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Channel: mangiare greco - cucina greca con tutte le ricette tipiche
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stafidopita - torta vegan all'uvetta

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Le torte vegan sono parte imprescindibile della cucina greca. Nate per soddisfare il desiderio di dolce in periodi di digiuni ecclesiastici che sono lunghi e tanti, stanno vivendo una seconda vita, non a causa dei dettami religiosi questa volta, ma piuttosto a causa del graduale aumento dei vegan e anche di quelle persone che più semplicemente vogliono ridurre il consumo di alimenti di origine animale.

Una torta di queste, molto apprezzata, è la stafidopita che prende il nome dall’ingrediente che la caratterizza, l’uvetta (stafides).
Come buona parte delle ricette, anche questa si trova in diverse versioni. Tra le tante, ho scelto una versione cretese, letta al mio blog di riferimento per questa cucina. E’ facile e con ingredienti alla portata di tutti, almeno nelle nostre cucine.

Alcuni usano cospargere la superficie con del sesamo leggermente tostato. Se volete potete farlo ma in quel caso omettete lo zucchero a velo.
La quantità di alcool non è eccessiva. E’ perfettamente equilibrata rispetto agli altri ingredienti e non pregiudica  il sapore del resto degli ingredienti, al contrario lo esalta.
Se però volete diminuirla, omettete la grappa, aumentando leggermente la spremuta di arancia.
Le stafides tradizionalmente vanno tritate al coltello. Non usate mixer o cutter perché si impastano e si incollano tra di loro diventando alla fine un pappone unico, difficilmente distribuibile nell’impasto.
Le noci meglio pestarle grossolanamente nel mortaio. Se non avete il mortaio, sì si, anche se a me sembra stranissimo ci sono case in cui non c’è (io ne ho 6!!!!) mettete le noci in un sacchetto e pestatele con il batticarne, con un martello, con il mattarello, alla peggio con il fondo di un bicchiere, ma non frullatele, per carità! Qualcosa si deve pur sentire tra i denti!

Ingredienti: (teglia 25 x 18 cm)
  • 40 gr. di uvetta sultanina
  • 40 gr. di noci sgusciate
  • 230 gr. di farina + un cucchiaino
  • 90 ml di olio evo
  • 60 gr. di zucchero semolato
  • 60 ml di spremuta di arancia
  • mezzo cucchiaino di scorza di arancia (assicuratevi che non sia trattata con la cera)
  • 60 ml di vino bianco
  • 20 ml di grappa bianca
  • 1 cucchiaino raso di baking powder
  • mezzo cucchiaino di bicarbonato
  • ½ cucchiaino di cannella in polvere
  • un pizzico abbondante di chiodi di garofano in polvere

Procedimento: (preparazione 20 min. – cottura 50 min.)
Mettere in ammollo l’uvetta in una tazza di acqua per mezz’ora. Trascorsa questa, scolare e mettere su un canovaccio per far asciugare. Tritarla al coltello grossolanamente e mettere da parte.
Pestare le noci grossolanamente nel mortaio, metterle in una ciotolina e aggiungere l’uvetta tritata. Spargere sopra un cucchiaino di farina e mescolare bene. La farina aiuta a distribuire uniformemente uvetta e noci nell’impasto.

Setacciare la farina con il baking powder.

Versare in una ciotola l’olio e lo zucchero e sbattere bene con la frusta a mano. Unire il vino e la grappa bianca. Far sciogliere il bicarbonato nella spremuta di arancia sopra la ciotola perché rischia di strabordare e versarvi la spremuta e la scorza di arancia.
Aggiungere la cannella e i chiodi di garofano e mescolare. Aggiungere l’uvetta con le noci, mescolare e versare la farina in 2 – 3 volte. Mescolare bene con una spatola per amalgamare tutti gli ingredienti.

Accendere il forno a 180 gradi modalità statica.

Oliare la teglia e versare dentro il composto. Livellare bene e infornare per circa 40 – 50 minuti nel ripiano di mezzo. Prima di togliere dal forno fare la prova stecchino. Infilzare uno stecchino nella torta. Se esce pulito la torta è pronta. Diversamente cuocere ancora per qualche minuto.
Se vedete che scurisce troppo, coprite la teglia con carta di alluminio e continuate la cottura.
Togliere dal forno, lasciare raffreddare completamente, cospargere dello zucchero a velo e servire insieme a una tazza di tè, di caffè filtro o anche di qualche vino da meditazione.




spanakopita con pasta fillo pronta

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Tra tutte le torte salate con la pasta fillo, la spanakopita è una delle più amate, preparate e negli ultimi anni anche postate nel web! Dai foodbloggers agli instagrammers, è tutto un proliferare di spanakopita! Sarà perché è facile, tutto sommato veloce e squisitamente saporita e golosa che tutti prima o poi vogliono cimentarsi prima a farla e poi a mangiarla.
Non sarò io a stupirmene sia chiaro.
Di spanakopita e tyropita sono estremamente golosa e non so mai quale delle due preferisco in via definitiva. In via definitiva quindi scelgo di non scegliere ed ecco l’ennesima spanakopita, con la pasta fillo pronta questa volta.
Che ha il grande merito di accorciare molto i tempi di preparazione e di conseguenza permette di farla più spesso! Evidentemente differenze tra fillo casalinga e fillo pronta ci sono e sono anche notevoli. 
La fillo casalinga ha più corpo e dà consistenza alla torta che risulta molto equilibrata tra pasta e farcitura mentre quella pronta che  sicuramente è più fotogenica ha meno consistenza e spesso funge soltanto da involucro. Almeno quell'unico tipo che troviamo in Italia perchè in Grecia ce ne sono diversi, secondo l'utilizzo.  E' molto facile da utilizzare, bisogna stare attenti alla quantità dei fogli che si utilizzano che devono essere parecchi per non rischiare di trovarsi solo con la farcitura.

Nella spanakopita di oggi ho usato pasta fillo pronta utilizzando tutti i fogli della confezione. In questa ricetta invece postata tempo fa la fillo era fatta in casa. La differenza si nota. Per il resto la spanakopita nella farcitura è uguale salvo la scorza e il succo di limone che creano spigoli accentuati al palato contrastando la dolcezza degli spinaci.
Ingredienti:
  • 1 confezione di pasta fillo (250 gr.)
  • 3 cucchiai da minestra di olio evo
  • 500 gr. di spinaci
  • 200 gr. di feta
  • 1 porro piccolo (solo la parte bianca)
  • 1 cipollotti grande oppure 2 piccoli (con la parte verde inclusa)
  • 1 uovo
  • 1 cucchiaio da minestra di succo di limone
  • 2 cucchiai da minestra di pangrattato
  • aneto o finocchietto tritato
  • mezzo cucchiaino da tè di scorza di limone grattugiata
  • sale
  • pepe nero macinato fresco
  • olio evo per la pasta fillo


Procedimento: (preparazione 30’ – attesa 60’ – cottura 45 -50’)
Tirare fuori dal frigo l’uovo e portarlo a temperatura ambiente.
Se la vostra pasta fillo è congelata, tirarla fuori dal congelatore 2 ore prima di utilizzarla. Se è fresca questo passaggio si salta.
Lavare gli spinaci accuratamente e metterli in una pentola senza aggiungere acqua. Gli spinaci ne contengono molta e non appena appassiranno ve ne renderete conto.
Accendere e farli appassire mescolandoli qualche volta.
Toglierli dalla pentola, metterli in uno scolapasta e premere con un peso (un batticarne, il fondo di un bicchiere etc) per far scolare l’acqua. Metterli sul tagliere e tritarli. Tenere da parte.
Pulire porro e cipollotti, lavarli accuratamente sott’acqua corrente e tagliarli a rondelle sottili, tenendo pure la parte verde dei cipollotti fin dove è brillante e senza rotture.
Tritare l’aneto o il finocchieto. Sbriciolare la feta con le mani oppure con una forchetta. Grattugiare la scorza di limone e spremerne un poco per ricavare un cucchiaio di succo.

In una casseruola larga e bassa versare i 3 cucchiai di olio evo, aggiungere cipollotti e porro e far stufare a fiamma bassa per una decina di minuti. Aggiungere gli spinaci e far insaporire girando spesso per un paio di minuti.
Unire il formaggio sbriciolato, salare moderatamente e macinare del pepe nero. Continuare la cottura finchè il formaggio non si sciolga quasi del tutto, aggiungere scorsa e succo di limone, mescolare e ritirare dal fuoco. Unire l’uovo intero e mescolare bene. Aggiungere il pangrattato che serve per far assorbire i liquidi in eccesso e mescolare molto bene affinchè tutti gli ingredienti si amalgamino.
Lasciare raffreddare completamente.

Accendere il forno a 180 gradi, modalità statica, resistenze accese sopra e sotto.

Aprire la confezione di pasta fillo e srotolarla.
Oliare con un pennello la teglia.
Prendere un foglio di pasta fillo e sistemarlo sulla teglia. Lasciare che i bordi fuoriescano leggermente. Se il foglio è grande rispetto alla teglia non preoccupatevi. Arricciatela leggermente senza schiacciarla. In questo modo entra dell’aria e la pita diventa più croccante e friabile. Sistemato il primo foglio, intingere il pennello da cucina nell’ olio e muoverlo sopra il foglio affinchè si oli a macchia di leopardo.
Proseguire allo stesso modo con altri 5 fogli. Il quinto non serve oliarlo. Versare la farcitura e livellare bene.
Oliare la parte dei fogli che fuoriescono dalla teglia e girarli sulla farcitura.
Coprire con un foglio di pasta fillo, oliare come descritto sopra e continuare così fino a terminare i fogli. In genere sono 10 nelle confezioni che troviamo in Italia. Quindi 5 sotto e 50 sopra. Se sono 2 o 3 di più usateli tranquillamente tutti. Potete mettere sotto uno o due in più e il resto sopra.
Fatto questo oliare anche l’ultimo foglio a macchia di leopardo. Con il pennello spingere verso il basso la fillo lungo le pareti della teglia.

Con un coltello affilato incidere le porzioni della spanakopita. Spruzzare un poco di acqua sulla superficie per non far gonfiare eccessivamente la fillo durante la cottura e infornare sul ripiano inferiore.

Trascorsi 40 minuti, controllate la spanakopita. Se è diventata biondo scuro è pronta. Altrimenti continuate la cottura per altri 5 – 10 minuti.
Togliere dal forno e lasciare intiepidire senza coprire per non far ammollare la pasta fillo che deve essere croccante e friabile.

Si può mangiare da tiepida a fredda, come spuntino, colazione, piatto di mezzo o anche piatto principale, alla greca!


cappelli d'oro 2019 / xrysoi skoufoi 2019

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La 26ma edizione del premio “Cappelli d’Oro” si è svolta il 18 febbraio 2019. Come sempre la cerimonia ha avuto luogo nel sontuoso e storico hotel ateniese “Grande Bretagne” a Piazza Syntagma. In una serata che è culminata con il diner de gala a cura di  Davide Scabin,  sono stati assegnati i premi ai migliori 28 ristoranti su suolo ellenico. Cucina internazionale,  greca, italiana, francese, ristoranti di Atene,  Calcidica,  Mykonos, Santorini, Creta, Corfù, Rodi, il panorama gastronomico greco è quanto mai  vivo, energico, attivo, pulsante.

Anche quest'anno come del resto gli anni passati, grandi sorprese non ci sono. Le novità riguardano quattro new entry e il grande assente “Funky Gourmet” ristorante con 2 stelle Michelin che si è sempre classificato al primo posto insieme all’Etrusco. L'  assenza del pluripremiato "Funky Gourmet"  non è dovuta a una caduta di livello, anzi il contrario. Dopo 10 anni di funzionamento alla location di Keramikos, dal 19 gennaio di quest’anno e per un anno ha chiuso al pubblico per trasferirsi in una location prestigiosa, al  Hilton di Atene. Nuova location,  progetti  ambiziosi puntando dritto alla terza stella Michelin.

Per il resto Ektoras Botrini trionfa anche quest’anno con i suoi due ristoranti. Si aggiudica il primo posto della classifica con 2 cappelli e punteggio 17/20 con l'  Etrusco di Corfù, mentre il ristorante ateniese  Botrini’s si piazza al secondo posto insieme  al “Varoulko Seaside” e “Spondì” . Confermati anche i due ristoranti di Nobu Matsuhisa, a Mykonos e ad Atene.

Il premio del pubblico che ha votato attraverso una piattaforma online è andato al “Haroupi” di Salonicco.
Di seguito la lista analitica dei ristoranti premiati con la specifica dei cappelli e del punteggio assegnato. Ricordiamo che il range del punteggio è 15/20 – 20/20.


Etrusco:  Kato Korakiana -  Corfù: 17/20
Cucina greca e corfiota contemporanea

Botrini’s:  Chalandri -  Atene: 16/20
Cucina contemporanea

Spondì:  Pagkrati -  Atene: 16/20
Cucina francese

Varoulko Seaside:  Mikrolimano -  Pireo: 16/20
Cucina greca, sopratutto di mare,  contemporanea

Fresco: Calcidica: 15,5/20
Cucina Italiana

Lycabettus Restaurant : Oia - Santorini: 15,5/20
Cucina contemporanea

Matsuhisa Mykonos: Chora - Mykonos – 15,5/20
Cucina giapponese

Premiere: Neos Kosmos – Atene: 15,5/20
Cucina contemporanea

Squirrel: Calcidica: 15,5/20
Cucina contemporanea

Treehouse: Vourvouroù - Calcidica: 15,5/50
Cucina contemporanea

Tudor Hall: Atene Centro: 15,5/20
Cucina greca contemporanea

Aleria: Metaxourgeio – Atene: 15/20 NEW ENTRY
Cucina greca contemporanea

Alfredo’s Grand Dining: Salonicco: 15/20
Cucina contemporanea

Calypso: Elounta – Lasithi – Creta: 15/20
Cucina contemporanea

Grandma’s:  Chora – Ios: 15/20 NEW ENTRY
Cucina contemporanea

Hytra: Neos Kosmos – Atene: 15/20
Cucina contemporanea

Koukoumavlos: Firà – Santorini: 15/20
Cucina contemporanea

La Veranda: Kalafatis – Mykonos: 15/20 NEW ENTRY
Cucina contemporanea

Matsuhisa Athens: Vouliagmeni – Atene: 15/20
Cucina giapponese

Noble Gourmet Restaurant: Kalithea – Rodi: 15/20
Cucina greca contemporanea

Ntomata: Sani – Calcidica: 15/20
Cucina greca contemporanea

Ovac: Imerovigli – Santorini: 15/20 NEW ENTRY
Cucina contemporanea

Patio: Vouliagmeni – Atene: 15/20
Cucina contemporanea

Selene: Pyrgos – Santorini: 15/20
Cucina greca contemporanea

Water Restaurant: Sani – Calcidica: 15/20
Cucina contemporanea

CTC: Ilisia – Atene: 15/20
Cucina contemporanea

Dionysos: Elounta – Lasithi – Creta: 15/20
Cucina contemporanea

GB Roof Garden: Atene centro: 15/20
Cucina contemporanea


credits info e foto: xrysoi skoufoi 2019



kotosoupa avgolemono - zuppa di pollo in salsa avgolemono

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La zuppa di pollo in Grecia come in buona parte del globo è un piatto molto amato e preparato, soprattutto durante i mesi invernali. La Grecia non fa eccezione ma la sua ricetta ha una peculiarità; la salsa avgolemono che i greci usano in molti piatti. Chi ha una buona conoscenza della cucina greca sa perfettamente che il limone è un ingrediente molto usato, quasi onnipresente, come i brodi nella cucina italiana e le salse in quella francese.
La nostra kotosoupa non ha molti ingredienti e nemmeno molti segreti. Come tutta la cucina greca è semplice ma mai sempliciotta o banale.
Bisogna però prestare attenzione a qualche particolare che rende la zuppa una kotosoupa autenticamente greca da una zuppa di pollo qualsiasi. Innanzitutto il pollo che se riusciamo a trovarlo bio e allevato all’aperto sarebbe l’ideale. In mancanza procuratevi il miglior pollo che potete trovare. Intero, a metà o in quarti, usatelo come preferite. Idealmente il pollo è intero o a metà perché deve avere ossa e parti magre e grasse che danno un buon brodo. Evitate di usare solo il petto, senza ossa e troppo magro. Sovracosce e fusi vanno benissimo se volete utilizzare pollo in pezzi.


Riso come arborio, roma, volendo baldo o carnaroli vanno benissimo ma attenzione alla quantità che deve essere equilibrata. Il riso serve per dar supporto e corpo senza sopraffare. Se calcolate 1 cucchiaio da minestra per persona non sbaglierete.
Non usate troppe verdure; carota e patata sono sufficienti così come è permessa una foglia di alloro ma non esagerate con erbe aromatiche.
Di seguito la mia kotosoupa, come la preparo da anni e mai ho cambiato!!!!
Ingredienti: (per 4 persone)
  • ½ pollo (700-800 gr. in alternativa potete utilizzare sovracosce di pollo e fusi sempre dello stesso peso)
  • 1 carota media
  • 1 patata media
  • 1 foglia di alloro
  • 4 cucchiai da minestra di riso (arborio, roma)
  • sale
Per la salsa avgolemono:
  • 1 uovo
  • 2 – 3 cucchiai da minestra di succo di limone o di più secondo il proprio gusto personale


Procedimento: (preparazione 15 min. – cottura 120 min.)

Togliere dal frigo l’uovo e il limone e portare a temperatura ambiente.
Prima di tutto  ricavare un buon brodo di pollo. Pulirlo da eventuali peli e metterlo in una pentola capiente con 1 ½ litro di acqua fredda.
Aggiungere la foglia di alloro e far bollire per 1 ora schiumando nel caso si formasse della schiuma.
Togliere il pollo dalla pentola, sistemarlo su un piatto e lasciare raffreddare fino al punto di poterlo toccare con le mani.

Pulire e pelare la carota e la patata.
Filtrare il brodo, versarlo in una pentola pulita tenendo un mestolo da parte che servirà per la salsa avgolemono. 
Aggiungere nella pentola la carota e la patata, salare con parsimonia e portare a bollore. Far bollire per circa 20 minuti, finchè le verdure non diventino morbide. Toglierle dal brodo e sistemarle su un piatto. Versare il riso e far bollire per circa 15 - 20 minuti secondo il riso che si utilizza.

Mentre il riso bolle pulire il pollo. Scartare pelle e ossa e sfilacciare le carni con le mani.  
Tagliare la carota a rondelle e le patate a dadini.
5 minuti prima di fine cottura del riso versare la carne e le verdure nella pentola.
Aggiustare di sale, lasciare sul fuoco e passare alla salsa avgolemono.

Personalmente nella kotosoupa la salsa avoglemono mi piace schiumosa e per questo monto a neve ferma la chiara d’uovo: Montare a neve con 2 -3 gocce di limone la chiara d’uovo, aggiungere il rosso sbattuto leggermente e mescolare con una frusta a mano. Versare il succo di limone e a filo il brodo tenuto da parte mescolando sempre con la frusta a mano.
Se viceversa non volete la salsa schiumosa, sbattere con la frusta a mano l’uovo intero, aggiungere il succo di limone e a filo il brodo.
In entrambi i casi proseguire versando la salsa nella pentola, coprire e prendendola dai due manici agitarla per distribuirla uniformemente.

Ritirare dal fuoco, lasciare riposare per 10 minuti e servire.


mele con halvàs di tahini e noci

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Il halvàs di pasta di sesamo cioè di tahini è un dolce tradizionale che i greci consumano in quantità soprattutto durante i periodi di magro in quanto totalmente privo di sostanze animali. E’ molto popolare in tutti i paesi mediorientali, in Turchia e nei Balcani oltrechè alla Grecia stessa dove è arrivato con i profughi dell’Asia Minore nel 1922.

I primi ad aprire piccoli laboratori di halvàs nel paese furono gli artigiani insediati in Macedonia e a Drapetsona, quartiere popolare del Pireo quest’ultimo, abitato all’epoca quasi esclusivamente dai profughi stessi.
La produzione in queste due località non si è mai interrotta e la fama del halvàs di Macedonia e Drapetsona ha presto travalicato i confini locali e si è diffusa in tutto il paese. Tutt’ora i halvàs migliori sono considerati questi. Se andate in Grecia ricordatevene!!!!
Con il tempo ai due gusti iniziali di vaniglia e cacao se ne sono aggiunti altri. Al pistacchio, al cioccolato, alle mandorle, con biscotti, con frutta disidratata etc.

Si abbina molto bene alle arance e alle mele. Qui un utilizzo con le arance che avevo postato tempo addietro e di seguito una ricetta facile facile e tutto sommato veloce per un dessert squisito e profumatissimo.

E una curiosità. Nel 1936 il dittatore Ioannis Metaxàs, per sostenere i produttori di uva passa, ha vietato con apposita legge l’utilizzo dello zucchero nell’industria dolciaria. Il halvàs veniva addolcito con sciroppo di uva passa. Se non fosse un' imposizione e per giunta da un dittatore sarebbe perfetto..... 
Ingredienti: (per 4 persone)
  • 2 mele rosse
  • 60 – 70 gr. di halvas alla vaniglia (bianco)
  • 30 – 40 gr. di noci sgusciate
  • cannella in polvere
  • 2 cucchiai da minestra di liquore (brandy o amaretto) – uno per mela
  • 2 noci di burro – una per mela
Sciroppo:
  • 2 cucchiai da minestra di miele tipo millefiori o acacia
  • qualche goccia di succo di limone
  • 4 cucchiai da minestra di acqua

Procedimento: (preparazione 10 min. – cottura 45 min.)
Pestare le noci grossolanamente nel mortaio.
Sbriciolare grossolanamente il halvàs.
Tagliare 2 pezzi di carta di alluminio che serviranno per la cottura delle mele.
Accendere il forno a 180 gradi.

Lavare le mele e togliere il torsolo con un coltello affilato o con il levatorsoli se ce l’avete.
Tagliare a fette orizzontali le mele nello spessore di circa 1 cm. e mezzo.
Prendere la fetta della mela laddove c’era il gambo (servirà da base) e posizionarla sulla carta di alluminio. Distribuire sopra un poco di halvàs sbriciolato e un poco di noci pestate nel mortaio. Una parte cadrà nel buco del torsolo ma non preoccupatevi. Va benissimo così. Spargere un poco di cannella in polvere e proseguire con un altro strato di mela, halvàs, noci e cannella e via fino a ricomporla completamente.
Irrorare con un cucchiaio di liquore e distribuire qua e là qualche pezzettino di burro. Chiudere il cartoccio e ripetere con l’altra mela.

Mettere i due cartocci in una teglia e infornare per circa 45 minuti.
Prima di togliere dal forno controllare con uno stecchino la cottura delle mele che devono essere morbide.
Togliere dal forno, aprire il cartoccio e trasferirle sui piatti.
Sciroppo:
Mentre le mele cuociono nel forno, far bollire per un paio di minuti il miele con l’acqua e il succo di limone.
Versare lo sciroppo sulle mele, cospargere ancora un poco di noci e servire come dessert oppure come merenda o come più vi piace.


Taverna Greca Stelios

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Appena arrivi ti rendi conto immediatamente che la classica iconografia che ti aspetti da una taverna greca è pienamente rispettata, con il colori bianco e blu a dominare l’intero locale.

L’ingresso è a vetrina e la sensazione immediata è quella di entrare in una taverna degli anni '70. Locale piccolo, suddiviso in due aree da un bancone. Una quindicina di coperti, tovaglia a quadretti bianco e blu coperta da vetro, sedie di paglia blu.
Su un muro troneggia uno specchio a forma di finestra blu; su un altro una classica immagine di un edificio bianco, con scala blu, cactus e bouganville, come ce ne sono a migliaia alle isole greche.
Il proprietario che faceva anche il servizio di sala è colloquiale, caloroso, in una parola simpatico. Sei subito a tuo agio e a questo gioca molto anche l’ambiente estremamente informale.

Ci sediamo e poco dopo arriva l’antipasto. Formaggio spalmabile tipo tsalafouti o katiki accompagnato da frutta candita. Buono, equilibrato nei sapori. Il formaggio leggermente piccante si sposa bene con gli agrumi canditi. Melitzanosalata, tzatziki, dolmadakia e pane pita caldo, nella media, senza difetti e senza slanci particolari.
Come piatto principale abbiamo ordinato una porzione di agnello con patate che è arrivato su uno specchio di olio, come si usava molti anni fa e ormai pochi usano. L’agnello buono, molto tenero, le patate cotte bene.
Poi una porzione di ghemistà che sono arrivati sempre sullo specchio di olio. Un pomodoro e un peperone contornati da patate parecchio salate. I ghemistà buoni, riso cotto bene anche se i peperoni rossi poco si addicono a questo piatto a mio avviso. Troppo dolci, ma tant’è…. Ormai sono in tanti a usarli.
Anche se tutte le volte che vado in un ristorante greco giuro di non cedere al solito moussakàs, alla fine ci casco quasi sempre. L’ abbiamo preso in due. Poche melanzane rispetto alla carne, sapore molto carico, strato spesso di besciamella e la cannella che si sentiva abbondantemente al naso e in bocca. Buono, ma avrei preferito un maggior equilibrio tra gli strati di melanzane, carne e besciamella e un po' meno cannella. L'abbiamo mangiato volentieri ma sicuramente si può fare di meglio.
Da bere abbiamo preso della birra e una bottiglia di Moschofilero, vino bianco di qualità media, non ci aspettavamo di meglio né di peggio.
Come dolce sono arrivati dei bocconcini di kourabiedes, buoni, friabili.
L’ouzo che è arrivato con la bottiglia da servirsi a piacimento ha concluso una cena tipicamente greca sicuramente con margini di miglioramento.

Scheda sinottica:
Locale visitato il 28/02/2019
Voto per ambiente, servizio, menù: 6/10
Conto per 4 persone: € 100,00 tutto incluso
Ci torno? Si quando mi assale la nostalgia per la Grecia che fu
Lo consiglio? Si, perché è l’archetipo della taverna greca che ha sempre il suo perchè.

Dove:
Taverna Greca Stelios
Via Anfossi, 15 - Milano
Tel. 3395776677




cookies al caffè greco

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I miei amici italiani guardano masterchef italia. Io invece guardo in streaming diverse trasmissioni greche che trattano di cibo. In una di queste diverso tempo fa mi sono imbattuta al pastry chef Dimitris Makriniotis e mi sono subito inserita tra i suoi followers su instagram. Questa che segue è una sua ricetta cui utilizza il caffè greco che  chi mi segue sa che adoro.Ricetta facile, veloce e biscotti squisiti.

Ingredienti:
  • 150 gr. burro a temperatura ambiente
  • 70 gr. zucchero semolato
  • 200 gr. farina 00
  • 1 cucchiaino di caffè greco in polvere
  • la scorza di 1 arancia biologica, non trattata, non cerata
Procedimento: (preparazione 10 min. – attesa 60 min. – cottura 20 min.)
Sbattere il burro con lo zucchero finchè non diventi spumoso. Aggiungere il caffè, la scorza di arancia e infine la farina. Impastare fino a far amalgamare bene gli ingredienti.
Versare l’impasto su carta forno e dargli la forma di salsicciotto del diametro di 4 cm. circa. 

Avvolgere nella carta forno e mettere in freezer per un’ora.

Accendere il forno a 180 gradi ventilato. Rivestire una teglia con della carta forno.

Togliere il salsicciotto dal freezer, liberarlo dalla carta forno e tagliare dei discetti di circa 2 cm di spessore.
Sistemarli sulla teglia un po’ distanziati perché con la cottura tendono a gonfiarsi un poco, infornare nel ripiano di mezzo e cuocere per circa 20 minuti.
Ritirare dal forno e lasciare raffreddare completamente. Perfetti per la colazione e la merenda.




insalata di fagioli dell'occhio e finocchi

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Cucino spesso i fagioli dell’occhio, in genere in insalata, spesso aromatizzati con la salvia. Rispetto agli altri tipi di fagioli, oltre che essere squisiti,  hanno il pregio non indifferente di non aver bisogno di lunghe ore di ammollo. Basta metterli a lessare e dopo un po’ sono già pronti per essere mangiati
La cucina greca ha molte ricette con questo legume che essendo d’altronde l'unico fagiolo autoctono e non importato dalle Americhe, è  presente da millenni sulle tavole elleniche. Con erbette varie, in insalata, stufati al pomodoro oppure in zuppa sono soltanto alcuni dei tanti modi di cucinare questi fagioli.

A Creta tradizionalmente li preparano al limone con il finocchietto, oppure aggiungendo un poco di pomodoro. Finocchietto e fagioli dell’occhio sono un ottimo abbinamento; i sapori si legano perfettamente e il piatto risulta molto equilibrato.
La mia insalata, prende ispirazione dalla ricetta cretese e abbina finocchietto e fagioli dell’occhio, classicamente, ma in più ho aggiunto del finocchio tagliato a filetti sottilissimi, messi a marinare per qualche momento affinchè si ammorbidissero un poco.
Si mangia come piatto unico e si accompagna alla perfezione con delle acciughe dissalate e condite con un filo di olio, oppure con filetti di aringa affumicata e olive.
Ingredienti: (per 4 - 5 persone)
  • 250 gr. di fagioli dell’occhio
  • 2 finocchi
  • 1 cipollotto
  • 2 rametti di finocchietto (otete usare la barbetta dei finocchi)
  • 2 cucchiai da minestra di succo di limone
  • salep
  • pepe nero macinato fresco
  • qualche cucchiaio di olio evo

Procedimento: (preparazione 15 min. – cottura 30 -40 min.)
Mettere a lessare i fagioli partendo da acqua fredda non salata. Far lessare finchè i fagioli non diventino teneri senza però disfarsi. In linea di massima 30 -40 minuti sono sufficienti. Può essere però che serva più tempo da quello che indico io, dipende dai fagioli. In ogni caso, trascorsa mezz’ora da quando l’acqua stacca il bollore, assaggiare. Se sono pronti scolare e tenere da parte. Diversamente continuare la cottura finchè non sono pronti. Scolare e tenere da parte.
Mentre i fagioli stanno cuocendo, pulire i finocchi, scartare le foglie grosse esterne che serviranno per altri usi e lavarli. Asciugarli e affettarli sottilmente a filetti. Versarli in un’insalatiera. Pulire il cipollotto, lavarlo, asciugarlo e tagliarlo a rondelle tenendo anche la parte verde sana. Unire al finocchio nell’insalatiera. Lavare il finocchietto, asciugarlo accuratamente e pulirlo dai gambi. Tritare grossolanamente le foglioline e versare nell’ insalatiera tenendo qualcuna da parte per la finitura del piatto.

Preparare un’emulsione con l’olio, il sale, il pepe macinato fresco e il succo di limone.

Versare sui finocchi e lasciare marinare per mezz’ora. Aggiungere i fagioli, mescolare accuratamente e servire l’insalata di fagioli con delle acciughe dissalate e condite con un giro di olio oppure con dei filetti di aringa affumicata e con delle olive.




spaghetti al sugo di baccalà

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Il 25 di Marzo è una delle feste greche più importanti in assoluto. Nazionale e religiosa insieme, si festeggia con grandi parate la mattina e con grandi mangiate di baccalà a pranzo.
La festa cade sempre durante la quaresima di Pasqua essendo nel mese di Marzo e per un giorno interrompe il digiuno quaresimale. Infatti solo questo giorno insieme alla Domenica delle Palme è permesso il consumo di pesce. Di carne o altre proteine animali nemmeno a parlarne.

Come mai però è il baccalà il re di questo giorno e non un altro pesce visto che la Grecia è un paese mediterraneo con ben 14 mila kilometri di costa e con un'enorme tradizione di pesca, navi, battelli etc? Il baccalà è un pesce pesce tutt’altro che nostrano ma è diventato il simbolo della festa e la spiegazione c’è ed è pure ovvia.
In epoche passate solo chi viveva sul mare o nelle vicinanze aveva accesso al pesce fresco. Montanari e abitanti di paesini con collegamenti problematici non avevano nessuna possibilità di procurarselo e di frigoriferi all’epoca manco a parlarne. Il baccalà era quindi una soluzione, praticamente l’unica; poteva essere trasportato ovunque senza rischi che andasse a male e non è un caso se veniva chiamato “pesce di montagna”. Economico per giunta, cosa che ovviamente ai nostri giorni non vale.

La cucina greca lo apprezza enormemente e lo utilizza in varie ricette: stifado, in agrodolce, frikasè, in insalatina, bakaliaros skordalià e molte altre. Baccalà e skordalià l'ho preparato ieri che era Domenica e e invece per oggi, giorno lavorativo per noi expat ma che comunque vogliamo rendere omaggio alle nostre origini, l’ho preparato in un delizioso sugo per condire la pasta. Buonissimo e anche veloce se si esclude la dissalatura del pesce ma  che si può acquistare già dissalato per accorciare i tempi.
Ingredienti: (per 4 persone)
  • 280 gr. di spaghetti
  • 200 gr. di baccalà dissalato
  • una ventina di pomodorini di vari colori
  • una quindicina di olive nere
  • 2 cucchiai da minestra di capperi sotto sale
  • 1 cipolla media tritata
  • 5 cucchiai di olio evo
  • qualche fogliolina di basilico
  • sale
  • peperoncino piccante a piacere


Procedimento: (preparazione 20 min. – cottura 15 - 18 min.)
Mettere in ammollo i capperi in acqua fredda e lasciarli per un’ora, cambiando l’acqua due volte. Trascorsa l’ora di ammollo, scolarli, tamponarli con carta assorbente e tenere da parte.
Denocciolare le olive e tagliarle a metà.
Lavare i pomodorini e tagliarli a metà per la lunghezza.
Tamponare con carta assorbente il baccalà, togliere la pelle tirandola delicatamente e tagliarlo a dadini di circa 3 cm per lato.

Velare il fondo di una casseruola con l’olio evo e aggiungere la cipolla tritata e il peperoncino tritato. Far stufare a fiamma bassa per 10 minuti aggiungendo all’occorrenza un cucchiaio o due di acqua calda.
Aggiungere tre quarti dei pomodorini, le olive e i capperi, salare leggerissimamente e continuare la cottura per 10 minuti ancora. Aggiungere il baccalà, mescolare e continuare la cottura per 5 minuti. Se vi siete sincronizzati con la cottura della pasta non c’è bisogno di ritirare dal fuoco la casseruola. Diversamente togliete dal fuoco e rimettetela 1 minuto prima di scolare la pasta.

Lessare la pasta in acqua poco salata e quando mancheranno 2 minuti a fine cottura, scolare e versare nella casseruola del sugo. Versare un mestolo dall’acqua di cottura della pasta, mescolare, unire il resto dei pomodorini e assaggiare il sale. Aggiustare nel caso, e finire la cottura degli spaghetti versando ancora un poco di acqua se necessario.

Servire con qualche fogliolina di basilico come decorazione.


Guida Michelin Main Cities of Europe 2019

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E' stata appena presentata a Vienna la guida Michelin Main Cities of Europe 2019 ma per quanto riguarda la Grecia nulla di nuovo. Calma piatta su tutta la linea. Se non fosse per il bistellato Funky Gourmet che è chiuso fino al 2020 in attesa di trasferirsi all’Hilton Atene e quindi assente da questa edizione, avremmo potuto dire che l’edizione 2019 è la fotocopia di quella del 2018.
Certo, avrebbe potuto andare anche peggio se ci fossimo visti togliere una stella dal già pallido cielo ellenico, ma avremmo gradito qualche meritatissima nuova entrata che purtroppo non c'è stata.

In ogni caso ecco quanto:
Mantiene le 2 stelle il ristorante con cucina francese “Spondì”.
Mantengono una stella i “Hytra”, “Botrini’s” e” Varoulko Seaside”.

Confermati i Bib Gourmand (rapporto qualità/prezzo) “Athiri”, “Nolan” e “Oikeio”. New entry in questa categoria il “7 Food Sins”.

Nella categoria Michelin Plate sono confermati i “GB Roof Garden”, “Electra Roof Garden”, “Premiere”, “2 Mazi”, “Cookoovaya”, “CTC”, “Sushimou”, “Vezene” e “Aneton” . New Entry il “Sense”.
La categoria Plate è stata inserita per la prima volta nel 2016 nella guida di Parigi e da allora in tutte le guide nel mondo. Segnala ristoranti meritevoli ma non tanto da guadagnarsi una stella e nemmeno da inserirsi nella categoria di Bib Gourmand. Premio di consolazione? Ma no, non credo. In ogni caso questi ristoranti hanno attirato l’attenzione degli ispettori della guida che funziona indubbiamente da cassa di risonanza.
Comunque congratulazioni a tutti.



hummus alle carote con granella di pistacchi

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Il hummus l'ho scoperto molti anni fa e da allora lo preparo spesso. Mi piace molto, tutte le preparazioni a base di ceci mi piacciono, è il mio legume preferito in assoluto. Da piccola li mangiavo abbrustoliti, era uno dei miei snack preferiti. Ora non oso farlo per paura di rompere qualche dente ma i ceci li cucino molto spesso. E' cambiata la modalità di cottura ma la materia prima resta come sempre amatissima.

Tornando al hummus spesso lo preparo aggiungendo delle verdure che rompono un tantino la dominazione assoluta di ceci e tahini. Le carote sono perfette per questo uso a patto che siano cotte al forno e non lessate che sono molto acquose.
Servito con delle olive, pane pita o grissini o pane, è un ottimo antipasto da consumare lentamente e in compagnia, sorseggiando un poco di tsipouro.
Ingredienti:
  • 2 carote medie
  • 1 spicchio di aglio
  • 200 gr. di ceci secchi
  • 2 cucchiai colmi di tahini
  • mezzo cucchiaino raso di cumino in polvere
  • 1 foglia di alloro
  • il succo di mezzo limone
  • sale
  • olio evo
  • granella di pistacchi
Procedimento:
Mettere in ammollo i ceci in acqua fredda per una notte o anche più.
Il giorno dopo scolarli e metterli in una pentola coperti con acqua fredda insieme a una foglia di alloro. Lessarli finchè non diventano teneri. Salare verso fine cottura. Togliere la foglia di alloro.
Mentre i ceci stanno lessando, pulire le carote, lavarle, asciugarle e tagliarle a rondelle. Avvolgerle insieme allo  spicchio di aglio in carta forno. Infornare e cuocere a 180  gradi per circa mezz'ora o finchè in ogni caso non diventino tenere. Togliere dal forno e tenere da parte carote e aglio.

Scolare i ceci tenendo l'acqua di cottura e metterli nel frullatore insieme alle carote, lo spicchio di aglio, il succo di limone, il cumino e il tahini. Frullare fino a ottenere una crema, eventualmente aggiungendo un poco di acqua di cottura dei ceci se il hummus è molto denso.
Aggiustare eventualmente di sale e limone secondo in vostro gusto.

Distribuire il hummus in ciotoline, fare un generoso giro di olio e decorare con la granella di pistacchi.


risogalo con mastiha e cioccolato

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risogalo
Pensando alla mia infanzia non potrei fare a meno di ricordarmi il yzogalor, un dessert che spesso fungeva da merenda o da colazione. Era e lo è tutt'ora molto amato e diffuso in tutta la Grecia al punto di produrlo su larga scale e venderlo nelle latterie e nei supermarket pronto in vaschette, esattamente come si vende lo yogurt o altri preparati di questo genere.
Per la verità io non l'ho amato particolarmente ma come tante altre cose ho cominciato ad apprezzarlo da grande.

Nella sua versione classica è aromatizzato con vaniglia o limone e cosparso di cannella. Nelle varianti lo troviamo aromatizzato con la mastiha, lo zafferano, l'arancia.
Qui   l'ho aromatizzato con la mastiha, l'ho arricchito con il cacao e decorato con le fragole. In passato l'avevo proposto anche nella sua versione classica che trovate qui.

Ingredienti: (per 4 persone)
  • 125 ml di panna 35%
  • 500 ml di latte intero
  • 40 gr. di zucchero semolato
  • 50 gr. di riso arborio
  • 2 lacrime di mastiha
  • 1 cucchiaio di cacao amaro
  • qualche fragola
  • cioccolato fondente
Procedimento: (preparazione 5 min. - cottura 30 min.)
Pestare nel mortaio la mastiha con un cucchiaino di zucchero fino a ridurla in polvere finissima.

Versare il latte in un pentolino insieme alla panna e lo zucchero e scaldare leggermente mescolando per far sciogliere lo zucchero. Aggiungere il riso e far bollire lentamente a fuoco basso per 20 minuti mescolando molto spesso con un cucchiaio di legno.

Trascorsi 20 minuti di bollitura del riso, aggiungere la mastiha e il cacao. Mescolare molto bene con una frusta a mano affinchè non si formino dei grumi e continuare la cottura mescolando sempre per altri 10 minuti.

Ritirare dal fuoco, versare nelle coppette e lasciare che raffreddi completamente. Se vi piace freddo, sistematelo nel frigo e tiratelo fuori 10 minuti prima di servirlo.
Al momento di servirlo decorare con qualche fragola tagliata a piacimento e una grattugiata di cioccolato fondente.
risogalo


salatouri di Paros

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salatouri
Mare, sole, isole dalle costruzioni bianche di un bianco assoluto e accecante, intervallato quà e là da porte e finestre blu. Ecco l’iconografia cicladica impressa nella mente e negli occhi di tutti i turisti che visitano o sognano le isole greche e pure degli autoctoni. Immagini famose ormai in tutto il mondo che hanno riempito tutte le guide turistiche, hanno ispirato poeti, pittori, fotografi ma anche gente semplice che cerca un mito, un sogno da fare a occhi aperti e un’evasione da sognare.
In questo panorama bianco che più bianco non si può, è arrivata come un fulmine a ciel sereno qualche anno fa il parere della Consulta Generale Archeologica (KAS) bocciando di fatto l’utilizzo del bianco nella costruzione di nuove abitazioni al promontorio di Thira a Santorini, destinate al grande business del turismo. Basta “bianco cicladico” ha tuonato.
Ma come siamo arrivati a tutto questo candore? E’ sempre stato così? Le Cicladi hanno sempre avuto soltanto ed esclusivamente costruzioni immacolate? Pare di no e la storia non è nemmeno tanto vecchia.

E’ stato il dittatore Ioannis Metaxas nel 1938 a imporre con un editto di dare la calce a  tutte le costruzioni  in anni in cui varie malattie infettive mietevano vittime. La candeggina non era ancora diffusa e la calce serviva proprio come metodo di disinfezione.
Negli anni successivi, per promuovere il turismo è stata cercata un' omogeneità e armonia nelle costruzioni e si è adottata proprio quella creata ad hoc di case bianche e finestre blu, esattamente come la bandiera greca. Pian piano sono spariti colori tradizionali, il giallo ocra, il rosso terra e il blu egizio sin allora spesso usati nell’architettura cicladica. Il bianco non era assente, è chiaro, ma non costituiva la totalità delle costruzioni come praticamente accade ora.

Bastano 70 anni per ridisegnare paesaggi secolari e considerarli tradizionali? La questione è molto complessa e io ovviamente non ho risposte e nemmeno opinioni. E' aperta e dibattuta dagli addetti,  architetti e urbanisti, e tocca loro dare risposte ed eventuali soluzioni, sempre che ce ne sia bisogno. Io mi limito qui a riportare la descrizione dell’architetto Panos Nikolìs Tzelepis dal suo bellissimo libro scritto nel 1952 “Architettura popolare greca”:

Le mura si imbiancano  regolarmente con la calce, dove si mette dentro un’infinitesima parte di colore. Azzurro, nero, rosso o verde per allentare il bianco accecante della calce e darle un’opacità come quella delle ossa e che fa riposare lo sguardo. Toni vivi, azzurro, rosso, verde, giallo, arancione, svelano la presenza di porte e finestre, senza alcun decoro architettonico…..
..spesso tra le case bianche si distinguono come pennellate, muri dipinti con colori vivaci, luminosi; giallo, verde, azzurro, lilla, rosa, elementi che armonizzano un quadro pittorico”.

Parlando di Cicladi e tornando alla cucina, non posso che proporre una ricetta tradizionale di queste isole, il salatouri, tipico di Paros ma anche di altre isole del gruppo. Una volta si preparava con quei pesci considerati da scarto che i pescatori non riuscivano a vendere ma che non si sognavano nemmeno di buttare. Razza e rombo chiodato sono i classici per questa deliziosa insalata di pesce, perfetta per le tiepide serate primaverili e quelle calde estive.

Ingredienti: una - due porzioni
  • 1 filetto di rombo chiodato di circa 200 gr.
  • 1 cipollotto
  • 1 manciatina di capperi sotto sale
  • 1 manciatina di olive di kalamata denocciolate
  • mezzo peperone verde qualità corno
  • prezzemolo tritato
  • aneto tritato
  • sale
  • pepe nero macinato fresco
  • il succo di mezzo limone
  • un po’ di scorza grattugiata di limone
  • 3 cucchiai di olio evo

Procedimento: 
Dissalare i capperi. Metterli in un ciotolino con acqua fredda per circa 1 ora cambiando l’acqua 2 – 3 volte. Al termine scolarli e tamponare per asciugarli.
Pulire il prezzemolo e l’aneto, lavarli, asciugarli e tritarli.
Pulire il cipollotto, lavarlo, asciugarlo e tagliarlo a rondelle tenendo anche la parte verde sana.
Denocciolare le olive.

Lessare in acqua leggermente salata il filetto di rombo per una decina di minuti.
Preparare un’emulsione con il sale, il pepe, il succo e la scorza di limone, l’olio.
Togliere il pesce dall’acqua e lasciarlo raffreddare fino a poterlo maneggiare con le mani. Spellarlo, sfilacciarlo con le mani e mettere le carni in un piatto. Unire il prezzemolo e l’aneto tritato, il cipollotto a rondelle, le olive denocciolate e i capperi dissalati. Mescolare e versare l’emulsione. Mescolare  e servire tiepido oppure a temperatura ambiente.

Note: Se non vi piace l’aneto, potete sostituirlo con altra erba aromatica di vostro piacimento.
Olive e capperi non si trovano nella ricetta tradizionale, ma ci stanno a meraviglia.
Se preferite, potete usare altri pesci di carni bianche.
Il piatto si pronuncia così: salatùri.




koulourakia al burro

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Si fa presto a dire koulourakia, i biscotti che insieme allo tsoureki sono il simbolo della Pasqua greca. Una ricetta univoca e condivisa da tutti non esiste. Ognuno ha la sua che propone come la più buona, la più riuscita, la più golosa.

Profumati alla vaniglia, all’arancia, al limone, con yogurt, burro, formaggio o vegan, soffici o friabili sono il modo migliore per cominciare e pure per continuare la giornata. A colazione con una tazza di caffè, di tè o di latte, a merenda per sgranocchiare qualcosa, oppure quando semplicemente viene volta di qualcosa buono.
Io di ricette non ne ho solamente una, ne ho tante di cui alcune le ho proposte qui negli anni passati. Quella però che mancava e che non deve mancare per cui provvedo subito a colmare il vuoto, è la ricetta con l’ammoniaca. Ingrediente che può stranire per chi non ha confidenza con un certo tipo di preparazioni ma che una volta era molto usato nelle ricette tradizionali.

Ingredienti: (per circa 20 koulourakia)
  • 300 gr. di farina 00
  • 125 gr. di burro
  • 125 gr. di zucchero a velo
  • 1 uovo
  • 30 gr. di latte
  • 1 cucchiaino da caffè di essenza di vaniglia
  • ½ cucchiaino da caffè di baking powder
  • ¼ cucchiaino da caffè di ammoniaca

Per la superficie:
  • 1 tuorlo
  • 2 cucchiai da minestra di acqua
  • ½ cucchiaio da minestra di zucchero semolato


Procedimento: (preparazione 30 min. – attesa 30 min. – cottura 25 min.)
Togliere il burro da frigorifero e portarlo a temperatura ambiente. Fare lo stesso con l’uovo e il latte.
Setacciare la farina con il baking powder.
Nel mixer o con la frusta elettrica sbattere il burro con lo zucchero a velo per 4 minuti finchè non diventi cremoso e soffice. Aggiungere l’uovo, l’essenza di vaniglia, il latte e l’ammoniaca.
Versare la farina, impastare velocemente per amalgamare gli ingredienti, formare una palla e lasciare riposare per 30 minuti.
Accendere il forno a 180 gradi, modalità statica.
Rivestire una teglia con carta forno.
Prendere circa 50 gr. di impasto alla volta, tirarlo con le mani a cordone e dargli la forma che più piace. A treccia, a cerchio, a spirale etc. Man mano che i koulourakia sono pronti sistemarli sulla teglia sufficientemente distanziati tra di loro, dato che con la cottura si gonfieranno.

Per la superficie:
Mettere in un ciotolino il tuorlo, l’acqua e lo zucchero e sbattere con una forchetta. Spennellare i koulourakia 2 volte e lasciare che asciughino per 5 minuti.
Infornare nel ripiano di mezzo per circa 25 minuti, finchè i koulourakia non prendano un bel colore biondo.
Togliere dal forno, mettere sulla gratella e lasciare raffreddare completamente.
Si conservano perfettamente per 3 – 4 giorni chiusi in una scatola di latta.



magheiritsa con funghi

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magheiritsa con funghi
Pasqua greca senza magheiritsa è impensabile, inaudita. Il primo piatto di carne che si mangia dopo la lunga quaresima e proprio per questo è indissolubilmente associato a quel giorno, è anche chiamato zuppa di Pasqua. Quasi tutti la mangiano subito dopo mezzanotte, appena tornati dalla chiesa con i ceri accesi, dopo che il pope ha intonato il canto Cristo è risorto. 

Francamente trovo sia un peccato limitarlo al un soltanto giorno dell’anno. E’ un piatto squisito, corroborante e rassicurante che profuma di primavera. Tradizionalmente si prepara con le frattaglie di agnello ma la quintessenza e i sine qua non della magheiritsa sono le erbe aromatiche, i profumi che ognuno varia a proprio piacimento. Cipollotti, aneto, cerfoglio, lattuga, scorza di limone che insieme alla salsa avgolemono trasformano un piatto povero e umile in un tripudio di aromi, un omaggio alla primavera.

Negli ultimi anni al tradizionale agnello vengono sempre più spesso preferite versioni più light. Pollo (qui la ricetta) oppure funghi per un piatto vegetariano sono le variazioni più frequenti e conosciute.

I funghi più comunemente usati sono i champignon che sono oltretutto reperibili con estrema facilità e durante tutto l’anno, i portobelo, i pleorotus e in genere la maggior parte dei funghi freschi. Non è necessario usare funghi più pregiati che possono essere utilizzati per altre preparazioni. L’origine della magheiritsa è umile ed è bene che il piatto tale resti, senza ricercatezze che nulla aggiungono e anzi rischiano di sottrarre.

La magheiritsa con funghi si può preparare con soltanto un tipo di fungo oppure si possono anche mescolare diversi tipi. In questo ultimo caso bisogna stare attenti ai tempi di cottura che variano da fungo a fungo. 

Ingredienti: (per 2 -3 persone)
  • 250 gr. di funghi freschi
  • 1 cespo di lattuga romana
  • 2 cipollotti
  • 50 – 60 ml di vino bianco
  • 60 gr. di riso tipo carnaroli, baldo, arborio
  • 4 cucchiai di olio evo
  • aneto tritato
  • cerfoglio o prezzemolo tritato
  • sale
  • pepe bianco macinato fresco
  • mezzo cucchiaino da tè scarso di scorza di limone grattugiata

Per la salsa avgolemono:
1 uovo a temperatura ambiente
il succo di un limone

Procedimento: (preparazione 30 min. – cottura 40 min.)
Pulire la lattuga scartando le foglie vistosamente rovinate. Lavarla, asciugarla e tagliarla grossolanamente.
Pulire i cipollotti. Scartare la parte verde eventualmente sciupata e tenere le foglie sane. Lavarli, asciugarli e tagliarli a rondelle.
Lavare le erbe aromatiche, asciugarle e tritarle.
Pulire i funghi. Staccare il gambo e strofinare la cappella scrupolosamente con un panno umido per togliere eventuali residui di terra. Alcuni suggeriscono di togliere la pellicina. Io non lo faccio ma decidete voi. Una volta puliti, tagliarli a fette. Prendere una padella antiaderente, versare due cucchiai di olio evo e rosolarli per 6 -7 minuti. Ritirare dal fuoco e tenere da parte.
Velare il fondo di una casseruola larga e bassa con l’olio evo e aggiungere il cipollotti. Accendere la fiamma e far appassire lentamente girando spesso per 6 – 7 minuti. Versare il riso e tostarlo per un paio di minuti. Sfumare con il vino, alzare la fiamma per far evaporare parte dell’alcool, abbassare la fiamma di nuovo e aggiungere la lattuga, l’aneto, il cerfoglio, la scorza di limone.
Salare leggermente e macinare del pepe. Far appassire la lattuga girando spesso con una spatola. Quando la lattuga sarà visibilmente appassita, unire i funghi e versare 100 ml di acqua calda.
Mescolare, coprire e cuocere a fiamma bassa per 15 minuti. Controllare il sale e continuare la cottura per altri 3 -4 minuti.

Salsa avgolemono:
Qualche minuto prima di ultimare la cottura della magheiritsa preparare la salsa avgolemono. 
Prendere una ciotola, rompere dentro l’uovo e sbattere con una frusta a mano o una forchetta. Versare lentamente il succo di limone sbattendo sempre. Prelevare 2 – 3 cucchiai dal liquido di cottura della magheiritsa e aggiungerlo mescolando sempre.

Versare l’avgolemono sulla magheiritsa, coprire, e prendendo la casseruola dai due manici scuoterla ciclicamente per distribuire uniformemente la salsa.
Ritirare dal fuoco e servire subito.



tsoureki

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tsoureki
Il Giovedì Santo da tradizione è dedicato alla preparazione dei tsourekia, dei koulourakia e alla colorazione delle uova. Di Venerdì è proibita qualsiasi attività di questo tipo. Chi non ha fatto in tempo a prepararli il Giovedì, può prepararli il Sabato Santo.

Io tutti gli anni mi dedico a queste attività il Sabato, ma quest'anno dato che giovedì era festa qui in Italia, sono riuscita a preparare tutto quel giorno e a questo punto posso postare l'ennesima ricetta di tsoureki, il nostro lievitato pasquale più celebre.
La preparazione non è molto lunga, la lievitazione si completa in circa 5 ore, il chè rende possibile la preparazione in un'unica giornata.

Lo tsoureki è molto soffice e profumatissimo. Ho usato i nostri profumi tradizionali che rendono inconfondibile la Pasqua greca: la mastiha e il mahlepi ma in assenza  possono essere sostituiti con altri profumi come arancia, limone o semi di finocchio.
Dato che è poco dolce è ottimo abbinato sia al dolce che al salato. Personalmente lo adoro a colazione in giorno di Pasqua, con le uova sode e della feta. E' perfetto anche con un filo di miele, con burro e confetture varie, con la nutella ma è sublime anche da solo.  In questo ultimo caso strappato con le mani è il miglior modo di tagliarlo....
Ingredienti: per 2 trecce
  • 500 gr. di farina W280
  • 25 gr. di lievito di birra fresco
  • 250 ml di latte
  • 130 gr. di zucchero semolato
  • 2 uova
  • 60 gr. di burro
  • 1 cucchiaino da tè di mahlepi pestato nel mortaio
  • mezzo cucchiaino da tè di masticha pestata nel mortaio

Per la superficie:
  • 1 uovo
  • sesamo

Procedimento: preparazione: 30 – 40 min., lievitazione: 5 – 6 ore, cottura 15 – 20 min.
Per prima cosa preparare il lievitino: scaldare leggermente 100 ml di latte. 
Prendere una ciotola e sbriciolare dentro il lievito di birra. Versare il latte e mescolando far sciogliere il lievito. Aggiungere un cucchiaino da tè di zucchero. Mescolare e aggiungere 80 gr. dai totali 500 di farina. Mescolare per ottenere una pastella densa, coprire e lasciare lievitare fino al raddoppio e alla formazione di bolle. Con le temperature primaverili ci vorrà circa mezz’ora.

Nel frattempo, pestare nel mortaio a farina la mastiha e il mahlepi insieme a un cucchiaino di zucchero e lasciare da parte.

Prendere un pentolino e scaldare il burro fino a liquefarlo. Aggiungere lo zucchero, il latte rimanente e mescolare. Attenzione a non scaldare troppo. Deve essere tiepido. Un modo semplice per verificare la temperatura in mancanza di un termometro da cucina è immergere un dito e contare fino a 10. Dovete poter tenere immerso il dito senza alcun fastidio. Ritirare dal fuoco. Sbattere leggermente le uova , unirle al composto di latte e mescolare.
Versare il composto in una bacinella. Aggiungere gli aromi e il lievitino. Mescolare bene e versare il restante della farina. Mescolare con le mani oppure con una forchetta. Impastare con le mani oppure con una spatola rigida piegando l’impasto dall’esterno verso l’interno ripetutamente, girando la bacinella per lavorare su tutto l’impasto. Se è troppo appiccicoso e vi crea delle difficoltà, non aggiungere farina ma oliare le mani oppure la spatola.


La prima lievitazione:
Coprire la bacinella con della pellicola e poi con un plaid. Lasciare lievitare fino al raddoppio. Ci vogliono circa 3 ore. Per verificare la lievitazione, premere con un dito l’impasto. Se l’impasto non si solleva significa che è pronto.
Formare le trecce:
Dividere l’impasto in 2 parti uguali. Ogni parte andrà a formare un tsoureki. 
Decidete con quanti lembi volete fare le trecce e dividete ogni parte in altrettanti pezzi. Per fare una treccia con 3 lembi come i miei tsourekia, ogni lembo deve pesare all’incirca 180 grammi. Per trecce di 6 lembi ogni lembo pesa 85 gr. all’incirca, per 4 lembi ogni lembo 100 gr.
Formare dei salsicciotti con ogni pezzo di pasta, di circa 30 – 35 cm di lunghezza. L’impasto è morbido ed elastico, se si appiccica sul banco di lavoro, oliate le vostre mani e il banco stesso. Intrecciate i lembi formando le trecce.
La seconda lievitazione:
Una volta formato lo tsoureki, sistemarlo su carta forno e lasciare lievitare per circa 2 ore.
Accendere il forno a modalità statica a 200 gradi.
Sbattere l’uovo con una forchetta e con un morbido pennello da cucina spalmare tutta la superficie dello tsoureki per 2 volte. Decorare a piacimento intingendo un dito prima nell’uovo e poi nel sesamo. In alternativa al sesamo potete usare scaglie di mandorle.
Cottura:
Spostare i tsourekia sulla leccarda del forno. Se la leccarda è nera, copritela con della carta stagnola per non far cuocere eccessivamente la base. Infornare e cuocere per 15 – 20 minuti.
Togliere dal forno e lasciare raffreddare completamente. Avvolti in pellicola si conservano per diversi giorni, morbidi e soffici.
tsoureki


pollo kontosouvli

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kontosouvli
La carne arrostita alla brace è una leccornia molto amata dai greci. Arcaica e contadina,  ancestrale, non solo sopravvive nel paese intero ma gode anche di ottima salute. 
Chi dispone di un giardino, di un terrazzo a volte di un ampio balcone che presuppone però quest’ultimo dei vicini di casa molto tolleranti, si dedica volentieri a questo tipo di cottura che generalmente viene affidata agli  uomini.
Una di queste leccornie, molto diffusa e parimenti amata è il kontosouvli (spiedo corto). Più grande dello spiedino, più piccolo dello spiedo è una via di mezzo tra i due. Il fratello di mezzo....Tipico del giorno di Pasqua che insieme al kokoretsi (interiora di agnello avvolti nei suoi budellini) precede la pietanza forte del giorno; l’agnello allo spiedo. Un antipasto praticamente!!!!

Per fare il kontosouvli (si legge kodosùvli) si utilizzano spiedi corti di metallo di circa 30 - 35 cm, dove si infilzano cubotti di polpa di agnello, capretto, pecora, montone o maiale, senza escludere carne bovina o di pollo. La tradizione chiede che sia arrostito alla brace, ma chi non dispone di spazi all’aperto e ugualmente vuole gustarlo lo cuoce al forno; con risultati diversi, è ovvio, ma non per questo meno buoni.

Fare il kontosouvli al forno tenero e succoso qualsiasi sia la carne che si utilizza, non è difficile. Basta avere un paio di accorgimenti e il risultato è praticamente garantito.
La carne va tagliata a quadrotti di minimo 5 x 5 cm, tutti nei limiti del possibile della stessa misura e peso, per garantire una cottura omogenea. Va tassativamente marinata per assorbire tutti i profumi delle erbe che si utilizzano. Per la carne di pollo è sufficiente una marinatura di 2 – 3 ore. Per le altre carni la marinatura deve essere di almeno 6 ore ma può durare anche tutta la notte.

La marinata obbligatoriamente prevede olio evo, limone, sale grosso, pepe nero macinato fresco mentre le erbe da utilizzare sono origano, timo, rosmarino; una soltanto o anche tutt’e tre insieme. Vi consiglio di non esagerare con l’aggiunta di altri ingredienti. I greci sono essenziali in cucina e non usano mischiare troppi condimenti. Less is more è nato qui.
Peperoni di vari colori e cipolla completano l’assemblaggio degli spiedi.
Ingredienti: (per 2 – 3 persone)
  • 4 – 5 sovracosce di pollo (preferisco le sovracosce perché sono più grasse rispetto al petto che spesso risulta stopposo ma se preferite il petto utilizzatelo pure)
  • peperoni di vari colori
  • 1 cipolla
Per la marinata:
  • il succo di un limone
  • sale grosso
  • pepe nero macinato fresco
  • origano
  • 4 cucchiai da minestra di olio evo
Attrezzatura:
  • spiedini di metallo o di bambù di 30  cm. 
Procedimento: (tempo di preparazione 30 min. - attesa 120 min. – cottura 30 min.)

Disossare le sovracosce e togliere la pelle. Eliminare il grasso visibile. Tagliare a bocconi di almeno 5 x 5 cm la carne e metterla in un recipiente di vetro o di ceramica.

Emulsionare gli ingredienti della marinata e versare sulla carne. Mescolare bene, coprire con della pellicola e mettere in frigorifero per 2 ore, mescolando un paio di volte.

Tagliare il picciolo a i peperoni ed eliminare eventuali filamenti e semi. Lavarli, asciugarli bene e tagliarli a quadrati di circa 5 x 5 cm. Non li utilizzerete tutti ma con quelli che avanzano potete fare una succosa peperonata come ho fatto io!
Sbucciare la cipolla e tagliarla in 4.

Accendere il forno a 200 gradi.
Togliere la carne dal frigorifero e aspettare 15 minuti per portarla a temperatura ambiente.
Prendere gli spiedini e infilzare i bocconi di pollo alternandoli con peperoni di vari colori e cipolla.
Rivestire una teglia con carta forno.
Sistemare gli spiedini sulla teglia e infornare per circa 30  minuti spennellando ogni tanto con la marinata e girandoli un paio di volte. Gli ultimi 3 - 4 minuti metterli in modalità grill affinchè assumano un bel colore.

Toglierli dal forno e servirli caldi con dello tzatziki, olive, pomodori e pane pita.


go brand a tuttofood

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Creare un brand di successo che duri nel tempo non è semplice. Sono tanti i fattori e gli attori che devono essere partecipi. Bisogna credere nella mission, serve ambizione, piani strategici lungimiranti, progetti condivisi con tutti gli stakholders coinvolti, azioni di lungo respiro e risonanza, piani comunicativi efficienti ed efficaci e molto altro ancora, soprattutto tanto lavoro.
Ci sta provando con grande determinazione la Grecia con la sua cucina  che fino a qualche anno fa era pressochè sconosciuta alla maggioranza della gente fuori dai confini. I suoi principali ambasciatori, i turisti che vi trascorrevano le vacanze, tornavano alla loro patria perlopiù con un’idea della cucina greca stereotipata. Pochi piatti, gli stessi che trovavi dall’Egeo allo Ionio, dal nord al sud. La cucina e i prodotti tipici delle località restavano terra incognita scoperta forse soltanto da qualcuno molto curioso, qualcuno che si ostina a cercare l’autenticità delle cose e dei luoghi.

louza di Syros
Le cose fortunatamente sono cambiate anche se resta ancora molto da fare. Ora chi viaggia in Grecia trova abbastanza facilmente cucina e prodotti tipici locali, nel rispetto della tradizione millenaria del paese. Ciò è reso possibile grazie soprattutto alle moltissime iniziative che contribuiscono alla promozione della vera cucina greca con i suoi prodotti locali e che stanno convincendo sempre più ristoratori e albergatori a investire e promuovere prodotti locali e cucina autentica.
spigola marinata
Il turismo ormai passa anche dalla gastronomia, il gastroturismo non è materia più per pochi, la destinazione gastronomica è una realtà. La Grecia ha molto da offrire in materia e proprio per contribuire alla diffusione della conoscenza della cucina dei prodotti greci è nato “Go brand” , progetto che accomuna Grecia e Cipro, cofinanziato dal programma europeo INTERREG. Mettere in atto azioni virtuose per la promozione, il sostegno e la valorizzazione di marchi, prodotti e servizi locali è il focus del progetto. La Grecia rappresenta le isole dell'Egeo e Creta.
fava di Santorini con cipolle caramellate
Noi a Milano abbiamo avuto la possibilità di venirne a conoscenza grazie alla sua presenza alla settima edizione di TUTTOFOOD Milano, piattaforma internazionale dell’agroalimentare che si è appena conclusa. Produttori dalle isole dell’Egeo, Creta e Cipro, erano presenti con i loro prodotti più rappresentativi; oli, vini, olive, salse, frutta secca, liquori, dolciumi, mieli, croccanti, tutti prodotti locali e tipici. Ladopita e melekouni da Rodi, mastiha da Chios, San Michali da Syros e molto altro.
Diversi di questi sono stati offerti durante lo show coking del martedì 7 maggio. Chi ha assistito ha potuto assaggiarli, preparati dagli chef Giorgos Markakis di Rodi e Alexandros Karakatsanis di Syros. Sapori puliti come ha sottolineato lo chef Markakis alla breve introduzione dello show cooking.
san michali di Syros con scorza di arancia candita
Insalata verde e pomodori, poi la louza, salume preparato in tante isole cicladiche con il filetto suino, uno dei salumi greci più importanti, servita con strisce di mela verde per equilibrare il sapore deciso e rinfrescare il  palato. Poi spigola marinata in liquore di mandarino, sfakianopites farcite con feta e irrorate di miele, fava di Santorini con cipolle caramellate, polpette di polpo fritte, il formaggio San Michalis di Syros che io considero forse il formaggio dal sapore più complesso, non immediato, di tutta la produzione greca, servito con una scorzetta di arancia candita. Perfetto il wine pairing con vini locali.
Soutzouk loukoum di Cipro e crema di rose con mastiha di Chios e miele di carrube serviti come dolci, accompagnati da liquore di mastiha.
polpette fritte di polpo
Era tutto delizioso, proprio nello spirito della cucina greca che chiede tanti piccoli assaggi.
E un segreto che mi ha rivelato lo chef Alexandros Karakatsanis. Le cipolle per maritare la fava, vanno caramellate senza aggiunta di grassi. Né olio, né altro grasso. Cipolle, zucchero e aceto di vino rosso o balsamico. 

L’esperienza è stata molto interessante, e dato che raramente, almeno qui in Italia abbiamo la possibilità di assaggiare tanti prodotti locali greci, mi auguro per il futuro di vedere moltiplicate le iniziative che arrivano anche a Milano.
Crema di rose con mastiha di Chios e miele di carrube



tsouchtì con asparagi

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Gli asparagi che considero un prezioso dono primaverile occupano uno dei primissimi posti nella mia personale lista di gradimento alimenti. Difficilmente riesco a resistergli quando li vedo sulle bancarelle dei mercati, fosse anche solo per la forma e il colore brillante. Del sapore non sempre sono così convinta, accade frequentemente che sia deludente ma lo stesso ormai accade con buona parte dei vegetali.
A casa mia non si cucinavano e credo nemmeno li conoscessimo se non di nome. Li ho mangiati per la prima volta nella mia vita che ero già grande, ero in Italia e loro erano selvatici, sottili, verdissimi, e crescevano spontaneamente lungo i muri delle case in una bellissima isola della Sardegna.

Anche se non ho più ritrovato quel sapore che mi è rimasto impresso anche a distanza di tanti anni, gli asparagi continuo a comprarli tutti gli anni e a cucinarli in vari modi.
Al vapore conditi con sale e olio, faccio risotti, se li trovo piccoli e teneri anche crudi nelle insalate ma molto più spesso nel modo più classico che esista: con le uova.

E’ proprio dall’abbinamento asparagi/uova che mi sono ispirata per preparare questo piatto di pasta che richiama un piatto tipico della regione di Mani, nel Peloponneso, la tsouchtì. Nella ricetta originale gli asparagi non ci sono, ma sono convinta che se i severi e parsimoniosi abitanti di Mani che in antichità si nutrivano con il brodo nero avessero pensato di abbinarli l’avrebbero fatto con grande soddisfazione! Lì gli asparagi crescono spontaneamente.
Ingredienti: (per 3 persone)
  • 500 gr. di asparagi
  • 250 gr. di pasta lunga (trenette, bavette, linguine, spaghetti)
  • 1 cucchiaio da minestra di burro
  • 1 cucchiaio da minestra di olio evo
  • 1 cipolla bianca tritata al coltello
  • 3 uova
  • pecorino romano grattugiato
  • sale
  • pepe nero macinato fresco
Procedimento: (tempo di preparazione 30 min. – tempo di cottura 20 min.)
Pulire gli asparagi: scartare la parte fibrosa del gambo, pelare con il pelapatate il gambo restante senza ovviamente intaccare la cima e lavarli accuratamente. Tagliare i gambi a pezzi piccoli lasciando integra la cima.

Lessare i gambi tagliati a pezzetti per 5 minuti in acqua leggermente salata. Trascorsi questi, aggiungere le cime e continuare per altri 5 minuti. Scolare tenendo l’acqua di cottura.
Prendere una casseruola larga e bassa e mettere l’olio e il burro. Far appassire la cipolla a fiamma bassa per una decina di minuti. Aggiungere gli asparagi e insaporire per 5 minuti. Spegnere il fuoco e passare alla pasta.

Versare l’acqua di cottura degli asparagi nella pentola dove andrà cotta la pasta e aggiungere tanta acqua quanta serve per cuocerla. Salare e cuocere 3 minuti in meno dal tempo indicato sulla confezione.

Mentre la pasta sta cuocendo friggere le uova in una padella a occhio di bue. Se non avete paura del burro friggeteli nel burro, altrimenti va benissimo anche in olio evo. Per friggere le uova, se anche a voi come a me piace il tuorlo molle ma l’albume molto sodo fare così: separare i tuorli dagli albumi e mettere ogni tuorlo in una tazzina separata. Gli albumi possono stare anche tutti insieme. Versare gli albumi nella padella e friggerli fino a completo rassodamento. Appoggiare sugli albumi i tuorli distanziati tra di loro. Salare, macinare del pepe nero, spargere del pecorino romano grattugiato e continuare la cottura fino alla consistenza desiderata del tuorlo. Con un coppa pasta tagliare 3 dischi di albume con sopra un tuorlo ciascuno.

Scolare la pasta tenendo l’acqua di cottura. Versare la pasta nella casseruola degli asparagi. Ultimare aggiungendo un mestolo o due dell’acqua di cottura.
Distribuire la pasta nei piatti, spargere sopra del pecorino grattugiato e sistemare sopra un uovo. Servire con del pecorino romano grattugiato a parte.




briam

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briam
C'è chi lo chiama briam e chi tourloù secondo l'origine, ma è sempre la stessa cosa ed è un piatto che preparo molto spesso, soprattutto d’estate. Un tripudio di sapori perfettamente amalgamati e colori vivaci. Verdure miste al forno cotte in abbondante olio di oliva come si usava una volta. Chi è venuto a contatto con la cucina greca casalinga di qualche anno fa, avrà notato sicuramente la grande quantità di olio che si usava.
Non perché non si sapeva dosare l'olio che  lo si aveva in abbondanza come sono in tanti a pensare. Il motivo è un altro. Con troppa superficialità alle volte si liquidano questioni che meritano un maggior approfondimento.  In anni in cui la maggior parte delle calorie derivavano dal pane, avere dei piatti cucinati con molto olio e poter fare la classica scarpetta più e più volte nel piatto soddisfaceva sia  pancia che palato. 
Ora nessuno usa più l’olio in quantità eccessive, lo si dosa, come d'altronde nessuno si riempie più di pane.  

Niente verdure che nuotano nell’olio quindi, ma un piatto leggero, leggiadro, colorato e se accompagnato dalle classiche grecherie - olive, pane, feta. diventa un piatto unico squisito.
Le classiche verdure per il briam estivo sono le patate, zucchine, melanzane, cipolla, pomodori, peperoni ma si possono usare tranquillamente tutte le verdure che si vogliono a patto che si abbinino bene tra di loro.

Le verdure nel briam si cuociono tutte insieme ma avendo consistenze e tempi di cottura diverse, per arrivare ad avere un risultato finale soddisfacente e non un pappone informe, bisogna regolarsi sul loro taglio.
Tagli piccoli quindi per le carote e le patate che hanno bisogno di più tempo per ammorbidirsi, tagli più grandi per zucchine e melanzane.
Prezzemolo, basilico, menta, origano sono aromi che vanno tutti bene. Scegliete uno o due secondo il vostro gusto e preparate uno dei migliori piatti vegan che esistano!


Ingredienti: (per 2 - 3 persone)
  • 2 zucchine
  • 2 melanzane lunghe oppure 1 tonda
  • 2 melanzane di colori diversi
  • 2 carote
  • 2 pomodori maturi (in alternativa una lattina piccola di pelati)
  • 2 patate
  • 1 cipolla bionda
  • 50 ml olio evo
  • 80 ml vino bianco
  • prezzemolo tritato
  • sale
  • pepe macinato fresco


Procedimento: (preparazione 15 min. – cottura 90 min.)
Accendere il forno a 180 gradi.

Se i pomodori sono freschi, incidere una croce sulla base e sbollentarli per 1 minuto. Toglierli dall’acqua e tirando la pelle da un lembo spellarli. Se usate pelati saltare questo passaggio.
Spazzolare con uno spazzolino le patate per togliere eventuali residui di terra. Lavare accuratamente tutti gli ortaggi e asciugarli. Tagliare le estremità a carote e zucchine, sbucciare la cipolla. Tagliare il picciolo ai peperoni, togliere semi e filamenti.

Tagliare a rondelle sottili le carote, e a rondelle di circa 2 cm. le zucchine. Tagliare a rondelle di 2 cm anche le melanzane e poi tagliare a quadrotti. Tagliare la cipolla in 4 spicchi e le patate a spicchi come fareste per le patate al forno. Tagliare a falde i peperoni.
Versare tutti gli ortaggi in una teglia ben distesi. Salare, macinare del pepe. Versare l’olio e il vino e mescolare bene con una spatola.

Coprire la teglia con carta stagnola e infornare per un’ora.
Trascorsa questa, togliere la carta stagnola, aggiungere il prezzemolo, mescolare e continuare la cottura per altri 30-40 minuti finchè le verdure non diventino morbide ma non sul punto di disfarsi.

Ritirare dal fuoco, lasciare riposare e intiepidire per almeno 20 minuti.
Servire come contorno oppure meglio ancora alla greca, come piatto unico accompagnato da olive, pane e del formaggio feta.


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