se ben calibrato è delizioso.
Il dolce con le arance amare si può fare anche con le arance mature, in quel caso si fa con le scorze e ovviamente il suo colore è un bel arancione.
Questo invece si fa con le arance ancora verdi. La sua difficoltà maggiore sta nel bucarle perché sono molto dure.  Se riesco a trovarle ancora, provo il metodo che suggerisce questo blogger, cioè di farle bollire  un poco per farle ammorbidire, bucarle e continuare la bollitura.

Ingredienti:
-          arance amare (una trentina o quante ne volete)
-          1 kg di zucchero semolato
-          1 ½ bicchiere di acqua
-          1 cucchiaio di glucosio
-          1 cucchiaio di limone
Procedimento:
I frutti vanno raccolti tra giugno e luglio, quando sono  verdi, piccoli e ancora senza semi,  nelle dimensioni di una piccola noce, circa 2,5 / 3 cm. di diametro.
Lasciarle per un paio di giorni (senza chiuderle in un sacchetto) e successivamente con un oggetto metallico, tipo un chiodo grande, un attrezzo da cucina che si presti allo scopo, uno spiedo metallico, forarle da capo a capo, partendo dalla parte del picciolo. Cercare di togliere eventuali semi e parte della polpa. Per me questa era una mission impossible, quindi quello che è rimasto dentro è rimasto, comunque di semi non ne abbiamo trovati.
Mettere a bollire in abbondante acqua finchè non diventano morbidi della consistenza di un fico maturo.
Se avete fretta meglio usare la pentola a pressione. Io ci ho messo quasi 4 ore. Quando sono morbide, spegnere e lasciare che raffreddino nell’acqua.
Trasferirle in una bacinella piena di acqua fredda. Lasciarle per  2/3 giorni, cambiando l’acqua ogni 4 o 5 ore. Questo trattamento serve per far perdere il sapore amaro.
Passati questi giorni, mettere di nuovo a bollire per una decina di minuti. Scolare, asciugare bene  e preparare lo sciroppo.
Mettere a bollire lo zucchero con l’acqua. Far bollire per 5 minuti e tuffare dentro le arance. Far bollire per 7 minuti e spegnere. Lasciare per 24 ore e ripetere il giorno successivo. Lasciare per altre 24 ore e finalmente completare la bollitura versando il glucosio e il limone. Ritirare quando lo sciroppo avrà raggiunto la consistenza giusta. Per verificarlo, versare un poco di sciroppo in un piattino. Far raffreddare velocemente e con la punta di un coltello segnare un solco. Se il solco resta aperto è pronto. Nel caso lo sciroppo tardi a rapprendersi e si rischia di spapolare le arance, toglierle e portare a completamente lo sciroppo. Quando avrà raggiunto la giusta consistenza rimetterle dentro.
Versare in vasi sterilizzati, tappare, capovolgere e lasciare raffreddare.





merluzzo all'acqua pazza / φρεσκα μπακαλιαρακια στο τρελλο νερο

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Το αλατι μεχρι πριν λιγα χρονια ηταν κρατικο μονοπολιο. Χαρακτηριστικη η ταμπελα των μαγαζιων που ειχαν την αδεια να πουλανε αλατι και τσιγαρα, και αυτα επισης κρατικο μονοπολιο,  “sale e tabacchi”.



Στις 6 φεβρουαριου 1882, ο φημισμενος ναπολετανος γιατρος Antonio Cardarelli, εξ ου και το ομωνυμο νοσοκομειο στην Ναπολι, ο οποιος ηταν και βουλευτης, εβγαλε λογο στην βουλη ζητωντας να καταργηθει το κρατικο μονοπολιο του αλατιου, το οποιο χαρακτηριστικα ονομασε “φορο στην μιζερια”, μιας που η διατροφη των αγροτων ηταν βασισμενη σχεδον εξ ολοκληρου σε λαχανικα και οσπρια, οποτε χρειαζοντουσταν το αλατι πολυ περισσοτερο απο αλλα κοινωνικα στρωματα.
Οι ιταλοι του νοτου δεν κατεβηκαν σε διαδηλωσεις, αλλα αρχισαν μια μορφη κοινωνικης διαμαρτυριας, και ισως με αυτο το περιστατικο συνδεεται το ονομα αυτης της συνταγης που δεν την συναντουμε μονο στην Ναπολι, αλλα σε ολες τις νοτιες περιοχες της τιρρηνικης θαλασσας, και που φυσικα προυπηρχε ποιος ξερει απο ποσον καιρο, και μαγειρευοταν σε θαλασσινο νερο και απο τους ψαραδες που εβγαιναν με τις βαρκες, και ειχαν μεν ποσιμο νερο, οχι ομως και τοσο ωστε να μαγειρευουν κιολας.
Η συνταγη ειναι απλουστατη και κατα τα γαστρονομικα μου γουστα ενας απο τους καλυτερους και απλουστερους τροπους για να μαγειρευτει ενα ψαρι το οποιον μπορει να ειναι φαγκρι, λιθρινι, φρεσκος μπακαλιαρος, οποιοδηποτε ψαρι με λευκη σαρκα. Επισης, εαν θελουμε, δεκα λεπτα πριν το τελος του ψησιματος, προσθετουμε μερικα μυδια και κυδωνια.

Εαν προτιμουμε, αντι για φουρνο ψηνουμε στο ματι της κουζινας.

Υλικα:
-          4 μπακαλιαρακια φρεσκα συνολικα 1 κιλο
-          2 σκελιδες σκορδο ψιλοκομμενο
-          μαιντανο ψιλοκομμενο
-          0,75 lt νερο
-          1 ποτηρι ασπρο κρασι
-          2 ντοματες φρεσκες κομμενες σε κυβακια  η ντοματινια κομμενα στα δυο
-          3 κουταλιες εξτρα παρθενο ελαιολαδο
-          αλατι
-          μπουκοβο
Διαδικασια:
Βαζουμε ολα τα υλικα σε πυριμαχο σκευος και το τοποθετουμε στον φουρνο για 20 λεπτα στους 200 βαθμους.
Καθαριζουμε τα ψαρια απο εντοσθια, κοβουμε τα πτερυγια και την ουρα, τα πλενουμε καλα και τα στεγνωνουμε. Χαμηλωνουμε την φωτια στους 180 βαθμους, προσθετουμε τα ψαρια και ψηνουμε για αλλα 20 λεπτα, χωρις να τα γυρισουμε. Εαν τα ψαρια ειναι μεγαλα τα γυριζουμε μια μονο φορα, με προσοχη,
Βγαζουμε απο τον φουρνο, τα κοβουμε σε φιλετα εαν θελουμε, και ριχνουμε επανω το νερο καυτο.
Εαν δεν εχετε πολυ καλο ψωμι για βουτες, λεω να φιαξετε κατι αλλο!


Sale  marino rosso hawaiano, sale nero di Cipro, sale rosa himalayano, fior di sale di Camargue, sale marino affumicato, sale blu persiano, sale di Maldon, sono i primi sali che mi vengono in mente quando penso al sale e che vedo praticamente sempre quando vado al supermarket sotto e sottolineo sotto casa mia!
Sembrano passati secoli da quando il sale era solamente  “sale grosso” e “sale fino”, monopolio di stato.
Non entro nel merito delle politiche economiche di uno stato, per carità, ma la versione della nascita del nome, e sottolineo del nome, dato che la ricetta è molto più antica, che la fa risalire a una sorta di disobbedienza civile della “tassa sulla miseria”, come la definì il celebre medico e deputato Antonio Cardarelli in un suo discorso alla camera, il 6 febbraio 1882, chiedendone l’abolizione, mi piace, mi piace assai!!!
Aggiungo che il pesce veniva cucinato nell'acqua di mare così non aveva bisogno di sale, ma senz'altro non aspettavate che ve lo dicessi io!!!!
Ingredienti:
-          4 merluzzi freschi (circa 1 kilo)
-          2 spicchi di aglio tritati
-          prezzemolo tritato
-          0,75 lt di acqua
-          1 bicchiere di vino bianco
-          2 pomodori freschi tagliati a cubetti
-          3 cucchiai di olio evo
-          sale
-          peperoncino piccante tritato
Procedimento:
Mettere tutti gli ingredienti tranne i pesci in una pirofila e cuocere al forno a 200 gradi per 20 minuti.
Abbassare a 180 gradi, aggiungere i pesci e cuocere ancora per 20 minuti. Questi pesci non hanno bisogno di essere girati, ma se sono più grandi, girare una volta con attenzione.
Togliere dal forno, tagliare a  filetti se preferite,  e versare sopra il brodo caldo.



               wiki

horiatiki per un arrivederci

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Prima di passare alle insalate autunnali, ho preparato questa  per dire arrivederci all’insalata greca più famosa, un pochino rivisitata, prima di abbandonarla definitivamente per quest’anno ora che è arrivato l’autunno e di cetrioli soprattutto non ce n’è tanta voglia.


Sbucciare un cetriolo, lavarlo e tagliarlo a strisce. Metterlo a marinare per mezz'ora con un poco di sale, origano, un cucchiaio di aceto bianco  e 4 di olio evo.
Lavare 4 pomodori da insalata, tagliarli a spicchi. Tritare al coltello delle buone olive nere. Tagliare una cipolla bianca a filetti. Sbriciolare con la forchetta 100 gr. di feta e mescolarla con 30 gr. di robiola.
Lavare delle foglie di insalata verde. Formare delle “caramelle” con la pasta fillo riempite con un bastoncino di feta e friggere in olio di arachidi.
Versare in una ciotola il cetriolo con la marinata, i pomodori, le olive e il formaggio e mescolare. Rifinire con le foglie di insalata verde, le caramelle di feta e qualche goccia di un buon aceto balsamico.


mele cotte in pasta sfoglia

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Le letture si dividono fondamentalmente in 2 categorie: quelle che richiedono parecchia concentrazione e quelle che ne richiedono poca,  un romanzo leggero, un fumetto….. Veramente ce n'è pure una terza, quella che io definisco "da autobus" e in questa categoria rientrano libri che non avrei letto altrimenti, tipo il diario di Bridget Jones che tutto sommato era divertente!
Le letture della seconda categoria  (quelle della terza no, li leggo veramente sui mezzi pubblici e quando sono sui mezzi pubblici non mangio) sono quasi sempre accompagnate dallo sgranocchiamento di qualcosa.  E questo qualcosa, da quando ero molto piccola a ora che sono molto grande è quasi sempre una mela. Di quelle che piacciono a me, rossa, croccante, succosa. Conseguentemente, dato che di libri ne ho letti tanti ma tanti, ho mangiato a questo punto oserei dire quintalate di mele, e se è vero che una mela al giorno leva il medico di torno, la salute è assicurata fino alla vecchiaia!!!! Meno male!!!
Cotte mi piacciono ugualmente, cioè tanto, ma le faccio molto meno ed è un peccato perché sono veramente inebrianti!


Prendere quante mele volete, meglio rosse, lavarle e senza tagliare togliere il torsolo. Io ho usato quel attrezzo per svuotare le zucchine e funziona alla meraviglia.  Mescolare della cannella e chiodi di garofano in polvere con dello zucchero semolato, ungere le mele da tutte le parti con abbondante burro fuso usando un pennello e rotorarle nello zucchero speziato.
Tagliare dei dischi di pasta sfoglia grandi tanto da poter avvolgere completamente la mela.
Spennellare con un uovo leggermente sbattuto con un pò di latte, spargere dello  zucchero e infornare a 170 gradi per circa 40 minuti.


salamoia bolognese / αλμη μπολονιεζε

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Η αλλη μιση καταγωγη της κορης μου τοποθετειται ακριβως στην μεση του τριγωνου που σχηματιζουν τρεις υπεροχες πολεις, η Μπολονια, η Φερραρα και η Ραβεννα, που ανηκουν στις διοικητικες περιφερειες της Εμιλια και Ρομανια.  Ειναι μια περιοχη που γνωριζω καλα, αμετρητες ειναι οι φορες που εχω παει, σε ολες τις εποχες του χρονου, εχω απολαυσει την φυση και τα προιοντα της επι τοπου και η κουζινα ειναι μια απο αυτες που γνωριζω καλυτερα. Νομιζα. Μεχρι πριν λιγα χρονια, μεχρις οτου δηλαδη ανακαλυψα αυτο το παρασκευασμα που ειναι τυπικο της περιοχης, και λεγεται αλμη μπολονιεζε η αλιονε, απο το αλιο, που ειναι το σκορδο και να που για μια ακομη φορα επαληθευτηκε το παροιμιωδες “γηρασκω αει διδασκομενος”!


Η παρασκευη του ειναι πολυ απλη. Χρειαζομαστε 100 γραμμαρια αλατι χοντρο, μετριος κοκκος, μια σκελιδα σκορδο, μερικους κοκκους μαυρου πιπεριου, βελονες δεντρολιβανου και φυλλα φασκομηλου. Εγω εβαλα επισης ενα φυλλο δαφνης.
Πλενουμε το δεντρολιβανο, την δαφνη  και το φασκομηλο και τα στεγνωνουμε καλα. Μετα βαζουμε τα παντα στο μπλεντερ και δινουμε ενα γρηγορο γυρο. Εναλλακτικα και ως προς το πιο παραδοσιακον, στο γουδι. Η σκονη που θα βγει απο το μπλεντερ ειναι υγρη. Την απλωνουμε σε ταψι ντυμενο με αντικολλητικο χαρτι και την αφηνουμε να στεγνωσει μεσα στον φουρνο. Σβηστος ο φουρνος.
Βαζουμε σε βαζακια με ερμητικο καπακι. Διατηρειται 3 / 4 μηνες και εκτος ψυγειου.
Την χρησιμοποιουμε στα ψητα κρεατα, στα ψαρια, στις πατατες φουρνου και τηγανιτες, πολλοι την βαζουν και στην φημισμενη piadina, πριν να ψηθει.


Curiosamente, la salamoia bolognese o aglione che dir si voglia, l’ho scoperta qualche anno fa. Curiosamente, perché la bassa padana la conosco bene, l’ho battuta per anni e in tutte le stagioni dell’anno, conosco bene (o credevo di conoscere….) la sua cucina e i suoi prodotti, me ne intendo di tagliatelle, tagliolini, ravioli,tortellini, cappelletti, brodi e ragù alla bolognese…..
Ma della salamoia nulla! Mai sentita nominare fino a qualche anno fa. Che non si usi più????

Boh!!! Comunque, per provarla non abbandonarla più, prendere 100 gr. di sale grosso, aghi di rosmarino, foglie di salvia, 1 spicchio di aglio, qualche grano di pepe nero. Io ci ho messo pure una foglia di alloro. Lavare le erbe e asciugarle bene. Tutto nel frullatore, giusto un paio di giri ed ecco un insaporitore genuino e casalingo con le erbe aromatiche del balcone! Stendere in una teglia foderata di carta forno, infilare nel forno spento  e lasciare asciugare  per alcune ore. Versare in un vasetto con tappo ermetico. Si conserva per 3 – 4 mesi e si usa per insaporire gli arrosti di carne, i pesci, le patate al forno e fritte.
Ho letto che qualcuno la usa anche sulle piadine prima di cuocerle.
Se si vuole rispettare la tradizione, usare il mortaio ma io questa volta di tempo ne avevo poco.
  



fondant au chocolat

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Il cioccolato rende magri, secondo una ricerca di un’università californiana.  Secondo questa ricerca fatta su 1000 americani, chi consuma abitualmente del cioccolato ha un indice di massa corporea inferiore a chi ne consuma occasionalmente. Come sottolineano i ricercatori, benchè carico di calorie, i suoi componenti favoriscono la perdita di grasso piuttosto che la sua formazione.
Resta da vedere cosa succede a chi non ne mangia affatto! La ricerca non lo dice, ma tanto io non appartengo a questa categoria, bensì a quella dei consumatori occasionali testè convertita in consumatrice abituale!!!


Ingredienti:
-          260 gr. di cioccolato fondente 70% tagliato a piccoli pezzi
-          300 gr. di panna 35%
-          150 gr. di zucchero a velo
-          2 uova
-          2 tuorli
Procedimento:
Accendiamo il forno a 180 gradi. Versiamo la panna in un pentolino e mettiamo a bollire. Spegniamo subito prima che stacchi il bollore e versiamo sul cioccolato. Mescoliamo finchè il cioccolato non si sciolga del tutto e non sia ben amalgamato con la panna.
In un recipiente mettiamo le uova e i tuorli, aggiungiamo lo zucchero e amalgamiamo con la frusta. Versiamo il composto nel cioccolato e mescoliamo bene.
Imburriamo un anello da pasticceria di 20 cm. di diametro e lo appoggiamo su una teglia foderata di carta forno. Versiamo il composto e inforniamo per circa 30 minuti.
Togliamo dal forno e lasciamo raffreddare.  Sfiliamo l’anello e spargiamo del cacao zuccherato.
Nota: io ho diviso il composto in 2 anelli da 10 cm. Il tempo di cottura resta invariato.


credits:info 
             ricetta

made in Greece???

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Non è molto contenta la Grecia del corso che prendono i negoziati della UE per la sigla di  accordi che prevedono zone di libero scambio con il Canada.

La feta è un formaggio DOP e nessun paese  può usare questo nome per indicare un formaggio simile prodotto al di fuori del territorio greco.   8 anni fa, nel 2005, il tribunale europeo ha dato ragione alla Grecia che rivendicava il nome feta, e soltanto quella prodotta in Grecia può usarlo, rispettando un disciplinare che tra le altre cose prevede esclusivamente l’utilizzo di latte di pecora, con l’eventuale integrazione in minima parte di latte di capra.  Paesi come la Danimarca, Germania, Olanda, che producono “feta”,  usano  la denominazione generica “white cheese” per indicarlo.

Non così fuori dai confini europei, dove il Canada, produttore del  formaggio greco più famoso, usa questo nome, ed è intenzionato a  continuare a usarlo, non soltanto fuori dai confini europei, ma anche all’interno dell’UE, dove con ogni probabilità potrà esportarlo con la benedizione dell’ UE, proprio con il nome “feta”.

Questo almeno sembra l’orientamento della commissione che si è riunita a porte chiuse agli inizi di Settembre. L’unico divieto che pare possa essere imposto è di usare la parola “greek” sulle confezioni di feta “made in Canada”. Sulla via crucis degli interessi dei singoli paesi membri dell’UE, gli interessi di alcuni  vengono sacrificati, ma la decisione definitiva a Novembre.

Credits:info 
              info

lagana con poolish

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Non si dovrebbe fare, ma a giudicare da me, le persone puntuali generalmente sono ansiose. L’ansia di arrivare a un appuntamento in ritardo spinge ad arrivare alla fine in anticipo. L’ansia di perdere un treno, un aereo,  banalmente un autobus, spinge ad arrivare alla stazione, all' aeroporto o alla fermata in anticipo. Ecco, io appartengo a questa categoria di persone. Ansiose e puntuali. E perché ritardi ci deve essere un evento straordinario, che ne so, un cataclisma, un terremoto, uno sciopero, un imprevisto  cui non si può rimediare.
E’ quanto è successo il 16 di ottobre, giornata mondiale del pane. Avevo deciso di postare la ricetta di questo pane  ma poi ho letto questa notizia e mi sono distratta!!!
Premetto che non è periodo di lagana; questo pane è talmente legato  alla tradizione dell’apertura del digiuno quaresimale di Pasqua, che proporlo in un altro contesto sembra quasi un’eresia.
A mia discolpa dico che volevo proporre un pane particolare e che ho voluto provare a prepararlo con il poolish. Il risultato è stato molto soddisfacente. Soffice e per niente gommoso.
Tante informazioni sul poolish le ho prese dal sito di gennarino,  e da questoqui, molto interessante.


Per il poolish:
-          100 gr. di farina tipo manitoba
-          100 gr. di acqua temperatura 30 – 31 gradi
-          2 gr. di lievito di birra fresco
Procedimento:
Versare l’acqua in un contenitore, sciogliervi il lievito, mescolare bene e lasciare lievitare per due ore.
Per l’impasto:
-          200 gr. di farina 0
-          125 gr. di acqua a temperatura 30 – 31 gradi
-          4 gr. di lievito di birra fresco
-          1 cucchiaino di tahini
-          ½ cucchiaino di miele
-          1 cucchiaino raso di sale
-          olio per ungere
Procedimento:
Versare l’acqua in un recipiente, sciogliervi il lievito, aggiungere il tahini e il miele. Versare il poolish e poca alla volta la farina.  Io ho impastato a mano ma ovviamente nulla impedisce di farlo con l’impastatrice. Anzi.....Quando l’impasto comincia a prendere consistenza, aggiungere il sale e continuare a impastare.
L’impasto inizialmente è parecchio appiccicoso, se non si riesce a lavorare, infarinare leggermente le mani e continuare, finchè non diventa liscio e omogeneo. Quando l’impasto comincia a prendere forma, per me diventa più agevole ungere le mani con dell’olio evo e continuare a impastare. Secondo me ha il vantaggio di non continuare ad aggiungere farina che alla fine rende il pane più compatto, inoltre diventa veramente più facile lavorarlo.
Formare una palla e lasciare lievitare per circa 2 ore. Tanto si è voluto a me con le temperature di questi giorni. Durante la prima ora e dopo 20 minuti dall’inizio lievitazione, prendere l’impasto, dargli leggermente la forma di un rettangolo e piegarlo prima prendendo la parte bassa e piegandola verso l’interno. Fare lo stesso con la metà alta e con il 2 lati. Piegare di nuovo a 2 e mettere a lievitare con il lato dell’unione in basso. Ripetere ogni 20 minuti soltanto per la prima ora, per un totale di 3 volte.
Dopo la lievitazione prendere l’impasto e stenderlo con le mani su teglia foderata di carta forno. Allungarlo e assottigliarlo con le dita, a circa 1 cm. di spessore, dandogli la forma tipica del pane lagana.
Lasciare lievitare per 1 ora ancora. Accendere il forno a 190  gradi. Posizionare una teglia sul piano più basso e versarvi un bicchiere di acqua.
Fare un trito di origano, timo, maggiorana e sesamo. Spennellare la lagana con un filo di olio e condire con il trito.
Infornare per circa 40 minuti. Togliere dal forno, spargere deifiocchi di pomodoro e lasciare raffreddare sulla gratella.




kydonopasto (cotognata)

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Il “porikologos è un breve racconto  bizantino  satirico a scopo didattico, scritto intorno al XII / XIII secolo, nel quale viene descritto un processo  che coinvolge tutti i frutti  (oporika), e dove l’uva  alla fine  viene condannata. Se qualcuno desidera, posso fare un brevissimo riassunto del racconto, dove tutti  i frutti  presenti hanno titoli di funzionari bizantini. Scritto in greco volgare  medievale, ha  conosciuto un gran successo presso le classi popolari ed è stato tradotto in diverse lingue, tra cui il serbo, turco, rumeno e di cui sono esistite diverse varianti.  In Grecia come tradizione orale è sopravvissuto  fino alla metà del secolo scorso circa.
Re di tutti i frutti era Kydonios, vale a dire il frutto del kydoni, vale a dire la mela cotogna. Che si sia d’accordo o meno,  il simbolismo del frutto è indiscusso, tanto che si vocifera che la famosa mela che offrì Paride a Elena, non fu altro che una mela cotogna. Tanto per dire….
A me le mele cotogne piacciono un sacco. Anche crude ed è tutto un dire!!!
   

Prendere delle mele cotogne e lavarle sott’acqua corrente spazzolandole bene con uno spazzolino da cucina.  Tagliare in due e togliere i semi.  Io le ho anche sbucciate, ma era una mia iniziativa! Normalmente non si fa….. Tagliare a pezzi  più piccoli e mettere in una pentola con acqua sufficiente per coprire appena e il succo di mezzo limone. Far bollire finchè non diventino morbide.  Scolare dall ’eventuale acqua rimasta e frullare la polpa. Pesarla e versare in una pentola con la stessa quantità di zucchero. Mettere sul fuoco e cominciare a far bollire mescolando spesso con un cucchiaio di legno. La gelatina è pronta quando si staccherà dal fondo della pentola.  In questa fase se si desidera, aggiungere delle mandorle a lamelle oppure delle noci pestate nel mortaio. Generalmente si usa aggiungere delle mandorla ma io ho letto in una ricetta di Vefa che si mettono anche le noci e queste misi dato che queste avevo!
Oliare della carta forno e stenderla su una teglia.  Versare la gelatina e livellare bene con il dorso di un cucchiaio bagnato di  brandy. La gelatina non deve superare i 2 - 3 cm. di altezza, di conseguenza scegliere una teglia adatta alla quantità che abbiamo.  Lasciare asciugare per  circa 2 – 3 giorni, tagliare nelle dimensioni desiderate e se piace, rotolare i pezzi  nello zucchero semolato.



crostini con cotognata e pecorino

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Questo post è la continuazione di questo qui e va considerato  come la seconda parte.  

Nel regno vegetale il re è Kydonios, (il cotogno), al quale chiede udienza l’uva  che  accusa alcuni principi di complotto. Il re raduna la corte suprema dei vegetali, i quali hanno  dei titoli di  funzionari di stato.  Durante il processo l’uva ripete le accuse. I vegetali si dividono in due schieramenti e cominciano a testimoniare a favore o contro l’uva, secondo la loro vicinanza famigliare. Alla fine  però  si scopre che le accuse dell’uva sono solo calunnie. I vegetali  esprimono il loro disprezzo e il re la punisce con una punizione che soltanto un’autorità ecclesiastica può imporre.
La punizione è una condanna in realtà. Di essere disprezzata da tutti come causa di azioni cattive e spregevoli. Le conseguenze per chi  la frequenta saranno terribili. Chi beve il suo succo non potrà stare in equilibrio, si rotolerà nel fango come i maiali, pronuncerà  frasi sconnesse, sarà deriso  da tutti.
I vegetali ammirano la saggezza del re e gli augurano vita  lunga.

Scopo dell’autore in primo piano  è di condannare l’abuso del vino che porta all'ubriachezza  con conseguente perdita della lucidità, assumendo un carattere didattico. In un secondo piano si tratta di una satira velata contro i funzionari  dello stato e la loro sete di titoli,  contro la labirintica burocrazia e contro gli intrighi e le rivalità nel palazzo.


Dunque, pestare nel mortaio uno spicchio di aglio con un poco di sale. Aggiungere qualche gheriglio di noce e del prezzemolo lavato e asciugato, qualche cucchiaio di olio evo e continuare a pestare finchè non si amalgama tutto. Fermarsi quando si avrà la consistenza desiderata. L’alternativa si sa, il frullatore!
Tostare del pane, tagliarlo nelle dimensioni desiderate, spalmare uno strato del pesto noci e prezzemolo e sistemare sopra un pezzo di cotognata (non rotolata nello zucchero) e un pezzo di pecorino romano poco stagionato.



pollo con patate al limone / kotopoulo lemonato me patates

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Ho fatto appena in tempo a conoscere il forno di quartiere, quando oltre a sfornare pane, biscotti e ciambelle, accoglieva gli arrosti domenicali delle case tutt’intorno. Ogni fornaio che si rispettava doveva saper cuocere le carni con le patate, il ghiouvetsi, i ghemistà, il mousakas.
Le trionfanti  enormi teglie viaggiavano tra la casa e il forno, andata e ritorno. Crudo all’andata, cotto al ritorno. Il fornaio doveva essere un maestro nel  riconoscere le carni e decidere tempi di cottura, aggiunta di liquidi, copertura della teglia.
La memoria mi rimanda immagini nitidissime di donne che portavano a casa le teglie fumanti e tutto il vicinato sapeva cosa si mangiava nelle case vicine quel giorno. Beh,  in fondo succede pure ora, con modalità diverse.  Si sa che a casa mia un giorno di questi passati  si ha mangiato pollo con le patate al forno, in memoria dei tempi in qui mia madre mandava la sua teglia al forno con dentro 2 polli interi e un paio e forse più di chili di patate.

Ingredienti:
-          mezzo pollo
-          4 patate grandi
-          il succo di 1 limone grande
-          un pizzico abbondante  di origano secco
-          1 spicchio piccolo di aglio pestato nel mortaio
-          sale
-          pepe nero
-          1 cucchiaino di senape
-          5 cucchiai di olio evo
Procedimento:
Sbucciamo le patate, le laviamo e le tagliamo a spicchi. Mettiamo in acqua fredda e lasciamo stare per un’oretta.
Prepariamo un’emulsione con il succo di limone, l’olio, la senape, l’aglio, il sale, il pepe e l’origano.
Laviamo il pollo, togliamo eventuali eccessi di pelle lo tamponiamo con carta assorbente.  Saliamo e pepiamo la parte interna e lo sistemiamo nel centro di una teglia. Scoliamo le patate e le asciughiamo.
Le sistemiamo intorno al pollo. Irroriamo con l’emulsione e inforniamo per circa 50 minuti a 190 gradi.
Giriamo le patate una volta e se vogliamo anche il pollo, ma  francamente  non serve.



balik ekmek

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Dovessi scegliere una città dove attualmente mi piacerebbe vivere, senza esitazione sceglierei New York o Istanbul. Per motivi diversissimi, questε due città esercitano su di me un fascino e un richiamo irresistibile. E non intendo fare un viaggio. Intendo proprio viverci; almeno per un po’.
Cosa mi affascina di Istanbul? Tante cose, e non ultima l’idea di sedermi da qualche parte sul Bosforo e mangiare uno di questi panini così semplici ma così ghiotti, fatti con palamita, sgombro, insomma pesci pescati sul Bosforo e grigliati sul momento.
Dello street food turco conosciamo praticamente soltanto  il kebap, il panino più celebre nel mondo insieme all’hamburger, ma questo non è proprio da meno. Anzi, per il mio gusto, il matrimonio pesce/pane,  questo vuol dire il nome di questo panino è uno degli abbinamenti più azzeccati in assoluto.


Ingredienti:
-          2 sarde fresche
-          2 rondelle di pomodoro
-          1 foglia di lattuga
-          anelli di cipolla bionda
-          sale
-          olio di arachidi per friggere
-          farina 00 per infarinare
-          1 panino a piacere
-          spicci di limone per accompagnare
Procedimento:
Togliere testa e coda ai pesci, pulire dalle interiora, aprire a libro e togliere la lisca centrale. Lavare e tamponare per asciugare. Infarinare e  friggere- Togliere dall'olio una volta pronte, mettere su carta assorbente e salare.
Tagliare il panino a metà per la lunghezza, scaldarlo dalla parte interna (della mollica) sulla piastra calda. Sistemare le sarde fritte, le rondelle di pomodoro, la lattuga e chiudere con l’altra metà. Accompagnare con degli spicchi di limone.
Nota: come dicevo sopra, il pesce va grigliato e non fritto. Io l’ho fritto perché le sarde mi piacciono così. Fritte.


Con questo panino voglio partecipare a questo contest:

tutti unti

e dopo aver pulito il pesce?

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 “Bere i solidi e mangiare i liquidi”. “La prima digestione avviene in bocca”.
Due massime che cerco di applicare   soprattutto quando sono a dieta, così mastico tanto ogni boccone che alla fine mi stufo di mangiare!  Pensare che un suggerimento della dieta macrobiotica sarebbe di masticare ogni boccone 100 volte. Ci avete mai provato? Io si, ci provo qualche volta, e devo dire che cambia tutto. Cambia totalmente il sapore del cibo, ci si accorge di un cibo cattivo, industriale, artificiale. Provate e sappiatemi dire!
Le lische di pesce, masticate bene, sono uno stuzzicchino ottimo e saporito, ricco di calcio assimilabile per giunta, della serie non si butta via niente. L’avevo visto in un video di Cristoforos Peskiasqualche tempo fa, e quando pulisco sarde piccole e acciughe, le preparo spesso. 

Lavare bene le lische di sarde piccole e acciughe, tamponarle per asciugarle, infarinarle, e friggere in abbondante olio bollente finchè non diventino belle dorate.
Salare e accompagnare  con un buon vino bianco.





biancomangiare/μπιανκομαντζαρε

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Το biancomangiare(ασπρο φαγητο) καπως ετσι μεταφραζεται, ειναι ενα απο τα πιο παλια γλυκα της Σικελιας. Υπαρχει απο τον μεσαιωνα αλλα τοτε δεν ηταν μια συγκεκριμενη συνταγη ετσι οπως την βρισκουμε σημερα, ηταν  ενα παρασκευασμα βασισμενο στο ασπρο χρωμα των υλικων, που συμβολιζει αγνοτητα και καθαριοτητα.  Το καταναλωναν οι ανωτερες ταξεις, και μπορουσε να ηταν φιαγμενο σε γλυκια η και αλμυρη εκδοχη , με στηθος κοτοπουλου, γαλα, αμυγδαλα, λαρδι, ασπρο τζιντζερ και αλλα διαφορα, διοτι δεν υπηρχε  τομπιανκομαντζαρε αλλα τα  μπιανκομαντζαρε.

Το παρασκευασμα μαλλον  προηλθε απο την Γαλλια, στην Ιταλια παντως εξαπλωθηκε απο τον ΧΙ αιωνα, και  το συνανταμε σε 3 συγκεκριμενες περιοχες,  οπως στην Valle dAosta που παιρνει το ονομα blanc manger, στην Σαρδηνια που ονομαζεται menjar blanc, και φυσικα στην Σικελια, το biancomangiare, οπου  φιαχνεται με γαλα αμυγδαλου, την σουμαδα μας σαν να λεμε, και αρωματιζεται με φλουδα λεμονιου και κανελα. Πολλοι ριχνουν επανω σοκολατα τριμμενη, φυστικια αιγινης τριμμενα  (ενταξει δεν ειναι αιγινης, στην Ιταλια εχουμε τα περιφημα φυστικια αιγινηςτου Bronteστην Σικελια).
Εγω προτιμησα  να το σερβιρω με μια σαλτσα απο αυτα τα υπεροχα και εντελως φθινοπωρινα φρουτα, τα cachi, που μαλλον αντιστοιχουν σε αυτα που εμεις λεμε λωτους, και για να ειμαι ειλικρινης στην Ελλαδα δεν ετυχε να δω ποτε.
Εδω το φθινοπωρο τα βρισκουμε παντου, μεχρι και σε αυλες  μεσα στο μοντερνο και συγχρονο Μιλανο, που επιφυλασσει πολλες   εκπληξεις για οποιον εχει ορεξη και διψα να το γνωρισει περα απο το glamοur προσωπο του.
Εαν δεν βρισκουμε γαλα αμυγδαλου, η τελος παντων βαριομαστε να το φιαξουμε, (εγω το αγορασα) μπορουμε να χρησιμοποιησουμε αγελαδινο γαλα, η διαδικασια ειναι ακριβως η ιδια. Οσον αφορα την ζαχαρη, την αυξομειωνουμε αναλογα με τα γουστα μας.

Yλικα:
-          1 λιτρο γαλα αμυγδαλου
-          φλουδα λεμονιου
-          100 γρ. κορν φλαουερ
-          150 γρ. κρυσταλλικη ζαχαρη
Διαδικασια:
Διαλυουμε το κορν φλαουερ σε λιγο κρυο γαλα αμυγδαλου και το αφηνουμε στην ακρη.  Ριχνουμε το υπολοιπο γαλα σε κατσαρολακια μαζι με ολα τα αλλα υλικα και τα βαζουμε σε χαμηλη φωτια. Οταν αρχιζει το γαλα να ζεσταινεται, προσθετουμε το γαλα με το διαλυμενο κορν φλαουερ και αρχιζουμε να ανακατευουμε με ξυλινο κουταλι μεχρις οτου το μειγμα συμπυκνωθει.
Το τραβαμε απο την φωτια, βγαζουμε την φλουδα λεμονιου  και το ριχνουμε σε μεγαλη φορμα η μικρα φορμακια που εχουμε βρεξει με κρυο νερο. Αφηνουμε να κρυωσει και μετα τοποθετουμε στο ψυγειο για μερικες ωρες, μεχρι να σταθεροποιηθει.
Ξεφορμαρουμε και σερβιρουμε με σαλτσα λωτου που φιαχνουμε ως εξης:
Πλενουμε εναν ωριμο λωτο, βγαζουμε το κοτσανι και τον καθαριζουμε απο την μεμβρανη. Τον βαζουμε σε μπλεντερ με 30 γραμμαρια ζαχαρη αχνη και λιγες σταγονες  χυμο λεμονιου. Πολτοποιουμε και ριχνουμε στο biancomangiare την στιγμη που σερβιρουμε.

αγουρα ακομη αλλα που θα παει
La “soumada” è uno sciroppo di mandorle  che tradizionalmente e probabilmente per il suo colore candido e il simbolismo che ne consegue, veniva offerta agli invitati durante le feste di matrimonio e di fidanzamento.  Si beve diluito in acqua fredda e sprigiona un intenso profumo e sapore di mandorle. Dimenticato per decenni,  tanto che credo che se chiedessi a qualche ragazzo greco cosa sia la soumada, scrollerebbe le spalle, dicendomi un “boh” (alla greca, si intende!) Non per colpa sua, sempre che di colpa si tratti, ca va sans dire…. ora che ci penso nemmeno mia figlia sa cosa sia, devo rimediare subito!
E proverò a fare il biancomangiare con la soumada, una volta preparata. Per questa volta invece, mi sono accontentata del latte di mandorle comprato!

Prendere un litro di latte di mandorle,  e stemperare 100 grammi di amido di mais in un bicchiere. Versare il resto in un pentolino con 150 grammi di zucchero e la scorza di un limone. Mettere su fuoco basso e quando il latte comincia a scaldarsi, versare il bicchiere tenuto da parte con l’amido diluito.
Mescolare con un cucchiaio di legno finchè non si rapprenda. Versare negli stampini bagnati con acqua fredda e quando si sarà raffreddato mettere in frigorifero per qualche ora finchè non si solidifichi.
Al momento di servire, sformare e versare una salsa di cachi, fatta con un caco frullato  con 30 grammi di zucchero a velo e qualche goccia di limone.


castagne sciroppate/kastano glyko koutaliou

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La "ghianda di Zeus" come chiamava la castagna Teofrasto, ha ispirato tanti detti e proverbi nella vita greca. Eccone alcuni:

Den charizi kastana =  non regala castagne” lo si dice a proposito di qualcuno che è inflessibile, severo, autoritario, e pare che abbia origine dagli abitanti di Mani, indomiti e indomabili.
Vgazi ta kastana apo tin fotia– togliere le castagne dal fuoco”, beh, questo si sa, uguale sia in Italia che in Grecia.
Ta  kastana theloun krasi ke ta karydia meli–  le castagne vogliono il vino e le noci il miele”.
Ladi vrehi kastana  chionizei– piove olio, nevica castagne” immagino significhi abbondanza.
Den trehi kastano“ praticamente intraducibile, “trehi” significa corre, ma anche accade, succede, la frase  è slang e significa che non succede nulla,  non  ha importanza.
Choropida san castano– saltella come una castagna”.
La castagna uscì dal riccio e vi sputò con disprezzo” è un proverbio del Ponto, dimenticato ormai, e fa riferimento a qualcuno che è arrivato in alto diventando importante,  ma disprezza chi lo ha supportato e aiutato per arrivarci.


Ingredienti:
-          ½ kg. di castagne
-          ½ kg di di zucchero
-          ½ cucchiaino di sale
-          250 ml di acqua
-          scorza di limone
-          1 cucchiaio di succo di limone
Procedimento:

Lavare le castagne e farle bollire per 30 minuti circa in abbondante acqua con il sale. Le castagne devono essere morbide ma non sul punto di disfarsi. Diciamo un poco al dente. Scolare e pelare. Togliere anche la pellicina interna.  In una pentola versare i 250 ml di acqua, lo zucchero e la scorza di limone. Far bollire fino a ottenere uno sciroppo della consistenza di un miele un pò fluido. Togliere la scorza, unire le castagne pelate e il succo di limone  e far bollire per 3 minuti. Ritirare dal fuoco e lasciare riposare per 10 ore. Ripetere la bollitura ancora per 3 minuti e travasare subito in vasi sterilizzati. Capovolgere, coprire con una coperta e lasciare raffreddare. Si conservano per alcuni mesi.



... e il salmone entrò prepotentemente nelle case greche!

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Premesso  che trovo il chilometro zero un concetto paralizzante. Premesso  che la natura ha previsto a fornire  di elementi  indispensabili per la sopravvivenza ogni luogo che l’uomo sia in grado di abitare e conseguentemente ha abitato e abita, per conciliare queste due affermazioni, ossia far quadrare il cerchio che nella fattispecie non è cosa impossibile, penso che per il nutrimento mirato esclusivamente alla sopravvivenza è sufficiente il kilometro zero. Il resto è tutto piacere, e non è proprio poco. Anzi!!!
E così, la mia sorella, una delle mie due, grande consumatrice di salmone, che a mia domanda: “ma come mai mangiate così spesso il salmone?” mi risponde serafica e senza esitazione di sorta: “Perché è ricco di omega3”!.
Che devo rispondere se non “speechless”?

Questa ricettina l’ho trovata da qualche parte che ora non mi ricordo dove. I miei giudici  di casa, implacabili e severi, la prima volta  hanno commentato: “Irene, lo zenzero va tagliato mooooolto più piccolo” e devo dire che avevano ragione. Lo zenzero va tagliato fine fine. La seconda performance l’ha dimostrato ampiamente.


Ingredienti:
-          2 tranci di salmone
-          1cipollotto tagliato fine
-          zenzero fresco tagliato fine
-          4 cucchiai di olio evo
-          un trito di prezzemolo e menta fresca
-          sale nero di Cipro
-          pepe bianco macinato fresco
Procedimento:
Far appassire il cipollotto e lo zenzero con l’olio evo in una padella. Mettere sopra i tranci di salmone e far cuocere per circa 5 minuti.  Salare e perare. Girare e far cuocere per altri 5 minuti dall’altro lato. Versare il battuto di aromi e ritirare dal fuoco. Finire con un giro di olio evo.

Nota: i tranci di salmone li ho infilati in 2 coppapasta capaci di contenerli, per dargli la forma di medaglione. Li ho fatti scivolare nella padella dentro i coppapasta, e cotto un lato, ho girato e sprofondato con una forchetta l’altro lato sulla padella. Terminata la cottura ho sfilato i coppapasta.



questa volta la crisi non c'entra! au contraire!

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Mai mi sarei aspettata che la prima esclusione in Europa avrebbe riguardato un formaggio.  In tanti anni di crisi greca mi sono immaginata di ogni, ma non avrei mai pensato che il primo escluso sarebbe stato un formaggio. Fa sorridere amaramente che l’esclusione non è a causa della crisi, anzi, è a causa di quel  inebriante  consumismo e benessere che ha  oscurato mestieri antichi e sapienti, mettendoli a tacere definitivamente.

La notizia non è delle ultime, ma merita di essere riportata, anche perchè almeno  dal mio punto di vista solleva parecchi  interrogativi. 
Il famoso “metsovone”, formaggio DOP che  ha dei consumatori fanatici  greci e non solo, prodotto dal caseificio della Fondazione del barone Michail Tositsas a Metsovo, nella prefettura di Ioannina,  è rimasto a corto di latte vaccino!  Uno dei pochi formaggi  prodotti con latte vaccino ne è rimasto a secco!  
Con  grande senso di responsabilità, rispetto per il consumatore e coerenza,la Fondazione ha fatto richiesta al Ministero per lo sviluppo agricolo di escluderlo  dalla lista dei prodotti DOP.  La conferma è arrivata dal responsabile per la zona di Metsovo,  Kostantinos Vidos.  La causa è da cercare nel progressivo e inesorabile abbandono dell’allevamento di mucche.  La gente ha scelto lavori meno stancanti e dai guadagni più alti,  per primo il settore turistico.

Così il caseificio che ha bisogno  quotidianamente di 3.000 chili di latte esclusivamente della zona di Metsovo, come previsto dal disciplinare,   ne trova soltanto 500; i rimanenti 2.500 li acquista  da allevatori delle zone  limitrofe pur  restando comunque sempre all’interno  della prefettura di Ioannina,  cercando di non diminuire la quantità  prodotta del formaggio più famoso, appunto il metsovone che assorbe la maggior quantità di latte (per un chilo  necessitano 11 di latte) , ma nemmeno degli altri  come il  metsovella e il graviera metsovou. 
Il “metsovone,  con una produzione annua di circa 200 tonnellate che si assorbe completamente dal mercato, ha ottenuto la denominazione  nel decennio ’80, e nonostante non ci siano pressioni o controlli particolari, la fondazione non desidera continuare a usarla,  visto  che alcune delle condizioni sono venute a meno. Il formaggio comunque continuerà a essere prodotto nelle stesse quantità e con le stesse caratteristiche di qualità, dato che il latte che utilizza proviene da allevatori all’interno della stessa  prefettura.

Il caseificio è stato fondato nel 1959 con capitali del barone Michail Tositsas, benefattore della zona, amministrati da Evangelos Averof Tositsas, che ha costituito l’omonima Fondazione.   La tecnica per la produzione del formaggio è dovuta in buona parte anche all’Italia, considerato che la Fondazione inviava qui i suoi allievi per apprendere e migliorare. D’altronde, il metsovone si produce con la tecnica e le caratteristiche del provolone.

Tuttavia, potrebbe anche non essere stata detta l’ultima parola.  Proprio grazie alla crisi che sta devastando l’intero paese da 5 anni, cominciano a esserci  timidi segnali di ritorno ai mestieri antichi, tra cui anche l’allevamento. Stiamo a vedere!



 credits:  ethnos 
               agronews

remoulade di sedano rapa/remoulade σελινοριζας

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Τα κυριακατικα πρωινα, οταν κανει καλο καιρο, οταν εχει ηλιο δηλαδη,  πολλες φορες παιρνουμε το αυτοκινητο και παμε για ενα απεριτιφ.  Εχουμε πολλους αγαπημενους προορισμους εδω κοντα, ας πουμε σε ακτινα  50/60  χιλιομετρων. Η θα παμε προς Παβια μερια  που εχει ποταμια και αμπελια, η προς καμια λιμνη.  Τωρα, εαν θελουμε να απομακρυνθουμε και παραπανω, ας πουμε να κανουμε καμια εκατοστη χιλιομετρα και κατι περισσοτερο, μπορει να παμε και προς την θαλασσα, αλλα  αυτο δεν συμβαινει συχνα, λογω αποστασης φυσικα, οποτε  προτιμουμε την λιμνη, διοτι εγω, θελω να δω νερο ρε παιδι μου, νερο, νερο.... Τι αρρωστεια και αυτη!!! Τελικα οποιος γεννηθηκε σε θαλασσα αδυνατον να κανει χωρις την θεα νερου για μεγαλα χρονικα διαστηματα. 
Πολλες φορες πηγαινουμε στο Λεκκο, πολη στην λιμνη του Κομο, καθομαστε, ρεμβαζουμε και πινουμε το απεριτιφ.  Ε, μετα, συμβαινει να φαμε εξω, μια που βγηκαμε! Και  μετα συμβαινει να κανουμε και βολτες, να περπατησουμε, να χαζεψουμε τα πανεμορφα τοπια και κτιρια. Και αφου γυριζουμε αργα στο σπιτι το βραδακι, τρωμε κατι προχειρο, εαν φαμε δηλαδη,   κατι σαν αυτο ας πουμε  που φιαχνεται με το τιποτε,  γιατι που ορεξη για μαγειρεματα!!!  
Υλικα:
-          μιση σελινοριζα καθαρισμενη και πλυμενη
-          τον χυμο μισου λεμονιου
-          6 κουταλια μαγιονεζα
-          4 κουταλια στραγγιχτο γιαουρτι
-          2 κουταλακια μουσταρδα ντιζον
-          1 κουταλι καπαρη στο ξυδι
-          αλατι
Διαδικασια:
Κοβουμε την σελινοριζα σε μικρα μπαστουνακια και τα ριχνουμε σε νερο με τον χυμο λεμονιου. Βαζουμε νερο να βρασει και  οταν βραζει για τα καλα, ριχνουμε τα μπαστουνακια της σελινοριζας για 3 λεπτα. Τα βγαζουμε και τα απλωνουμε σε πετσετα να στεγνωσουν.
Στραγγιζουμε την καπαρη απο το ξυδι.  Σε ενα μπωλ ανακατευουμε την μαγιονεζα με το γιαουρτι, προσθετουμε την μουσταρδα και την καπαρη και αλατιζουμε. Ανακατευουμε καλα, σκεπαζουμε  και βαζουμε στο ψυγειο. Τελεια με προσουττο  και ενα καλο  ψωμι φρυγανιασμενο!
  

Generalmente evito di cacciarmi nei guai  preparando  qualcosa cui non riesco a resistere. Ma c’è sempre quella volta  che dico: echissenefrega!!!

Ingredienti:
-          mezzo sedano rapa pulito e lavato
-          il succo di mezzo limone
-          6 cucchiai di maionese
-          4 cucchiai di yogurt greco
-          2 cucchiaini di senape piccante
-          1 cucchiaio di capperi sott’aceto scolati e asciugati
-          sale
Procedimento:
Tagliamo a bastoncini il sedano rapa e lo mettiamo in una ciotola con dell’acqua e il succo del limone. Mettiamo una pentola con acqua a bollire e quando stacca il bollore buttiamo il sedano rapa. Facciamo bollire per 3 minuti, scoliamo e sistemiamo su un tovagliolo per far asciugare.
In un recipiente mescoliamo la maionese con lo yogurt, aggiungiamo la senape e i capperi, saliamo e mescoliamo bene. Copriamo e sistemiamo in frigo.





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