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Channel: mangiare greco - cucina greca con tutte le ricette tipiche
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peperoni con tyrokafterì e ceci alla salsa teriyaki

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Preparo spesso la tyrokafterì per accompagnare insieme ad altre grecherie un bicchierino di tsipouro. E' molto semplice e di sicuro effetto. In questa ricetta l'ho usata per farcire dei peperoni per un antipasto buono e saporito che secondo me dovete assolutamente preparare per deliziare i vostri amici.


La tyrokafterì equilibra perfettamente la dolcezza dei peperoni dandogli sapidità e  note piccanti.
Se volete potete accompagnarli con dei ceci alla salsa teriyaki come ho fatto io per un mix and match culinario.

Ingredienti per i peperoni: per  3 persone
  • 7 – 8 peperoni corno oppure una quindicina di peperoni piccoli
  • 150 gr. di feta
  • 100 gr. di yogurt greco
  • 1 o più peperoncini piccanti secondo il vostro gusto
  • 1 cucchiaio di olio evo

Procedimento: tempo di preparazione 15 min. - cottura 30 min 

Peperoni:
Accendere il forno a 180 gradi, modalità statica.
Lavare i peperoni, tagliare il picciolo, togliere filamenti e semi e asciugarli.
Mettere i peperoni su una teglia da forno e infornare per 30 minuti, girandoli a metà cottura. A fine cottura devono essere morbidi mantenendo la loro forma.
Toglierli dal forno e lasciare raffreddare.

Tyrokafterì:
Tritare il peperoncino. Versare in una padella l’olio e rosolare il peperoncino per qualche minuto.
Mettere nel frullatore lo yogurt, la feta e il peperoncino con tutto l’olio. Frullare e versare in una ciotolina.
Con un cucchiaino o con la chac a poche farcire i peperoni con la tyrokafterì. Man mano che li riempite sistemateli in un piatto. Mettere in frigo fino al momento di servire.
Togliere dal frigo 10 minuti prima di portare a tavola.
Ceci: cottura circa 2 ore - attesa 12 ore
  • 200 gr. di ceci (o quanti ne volete)
  • 4 cucchiai di salsa teriyaki
  • 2 cucchiai di olio evo

Procedimento:
Mettere in ammollo in acqua fredda i ceci e lasciarli almeno 12 ore.
Scolarli, sciacquarli e versarli in una pentola. Coprire con acqua fredda fino a 3 dita oltre il volume dei ceci. Far lessare finchè non diventino morbidi ma non sul punto di disfarsi. Insomma, devono tenere un poco al dente.

Quando sono cotti scolarli e lasciarli 5 minuti in un colino affinchè scolino bene. Versarli in una ciotola. Aggiungere la salsa teriyaki e l’olio evo. Mescolare bene e versarli in una teglia da forno in strato unico. Infornare a 180 gradi per 30 minuti. Togliere dal forno e lasciare intiepidire.




yogurt e uova

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Estate o inverno, lo yogurt è uno dei miei alimenti preferiti. Da sempre. Anche quando ero piccola raramente dicevo di no a una ciotola di yogurt. Quello greco ovviamente. Per noi è sempre stato un ingrediente quotidiano, da usare sia in abbinamento a sapori salati che a quelli dolci.
Lo mangio a colazione la mattina con un cucchiaino di miele oppure con un frutto spezzettato dentro. Lo mangio a pranzo in forma di salsa con un po' di pollo o altra carne arrostita e a volte lo mangio come cena. Solo yogurt.
E' facile da intuire quindi come io sia sempre alla ricerca di ricette o di ispirazione per provare nuovi modi per mangiarlo. E da non molto tempo ho scoperto questa ricetta meravigliosa di origine turca. Non so se l'abbinamento yogurt-uovo vi spiazzi come è successo a me quando l'ho vista per la prima volta ma sono molto felice di averlo provato e di aver inserito nella mia alimentazione l'ennesima ricetta con lo yogurt.
E' deliziosa, fresca, tutto sommato leggera e sufficientemente saziante. Provatela.

Potete tranquillamente usare l'olio anziché il burro per friggere l'uovo. Potete anche profumare spargendo sopra qualche erba aromatica tritata: menta, cerfoglio, erba cipollina, vanno tutte benissimo.

La ricetta è per 1 persona. Ovviamente da moltiplicare per il numero dei commensali.
Ingredienti: per 1 persona
  • 1 uovo
  • 1 vasetto di yogurt greco
  • 1 spicchio di aglio
  • una noce di burro
  • sale
  • un pizzico a vostro piacimento di paprika, cumino, curcuma

Procedimento: preparazione 5 min. - cottura 5 min.
Pelare lo spicchio di aglio e tritarlo finissimo. Aggiungerlo allo yogurt, mescolare, coprire e mettere in frigo fino al momento dell'utilizzo.

Mettere il burro in un padellino e scaldarlo. Separare l'albume dal tuorlo. Versare l'albume nel tegamino e friggerlo fino a quando sarà diventato abbastanza sodo. Aggiungere in mezzo il tuorlo, salare e continuare la frittura fino alla densità desiderata.
Togliere l'uovo dal tegamino, sistemarlo in un piatto e nello stesso tegamino aggiungere la spezie che avete scelto. Io ho scelto la paprika affumicata questa volta. Cuocere per mezzo minuto e ritirare dal fuoco.


Versare lo yogurt in un ciotolino. Mettere sopra l'uovo e versare su tutto il burro con la spezie.
Ottimo per una colazione sostanziosa, come pranzo, come cena leggera tutto sommato oppure per il brunch.


polpette da Cipro / keftedes apo tin Kypro

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Devo confessare che non ho mai approfondito la cucina cipriota. L’ho sempre considerata così simile alla cucina greca che di fatto non mi ha mai incuriosito particolarmente. Eccezion fatta per il halloumi, il suo formaggio così celebre nel mondo e così difficile da trovare in Italia e qualche singolo piatto, della cucina cipriota conosco veramente poco.
Come poi si è evinto, palesemente mi sbagliavo a non considerare questa cucina. Per quanto simili possano sembrare le due cucine, ci sono particolari che le differenziano e le rendono uniche.
Un esempio di quello che intendo sono questi keftedes. Simili a quelli greci, ma con delle aggiunte e sostituzioni che in Grecia non si usano. La sostituzione del pane che si usa in Grecia con le patate e l’aggiunta di cannella. La cannella noi la usiamo in modo spregiudicato ma nei keftedes non l’ho mai incontrata. Come non ho incontrato mai le patate nell’ impasto della carne.

Approfitterò quindi del libro del mese dello starbooks dedicato a Georgina Hayden, autrice  del libro Taverna, e cercherò di approfondire l’argomento.

Intanto comincio con questa ricetta, leggermente modificata rispetto all’originale e come l’ha proposta la starbooker che l'ha realizzata.. Anziché solo  maiale ho utilizzato carne mista di manzo/maiale e ho infarinato leggermente le polpette mentre nella ricetta originale l’infarinatura non c’è.
Modifiche a parte, i keftedes sono buonissimi; soffici e succosi. La patata per me è stata una rivelazione e credo che la userò anche in futuro.
Sono perfetti come mezès, ma anche come piatto principale; abbinati a un’insalata greca sono deliziosi.
Ingredienti: (per circa 12- 13 polpette)
  • 300 gr. di carne macinata (manzo e maiale nelle proporzioni del 70:30)
  • 250 o poco più gr. di patate (circa 2 patate medie)
  • 1 cipolla
  • prezzemolo tritato
  • 1 uovo
  • 1 cucchiaio di pangrattato
  • mezzo cucchiaino di menta secca
  • sale
  • pepe macinato fresco
  • la punta di un cucchiaino di cannella
  • 2 fette di pane
  • farina per infarinare
  • olio per friggere

Procedimento: (preparazione 20 min. – cottura 15 min.)
Pelare le patate, grattugiarle dai fori grossi della grattugia e metterle in un colino con un po’ di sale. Lasciare per mezz’ora.
Tritare la cipolla e il prezzemolo.

In una ciotola grande mettere la carne macinata. Strizzare con le mani le patate per far perdere i liquidi.
Aggiungere le patate nella carne, la cipolla tritata, il prezzemolo tritato, la menta, la cannella, l’uovo. Salare e macinare del pepe.
Impastare con le mani per 4 – 5 minuti e se serve, aggiungere un cucchiaio o due di pangrattato. Impastare di nuovo per 1 minuto.
Formare una palla, coprirla con 2 fette di pane che servono ad assorbire l'umidità dell'impasto. Coprire con un tovagliolo e mettere in frigorifero per un’ora.

Versare abbondate olio per friggere in una padella e portarlo a temperatura. Per verificare la temperatura buttarci dentro un pezzetto di pane. Quando sfrigola, l’olio è pronto per la frittura.

Togliere la carne dal frigorifero, formare delle polpette rotonde od oblunghe e infarinarle leggermente. Friggere per 6 - 8 minuti in lotti di 5 – 6 girandole un paio di volte. Quando saranno ben rosolate, toglierle dalla padella e sistemarle su carta assorbente per togliere l’olio in eccesso.
Servire calde con dello yogurt greco condito con un filo di olio extravergine di oliva.






gouna di Paros / pesce essiccato al sole e arrostito

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La“gouna” è uno dei mezès più sfiziosi che io conosca. Da modo di conservazione del pesce in epoche remote in cui non esistevano né frigoriferi e tanto meno congelatori, è diventato un must da assaggiare assolutamente, accompagnato da un bicchierino di ouzo.

Il nome più che un modo di cottura descrive il modo di aprire il pesce. A libro.
Soprattutto a Paros ma anche a Naxos, è facile trovare dei pesci aperti a libro e stesi al sole ad asciugare come fosse un bucato. Esattamente come il polpo di cui c’è una corposa vasta  collezione di foto su tutti i social.

Il pesce parzialmente essiccato al sole viene poi arrostito sulla brace e servito come mezès.
Replicare la preparazione a casa è apparentemente molto semplice ma bisogna disporre di due cose fondamentali e imprescindibili: del tempo e di sole forte. La mancanza di uno dei questi due elementi pregiudica il risultato e in questo caso sarebbe meglio lasciare perdere e preparare un’altra cosa.

I pesci più adatti sono i sugarelli, le palamite, gli sgombri; data la loro grassezza, pur asciugandosi al sole restano comunque succosi. La cottura ideale sarebbe alla brace, ma dato che pochi dispongono di un giardino un’alternativa valida che è la cottura al grill che dà risultati molto soddisfacenti.

I tempi di esposizione riportati sono assolutamente indicativi non potendo prevedere l’intensità del sole in un determinato giorno in una determinata località. Più forte è il sole meglio è; è chiaro. E meno inquinata è l’aria meglio è. Eviterei quindi di metterli su un balcone che dà su una strada trafficata.
Se disponete di un giardino, un balcone o anche un davanzale esposto al sole che non dà su strade trafficate potete provare a preparare questa delizia che sa di sole e di salsedine.

Ingredienti:
  • pesci di circa 400 gr. cad.
  • sale grosso (1 cucchiaio da minestra per ogni chilo di pesce)
Per servire:
  • limone
  • olio evo
  • origano
Procedimento:
Tagliare la testa ai pesci, pulirli dalle interiora, togliere la spina centrale e aprirli a libro. Lavarli sott’acqua corrente e tamponarli con carta assorbente per asciugarli.

Stenderli su una griglia da forno posizionata sopra una teglia. La griglia serve perché possa circolare l’aria sopra e sotto. Spargere sopra il sale grosso e coprirli con un tulle per evitare che ci vadano sopra mosche e altri insetti.

Mettere la griglia al sole. Ci vorranno dalle 3 alle 6 ore secondo la grandezza dei pesci e l’intensità dei raggi del sole. Se è troppo forte come quello in Grecia ad Agosto, sono sufficienti 3 ore. Girare i pesci 2 – 3 volte per esporli al sole da tutt’e due i lata. Successivamente spostarli all’ombra e lasciarli ancora per 3 – 4 ore.

Accendere il forno modalità grill. Spennellare i pesci con un po’ di olio evo. Posizionare la griglia sul ripiano più altro e cuocere per 3 -4 minuti.
Se invece avete il giardino e potete accendere il fuoco e fare la brace, il procedimento è il medesimo. La cottura un minuto in meno.

Sistemarli in un piatto. Servire con del succo di limone, olio evo e origano.


mastiha mojito

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Un prodotto che amo particolarmente è la mastiha di Chios. Ne ho parlato qui diverse volte nel tempo e ho proposto varie ricette che la prevedono come ingrediente.
Mi piace molto anche il liquore di mastiha che rientra tra i miei imprescindibili da comprare quando vado in Grecia.
In genere lo bevo con un cubetto di ghiaccio, oppure lo uso nel tiramisù o anche per correggere il caffè espresso che gli dona un profumo inebriante, molto particolare.
E' ottimo per preparare vari cocktails e difatti viene usato molto dai bartenders ateniesi che ne inventano dei nuovi oppure ne adattano degli altri.

Questo che segue è un cocktail molto fresco, perfetto per le serate calde estive. Se avete il liquore di mastiha vi suggerisco di farlo. E se non l'avete ma andate in Grecia per le vacanze, vi suggerisco di cercarlo e comprarlo.
E' molto semplice da fare. Ho preferito usare il limone verde anziché il lime e lo zucchero semolato anziché lo zucchero bianco di canna perchè abbia un carattere totalmente greco pur se l'originale non lo è affatto. 
Ingredienti: (per 1)
  • 1 cucchiaino da tè di zucchero
  • il succo di mezzo limone verde
  • soda
  • 50 ml di liquore di mastiha
  • 8 foglie di menta
  • ghiaccio tritato o a cubetti
Procedimento:
In un tumbler mettere lo zucchero e il succo di limone. Mescolare, aggiungere 4 foglie di menta e schiacciare delicatamente con il pestello.

Unire il liquore di mastiha, le restanti foglie di menta intere, il ghiaccio e finire con un po’ di soda. Mescolare e decorare con una fettina di limone verde.


loukoumades da spiaggia / loukoumades paralias

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Tra i pochissimi e sottolineo pochissimi dolci che ci concedevamo quand'ero piccola erano i loukoumades da spiaggia. Ciambelle soffici, dolci e golosissime cosparse di zucchero semolato, erano un must dopo il bagno nel mare a patto che passasse il venditore ambulante.

Tavolozza in testa, loukoumades coperti di carta e al braccio un tavolino pieghevole. Ogni tot metri si fermava, apriva il tavolino e poggiava sopra la tavolozza. E noi bambini correvamo a comprare la delizia.
Bagnati, con la sabbia tra i capelli e ai piedi, le mani salate dall'acqua di mare ci deliziavamo con i dolcissimi loukoumades con qualche boccone che sapeva di salato e qualche granello di sabbia tra i denti.
Anche ora, se capita di trovarne un venditore in spiaggia non resisto. Per nostalgia ma anche perchè è difficile resisterne a prescindere.

Ingredienti: (per circa 20 loukoumades)
  • 300 gr. di farina 00
  • 20 gr. di lievito di birra fresco
  • 50 gr. di zucchero
  • 1 uovo piccolo
  • 1 cucchiaino da caffè di essenza di vaniglia
  • 30 gr. di burro
  • 1 pizzico di sale
  • 120 gr. di acqua tiepida
Inoltre:
  • olio per friggere
  • zucchero semolato per la superficie
Procedimento: (tempo di lavorazione 30 min. – attesa 80 – 90 min. – cottura 20 min circa)
Togliere l’uovo dal frigorifero e portarlo a temperatura ambiente.

In una ciotola sbriciolare il lievito di birra. Aggiungere un cucchiaio di zucchero (dai 50 gr. totali) e versare l’acqua tiepida. Sciogliere il lievito e lo zucchero e aggiungere 2 cucchiai di farina. Mescolare per avere una pastella leggera. Lasciare lievitare per un tempo da 10 a 20 minuti dipendendo molto dalla temperatura. Quando il lievitino si gonfia visibilmente e comincia a emanare quel tipico odore acidulo è pronto.

Mettere il burro in un bricco e scaldarlo fino a liquefarlo.

Nella ciotola con il lievitino, aggiungere lo zucchero rimanente, l’uovo leggermente sbattuto e l’essenza di vaniglia. Mescolare fino ad amalgamare. Versare in 3 -4 dosi la farina con il pizzico di sale alternandola con il burro e impastare per 8-10 minuti fino ad avere un impasto elastico e lucido. Formare una palla, spolverare di farina una ciotola e mettere l’impasto. Coprire e lasciare lievitare per circa un’ora e comunque fino al raddoppio del volume. Chiaramente i tempi di lievitazione dipendono molto dalla temperatura dell’ambiente. I tempi indicati sono quelli del periodo estivo.

Spolverizzare di farina il piano di lavoro e rovesciare l’impasto. Sgonfiarlo e tirarlo con il mattarello a una sfoglia grossa di 5 -6 mm.
Con un coppapasta di 8 cm. di diametro ricavare dei dischi. Con uno di circa 2,5 – 3 cm. fare un buco nel mezzo di ogni disco. Se non avete i coppapaste potete utilizzare un bicchiere o una tazza per ricavare i dischi e il tappo di una bottiglia per fare i buchi nel centro. I piccoli dischetti non buttateli. Usateli allo stesso modo dei loukoumades.

Man mano che preparate i loukoumades trasferiteli in pezzetti di carta forno. Ogni loukoumàs su un pezzo separato. Aiuterà affinchè non si sformino prendendoli con le mani una volta lievitati.
Formati tutti, coprirli e lasciare che lievitino per 20 minuti.

In un pentolino scaldare abbondante olio per friggere. Circa 4 – cm di altezza. Secondo le dimensioni del pentolino che si utilizza si possono friggere contemporaneamente fino a 3 loukoumades. Io ho utilizzato un pentolino piccolo e li ho fritti uno alla volta.

Mettere con attenzione il loukoumàs nel pentolino insieme alla carta forno che si staccherà subito appena inumidita. Buttare la carta e friggere il loukoumàs da tutt’e due i lati girandolo una volta fino a doratura. In linea di massima 1 minuto per lato è sufficiente. Friggete allo stesso modo anche i dischetti ricavati dai buchi.

Toglierli dalla padella man mano che sono pronti e sistemarli su carta assorbente. Versare in un piatto abbondante zucchero semolato. Rotolare dentro i loukoumades finchè sono ancora caldi e servire.


anguria con feta e olive / karpouzi me feta kai elies

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Una delle godurie più grandi dell’estate è uscire dal mare e tuffare il muso in una fetta di anguria dolcissima, rossissima e fresca. Il dolce dell'anguria e il salato dell'acqua di mare si fondono e si confondono regalando momenti di autentica felicità.
Purtroppo però non tutte le angurie sono così. Lo erano quando ero piccola ma ora trovare un’ottima anguria è spesso una questione di fortuna.
“Màpa to karpoùzi” diciamo quando compriamo una intera e aprendola scopriamo che non è come ci aspettavamo.
La locuzione si usa per l’anguria, ma si usa anche in altre situazioni. Per esprimere una delusione, qualcosa che non è andata come speravamo e ci auguravamo , qualcuno o qualcosa che è stato al di sotto delle nostre aspetttive.

Come rimediare alle altre situazioni non so, ma per l’anguria si, ed eccola di seguito.
Potete mangiarla come insalata, come apripasto oppure come pasto. E’ perfetta in tutte le situazioni. Da fare anche quando “to karpouzi non è màpa”!!!!!
Ingredienti: (per 2)
  • una fetta di anguria circolare di circa 2 cm. di spessore
  • 5 - 6 olive nere
  • 50 - 60 gr. di feta
  • 5 – 6 foglioline di menta fresca
  • crema di balsamico
  • olio evo
Procedimento: (tempo di preparazione 10 min.)
Denocciolare le olive, sbriciolare la feta. Lavare, asciugare accuratamente le foglie di menta e tritarle.
Distribuire uniformemente sulla fetta di anguria le olive, la feta e la menta tritata.
Irrorare con dell’olio evo e la crema di balsamico.



cozze fritte e skordalià di patate

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“ouzomezès” e “tsipouromezès” sono tutte quelle preparazioni più o meno elaborate, servite per accompagnare l’ouzo o lo tsipouro.   I greci non amano bere senza mangiare e da qui l’esigenza di preparare sempre qualcosa da servire mentre si sorseggia un bicchierino di ouzo o di tsipouro. 
I migliori mezès per questi liquori sono indiscutibilmente preparati con prodotti di mare e tra questi spiccano le cozze fritte.
Le cozze per questo uso devono essere grandi. Assicuratevi che lo siano quando le comprate. La scelta migliore sarebbero le cozze fresche e quindi da pulire, ma se volete evitare la pulizia che richiede il suo tempo potete optare per quelle già pulite e sgusciate che in genere si trovano surgelate. In questo caso, leggete le indicazioni che sono scritte sulla confezione relativamente allo scongelamento.

In entrambi i casi, una volta avuti i molluschi pronti da cuocere, procedete con la frittura.
La pastella può essere più o meno densa. Se la preferite più densa, aumentate la farina di 20 grammi ma non di più. Lo strato di pastella non deve essere eccessivamente spesso altrimenti si perde il sapore della cozza. Alcuni si limitano a un’infarinatura e basta ma un sottile strato di pastella è da preferire. Leggermente croccanti all’esterno e succose all’interno.

E’ un ouzomezès o tsipouromezès con i controfiocchi che va servito rigorosamente con la skordalià di patate.

Ingredienti: (per 2 – 4 persone)
  • 1 kg. di cozze
  • 100 gr. di farina 00
  • un pizzico di sale
  • 200 ml di birra freddissima
  • olio per friggere
Per la skordalià di patate:
  • 500 gr. di patate
  • 3 spicchi di aglio
  • un cucchiaino da tè di aceto di mele
  • 100 ml di olio evo
  • sale
Procedimento:
Skordalià: (preparazione 15 min. – cottura 30 min)
Mettere le patate in una pentola, coprire abbondantemente con acqua fredda e lessare finchè non saranno morbide. Scolare e lasciare intiepidire. Sbucciarle e ridurle in purè con lo schiacciapatate. Mettere in un’insalatiera.
Spellare gli spicchi di aglio e tritarli finissimi al coltello. Se non avete paura dell’aglio aumentate pure la quantità. Non c’è un’indicazione precisa, va proprio a gusto personale. Unirli alle patate, salare, aggiungere l’aceto e mescolare. Aggiungere gradualmente l’olio e mescolare per amalgamare bene tutto quanto. Coprire e tenere da parte.

Cozze: (preparazione 30 min. – cottura 15 min.)
Se le cozze sono fresche e da pulire: Sciacquarle sott’acqua corrente. Scrostare con un coltellino i gusci togliendo eventuali incrostazioni. Togliere la barbetta tirandola energicamente. Sciacquarle di sott’acqua corrente.
Mettere le cozze in una casseruola larga e bassa senza aggiungere nulla. Accendere il fuoco e far scaldarei a fiamma bassa per circa 3 minuti. Quando le cozze si saranno aperte ritirare dal fuoco.
Staccare i molluschi dalle valve delicatamente, metterle in uno scolapasta appoggiato su un piatto, coprire e porre in frigorifero fino al momento di friggerle.

Pastella:
Mettere una ciotola la farina, aggiungere un pizzico di sale e mescolare.
Versare la birra, mescolare velocemente senza insistere troppo e mettere in frigorifero fino al momento dell’utilizzo.

Frittura:
Scaldare abbondante olio per friggere in una padella. Per verificare la temperatura dell’olio, versare una goccia di pastella. Se va sul fondo e risale in superficie subito, è pronto.
Togliere le cozze e la pastella dal frigo. Tuffare le cozze nella pastella poche alla volta. 

Quando si saranno ricoperte di pastella buttarle nella padella e friggere da entrambi i lati per circa 1 minuto per lato. Forse servirà un po’ meno, dipende dalle dimensioni delle cozze. In ogni caso, quando la pastella sarà dorata togliere dalla padella e sistemare su un vassoio ricoperto di carta assorbente.
Servire come mezès insieme alla skordalià di patate, olive nere, qualche pomodoro.




samali - dolce di semolino

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Dichiaro pubblicamente di essere fanatica del samali. Rientra tra quei cibi in grado di portarmi indietro nel tempo, quando ero una bambina. Quando i dolci a nostra disposizione si contavano sulle dita della mano e si mangiavano soltanto in occasioni speciali.
Ma per il samali non serviva un’occasione speciale. Era un dolce che si mangiava abbastanza di frequente, un dolce da tutti i giorni anche se nessuno mangiava dolci tutti i giorni.
Noi avevamo accesso facile; lo compravamo da mio zio, fratello di mia mamma che nel suo piccolo negozio di fianco a casa nostra vendeva di tutto. La vetrina con il samali tagliato a rombi che grondava di sciroppo rilasciandone parte sul fondo della teglia, era un’immagine irresistibile che mi si è impressa nella mente e tutt’ora me la ricordo come se fosse ieri. Chiudo gli occhi e ce l’ho davanti a me. Invitante, goloso, faceva venire l’acquolina in bocca. Un samali, dicevo, ed ecco il rombo traboccante di sciroppo, avvolto in un pezzo di carta, pronto ad essere addentato!

Lo adoro anche da grande, anche adesso e non soltanto per effetto della nostalgia. E’ un dolce semplice e lussurioso allo stesso tempo. Dolce ma non stucchevole. L’acidità dello yogurt smorza il dolce dello sciroppo creando un equilibrio di sapori perfetto.
Prepararlo in casa non è difficile. Basta sapere cosa serve e cosa no.
Il samali richiede semolino macinato grosso. I granuli devono gonfiarsi con lo yogurt e scoppiare in cottura. Così assorbono bene lo sciroppo.
Se preferite dare maggiore compattezza potete mischiare semolino macinato grosso con semolino macinato fine nelle proporzioni di 3:1. Non di più.

Lo yogurt deve essere abbastanza liquido. Se usate yogurt greco come ho fatto io, tagliatelo con uno magro un po’ liquido. In alternativa diluitelo con un poco di acqua. Se non avete la mastiha, sostituitela con acqua di rose, vaniglia, limone, quello che preferite.
Non abbiate fretta di mangiarlo una volta sfornato. E’ un dolce che ha bisogno di lungo riposo perché possano amalgamarsi i profumi e lo sciroppo venga assorbito dal dolce.
Aspettate pazientemente e il risultato vi premierà.

Tanti ringraziamenti a tastefull che ha fornito preziose indicazioni sulla preparazione che ho seguito.

Ingredienti: (teglia di diametro 25 cm)
  • 250 gr. di semolino macinato grosso
  • 150 gr. di yogurt greco
  • 100 gr. di yogurt magro un po’ liquido
  • 130 gr. di zucchero semolato
  • 1 cucchiaino da tè di bicarbonato di sodio
  • 3 lacrime di mastiha
  • 100 ml di acqua
  • olio per oliare la teglia
Sciroppo:
  • 350 gr. di zucchero
  • 350 gr. di acqua
  • scorza di limone
  • un bastoncino di cannella
Per la decorazione:
  • mandorle pelate come da tradizione oppure
  • granella di pistacchi
Procedimento: (preparazione 10 min. – attesa 60 min- cottura 30-40 min.)
Sciroppo:
Versare tutti gli ingredienti per lo sciroppo in un pentolino e far bollire per 3 minuti da quando stacca il bollore. Lo zucchero deve essere completamente sciolto; diversamente prolungare la bollitura per un paio di minuti ancora. Ritirare dal fuoco e lasciare raffreddare.

Samali:
Pestare nel mortaio a polvere la mastiha con un cucchiaino di zucchero.
Mescolare i due yogurt.
Versare tutti gli ingredienti un recipiente e mescolare per amalgamare. Versare a pioggia il semolino mescolando con la frusta evitando di formare grumi.
Oliare la teglia e versare dentro il composto preparato. Livellare sbattendo un paio di volte sul piano di cottura. Coprire con un tovagliolo e lasciare riposare per 2 ore.

Accendere il forno modalità statica a 180 gradi.
Con un coltellino affilato segnare le porzioni in forma romboidale. Al centro di ogni porzione mettere una mandorla pelata. Il composto è abbastanza liquido e i segni tendono a richiudersi ma a noi in questa fase servono soltanto per posizionare le mandorle. Se avete optato per la granella di pistacchi oppure avete deciso di non metterci nulla, potete evitare di segnarle. Farete le porzioni quando il dolce sarà cotto. La granella di pistacchi la metterete dopo aver versato lo sciroppo.

Infornare posizionando la teglia nel secondo ripiano dal basso e cuocere per circa 35-40 minuti.
Togliere dal forno e incidere subito le porzioni.
Versare a cucchiaiate lo sciroppo. Rimettere nel forno spento tenendo lo sportello semi aperto e lasciare che raffreddi completamente.

Il samali è un dolce cha ha bisogno di tempo per amalgamare i sapori e assorbire lo sciroppo quindi non affrettatevi a mangiarlo. Armatevi di pazienza e aspettate almeno 4 ore.
Servirlo da solo oppure con una pallina di gelato fiordilatte o vaniglia.




kalogeros di Naxos

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L'isola di Naxos sta diventando famosa, con un turismo in crescendo e i motivi non mancano. E' un'isola bella come solo le Cicladi, mare impareggiabile, accoglienza calorosa. Non essendo inoltre arrivata al livello turistico di altre isole dello stesso gruppo, è più facile trovare ma non so per quanto ancora, segnali di vita autentica e non soltanto a uso e consumo dei turisti.
Il suo prodotto più conosciuto forse è la patata che da qualche hanno ha avuto il riconoscimento DOP. Molto apprezzati anche i suoi formaggi che stanno cominciando a essere apprezzati e richiesti dal mercato ateniese. Su tutti l'arsenikò e la graviera.

Se quindi avete la possibilità di procurarvi l'arsenikò, usatelo assolutamente per questa ricetta, tipica dell'isola. In alternativa va bene la ricotta salata, il pecorino, il parmigiano.
E' un piatto unico che richiede un po' di tempo per prepararlo, ma quale soddisfazione.

Ingredienti: per 4 persone
  • 2 melanzane tonde
  • 250 gr. di polpa di vitello o manzo
  • 1 bicchiere di vino bianco
  • 4 pomodori maturi
  • 1 cipolla piccola tritata
  • 1 spicchio di aglio tritato
  • sale
  • un pizzico di cannella in polvere
  • un pizzico di chiodi di garofano in polvere
  • pepe nero macinato fresco
  • 5 cucchiai da minestra di olio evo
  • scaglie di formaggio – ricotta salata, parmigiano, pecorino
  • olio per friggere
Procedimento: preparazione 20 min. - cottura 100 min.
Ragù:
Tirare fuori la carne dal frigorifero mezz'ora prima di cominciare a preparare il ragù per portarla a temperatura ambiente. Eliminare il grasso di troppo e tagliarla a cubetti.

Incidere una croce alla base dei pomodori e sbollentarli per minuto. Scolarli e spellarli tirando i lembi dalla incisione. Tritare al coltello 3 pomodori e tagliare a rondelle il quarto.

In una casseruola larga e bassa versare l'olio evo e accendere. Quando l'olio sarà caldo mettere pochi alla volta i cubetti di carne e farli rosolare a fiamma vivace da tutti i lati finchè non assumano un colore brunastro. Toglierli dalla casseruola e metterli in un piatto.

Abbassare la fiamma e ritirare dal fuoco la casseruola per minuto per far raffreddare un poco l'olio.
Aggiungere la cipolla e l'aglio e rimettere sul fuoco, fiamma bassa. Lasciare appassire per qualche minuto fino a chè la cipolla non sarà ammorbidita e sarà diventata traslucida.
Rimettere la carne nella casseruola con tutti i sughi che avrà rilasciato. Alzare la fiamma e quando comincia a sfrigolare sfumare con il vino. Lasciare evaporare i liquidi per un paio di minuti e aggiungere i pomodori tritati. Salare, macinare del pepe nero, aggiungere la cannella e i chiodi di garofano.
Mescolare, coprire e cuocere a fiamma bassa per circa 1 ½ ore e comunque finchè la carne non sarà tenerissima e si potrà sfilacciare con la forchetta. Se serve, aggiungere un mestolo di acqua calda durante la cottura.
Ritirare dal fuoco e quando si sarà intiepidita sfilacciarla con le mani. Tenere da parte.
Melanzane:
Lavare le melanzane, asciugarle, tagliare il picciolo e dividerle in due per la lunghezza.
Fare delle incisioni dalla parte della polpa. Versare abbondante olio per friggere in una padella e quando avrà raggiunto la temperatura, friggere le melanzane da tutt'e due i lati per qualche minuto, finchè non diventano morbide.
Toglierle dalla padella e metterle in un piatto rivestito di carta assorbente per togliere l'olio in eccesso.
In alternativa alla frittura se volete un piatto più leggero, spennellare le melanzane dalla parte tagliata con un pò di olio e infornare per circa mezz'ora a 180 gradi.

Accendere il forno a 180 gradi.
Tagliare a rondelle il pomodoro lasciato intero.
Prendere una mezza melanzana fritta, metterla in una teglia da forno e allargarla un poco per farla diventare a barchetta.Versare sopra un quarto del ragù. Metterci sopra una rondella di pomodoro e finire con delle scaglie di formaggio.
Ripetere lo stesso con il resto delle melanzane.
Infornare per 10 minuti.

Togliere dal forno, lasciare riposare per 15 minuti e servire come piatto unico accompagnato con del buon pane e insalata  a foglia verde.


ladopita di Skyros

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La astakomakaronada (spaghetti all'astice) è stata per alcuni anni lo status symbol di molti greci che avevano conosciuto da poco un benessere accompagnato come sempre accade, da un consumismo esibizionista, quasi sempre fine a se stesso.


Gli anni spensierati e spendaccioni sono passati ma la astakomakaronada pur non rappresentando più uno status symbol, resta sempre molto ambita e chi se la può permettere non rinuncia.

Molto prima però dal suo assurgere a status symbol per neoricchi o neo benestanti era il piatto simbolo di Skyros. Pare sia stata cucinata qui per la prima volta, per sfamare le famiglie dei pescatori che riservavano per sé gli astici rotti. Tutti gli altri, integri, partivano alla volta di Atene.



Oltre per l'astakomakaronada, Skyros è famosa per la ladopita ed è  proprio  questa la ricetta di oggi.
La ladopita sull'isola si trova in ogni dove e in ogni ora del giorno. La mattina a colazione, per lo spuntino, un pranzo veloce e saziante, nel pomeriggio, la sera.

E' una preparazione molto semplice e molto buona. Sostanzialmente si tratta di pane fritta, accompagnata da formaggi spalmabili locali.

La si può trovare in forma di pizzetta  oppure con un buco in mezzo.

Di varie dimensioni, da un piattino da caffè a un piatto piano, ognuno si regola come vuole.



Io le ho preparate in dimensioni piccole e le ho servite con della robiola profumata con un poco di scorza di limone e del miele. Essendo di sapore neutro si abbinanto perfettamente sia con il dolce che con il salato.

Potete servirle anche con formaggi stagionati, confetture varie, farcite con qualche salume.


Ingredienti: (per 4 ladopites)

  • 150 gr. di farina 00
  • 70 gr. di acqua appena tiepida
  • 8 gr. di lievito di birra fresco
  • un pizzico di sale
  • olio per friggere

Procedimento: (preparazione 10 min. - attesa 90 min. - cottura 10 min)

Sciogliere il lievito nell'acqua.

Versare l'acqua in una ciotola e aggiungere la farina. Mescolare e impastare per un minuto. Aggiungere il pizzico di sale e impastare ancora per 5-6 minuti, fino a ottenere un impasto liscio ed elastico che non si appiccica alle mani.

Se serve un poco di farina ancora, infarinare le mani e continuare a impastare. Viceversa se l'impasto è molto compatto, bagnare le mani e continuare a impastere.



Formare una palla, infarinare leggermente una ciotola, metterci dentro l'impasto e coprire con un tovagliolo. Lasciare lievitare per 1 ora.



Trascorsa l'ora, prendere l'impasto, sgonfiarlo e dividerlo in 4 parti.

Formare 4 palline, sistemarle su carta forno e lasciare lievitare per 30 minuti.



Versare abbondante olio per friggere in una padella, accendere e portarlo a temperatura.

Mentre l'olio si scalda, prendere una pallina di impasto alla volta e premendo con i polpastrelli allargarla fino a raggiungere lo spessore di circa ½ cm. Fare un buco nel mezzo con il pollice.



Friggere le ladopites per circa 2 – 3 minuti per lato, finchè non assumono un colore biondo.

Togliere dalla padella, sistemare su un vassoio rivestito di carta assorbente per togliere l'olio in eccesso e servire come si desidera.


Ristorante Magna Grecia / Rimini

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Non mi capita spesso di andare a Rimini e anche se negli ultimi 3 anni in quella riviera ci sono stata, a Rimini città ci sono andata soltanto una volta, in occasione di una festa. Della birra!!!!
Quest'anno  però avevo deciso di andarci per visitarla meglio e già che c'ero ho pensato di cercare un ristorante greco per cenare.
Ho fatto una ricerca su internet, ho trovato Magna Grecia e seduta stante e a scatola chiusa ho prenotato con largo anticipo. Come poi si è evinto sono stata lungimirante e previdente!
Siamo arrivati in una calda e afosa serata di Agosto. Il locale si trova in pieno centro, esattamente di fronte al museo della città di Rimini.
La facciata a vetrata, un'apside dipinta con il logo del ristorante sopra la porta.
Sulle vetrate ci sono stampati dei versi di tal Francesco Santarelli che confesso di ignorare chi sia.
Appena entrati ci siamo sentiti sollevati dal gran caldo afoso. Il sollievo però durò poco. 
Qualche minuto dopo il caldo ha cominciato a farsi sentire e ho rimpianto di non aver portato il ventaglio da casa. Mi sarebbe stato molto utile.


L' ambiente   è informale ma curato,  tipico di una taverna greca. 2 sale per una cinquantina di coperti. Arredi di legno, sedia di paglia dipinte di blu, tovaglioli di carta sullo stesso tono. Niente tovaglia; tovagliette di carta all’americana che riportano notizie, curiosità, fatti vari che riguardano la Grecia ma anche Rimini. Da leggere; noi le abbiamo lette in attesa delle pietanze.
Il personale, una ragazza molto gentile ed efficiente ci ha portato il menù. L’abbiamo letto tutto e abbiamo trovato tutto quanto ci si possa aspettare da una taverna tipica greca. Salsine, tyropita, spanakopita, saganaki, pita gyros in varie interpretazioni, moussakàs, ghemistà, saganaki, praticamente tutti i dolci tipici e menù vegetariani che in questi anni non possono mancare da nessun ristorante.

Poco dopo il nostro arrivo, siamo arrivati alle 19.45,  il locale era già pieno da gente che aveva prenotato. I personale è stato  costretto a mandare via parecchia gente  che arrivava senza prenotazione, oppure a chiedergli di passare più tardi. Buon segnale, ho pensato e meno male che sono stata previdente e avevo prenotato con largo anticipo.  


Abbiamo ordinato vino della casa. Lo faccio a volte quando mi trovo in un ristorante/taverna. E’ un indicatore importante per l’attenzione al cliente, a maggior ragione se il conto finale tutto sommato è abbastanza modesto.
Quasi subito è arrivata una brocca con del vino bianco, moscato di Alessandria, importato direttamente dalla Grecia. Fresco, gradevole e profumato. Il pane pita portata al tavolo era calda, morbida, non unta. Buona.

Versato e mandato giù il primo sorso di vino, in attesa di decidere cosa mangiare, abbiamo sbirciato ai piatti che si portavano agli altri tavoli per capire le dimensioni. Come mi aspettavo le porzioni erano grandi, grandissime. Abbiamo deciso quindi di saltare i mezedes e optare subito per i piatti principali.
 

Moussakàs, ghemistà e insalata greca.
Il moussakàs, accompagnato da patate ben cotte, era equilibrato tra i vari strati, la besciamella non era invadente e non c'era nemmeno quel lago di olio su cui spesso il moussakàs è poggiato.  Meritevole. 


I ghemistà erano composti da un pomodoro e un peperone, accompagnati da patate, olive e un po’ di insalata verde a foglia. Il peperone era rosso ed enorme. Personalmente non amo i peperoni rossi o gialli per i gemistà; troppo dolci, sovrastano la delicatezza del ripieno anche se in questo caso date le dimensioni del peperone il ripieno era così tanto che era difficile sovrastarlo quindi alla fine risultava equilibrato. Riso al dente, senza esagerazioni.  Ma non sono riuscita a finirlo e metà è rimasta nel piatto.

Insalata greca giusta, c’era tutto. Olive buone, feta buonissima. Tra le migliori che abbia mangiato in Italia. Come poi ci ha detto il proprietario che parla un greco parecchio  fluente con un accento straniero abbastanza marcato, la importano direttamente dalla Grecia così come il vino.

Abbiamo saltato il dolce e abbiamo concluso con uno tsipouro e un liquore di mastiha. Buoni entrambi. 
Al momento del conto, ci è stato chiesto se volevamo portare con noi il cibo avanzato; abbiamo declinato ma apprezzato. 

Andare però a un ristorante greco e non mangiare i dolmadakia con lo tzatziki per me è inconcepibile, così li abbiamo ordinati e portati con noi, da mangiare il giorno dopo.
Confezionati bene, in vaschette sigillate.
Anche il giorno dopo erano buonissimi; dolmadakia farciti con riso e carne come si usa soprattutto nel nord della Grecia. Lo tzatziki grazie al cielo non era mediato; l’aglio si sentiva nettamente ma senza eccessi. 

Le considerazioni finali: un onesto ristorante greco con menù  ricco, che non si discosta da un tipico ristrante greco.
Le porzioni sono troppo grandi e non lasciano spazio a vari assaggi. Un piatto principale più piccolo mi avrebbe permesso di assaggiare qualche mezès. Per inciso, se la pita di inizio pasto fosse accompagnata da qualche salsina senza bisogno di ordinarla, avrei gradito non poco.
 


Scheda sinottica:


Locale visitato il 08/08/2019


Voto per ambiente, servizio, meù: 7/10


Costo per 2 persone: € 59,50 tutto incluso


Ci torno? Si, se mi capita di trovarmi da quelle parti ma sempre su prenotazione


Lo consiglio? Si, ma meglio prenotare


Dove:


Ristorante Greco Magna Grecia


Via Luigi Tonini, 8 – 47921 Rimini


Tel: 054157551






gallette con pesche nettarine

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Le pesche sono tra i frutti estivi che preferisco in assoluto. Colorate, dolci, profumate e succose.  Quando ero piccola erano tutte così e le mangiavo sempre in purezza.  Affondando i denti nella loro polpa mentre qualche goccia di succo colava dalla bocca e si spandeva il profumo inebriante.
Ora purtroppo trovarle dolci, profumate, succose a al punto giusto della maturazione è tutt’altro che  scontato.  A volte le trovo e in quel caso le mangio esattamente come le mangiavo  da piccola. Altrimenti ci faccio altro. Crostate, confetture,  sorbetti, le metto nelle insalate oppure le cucino con il pollo.
Prima che l’estate che è praticamente agli sgoccioli finisca e le pesche spariscano dai banchi dei mercati, direi che è il caso di preparare questa deliziosa gallete,  perfetta per la colazione, la merenda, a fine pasto o quando volete voi!!!

E una curiosità sul nome: le pesche  in greco si chiamano rodàkina che però non hanno nulla a che fare né con i ròda (rose)  né con la Cina che peraltro è la loro patria. Il nome deriva dall’italiano duracina, (frutta dura, compatta con polpa attaccata al nocciolo) che per effetto paretimologico dato che per i greci non significava nulla,  si trasformò in rodakina.
Le nettarine invece si chiamano nektarìnia!
Ingredienti: (per una teglia di circa 22 cm)
Frolla:
  •          200 gr. di farina 00
  •          35 gr. di amido di mais
  •          25 gr. di zucchero semolato
  •          100 gr. di burro freddo
  •          un pizzico di sale
  •          30 ml di acqua fredda

Farcitura:
  •          500 gr. di pesche nettarine pesante senza il nocciolo
  •          40 gr. di zucchero di canna
  •          mezzo cucchiaino da tè di amido di mais
  •          mezzo cucchiaino da tè di cannella
  •          un pizzico di sale

Finitura:
  •          1 uovo
  •          15 gr. di burro a dadini
  •      zucchero a velo

Procedimento: (preparazione 20 min. – attesa 30 min. – cottura 30 min.)

Frolla:
Versare la farina in una ciotola, aggiungere l’amido di mais, lo zucchero e il sale e mescolare bene.
Unire il burro freddo tagliato a dadini e con i polpastrelli mescolare sino ad avere un impasto sbricioloso. Unire poca alla volta l’acqua, impastare velocemente per amalgamare gli ingredienti.
Formare una palla, avvolgerla in pellicola per alimenti e mettere in frigo per 30 minuti.

Farcitura:
Lavare le pesche, asciugarle e aprirle a metà. Togliere il nocciolo e tagliarle a fettine di circa 4 mm.
In un ciotolino mescolare zucchero, amido, cannella, il pizzico di sale e l’ amido di mais.

Composizione e cottura:
Accendere il forno a 180 gradi.

Prendere la frolla, e metterla tra due fogli di carta forno. Stenderla a un disco di diametro di circa 7 cm. più grande della vostra teglia. Staccare la carta forno superiore e trasferire la frolla sulla teglia  cercando di centrarla per avere  lembi di frolla che strabordino uniformemente.

Cospargere la frolla (quella a contatto con la teglia) con la metà del mix dello zucchero.
Stendere la frutta a ventaglio sulla frolla spolverizzata di zucchero. Spolverizzare la frutta con il resto del mix di zucchero. Girare i lembi di frolla che straborda sulla frutta stessa.

Sbattere leggermente l’uovo e spennellare la frolla tutt’intorno. Tagliare il burro a cubetti e distribuirli sulla frutta. Spolverizzare un poco di zucchero di canna ancora e infornare per circa 30 minuti.
Togliere dal forno, lasciare intiepidire, cosparegere di zucchero a velo e servire con una pallina di gelato fior di latte, vaniglia o yogurt.

Piatto: il cirmolo




treccia con patè di olive

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Pane e olive è stato per molti decenni se non per secoli o anche per millenni lo spezzafame più consumato in Grecia. Una fetta di pane, qualche oliva e sazietà e gratificazione erano assicurati immediatamente e senza attese.

Mia mamma usava tagliare delle olive in due e dopo aver tolto il nocciolo le strofinava  sulla fetta del pane. Patè di olive ante litteram!!!! Non so se lo fa ancora ma è più che probabile di sì. L’abbinamento resta uno dei migliori esistenti almeno per noi greci che siamo cresciuti a pane e olive. 
Per la verità io più a olive che a pane. Le olive spesso le preparavamo in casa e riempivamo delle giare con delle verdi schiacciate e variabilmente condite. Io spesso ne riempivo un ciotolino, me le portavo a letto e le mangiavo come la gente normale mangia le patatine, per dire.... 
La treccia che propongo si rifà esattamente a questo abbinamento. Pane e olive. Meno rustica ovviamente, soffice, unta quanto basta, golosa.
E’ perfetta per la colazione se vi piace salata, per lo spuntino, per l’ufficio o la scuola e mangiata insieme a una ricca insalata diventa perfino un pasto.
Ingredienti:
  •         500 gr. di farina 0 o 00
  •          300  ml  di acqua leggermente tiepida
  •          10 gr. di lievito di birra fresco
  •          10 gr. di sale
  •          20 gr. di olio extravergine di oliva
  •          patè di olive nere q.b.
Procedimento: (preparazione 15 min. – attesa 120 min. – cottura 45 min.)
Sciogliere il lievito in 50 ml di acqua.

Versare la farina in una ciotola, aggiungere il lievito, l’olio e l’ acqua.  Mescolare con un cucchiaio per amalgamare gli ingredienti. Unire il sale e impastare per una decina di minuti fino a ottenere un impasto liscio ed elastico.
Nel caso l'impasto risultasse troppo duro, bagnare le mani e continuare a impastare. Se viceversa l’impasto risulta troppo morbido e appiccicoso, infarinare le mani e continuare a impastare.

Formare una palla, sistemarla su una ciotola leggermente infarinata, coprire con un tovagliolo e lasciare lievitare fino al raddoppio. Secondo il tempo che fa, ci vorranno dai 60 ai 90 minuti circa.
Trascorso il tempo della lievitazione, prendere il panetto e stenderlo con il mattarello oppure tirandolo con le mani in un rettangolo di circa 30 x 40 cm e posizionarlo con il lato più corto davanti a voi.

Spalmare la pasta  con il patè di olive lasciando intorno un bordo di 2 - 3 cm pulito. Se desiderate potete sostituire il patè di olive nere con patè di olive verdi.
Arrotolare dal lato più corto, stringendo leggermente.  Con un coltello affilato dividere l’impasto in due per il senso della lunghezza lasciandolo unito a una estremità. Intrecciare i due lembi ottenuti.

Oliare uno stampo da budino di 1 lt di capienza.
Trasferire  la treccia  nello stampo cercando di darle la forma dello stampo e unendo le due estremità. 

Coprire e lasciare lievitare per 30 – 40 minuti.

Accendere il forno a 180 gradi e preriscaldare per 10 minuti.

Finita la seconda lievitazione infornare la treccia e cuocere per circa 45 minuti o fino a doratura.
Trascorso il tempo oppure quando la treccia è ben dorata, fare la prova stecchino. Infilare uno stecchino; se esce pulito la treccia è pronta.
Togliere dal forno e lasciare raffreddare bene.




kritharotto ai gamberoni

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Il “kritharotto” per me è la più felice reinterpretazione di un classico piatto della cucina greca sposato con tecniche di cottura importate, nella fattispecie come si evince anche dal nome, con quella del risotto.

Il kritharaki, che corrisponde alla pasta risoni, contrariamente a quanto accade in Italia dove è perfino difficile alle volte trovarlo  è un formato di pasta molto amato che non è mai è poi mai caduto in disuso. Tradizionalmente si cuoce a lento assorbimento di liquidi come buona parte delle ricette tipiche di pasta ma da quando qualcuno ha avuto la felice intuizione di cuocerlo come se  fosse un risotto, sono spuntate tantissime ricette a tema.

Una, molto amata data l’adorazione dei greci per il mare e i suoi prodotti è con i gamberi.
Gamberi, gamberoni, astici, cicale di mare, sono tutti crostacei perfetti  per questo piatto succulento e goloso. Pare abbia sommamente gradito anche Monica Belluci che ha trascorso una vacanza a Paros e in loco ha assaggiato il kritharotto alle cicale di mare.

Io le cicale di mare le ho cercate  ma non le ho trovate come volevo, quindi ho scelto di farlo con i gamberoni ed è  altrettanto succulento. 
Provatelo, tenendo in mente che il tempo della loro cottura è indicativo. Regolatevi secondo i gamberi o gamberoni che troverete, avendo però ben presente che i crostacei come i molluschi del resto non hanno bisogno di lunghe cotture che rischiano solo di renderli gommosi. Basta qualche minuto.
Lo stesso discorso vale per il kritharaki. Trascorsi una decina di minuti da inizio cottura cominciate ad assaggiare per verificare la tenuta ai denti.
 Ingredienti: (per 4 persone)
  •         8 gamberoni
  •          250 gr. di pasta formato risoni
  •          1 bicchiere di vino bianco
  •          15 pomodorini tipo ciliegino
  •          1 cipolla tritata
  •          prezzemolo tritato + un paio di gambi
  •          4 -  5 grani di pepe nero
  •          sale
  •          1 cucchiaio di doppio concentrato di pomodoro
  •          olio evo

Procedimento: (preparazione 20 min. – cottura 45 min.)
Lavare i gamberoni sott’acqua corrente. Staccare la testa e le zampette. Con uno stuzzicadenti bucare il dorso e togliere il budellino nero.
Versare 3 cucchiai di olio evo in una pentola. Scaldare l’olio e quando sarà bello caldo mettere le teste dei gamberoni a rosolare a fiamma vivace girandoli ogni tanto per un paio di minuti.
Versare sopra 1 lt di acqua calda, salare leggermente, aggiungere i gambi di prezzemolo e i grani di pepe e coprire. Far bollire a fuoco dolce  per 45 minuti. Ritirare dal fuoco, filtrare da un colino fitto e tenere caldo da parte.

Nel mentre, lavare i pomodorini e tagliarli a metà.
In una casseruola versare 2 cucchiai di olio evo e aggiungere la cipolla. Farla appassire a fiamma bassa per una decina di minuti. Unire i pomodorini, salare leggermente, macinare del pepe nero e aggiungere il doppio concentrato di pomodoro diluito in una tazza di brodo.  Cuocere la salsa finchè i pomodorini non siano disfatti.

Aggiungere i gamberoni e cuocere per 3 minuti per lato.

In un’altra pentola versare 2 cucchiai di olio evo, scaldare e tostare la pasta per un minuto girandola spesso. Sfumare con il vino e quando buona parte del liquido sarà evaporato versare a mestolate il brodo finchè la pasta non sia cotta molto al dente.
In linea di massima 10 - 12 minuti di cottura sono sufficienti ma qui vale come i risotti, quindi  assaggiare sempre. Che sia molto al dente, mi raccomando dato che finiremo la cottura nella salsa.

Togliere i gamberoni dalla salsa e accendere di nuovo. Quando la salsa avrà cominciato a sobbollire versare la pasta, assaggiare di sale e finire la cottura mescolando sempre. Se serve, aggiungere un poco di brodo tenendo in mente che il piatto deve risultare molto all’onda.

A fine cottura aggiungere i gamberoni, coprire e lasciare riposare 2 minuti.
Distribuire nei piatti con 2 gamberoni in ciascuno, spargere sopra del  del prezzemolo tritato e portare a tavola con il macina pepe per chi ne volesse extra. Sta benissimo anche una grattugiata di scorza di limone se vi attira l’idea.




politiko di Salonicco

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Ecco un dolce di cui ignoravo l’esistenza fino a un po’ di tempo fa.  Il polìtiko di Salonicco ma  il nome non vi tragga in inganno. Con la politica non c’entra proprio nulla. Polìtiko, con l’accento sulla prima i, cioè dalla Polis, come chiamano affettuosamente i greci la città di Kostantinopoli, odierna Istanbul.

Il polìtiko è molto conosciuto e amato a Salonicco, d’altronde il suo nome è rivelatore ma oltre questo grandi informazioni nel web sulla sua origine e diffusione non se ne trovano. Al contrario  e per fortuna la ricetta si trova facilmente.

Dato quindi che non ho molto da dire in merito, mi limito dicendo  che è un dolce da teglia come chiamiamo noi i dolci da porzionare, golosissimo, con la base di semolino che profuma di mastiha e mahlepi irrorata di sciroppo, strato di crema pasticciera, cosparso di cannella.

Grandi differenze tra le varie ricette pubblicate non ne ho trovato e quelle poche riguardano quasi esclusivamente lo spessore dello strato di crema che può essere più o meno sottile. Qualcuno,   sopra  lo strato di crema pasticciera ne stende uno sottile di la panna montata.  La superficie viene sempre profumata con la cannella e su questo concordano tutti.

Io ho preferito cospargerlo di  cacao amaro e poca cannella per non eccedere con una spezie che va dosata attentamente e il risultato è stato veramente fantastico! 
Un'altra variazione può riguardare il profumo utilizzato per la base di semolino; si può usare il limone o l' arancia; d'altronde pensare di trovare mastiha e mahlepi in Italia è una pia illusione.
Ingredienti: (per una teglia di 25 x 20 cm)

Base:
  • 200 gr. di semolino (quello che si utilizza per gli gnocchi alla romana)
  • 120 gr. di zucchero semolato
  • ½ cucchiaino da tè di lievito per dolci
  • ½ cucchiaino da tè di bicarbonato di sodio
  • 200 gr. di latte
  • ¼ di cucchiaino da tè di mastiha pestata a polvere finissima
  • ½ cucchiaino da tè di mahlepi pestato a polvere finissima

 Sciroppo:
  • 250 ml di acqua
  • 250 gr. di zucchero semolato
  • un bastoncino di cannella
  • 3 gocce di limone

 Crema pasticcera:
  • 350 ml di latte
  • 70 gr. di zucchero semolato
  • 1 cucchiaino da tè di essenza di vaniglia
  • 2 tuorli d’uovo
  • 30 gr. amido di mais (maizena)
  • 30 gr. di burro
  • 100 gr. di panna da montare

 Finitura:
  • cacao amaro
  • cannella in polvere


Procedimento: (preparazione 30 min. – cottura 30 min. – attesa  120 min.)

Base:
Accendere il forno a 180 gradi modalità ventilata.

In una ciotola versare tutti gli ingredienti della base e mescolare bene con una frusta a mano.
Imburrare la teglia versare dentro il composto. Livellare bene con una spatola e infornare per 20 minuti.
Togliere dal forno e lasciare raffreddare completamente.

Sciroppo:
Versare tutti gli ingredienti in un pentolino e bollire per 2 minuti da quando stacca il bollore, fino a completo scioglimento dello zucchero.
Scartare il bastoncino di cannella e versare a mestolate sulla base fredda. Sciroppo bollente base fredda o viceversa. E’ il principio indiscutibile affinchè la base assorba bene lo sciroppo.

Crema:
In un pentolino versare 300 ml di latte, la metà dello zucchero, l’essenza di vaniglia e mettere su fuoco basso. Scaldare senza mescolare.
In una ciotola versare il resto dello zucchero, aggiungere i tuorli e mescolare bene con una frusta a mano. Versare il resto del latte, l’amido di mais e mescolare sempre con la frusta a mano.
Quando il latte comincia a bollire versarlo gradualmente sul mix delle uova mescolando sempre.
Riversare tutto il mix sul pentolino e mettere su fuoco basso; mescolare bene fino a chè la crema non si rapprenda.
Ritirare dal fuoco, aggiungere il burro e mescolare fino a scioglimento.
Versare in una ciotola di vetro, coprire con pellicola a contatto e mettere in frigorifero per 30 min.

Assemblaggio:
Togliere la crema dal frigorifero e mescolarla con la frusta a mano per renderla soffice.

Montare a neve ferma la panna. Tirarla fuori dal frigorifero soltanto al momento di montarla.
Incorporare la panna nella crema, mescolando delicatamente con una spatola.
Distribuire la crema sulla base livellando bene.

Mettere in frigorifero per 1 ora.

Tirare fuori dal frigorifero 10 minuti prima di servire. Spargere abbondante cacao amaro e sul cacao un po’ di cannella in polvere.



pesche nettarine ripiene di amaretti

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La stagione delle pesche è arrivata agli sgoccioli. Tra poco uno dei frutti estivi che amo visceralmente sparirà dai banchi dei mercati e dovrò aspettare diversi mesi prima di rivederle! Con mio grande disappunto!!!!

Mi consolo perà pensando che l'autunno porta con sè frutti meravigliosi e poi preparando con le ultime pesche un dessert della tradizione piemontese profumato, avvolgente e  leggero. 
Nettarine ripiene di amaretti. Perfetto per salutare l'estate che ormai se n'è andata.
Ingredienti: (per 4 persone)
  • 2 pesche nettarine non troppo mature
  • 20 gr. di amaretti
  • un cucchiaino da tè di zucchero semolato
  • 1 cucchiaino da tè di cacao amaro
  • 3 mandorle pelate
  • 150 ml  di vino liquoroso
  • fiocchetti di burro + un poco per la teglia
  • zucchero a velo

Procedimento: (preparazione 15 min- - cottura 30 min.)
Accendere il forno a 180 gradi, modalità statica.

Lavare le pesche a asciugarle. Dividerle a metà e togliere il nocciolo. Con un coltellino affilato scavare nella polpa togliendone un poco e raccogliendola in un ciotolino. 

Mettere le mandorle,  gli amaretti e la polpa delle pesche nel mixer e tritarli ottenendo una poltiglia.
Trasferire il mix in una ciotola,  aggiungere lo zucchero semolato e il cacao. Mescolare per amalgamare bene tutti gli ingredienti.  Se il mix risultasse troppo denso, aggiungere un cucchiaio di vino e mescolare.

Ungere una teglia da forno con del burro.

Farcire le pesche con il ripieno e sistemarle nella teglia. Mettere un fiocchetto di burro su ogni mezza pesca. Spolverizzare con dello zucchero a velo.
Bagnare con il vino e infornare per 30 minuti.

Ritirare dal forno, lasciare intiepidire e servirle tiepide o fredde con un poco  di sughetto di cottura.
Volendo si possono accompagnare con una pallina di gelato alla vaniglia, fiordilatte o yogurt.



ladopita di Lefkada

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La ladopita (torta all’olio) si incontra in diverse località della Grecia. Dolce o salata, è una preparazione emblema della cucina greca che è sempre stata caratterizzata e contraddistinta dall’uso abbondante di olio. Di oliva ovviamente. Io stessa scherzando, affermo spesso che nelle mie vene scorre olio di oliva, tanto era l’uso che si faceva nella cucina tradizionale.

La ladopita può essere dolce o salata. Salata è quella dell’isola di Skyros, mentre dolce è quella di Lefkada ed è indubbiamente il dolce più diffuso e conosciuto dell’isola. Lo si trova ovunque e ormai praticamente sempre, mentre una volta era il dolce delle feste, dei matrimoni, di Capodanno.
Le sue origini sono nella Lefkada contadina; i contadini avevano olio in abbondanza grazie alla produzione in proprio, mentre gli abitanti dei centri cittadini che lo compravano, sempre prezioso e caro, la preparavano perlopiù a Capodanno, soprattutto dal dopoguerra in poi.
Una manciata di ingredienti che si trovano in qualsiasi casa sono sufficienti, ma la differenza la fa la mano che la prepara. 
Come riporta la indimenticata Evi Voutsinà (grande ricercatrice di ricette locali e autrice di libri di cucina tradizionale), originaria lei stessa di Lefkada, non era assolutamente scontato che  le donne isolane avevano la capacità di prepararla. Difatti erano in non poche a  pregare parenti o conoscenti di farla per loro; la sua mamma, gran esperta di ladopita, un anno ne aveva preparato 17 per i vicini di casa.

L’ingrediente addolcente può essere miele dandole il nome di melopita, zucchero che le dà il nome di zacharopita (zàchari = zucchero”) oppure  mosto cotto e in questo caso si chiama petimezopita. Il procedimento è esattamente lo stesso ma cambiano le proporzioni degli ingredienti per via del diverso potere dolcificante dei vari ingredienti. Secondo Evi Voutsinà, la migliore in assoluto è la petimezopita.
Ingredienti: (per una teglia di 23 cm di diametro)
  • 500 gr. di farina 1 oppure 0
  • 50 gr. di semolino (quello per fare gli gnocchi alla romana)
  • 350 ml di olio evo
  • abbondante sesamo
  • 5 – 6 mandorle

Sciroppo:
  • 650 gr. di zucchero semolato
  • 3 cucchiai da minestra di miele
  • 800 ml di acqua
  • mezzo cucchiaino da tè scarso di chiodi di garofano in polvere (in alternativa 6 -7 chiodi di garofano da scartare dopo la bollitura dello sciroppo)
  • mezzo cucchiaino da tè di cannella in polvere
Procedimento: (preparazione 10 min. – cottura 70 min.)
Scottare le mandorle in acqua bollente per 1 minuto. Filtrare e spellarle. Dividerle in due. Tostarle a secco in un padellino antiaderente per un minuto e tenere da parte.

Versare in una pentola tutti gli ingredienti dello sciroppo e far bollire per 5 minuti da quando stacca il bollore. Mantenere lo sciroppo bollente.

Mescolare farina e semolino.

In una pentola versare l’olio e scaldarlo molto. Versare la farina poca alla volta nell’olio girando con una frusta a mano per evitare che si formino grumi. Tostare la farina per 6 – 8 minuti e finchè non emana un buon profumo di cotto.
Versare lo sciroppo bollente a mestolate nella farina tostata e cuocere mescolando continuamente con un cucchiaio di legno. Quando il composto avrà preso la consistenza di una polenta abbastanza soda ritirare dal fuoco.

Oliare leggermente la teglia e versare il composto. Attenzione: lo spessore non deve superare i 3 - 3,5 cm.
Livellare bene con l’aiuto del dorso di un cucchiaio. Potete aiutarvi anche con carta forno. Posizionatela a contatto sul composto e con le mani premere uniformemente.

Accendere il forno a 180 gradi, modalità statica.

Spargere abbondante sesamo sulla superficie e infornare al ripiano di mezzo per circa 1 ora.
Per verificare la cottura, infilare un coltello tra la teglia e il dolce. Se si stacca facilmente, il dolce è pronto. Ritirare dal fuoco e lasciare raffreddare bene.
Tagliare a rombi e mettere nel mezzo di ogni rombo una  mandorla.

Si mantiene bene per 2 – 3 giorni, coperta con carta di alluminio.



spezzatino con zucchine / kokkinisto me kolokythakia

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Abbinare carne a vari ortaggi, secondo la stagione, è un classico e infallibile modo di cucinare alla greca; imprescindibile per chi vuole avvicinarsi a questa cucina senza superficialità e senza stereotipi.

La carne che si utilizza è quella bovina per lo più e molto spesso di vitello. Negli ultimi anni in realtà sta guadagnando terreno la carne di pollo che si considera più digeribile, meno inquinante e poco grassa. Fagiolini, melanzane, cipolle, zucchine per non parlare delle patate sono ortaggi che si prestano alla perfezione per questi piatti tipici dei pranzi domenicali.
A casa mia come del resto in quasi tutte le case greche spesso si serviva uno spezzatino rigorosamente al pomodoro e cucinato con qualche ortaggio. L’accompagnamento obbligatorio erano le patatine fritte per i piccoli e il riso pilaf per i grandi.

Sono piatti tutto sommato semplici che non richiedono particolari abilità e/o tecniche; l’unica cosa imprescindibile è il tempo per rispettare le lunghe cotture che richiede la carne e questo è uno dei motivi per cui sono piatti della Domenica. Ne esiste un secondo ed è il consumo di carne che mangiavamo rigorosamente una volta alla settimana. La Domenica appunto!
La ricetta che segue potete prepararla con carne di manzo considerando che i tempi di cottura ovviamente sono più lunghi. Consiglio invece di non cambiare le zucchine e di non optare per quelle grandi che sono molto acquose e spesso con un retrogusto amaro. Cercate le baby.
Si serve come piatto unico ed è equilibrato e molto gustoso. Sono certa vi piacerà!
Ingredienti: (per 4 persone)
  • 1 kg circa di fesa di vitello
  • 8 – 10 zucchine baby
  • 4 spicchi di aglio
  • 1 cipolla bianca tritata
  • prezzemolo tritato
  • sale
  • pepe nero macinato fresco
  • 7 cucchiai di olio evo
  • 1 bicchiere di vino bianco
  • 3 pomodori grandi maturi (in alternativa 1 scatola piccola di polpa di pomodoro pronta)
  • olio per friggere
Procedimento: (preparazione 30 min. – cottura 90 minuti)
Carne:
Lavare i pomodori, tagliarli in due e grattugiarli dai forni grossi della grattugia raccogliendo polpa e succhi in una ciotola.

Togliere la carne dal frigorifero 1 ora prima di cucinarla per portarla a temperatura ambiente. Tamponarla con carta assorbente e tagliarla in bocconi non troppo piccoli.
Versare 4 cucchiai di olio in una casseruola e scaldarlo bene. Mettere a rosolare a fiamma vivace la carne, pochi pezzi alla volta per non abbassare bruscamente la temperatura dell’olio. Girare la carne per farla rosolare da tutti i lati. Man mano che è pronta e ha assunto un colore biondo scuro toglierla dalla casseruola e metterla su un piatto.

Sfumare con il vino e grattare con una spatola di legno il fondo della casseruola per staccare parti di carne attaccata.

In un'altra casseruola versare i 3 rimanenti cucchiai di olio e aggiungere la cipolla tritata. Farla appassire lentamente a fiamma bassa per una decina di minuti aggiungendo se serve 1 o 2 cucchiai di acqua calda.

Quando il vino sarà evaporato per 2/3, aggiungere la cipolla già soffritta, la carne con tutti i succhi che avrà rilasciato nel piatto, aggiungere i pomodori o la polpa già pronta, salare e macinare del pepe nero. Coprire e cuocere per 1 ora a fiamma molto bassa.

Zucchine:
Sbucciare gli spicchi di aglio e tagliarli a fettine.

Lavare le zucchine, asciugarle bene ed eliminare le estremità con un coltello affilato. Fare su ognuna un’incisione per la lunghezza, stando attenti però a non separarle in due pezzi.
Versare olio da frittura in una padella. Quando sarà caldo friggere leggermente e poche alla volta zucchine. Non serve che siano del tutto morbide dato che finiremo la cottura insieme alla carne. Quando saranno un po’ ringrinzite, toglierle dalla padella e sistemarle su un piatto rivestito con carta assorbente.
Allargare leggermente l’incisione delle zucchine; con la frittura sono ammorbidite e non rischiano di spaccarsi. Infilare dentro delle fettine di aglio. Quante ne volete!!!! Salare leggermente.

Completamento:
Trascorsa un’ora la carne dovrebbe essere diventata abbastanza tenera, quasi pronta. Se non lo è ancora, continuare la cottura finchè non diventi tenera, praticamente pronta. Calcolate che per la cottura delle zucchine baby come suggerisco, sono necessari una decina di minuti.

A questo punto unire le zucchine alla carne, spargere del prezzemolo tritato e continuare fino a cottura delle zucchine che devono essere morbide ma non spapolate. Insomma, devono restare leggermente croccanti. 
 
Ritirare dal fuoco, lasciare riposare 10 minuti e servire come piatto unico insieme a del riso pilaf, patatine fritte e insalata a foglia.

sapori della grecia / milano

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Lo sguardo vagava fuori dal finestrino della linea 73 che dal centro di Milano porta a Linate, quando improvvisamente a una delle fermate si è imbattuto  in un’insegna inaspettata che l’ha calamitato: Sapori della Grecia. Un nuovo ristorante greco ho pensato; devo andarci!.
Qualche tempo dopo abbiamo prenotato e ci siamo andati.

Bianco e blu dominante sia all’esterno e all’interno. Di questo non si riesce proprio a farne a meno!  Abbiamo preferito sederci al dehor, punto a favore,  dato che il tempo era ancora caldo e la strada non è trafficata.
Quando siamo arrivati, intorno alle 20.00, c'era poca gente ma con il passare del tempo si è riempito. 
Tavolo senza  tovaglia, in compenso una bella foto un poco sgranata per la verità copriva tutto il tavolo, della famosa spiaggia del Navaghio di Zante che mi fece provare  un desiderio struggente di tornarci. A Zante.

Il menù, portato praticamente subito da una ragazza estremamente cordiale, prevede tutto quello che ci si può aspettare da una tipica taverna greca  e forse qualcosa in più.
Dopo averlo letto da cima a fondo,  abbiamo ordinato intanto del vino bianco di casa. Bevibile ma nulla di più; del resto sono rare le volte in cui si trova un vino meritevole se lo si ordina sfuso.
Per l'antipasto abbiamo optato per la  feta al forno e  melitzanosalata che è arrivata con la pita calda. La melitzanosalata molto buona, leggero sentore di affumicato senza retrogusto amarognolo, veramente apprezzata; una delle migliori mangiate fuori dalla Grecia.

Al posto  della feta al forno ordinata invece, è arrivato un saganaki al cartoccio non ordinato. Ci siamo accorti subito dopo averlo aperto ma non abbiamo fatto in tempo a segnalarlo che è arrivata subito  la cameriera per scusarsi e chiederci se volevamo cambiarlo. Abbiamo risposto che a quel punto lo tenevamo. Non era male anche se un po’ gommoso. Avrei preferito la feta al forno comunque!
Per piatto principale abbiamo preso i soutzoukakia (polpettine oblunghe di carne) con contorno di riso pilaf e gyros di maiale. I soutzoukakia sono risultati soffici e saporiti, un po’ troppo coperti da un sugo densissimo;  il riso pilaf cotto bene né molto al dente né scotto. Un piatto casalingo, come lo farei io. Porzione grande come  al solito e in effetti non sono riuscita a finire tutto.
Il gyros di maiale contornato da patatine fritte, pomodori  e cipolla e accompagnato dallo tzatziki era morbido e succoso. Abbiamo apprezzato il fatto che non era eccessivamente salato come accade spesso. Lo tzatziki buono, l’aglio c’era e si sentiva. Discretamente ma si sentiva.
Per dolce un baklavàs in due! Non male, ma la vaniglia  si sentiva troppo e copriva tutto il resto.
Per finire, rakomelo e brandy metaxà. Buoni entrambi.
Un altro giro di liquore ci è stato gentilmente offerto; forse per scusarsi dell’inconveniente della feta. In ogni caso abbiamo apprezzato.

Scheda sinottica:
Locale visitato il 27/09/2019
Voto per ambiente/servizio/menù: 6,8/10
Conto per 2 persone: € 62,50 tutto incluso
Ci torno? Si, si mangia bene senza eccessive pretese e il conto è onesto (per Milano) 
Lo consiglio? Si, per lo stesso motivo per cui ci torno. Inoltre con il bel tempo il dehor è un valore aggiunto.

Dove:

Sapori della Grecia

Piazza Emilia, 9 – Milano

Tel. 0238298410





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