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Channel: mangiare greco - cucina greca con tutte le ricette tipiche
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insalata di patate con foglie di cappero / patatosalata me kaparofylla

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patatosalata
I capperi sono tra i prodotti più caratteristici delle isole cicladiche. Il terreno arido e roccioso ben si adatta a questa pianta che cresce spontanea tra le rocce o sui muri di pietra.
Gli isolani li conservano “alla santoriniota” ossia essicandoli al sole che fanno rinvenire ammollendoli in acqua, ma anche in salamoia oppure sotto sale. Non solo i capperi però. Anche le foglie trovano un loro utilizzo conservati in salamoia. Entrano a pieno titolo nella lista di prodotti che compro immancabilmente quando vado in Grecia. Leggermente coriacei, tanto quanto basta per sentire la loro consistenza sotti i denti, con un retrogusto amaro tipico del cappero, ben bilanciato dal liquido di conservazione.
Si usano molto per arricchire varie insalate, pesci lessati o arrostiti.

Nella mia ricetta le ho utilizzate per un’insalata di patate con pomodori freschi e secchi.
Facile e veloce se si trovano le foglie. Se preferite aggiungete i pomodorini crudi anziché farli appassire nel forno. Personalmente se avessi a disposizione i pomodorini in anidrocoltura di Santorini non avrei esitato e li avrei utilizzati crudi. Piccoli come ciliegie e dolci come nessun altro, non hanno bisogno di passaggi dal forno che toglierebbe anziché aggiungere. 
Essendo un'insalata la fantasia è libera e si possono togliere o aggiungere ingredienti a piacere. Se volete quindi potete aggiungere olive, sostituire il basilico con foglioline di timo fresco.
Se non trovate le foglie ma avete in programma una vacanza in Grecia cercatele. Io l’ultima volta che ci sono stata le ho comprate all’aeroporto di Atene e sono di Santorini.

Ingredienti: (per 2- 3  persone)
  • 4 patate medie
  • 4 – 5 pomodorini
  • 1 pizzico di zucchero
  • 1 pomodoro secco sott’olio
  • una manciatina di capperi sotto sale
  • 6-7 di foglie di cappero in salamoia
  • qualche fogliolina di basilico spezzettata a mano
  • mezza cipolla bionda tagliata a filetti

Dressing:
  • 50 ml di olio evo
  • 1 cucchiaio da minestra di succo di limone
  • un pizzico di origano
  • ½ cucchiaino da tè di senape
  • sale
Procedimento:
Lavare i pomodorini, tagliare il picciolo e dividerli a metà. Sistemarli sulla leccarda rivestita di carta forno con la parte tagliata verso l’alto. Salare, cospargere un poco di zucchero, versare un poco di olio e infornare a 150 gradi per 30 minuti. Togliere dal forno e tenere da parte.
Dissalare i capperi. Metterli in una ciotola e coprirli di acqua fredda. Lasciarli in ammollo per 1 ora, cambiando l’acqua 2 – 3 volte. Scolare e tenere da parte.

Tritare grossolanamente al coltello i pomodori secchi e tenere da parte.

Sciacquare sott’acqua corrente le foglie del cappero.

Spazzolare sott’acqua corrente le patate e metterle in una pentola con abbondante acqua fredda.
Far bollire per circa 20 minuti e in ogni caso finchè non diventino morbide ma non sul punto di disfarsi. Insomma, devono tenere un po’.
Sbucciarle non appena si riescono a tenere tra le mani e tagliarli a spicchi o dadini, come preferite.
Mettere le patate in un’insalatiera, aggiungere i pomodori secchi, i capperi, le foglie di cappero, il basilico tritato, la cipolla e i pomodorini. Mescolare.
Dressing:
Prendere un barattolo vuoto e mettere dentro tutti gli ingredienti del dressing. Agitare energicamente per emulsionare il tutto e versare sull’insalata di patate.
Servire tiepida come contorno a carni o pesci arrostiti, ma va benissimo anche come piatto unico per una cena leggera.




gigantes ston fourno / fagioli al forno

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fagioli stufati
I ghigantes, (giganti -fagioli bianchi di spagna) al forno sono uno dei più classici, sostanziosi e saporiti piatti vegani della cucina greca. Anche se in linea di massima i legumi secchi sono più adatti alle stagioni fredde, i fagioli cucinati in questo modo si addicono a tutte le stagioni, estate inclusa. In famiglia li amiamo talmente tanto li abbiamo spesso comprati in conserva per portarli a Milano e averli a portata di mano quando ci veniva voglia improvvisa di mangiarli!!! 
Non perché sia complicato prepararli ma perché la loro preparazione richiede organizzazione. Proprio per questo motivo è un piatto che in genere preparo nel fine settimana. I fagioli li metto in ammollo il venerdì sera e il sabato mattina procedo con la ricetta.

A parte l’organizzazione dei tempi, è un piatto tanto semplice da preparare quanto strepitoso da gustare con ingredienti di tutti i giorni che normalmente si trovano nella dispensa di ogni casa. Con l’unica eccezione del pimento che lo metto perché con questa spezie io ci sono nata e difficilmente riesco a farne a meno. Se non lo trovate però nessun problema. In questo caso, potete usare del pepe nero omettendo però il peperoncino. In alternativa usate il peperoncino e basta se vi piace il piccante/bruciante.
Cipolla, sedano e carota sono indispensabili e si usano sempre in questa ricetta. Io ho fatto un battuto all’italiana ma per non tradire la tradizione ho tenuto una parte di carota e le foglie di sedano e li ho aggiunti tagliati a pezzi.
Ho cercato di ridimensionare un po’ il pomodoro che a volte si usa in modo scriteriato e in quantità tali che alla fine sottrae anziché aggiungere. Meno pomodoro per lasciare spazio agli altri sapori di emergere.
Portatelo a tavola come piatto unico con del buon pane per fare la scarpetta che è obbligatoria. Accompagnatelo con della feta, dell’aringa affumicata, delle acciughe e da qualche insalata di verdura cruda e avrete un pasto greco verace!
Ingredienti: (per 4 persone)
  • 300 gr. di fagioli bianchi di spagna
  • 1 foglia di alloro
  • 1 carota mediamente grande
  • 1 costa di sedano con qualche foglia
  • 1 cipolla bionda media
  • ½ bicchiere di vino bianco
  • 1 peperoncino piccante tritato (facoltativo)
  • 4 grani di pimento pestati nel mortaio
  • 150  ml di polpa di pomodoro 
  • sale
  • olio evo

Procedimento:
Mettere in una bacinella i fagioli, coprirli di acqua fredda e lasciarli in ammollo per 10 – 12 ore.
Trascorso il tempo di ammollo scolarli, metterli in una pentola grande con la foglia di alloro e coprirli di acqua fredda.
Far lessare i fagioli fino a quando non diventino morbidi ma non sul punto di disfarsi. Mediamente, dopo 12 ore di ammollo serve circa un’ora – un’ora e mezzo di bollitura. Tanto dipende chiaramente anche dai fagioli. Se sono vecchi, serve più tempo.
In ogni caso, provate a bucare con una forchettina. Se trovate pochissima resistenza sono pronti. A questo punto salare, far bollire ancora per 10 minuti e scolare. Scartare la foglia di alloro e tenere i fagioli da parte. Tenere anche l’acqua di cottura che servirà per la finitura in forno.
Mentre i fagioli bollono, preparare la salsa.
Fare un battuto di cipolla, metà carota e la costa del sedano. L’altra metà della carota tagliarla a rondelline.
Le foglie di sedano tritarle e tenerle da parte.

Velare il fondo di una casseruola larga e bassa con dell’olio evo. Se ne avete una che possa poi andare in forno usate questa. Aggiungere il battuto di verdure e far appassire a fiamma bassa per una quindicina di minuti. Se vedete che i liquidi scarseggiano e le verdure rischiano di bruciacchiarsi, versare qualche cucchiaio dell’acqua di bollitura dei fagioli.
Sfumare con il vino, alzare la fiamma per far evaporare un poco i liquidi e versare la salsa di pomodoro.
Aggiungere il pimento, eventualmente il peperoncino, salare e cuocere per 10 minuti a fiamma bassa e con il coperchio.

Accendere il forno a 180 gradi.
Se la vostra casseruola può andare nel forno, versare dentro i fagioli e mescolare. Se non è adatta, prendere una teglia, versare dentro i fagioli e la salsa e mescolare. Versare 2 – 3 mestoli dell’acqua della bollitura dei fagioli e infornare per circa 30 minuti e comunque finchè i fagioli non risultino sufficientemente teneri. Aggiungere le foglie di sedano tritate, mescolare e infornare ancora per 10 minuti.

A fine cottura i liquidi devono essere evaporati e la salsa deve essere rimasta solo con l’olio e ben legata. Nel caso fossero rimasti ancora molti liquidi, continuare la cottura per altri 10 – 15 minuti finchè la salsa non si presenti ben legata. Se viceversa i liquidi scarseggiano, aggiungerne un pochino dell’acqua di cottura dei fagioli, mescolare e cuocere ancora per 5 minuti.
Una colta pronti, ritirare dal forno e lasciare riposare e intiepidire per 10 – 15 minuti prima di servire.




Guida Michelin Main Cities of Europe 2018

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Sono stati annunciati i ristoranti premiati con le stelle della Guida Michelin "Main Cities of Europe 2018" e non una singola virgola è cambiata per quanto riguarda la Grecia .Personalmente mi verrebbe da dire “che barba che noia”!!!!
L'assegnazione delle stelle ai ristoranti su suolo ellenico resta ferma esattamente dove era l'anno scorso, l'altro ancora e se vado ancora più indietro magari trovo tutto uguale.

Non per i ristoranti che mantengono le loro stelle, sia chiaro. So perfettamente che qualsiasi percorso si intraprenda, una volta arrivati al successo, la strada è soltanto in salita per mantenerlo.

Congratulazioni dunque a "Spondì" e "Funky Gourmet" che hanno mantenuto le 2 stelle.
Congratulazioni anche a "Botrini's,""Hytra" e"Varoulko" che mantengono la loro stella.

Detto questo ed essendo appena stati assegnati i “cappelli d'oro 2018” dove emerge un panorama di ristorazione vitalissimo  e con diversi   punti di eccellenza, viene spontaneo chiedersi perchè mai la guida Michelin si è in un certo qual modo anchilosata non considerandone degli altri e non andando mai fuori Atene ma di risposte non ne ho!!!

Non appena sarà disponibile la lista intera, controllerò per vedere se è cambiato qualcosa al "Bib Gourmand"!!!




la galatopita di Volos

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galatopita
La galatopita è un dolce che ho scoperto da adulta e l'ho irrimediabilmente adorato. Da casa mia mancava completamente. Credo perchè era un dolce che si preparava nelle campagne, nelle famiglie di contadini e pastori, nei periodi in cui c'era abbondanza di latte. La mia mamma, cittadina verace e leggermente snob peraltro, a torto non l'ha mai considerata liquidandola come dolce da campagnoli perdendo veramente tanto.

Che sia “nuda” oppure con pasta fillo non fa differenza. La adoro comunque, anche se ho una leggera preferenza per quella con la pasta fillo, per una questione di consistenze. Il croccante della fillo che contrasta con la morbidezza e sofficità della crema la rende più interessante, più complessa tra i denti e al palato.
La ricetta che segue, non tradisce l'essenza della galatopita: crema di semolino al latte, soffice e vellutata, ma si arricchisce con la pasta fillo e le noci, che le regalano corpo, croccantezza e una leggera resistenza sotto i denti.
E' una golosissima ricetta tradizionale di Volos che non conoscevo. L'ho trovatain questo blog  che seguo da molto tempo e ne sono stata veramente felice!

Ingredienti: (per una teglia da forno di 23 x 16 cm)
  • 8 – 10 fogli di pasta fillo
  • burro fuso per imburrare la pasta fillo
Per la crema:
  • 1 lt di latte intero
  • 145 gr. di semolino
  • 1 cucchiaino e mezzo di essenza di vaniglia
  • 1 uovo
  • 350 gr. di zucchero
  • 40 gr. di burro
  • 1 pizzico di sale
In più:
  • 80 gr. di noci già sgusciate pestate nel mortaio (una decina di noci circa)
  • burro per imburrare la pasta fillo (circa 50 gr.)
  • 1 uovo leggermente sbattuto
  • zucchero a velo
  • cannella

Procedimento:
Se avete della fillo surgelata, mettetela in frigorifero e lasciatela scongelare. Mediamente 2 – 3 ore sono sufficienti.
Lavorando con la pasta fillo, una volta aperta la confezione bisogna coprire i fogli con un tovagliolo leggermente umido per non far seccare la pasta a contatto con l'aria.
Se vi avanza della pasta, non buttatela. Mettetela in forno, fatela seccare, tagliatela con le mani grossolanamente e conservatela in un barattolo come fate con il pangrattato.
Crema:
Prima di tutto bisogna preparare la crema perchè al momento di stenderla sulla pasta fillo deve essere completamente raffreddata.
Versare quindi il latte in un pentolino con un pizzico di sale e accendere la fiamma.
Aggiungere l'essenza di vaniglia.
Quando il latte sarà intiepidito cominciare a versare a pioggia il semolino girando contemporaneamente con un cucchiaio di legno, come si fa con la polenta per intendersi.
Cuocere girando continuamente per non far attaccare il composto sul fondo del pentolino, finchè non si rapprende e cominciano a formarsi delle bolle sulla superficie.

A questo punto versare lo zucchero sempre mescolando e l'uovo leggermente sbattuto. Unire il burro tagliato a dadini.
Mescolare di nuovo per amalgamare gli ingredienti e ritirare dal fuoco.

Trasferire in una ciotola e coprire con pellicola a contatto per impedire che si formi la pellicina a contatto con l'aria. Lasciare raffreddare completamente.
Assemblaggio e cottura:
Mettere il burro in un pentolino e scaldarlo sul fuoco fino a liquefarlo.
Imburrare la teglia. Se la vostra teglia è un pò più grande non preoccupatevi. La galatopita verrà un pò più bassa ma non compromette il risultato. Importante che non sia molto più grande.
Aprire la confezione di pasta fillo, prendere un foglio e stenderlo sulla teglia, avendo cura di coprire anche i lati della teglia. Immergere il pennello da cucina nel burro liquefatto e scrollarlo sulla pasta fillo per imburrare a macchia di leopardo.
Prendere un secondo foglio e stenderlo a X sul primo e imburrare allo stesso modo anche questo.
Ripetere con 4 fogli imburrando anche l'ultimo.

Stendere il quinto foglio, prendere una manciata di noci tritate e distribuirle uniformemente sulla superficie. Coprire con un foglio, imburrarlo e distribuire una manciata di noci.
Ripetere con altri 3 fogli e comunque finchè non siano finite le noci. Non abbiate paura degli strati che possono sembrare tanti. La pasta fillo è talmente sottile che alla fine risulterà uno strato unico sottile.
Posizionare un ultimo foglio ma non imburrarlo in quanto sopra ci andrà la crema.
Versare la crema orma raffreddata, livellando bene con un cucchiaio.
Imburrare i bordi della fillo che fuoriescono dalla teglia e arrotolarli sulla crema, formando una sorta di corona.

Accendere il forno a 180 gradi.
Sbattere leggermente l' uovo e versarlo uniformemente sulla crema. Aiutatevi con un pennello da cucina per distribuirlo uniformemente.
Infornare mettendo la teglia nel ripiano di mezzo per circa 1 ora a forno statico.
Quando la superficie avrà preso un bel colore dorato ritirare dal fuoco.
Lasciare raffreddare completamente. Al momento di servire cospargere di zucchero a velo e cannella.
Il giorno dopo sempre che ne avanzi è perfino meglio.




agnello con patate al forno

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agnello con patate al forno
L’agnello con le patate al forno è un classico della cucina greca e non solo in occasione della Pasqua. I greci sono grandi consumatori di carne ovina, sia di agnello che di capretto. Nei secoli hanno elaborato molte ricette per cucinarla e non c’è da stupirsi. La pastorizia è stata sin dall’epoca omerica un’ importante attività del paese.
Già nell’Odissea si racconta che il ciclope Polifemo aveva greggi di pecore che portava a pascolo e produceva formaggio. Immagino che una volta macellato l’agnello lo infilzava in uno spiedo e lo cuoceva sul fuoco, modalità di cottura primitiva e archetipica tutt’ora in uso nelle campagne e in generale nella provincia.
La tradizione nata per selezionare i capi quando si va verso la lunga, calda e arida estate greca e il cibo disponibile per il bestiame diminuisce drasticamente, è destinata a soccombere, è chiaro. Negli ultimi anni si sollevano con sempre maggior frequenza voci contrarie a tale barbarie come ebbe a definire questa tradizione qualche giorno fa Mikis Theodorakis. Quando tutti rivendicano le stesse cose è il momento per tutti di rinunciare.
Anche io ormai pur adorando la carne di agnello la mangio non più di una al massimo due volte all’anno di cui sicuramente una è a Pasqua.
Preparo perlopiù un cosciotto di agnello, variabilmente condito e variabilmente accompagnato da verdure che scelgo di volta in volta. Per questa volta ho preferito prepararlo con la classica ricetta della grande tradizione della cucina greca.

Prendete dunque un cosciotto di agnello non disossato perché le ossa danno più sapore al piatto. Origano, timo, rosmarino, sono erbe aromatiche che si addicono all’agnello. Sceglietene una di queste e abbinatela ad aglio, limone e senape per dare un tono aromatico e sapore pulito al piatto.
Per le cotture al forno, contrariamente alle cotture su piastra o griglia, la carne non ha bisogno di essere marinata per ore e ore. Il sapore è in ogni caso assicurato dalle erbe e spezie che usiamo. Se non ha bisogno di essere marinata però, ha bisogno di un buon massaggio. Massaggiate dunque bene la carne strofinandola con gli aromi scelti, il sale, il pepe e l’aglio e lasciatele riposare per 30 minuti affinchè possa assorbire il sale e i profumi.
La cottura per almeno metà del tempo totale richiesto deve avvenire con la carne coperta perché possa restare succosa e morbida. Importante però scoprire verso fine cottura per colorire la carne.

Ingredienti: (per 4 persone)
  • 1 cosciotto di agnello con l’osso (1.000 – 1.200 gr)
  • 4 – 5 patate grandi
  • 2 spicchi di aglio
  • 1 cucchiaino da tè di senape
  • 2 – 3 cucchiai di succo di limone
  • mezzo cucchiaino da tè di scorza grattugiata di limone
  • 50 ml di olio evo
  • 150 ml di vino bianco
  • sale
  • pepe nero macinato fresco
  • rosmarino tritato (1 cucchiaio circa)

Procedimento:
Mezz’ora prima di infornare l’agnello toglierlo dal frigorifero e portarlo a temperatura ambiente.
Pestare gli spicchi di aglio nel mortaio con un pizzico di sale, oppure schiacciarli con lo spremiaglio.
Lavare le patate sott’acqua corrente spazzolandole con uno spazzolino da cucina oppure con la paglietta di ferro. Tagliarle a spicchi e metterle in una bacinella coperte di acqua fredda per mezz’ora.

Accendere il forno a 180 gradi.
Mescolare l’aglio schiacciato o spremuto, il sale, il pepe, la scorza del limone e il rosmarino tritato. Massaggiare accuratamente la carne per 2 – 3 minuti e lasciare riposare per 1 ora.
Prendere un barattolino di vetro munito di tappo e metterci dentro la senape, l’olio, il succo di limone e il vino bianco. Tappare e agitare vigorosamente per emulsionare.

Prendere il cosciotto di agnello, metterlo nella teglia da forno e versare sopra l’emulsione. Infornarlo mettendolo sul ripiano di mezzo del forno. Lasciate che cuocia per 15 minuti, girarlo dall’altro lato e cuocere per altri 15 minuti.

Scolare le patate e asciugarle accuratamente.
Togliere l’agnello dal forno, mettere le patate nella teglia tutte intorno al cosciotto e coprire la teglia con della carta stagnola.
Infornare di nuovo e cuocere per mezz’ora. Trascorsa la mezz’ora girare il cosciotto, mescolare delicatamente le patate e infornare di nuovo per ancora mezz’ora. Girare un’ultima volta il cosciotto, mescolare di nuovo le patate e cuocere per un’ultima mezz’ora, per un totale di 2 ore di cottura.

Togliere la carta di alluminio e posizionare la teglia nel ripiano più alto del forno per 10 minuti per far prendere colore sia all’agnello che alle patate.
Togliere dal forno, lasciare riposare per 10 minuti e servire con dello tzatziki e un’insalata greca.





cake alla cannella

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Con la cannella abbiamo un rapporto viscerale e quasi spregiudicato. Non la utilizziamo soltanto per i dolci ma anche per profumare e addolcire pietanze salate. Le ricette per spezzatini, ragù e stracotti, in genere cibi che prevedono il pomodoro, quasi sempre suggeriscono l’aggiunta di un bastoncino di cannella che toglie acidità.
Con il suo sapore dolce e caldo e il suo profumo inebriante, esotico e famigliare nel contempo, è ingrediente indispensabile per i migliori dolci tradizionali greci. Non è possibile pensare al risogalo, alla moustalevrià o ai loukoumades senza la spolverizzata finale di cannella. Non è possibile pensare al baklavàs, al galaktoboureko, alla milopita, alla galatopita o alla bougatsa senza il suo aroma.

Due righe e tanti dolci profumati di cannella. L’ho premesso che siamo “cannella addicted”!!!! Personalmente la utilizzo anche nel caffè. Spesso aromatizzo il caffè filtro con spezie, spesso con la cannella. Tanto per rendere l'idea.
Se anche a voi piace come a noi, provate questo cake o torta o ciambella, chiamatelo come volete. E’ caldo e profumato, semplice e goloso, richiama a gran voce una tazza di caffè filtro o di tè, ma è perfetto anche con un bicchiere di latte per la colazione.
La ricetta è dal ricettario dell'indimenticato chef Nikolaos Tselementès.

Ingredienti:
  • 200 gr. di farina 00
  • 1 cucchiaino da tè raso di baking powder (lievito chimico)
  • 1 cucchiaino da tè di cannella in polvere
  • 100 gr. di zucchero semolato
  • 3 uova
  • 35 gr. di burro
  • 100 ml di latte intero
  • 50 gr. di uvetta
  • zucchero a velo e cannella per la superficie
Procedimento:
Mettere in ammollo l’uvetta per mezz’ora. Trascorsa questa, scolarla e tamponarla con carta assorbente per asciugarla.
Portare le uova, il burro e il latte a temperatura ambiente togliendoli dal frigo ½ ora prima di utilizzarli.

Setacciare la farina con il baking powder.
In una bacinella lavorare lo zucchero con il burro finchè non diventa spumoso.
Aggiungere le uova e le uvetta. Incorporare lavorando il composto per qualche minuto.
Versare il latte e la cannella e una volta incorporati versare la farina. Mescolare molto bene per incorporarla nel composto.
Accendere il forno a 180 gradi.

Imburrare e infarinare uno stampo di capienza di un litro. Versare il composto nello stampo e infornare per circa 45 – 50 minuti. Trascorsi 40 minuti per verificare se è pronto fare la prova dello stecchino. Infilandone uno deve uscire pulito. Se non lo è, continuare la cottura per qualche minuto ancora.
Togliere dal forno, lasciare raffreddare per 15 minuti e sformare capovolgendolo sul piatto di portata.
Cospargere con dello zucchero a velo.




psathouria di Syros

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La farina di ceci l’ho conosciuta qui in Italia con mia grande sorpresa. Non l'avevo mai vista prima, non sapevo per cosa venisse utilizzata ma quando l’ho scoperto non sono più riuscita a fare a meno della farinata di ceci che preparavo spesso quando mia figlia era piccola. Ora non la preparo più spesso, per la verità accade raramente. Così raramente che non mi ricordo più quand’è stata l’ultima volta.

Mi ricordo invece perfettamente l’ultima volta che ho comprato la farina di ceci. Proprio qualche giorno fa, per preparare questi deliziosi panini che con stupore ho appreso siano una specialità di una delle mie isole del cuore, di Syros, il capoluogo delle Cicladi.

Erroneamente quindi ero convinta che in Grecia non si conoscesse. Si conosceva, ma questa come tante altre ricette tipiche è caduta nell’oblio e sono in pochi ormai a ricordarsene.
I panini sono facili da realizzare, basta organizzarsi per i lunghi tempi di fermentazione e lievitazione che richiedono. Se vi organizzate da Venerdì sera, Sabato potete averli pronti, soffici e profumati da farcire come volete. Con dei salumi, dei formaggi o nella versione dolce spalmati con confetture varie, miele, cioccolato spalmabile. Potete profumarli come desiderate. Io li ho profumati seguendo la ricetta tradizionale, ma potete sostituire i semi di anice con del rosmarino, salvia, aglio se vi piace, basilico, origano. Potete anche arricchire l’impasto con pomodori secchi tritati, olive tritate.
Sono perfetti per uno spuntino in ufficio o a scuola e per la colazione.

Ingredienti: (per 6 - 7 panini)
  • 70 gr. di farina di ceci
  • 350 gr. di farina manitoba
  • 1 cubetto di lievito di birra
  • mezzo cucchiaino da tè di sale
  • mezzo cucchiaino da tè di zucchero
  • 1 cucchiaio da tè di semi di finocchio
  • sesamo qb
Procedimento:
La sera prima versare la farina di ceci in una ciotola di terracotta o di ceramica munita di coperchio possibilmente. Versare sopra 50 ml di acqua tiepida. Mescolare con una frusta a mano cercando di evitare che si formino dei grumi. Dovreste ottenere una pastella relativamente liquida. Coprire con il coperchio e poi con una coperta e lasciare così per 7-8 ore. La pastella deve restare al caldo per tutto questo tempo perché fermenti e si formi della schiuma. Se per caso la fermentazione non ha avuto luogo, potete aggiungere un po’ di acqua tiepida, mescolare, coprire e lasciare 1 o due ore ancora.

Preparare il lievitino. Quando la pastella di ceci sarà pronta, sciogliere il cubetto di lievito in 150 ml di acqua tiepida. Aggiungere 50 gr. di farina, coprire e lasciare lievitare per almeno mezz’ora.

Setacciare i restanti 350 gr. di farina, unire i semi di finocchio, il sale e lo zucchero, mescolare e sul piano di lavoro formare una fontana. Versare la pastella di ceci e il lievitino e mescolare con una spatola. Successivamente cominciare a impastare finchè non si ottiene un impasto morbido che si stacca dal piano di lavoro. Nel caso l’impasto fosse troppo appiccicoso aggiungere un pochino di farina. Se viceversa risultasse troppo compatto e duro aggiungere un poco di acqua tiepida. Una volta impastato formare una palla e mettere a lievitare in luogo coperto e riparato per circa 2 ore.

Accendere il forno a 180 gradi.
Versare in un piatto piano abbondante sesamo.

Prendere l’impasto, sgonfiarlo e impastarlo di nuovo per 1 minuto o due. Dividerlo in 6 pezzi di uguale peso. Prendere un pezzo alla volta e lavorarlo con il palmi formando un cordone di circa 30 cm di lunghezza. Chiuderlo ad anello e metterlo sul piatto con il sesamo premendo leggerissimamente per far aderire il sesamo. Sistemare l’anello su una teglia da forno rivestita con carta oleata. Ripetere lo stesso con tutti i pezzi di impasto.

Infornare per circa mezz’ora. Togliere dal forno e lasciare raffreddare.




credits per la ricetta: sweetly.gr


dessert di yogurt greco e fragole

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Lo yogurt è sempre stato un alimento cardine nell'alimentazione greca. Una volta veniva venduto in ciotole di terracotta di varie dimensioni con una deliziosa grassa crosta sopra. Quello colato invece veniva venduto sfuso, per questo si chiamava anche “yogurt al sacchetto” per quanto possa sembrare una bizzarria a chi non l'ha vissuto!
Ora siamo progrediti ed evoluti e sono praticamente scomparse le ciotole di terracotta. Peccato perchè una volta mangiato lo yogurt si usavano come contenitori per cotture al forno, come insalatiere e quelli più piccoli come posaceneri!!!!

Premesso ciò, per me lo yogurt è forse l'alimento che più mi esprime e mi rappresenta. In preparazioni sia dolci che salate, in purezza, al gelato. Uno dei pochi gelati che mangio è quello allo yogurt!
E quando accade che non ho tempo né voglia di cucinare ma voglio qualcosa di confortante e accogliente, preparo un poco di riso pilaf, verso sopra qualche cucchiaiata di yogurt, mescolo e via, pronto!
Si comprende quindi perfettamente come i dessert allo yogurt sono tra i miei preferiti in assoluto. Appena arriva un po' di caldo, quando penso al dessert, penso allo yogurt. E' praticamente un'equazione.
Quello che segue è facilissimo, delizioso, fresco e rinfrescante e se si potesse usare la parola salutare per un dessert, probabilmente si userebbe per descrivere questo.
Ora che è piena stagione di fragole e prima di passare alla frutta estiva, preparatelo. Punte di acidità dallo yogurt e dalle fragole che equilibrano la dolcezza dello zucchero.
Perfetto a fine pasto.

Ingredienti:
  • 250 gr. di fragole mature
  • 40 – 50 gr. di zucchero a velo (io ne ho messi 40 me se vi piace veramente dolce, aumentatene un pò la quantità)
  • 300 gr. di yogurt greco intero(2 vasetti)
  • 2 fogli di colla di pesce
Procedimento:
Lavare le fragole, asciugarle e staccare il picciolo. Frullarle con lo zucchero a velo.
Mettere in ammollo la colla di pesce per 10 minuti in acqua fredda.
Versare la metà delle fragole frullate in un pentolino. L'altra metà metterla in frigorifero fino all'ora di servire il dessert.
Mettere sul fuoco il pentolino con le fragole frullate e scaldare. Strizzare i fogli della colla di pesce e unirla nel pentolino con le fragole. Mescolare con un cucchiaio per far sciogliere completamente e ritirare dal fuoco.
Incorporare gradualmente lo yogurt mescolando gentilmente e con cura.
Distribuire il composto in coppette o bicchieri e mettere in frigorifero.
Se vi piace un poco morbido e non troppo compatto come piace a me, già dopo 2 – 3 ore si può servire. Se invece lo preferite sodo e compatto, lasciatelo in frigorifero per 5 – 6 ore, anche una notte intera.
Al momento di servire, versare sopra il frullato di fragole tenuto da parte.






tiramisu al caffè greco e liquore di masticha

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Uno  dei prossimi post sarà indubbiamente dedicato ai “must”. I miei must. Con ciò mi riferisco a quei prodotti che immancabilmente compro e porto a casa ogni volta che vado in Grecia. Sono parecchi e sarebbero anche di più se non ci fosse il limite del peso del bagaglio. Per bypassarlo spesso tante cose le compro all’aeroporto. Come si sa le compere all’aeroporto non rientrano nel computo del peso del bagaglio e anche se in fin dei conti è abbastanza limitante, resta una soluzione.
Uno di questi must è il caffè greco. Lo compro quasi sempre dalle torrefazioni e in quantità abbastanza limitata per non rischiare che perda il suo aroma nel tempo. Sostanzialmente faccio i conti e quelli li so fare bene!!! Un caffè al giorno per i giorni che mi separano dal mio prossimo viaggio quanto caffè fanno? Ecco, questo è il calcolo più qualcosa in più per gli imprevisti. Che può essere qualche amico che decide di voler il caffè greco oppure un lampo di genio che mi fa provare il dessert italiano più globalizzato in versione greca con due prodotti emblematici. Il caffè e il liquore di masticha.
Mi rendo perfettamente conto che è una proposta per chi ha accesso a questi prodotti ma dato che tra un poco centinaia di migliaia di italiani si riverseranno sulle spiagge elleniche credo che saranno in tantissimi a portare a casa qualche prodotto locale e tra questi perché no anche il caffè????
Con questa premessa vi lascio la ricetta. Tiramisù classico, soffice, cremoso e golosissimo, con caffè greco, aromatizzato con il liquore di masticha.
Ingredienti:

  • 24 savoiardi o quanti servono secondo la vostra teglia ma non molti di più o di meno perchè le quantità sono calibrate per un insieme armonico
  • 250 gr. di mascarpone
  • 2 uova
  • 20 ml di acqua (per la pastorizzazione delle uova)
  • 40 gr. di zucchero semolato + 10 gr. per zuccherare il caffè
  • 50 ml di liquore di masticha
  • 4 cucchiaini da tè di caffè greco
  • cacao amaro per la superficie
Procedimento:
Bagna di caffè greco alla masticha:
Mettere in un pentolino 150 ml di acqua e versare 10 gr. di zucchero. Accendere il fuoco a fiamma bassa, aggiungere il caffè greco, mescolare e aspettare che sia pronto senza allontanarvi e senza distrarvi troppo. Il caffè greco a un certo punto e dopo qualche minuto, comincia a gonfiarsi senza lanciare segnali acustici e se non si è pronti a ritirarlo dal fuoco al momento giusto, straborda e si versa fuori dal pentolino. Attenzione quindi.
Appena avrà cominciato a gonfiarsi, ritirare dal fuoco e lasciare raffreddare e depositare il fondi. Quando si sarà raffreddato, filtrarlo con un filtro da caffè o un telo fitto per scartare i fondi, aggiungere il liquore di masticha, mescolare e tenere da parte.
Crema:
Portare a temperatura ambiente le uova e il mascarpone tirandoli fuori dal frigorifero per almeno mezz’ora.

Separare i tuorli dagli albumi. Se volete dormire sogni tranquilli senza pericolo di contaminazioni da uovo crudo, meglio procedere con la loro pastorizzazione che in fondo è molto meno complicata di quanto si pensi. Per i tuorli non ci sono alternative. Dovete fare la pastorizzazione da soli. Per gli albumi invece, volendo, potete comprare quelli già pastorizzati che ormai si vedono in diversi punti della GDO.
Se doveste optare per questa soluzione, prelevate una quantità equivalente a 2 albumi (anche se approssimativa va bene lo stesso) e saltate la pastorizzazione.
Tuorli:
Mettere i tuorli in una ciotola e sbatterli leggermente con la frusta.
Prendere un pentolino e versare la metà dell’acqua con 20 gr. di zucchero. Mettere sul fuoco girando ogni tanto. Quando cominceranno, dopo circa 1 minuto o poco più, a formarsi delle bollicine e lo zucchero sarà completamente sciolto, lo sciroppo è pronto. Se possedete un termometro da cucina misurate la temperatura con questo. Quella giusta è di 121 gradi. Una volta pronto, versarlo sui tuorli e montare con la frusta elettrica per qualche minuto finchè non diventino chiari e spumosi e il composto si raffreddi del tutto.
Albumi:
Montare a neve ferma gli albumi. Mettere in un pentolino il rimanente zucchero e acqua e procedere come sopra. Quando lo zucchero sarà completamente sciolto, versare lo sciroppo a filo sugli albumi montati continuando a montare con le fruste.
Completata la pastorizzazione, unire il mascarpone ai tuorli e mescolare con movimenti gentili per amalgamare gli ingredienti. Procedere con l’aggiunta degli albumi montati a neve e incorporarli mescolando con una spatola di silicone fino a che non si amalgamino completamente tutti gli ingredienti.

Assemblaggio:
Prendete la pirofila dove assemblerete il tiramisu. Tenete vicino i savoiardi, il caffè e la crema.
Inzuppare leggermente un savoiardo alla volta nel caffè e sistemarlo nella pirofila. 
rocedere con un secondo e poi con un terzo fino a che non si sarà formato uno strato che copre tutto il fondo della pirofila.
Stendere sopra uno strato abbondante di crema e procedere allo stesso modo per altri 2 strati. In totale avremo 3 strati di savoiardi e 3 di crema. Livellare bene senza premere troppo ogni strato di crema e finire con la crema.
Livellato anche il terzo strato, coprire con della carta stagnola e mettere in frigo per qualche ora.
Prima di servire, cospargere abbondante cacao amaro.



keftedakia tiganità / polpettine di carne fritte

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I keftedakia, senza bisogno di aggiungere l'ingrediente principale, sono per antonomasia le polpette di carne. Piccole e soffici palline fritte in olio di oliva e servite caldissime ma a volte mangiate anche fredde, sono uno dei piatti che più abbiamo amato nella nostra infanzia e continuano anche oggi a distanza di tanti anni a essere  apprezzate con la stessa intensità e passione!
Preparate senza tanti fronzoli, dal gusto facile e  immediato come quasi tutta la cucina greca, richiedono soltanto un poco di tempo perchè diventino ciò che devono essere. Gustose, saporite, leggermente croccanti all'esterno e soffici all'interno.
Come ottenere ciò? Innanzitutto la scelta della carne. Un poco di grasso non guasta mai in queste preparazioni, quindi avere un misto di carne bovina con suina è la soluzione ideale. La proporzione del 70:30 è l'ideale a mio avviso ma volendo si può aumentare o diminuire (di poco la carne suina).
Pane o pangrattato? Io opto quasi sempre per il pane ammollato che assorbe si i liquidi ma conferisce anche maggiore sofficità. In genere lo metto in ammollo nell'acqua ma se si preferisce si può ammollare in un poco di latte come da tradizione italiana.
Gli aromi che ho utilizzato sono quelli classici greci. Prezzemolo che ci va ovunque e menta secca insieme a n poco di scorza di limone grattugiata che profuma e rinfresca. Se ne possono sostituire o aggiungere però anche altri: origano, cumino, aglio, paprika per sapori più intensi ed esotici.
L'uovo lo uso sempre per legare il tutto ma negli ultimi tempi con un'accortezza. Dopo aver incorporato il tuorlo, monto a neve ferma l'albume e lo inglobo alla fine con movimenti delicati. La sofficità è assicurata.

Ingredienti: (per una ventina di polpette)
  • 250 gr. di carne macinata mista (vitello o manzo/maiale nella proporzione del 70:30)
  • 2 fette di pancarrè senza la crosta
  • 1 cipolla media tritata finissima
  • 1 uovo
  • 1 cucchiaino da tè di menta secca
  • 2 cucchiaini da tè di prezzemolo tritato
  • scorza di limone grattugiata
  • sale
  • pepe nero macinato fresco
  • 1 cucchiaio da minestra di olio evo
  • farina 00 per infarinare
  • olio di arachidi per friggere
Procedimento:
Mettere in ammollo in acqua fredda il pane per qualche minuto.
Separare il tuorlo dall’albume.

In una ciotola capiente mettere la carne macinata, unire il pancarrè strizzato, la cipolla tritata, la menta e il prezzemolo, la scorza del limone, il tuorlo dell’uovo, salare e macinare del pepe nero. Aggiungere l’olio e impastare molto bene e a lungo con le mani per amalgamare bene tutti gli ingredienti.
Montare a neve ferma l’albume e incorporarlo all’impasto con movimenti gentili.
Coprire e mettere in frigorifero fino all’ora di friggere.

Togliere l’impasto di carne dal frigorifero, e preparare delle polpettine sferiche della dimensione di una noce o poco più.
In un piatto versare della farina 00 per infarinare le polpette.
Versare in una padella olio di arachidi. Deve arrivare almeno a 1 cm dal fondo. In questo modo si friggeranno girandole una sola volta. Accendere la fiamma, e quando l’olio sarà arrivato a temperatura (intorno ai 170-180 gradi) prendere le polpette, infarinarle e scrollarle per togliere l’eccesso di farina. E’ bene che le polpette vengano infarinate subito prima di essere immerse nell’olio per la frittura, altrimenti l’umidità della carne fa assorbire la farina compromettendo la crosticina e doratura uniforme.

Immergerle nella padella, poche alla volta per non far abbassare bruscamente la temperatura dell’olio e friggerle da un lato fino a doratura, per circa 3 minuti. Girarle e friggerle anche dall’altro lato fino a doratura, all’incirca 2 minuti. Toglierle con la schiumarola e sistemarle su carta assorbente per togliere l’eccesso di olio.

Servire calde con un’insalata greca e dello tzatziki e se proprio si vuole strafare con delle patatine fritte!!!!


Premiata Gastronomia 2018

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Il più atteso happening che ruota intorno al mondo gastronomico è alle porte. 72  ristoranti premiati  sparsi in tutto il territorio ellenico aderiscono all'iniziativa promossa da “Athinorama”, “Cappelli d'Oro”, “Premi di Cucina Greca” e la “Banca del Pireo” offrendo dei menù con uno sconto del 50% sul prezzo di listino.

Il più atteso happening gastronomico dell'anno, molto amato dai gourmand ma anche dalla gente comune che vuole fare l'esperienza di un ristorante premiato, comincia il 22 di Maggio e si ripeterà ogni settimana per un mese intero. Ristoranti di Atene naturalmente ma non solo. Di Messinia e Mani nel Peloponeso, Creta, Salonicco e Calcidica, Mykonos, Santorini, Skiathos Tinos, Rodos, Spetses, Prevesa, Naousa e Amyntaia sono veramente tanti rispondono all'appello. Premiata ristorazione greca in primis, ma anche francese, nipponika e fusion.

L'iniziativa è programmata per i giorni di Martedì e Mercoledì 22-23 Maggio, 29-30 Maggio, 5-6 Giugno e 12-13 Giugno.
In alcuni ristoranti fuori Atene è programmata per i giorni di Venerdì e Sabato e fino al 16 di Giugno.

Le prenotazioni apriranno il 17 di Maggio e in quella data verranno pubblicati i menù dei ristoranti con relativi costi. Pagamento  anticipato con carta di credito o bonifico bancario.
I dettagli dei ristoranti prossimamente quindi , ma intanto dato che si conoscono le date, io comincio a prenotare il volo!

credits: athinorama




kokkoras pastitsada / piatto tradizionale di Corfù

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Considero la cucina di Corfù una delle più ricche e variegate di tutta la Grecia. E’ forse l’unica cucina dove esiste una chiara distinzione tra cucina aristocratica e cucina del popolo, dovuta fondamentalmente alla lunga dominazione veneziana che governò l’isola con un regime aristocratico con tanto di libro d’oro per circa 4 secoli, lasciando una ricca e straordinaria  eredità gastronomica più unica che rara nel panorama gastronomico greco.
Piatti come il “bianko”, il “sofrito”, la “fogatsa” e il “bourdeto”, il “kolopimpiri = collu pepe) per citarne soltanto alcuni, rivelano inequivocabilmente la loro origine italiana.
I corfioti sono inguaribili consumatori di spezie. Diverse ricette ne prevedono un utilizzo abbondante ma sicuramente quella più rappresentativa di tutte è “la pastitsada”. Piatto corposo, ricco e succulento che richiede un abbondante uso di spezie.
Trovare una versione sulla quale tutti gli isolani concordino è impresa ardua, ma del resto questo accade invariabilmente con tutte le ricette della tradizione. La pastitsada si può quindi preparare con il gallo che è anche la sua versione più celebre, con il pollo, ma anche con carne bovina, vitello quasi sempre. La sua caratteristica principale sono le spezie. Gli intenditori corfioti si forniscono dalla farmacia storica di Karmela Deleonardou. Un misto di 12 spezie pestate pazientemente nel mortaio, di cui nessuno sa con precisione la composizione.

In assenza delle spezie di Karmela, (ma non è il mio caso dato che grazie a mia sorella e all’amica Maro mi sono state recapitate a Milano), riporto due versioni, tutt’e due credibili: la prima, letta su un sito greco e scritto da una signora con conoscenze e parentele corfiote: mescolare quindi polvere di: cannella, chiodi di garofano, noce moscata, pimento, pochissimo cumino, pepe nero, paprika dolce e peperoncino piccante.
La seconda è la versione di Ilias Mamalakis: pimento, chiodi di garofano, cannella e pepe nero. Tutto in polvere. Mescolare tutto.
Le varie spezie insieme alla paprika dolce danno una salsa ricca, simile all’aspetto a quella di pomodoro ma indubbiamente sul piano gustativo molto più interessante. Il pomodoro d’altronde due secoli fa quando già si preparava la pastitsada era quasi sconosciuto o quanto meno il suo utilizzo non era largamente diffuso.
La pasta utilizzata obbligatoriamente sono i bucatini. Qualsiasi altra pasta ci allontana sempre di più dalla ricetta autenticamente corfiota.
Ingredienti: (per 4 persone)

  • 1 gallo di circa 1 kg (pollo, galletto, carne di manzo/vitello, variando ovviamente i tempi di cottura vanno bene tutti)
  • 2 cipolle grandi tritate
  • 50 ml di aceto bianco
  • 150 ml di vino rosso
  • 1 cucchiaino da tè raso di misto di spezie
  • 1 cucchiaio raso da minestra di doppio concentrato di pomodoro
  • 2 foglie di alloro
  • sale
  • olio evo
  • 280 gr. di bucatini
  • pecorino romano grattugiato (in alternativa ricotta salata)

Procedimento:
Gallo:
Tagliare il gallo a porzioni oppure fatelo tagliare dal vostro fornitore oppure comprate pollame già tagliato. Se preferite potete comprare solo fusi o fusi con sovra cosce, petto. 
ei supermarket c’è di tutto e ultimamente si trova anche del pollame di qualità. Se non vi piace la pelle toglietela tranquillamente. Tamponare con della carta assorbente per togliere più possibile umidità alla carne.
Velare il fondo di una casseruola bassa e larga con dell’olio evo e quando sarà caldo rosolare a fiamma vivace i pezzi di gallo, pochi alla volta. Girarli e far rosolare da tutti i lati. Man mano che sono pronti, toglierli dalla padella e sistemarli su un piatto.
Togliere la casseruola dal fornello, abbassare la fiamma e lasciare scendere un poco la temperatura dell’olio. Aggiungere le cipolle tritate e farle stufare a fiamma bassa per 15 – 20 minuti, versando all’occorrenza qualche cucchiaio di acqua calda. Con moderazione però. Uno alla volta è sufficiente. Poi, se non basta, potete aggiungerne dell’altra.
Quando le cipolle saranno morbide e sul punto di disfarsi, aggiungere il misto di spezie e rosolare grattando con una paletta sul fondo della casseruola per 1 minuto o 2 per far sprigionare i loro aromi. Sfumare con l’aceto e quando sarà evaporato in buona parte (dopo 1 minuto circa) versare il vino. Alzare la fiamma e far evaporare anche l’alcool continuando la cottura per 2 – 3 minuti.
Diluire la passata di pomodoro in un mestolo di acqua calda e aggiungerla nella casseruola. Mescolare.
Prendere il gallo rosolato e sistemarlo nella casseruola insieme a tutti i succhi che avrà rilasciato sul piatto. Salare leggermente, aggiungere le foglie di alloro e versare 300 ml di acqua calda.
Coprire e cuocere per circa un’ora, un’ora e mezza, e comunque finchè il gallo non sia tenerissimo e la salsa ben legata. Durante la cottura verificare ogni tanto i liquidi. Se scarseggiano, aggiungerne un mestolo di acqua calda. Verso fine cottura controllare il sale, togliere le foglie di alloro e lasciare cuocere lentamente finchè non sia pronta la pasta.
Pasta:
Lessare la pasta in abbondante acqua salata per il tempo indicato sulla confezione, meno 2 minuti. La finitura avverrà nella casseruola con la salsa. Regolatevi poi voi se volete la pasta più o meno al dente, secondo il vostro gusto personale.
Mentre la pasta cuoce, togliere il gallo dalla casseruola e metterlo su un piatto tenendolo al caldo.
Scolare la pasta tenendo un poco di acqua di cottura e versarla nella casseruola con la salsa che a questo punto è pronta, ben legata e con le cipolle disfatte del tutto. Mescolare, aggiungere un poco di acqua di cottura della pasta e finire la cottura nella casseruola.
Distribuire la pasta nei piatti, mettendoci sopra o a lato uno o due pezzi di gallo e spolverare con il formaggio grattugiato.
Servire come piatto unico accompagnato da almeno 2 insalate di stagione crude e del formaggio grattugiato extra a parte.


giorni di premiata gastronomia 2018

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L’evento che tutti i gourmand e non solo aspettavano con ansia sta cominciando. 72 premiati ristoranti sparsi sul intero territorio ellenico aprono le loro porte a un pubblico più vasto di quello che normalmente li frequenta. La possibilità di fare un’esperienza gastronomica di livello diventa più accessibile per un mese intero, a partire dal 22 di maggio con menù speciali studiati per l’occasione.

Sogliola al vapore avvolta in foglie di bietola con erbe aromatiche e ortaggi, agnello da latte in foglie di vite con pistacchi e crema di lattuga, insalata di tartufi estivi e cappuccino di carciofi con nero di seppia, montone cotto alla brace e servito con fagiolini sono soltanto alcuni esempi dalle centinaia di piatti  che aspettano di essere assaggiati. Dal menù più semplice a quello più complesso il panorama è ampio e copre sia la cucina classica greca, ma fa l’occhiolino anche alla cucina internazionale, francese e italiana, ,giapponese con sfumature fusion e cucina moderna internazionale.
Al happening partecipano indipendentemente dal tipo di cucina, ristoranti premiati con “cappelli d’oro” con punteggio 15/20, e ristoranti premiati con il premio “Cucina Greca” con punteggio 14/20.
Le prenotazioni sono aperte da ieri 17 di maggio e si effettuano telefonicamente. Il pagamento è anticipato tramite carta di credito o bonifico bancario. Al momento della prenotazione, qualsiasi ristorante si scelga, bisogna specificare che si chiede il menù speciale di “athinorama”, ma bisogna affrettarsi. Le richieste sono tante….
Se c’è quindi qualche ristorante che vi stuzzica e avete trovato un volo economico è il momento giusto per partire per un 2-3 giorni ateniesi.
Nell’elenco che segue sono riportati i ristoranti di Atene con relativi costi, numeri di telefono e i giorni in cui applicano il menù speciale.
ATENE
Athiri€ 74,00€ 37,00
22-23 maggio, 29-30 maggio, 5-6 giugno, 12-13 giugno.
Tel. 0030210 3462983

Aleria€ 76,00€ 38,00
22-23 maggio, 29-30 maggio, 5-6 giugno, 12-13 giugno.
Tel. 0030210 5222633

Ark € 80,00€ 40,00
22-23 maggio, 29-30 maggio, 5-6 giugno, 12-13 giugno.
Tel. 0030210 8948882 - Glyfada

Vasilainas€ 60,00€ 30,00
22-23 maggio, 29-30 maggio, 5-6 giugno, 12-13 giugno.
Tel. 0030210 7210501

Botrini’s 114,00€ 57,00
22-23 maggio, 29-30 maggio, 5-6 giugno, 12-13 giugno.
Tel. 0030210 6857323

CTC€ 110,00€ 55,00
22-23 maggio, 29-30 maggio, 5-6 giugno, 12-13 giugno.
Tel. 0030210 7228812

The Zillers€ 90,00€ 45,00
22-23 maggio, 29-30 maggio, 5-6 giugno, 12-13 giugno.
Tel. 0030210 3222277

Funky Gourmet€ 156,00€ 78,00
22 - 23 – 29 – 30 maggio.
Tel. 0030210 5242727

GB Roof Garden€ 110,00€ 55,00
22-23 maggio, 29-30 maggio, 5-6 giugno, 12-13 giugno.
Tel. 0030210 3330000

Hytra€ 100,00€ 50,00
22-23 maggio, 29-30 maggio, 5-6 giugno, 12-13 giugno.
Tel. 0030210 3316767

Milos Estiatorio€ 120,00€ 60,00
22-23 maggio, 29-30 maggio, 5-6 giugno, 12-13 giugno.
Tel. 0030210 7244400

Omikron€ 75,00€ 37,50
22-23 maggio, 29-30 maggio, 5-6 giugno, 12-13 giugno.
Tel. 0030210 6202475 - Kifisià

Patio€ 90,00€ 45,00
22-23 maggio, 29-30 maggio, 5-6 giugno, 12-13 giugno.
Tel. 0030210 8929160 - Vouliagmeni

Première€ 130,00€ 65,00
22-23 maggio, 29-30 maggio, 5-6 giugno, 12-13 giugno.
Tel. 0030210 9206000

Spondì € 140,00€ 70,00
22-23 maggio, 29-30 maggio, 5-6 giugno, 12-13 giugno.
Tel. 0030210 7564021

Tilemachos Athens€60,00€ 30,00
22-23 maggio, 29-30 maggio, 5-6 giugno, 12-13 giugno.
Tel. 0030210 3613300

Tudor Hall€ 90,00€ 45,00
22-23 maggio, 29-30 maggio, 5-6 giugno, 12-13 giugno.
Tel. 0030210 3222210

PIREO
Papaioannou€ 46,00€ 23,00
22-23 maggio, 29-30 maggio, 5-6 giugno, 12-13 giugno.
Tel. 0030210 4225059 - Mikrolimano

Varoulko Seaside€ 110,00€ 55,00
22-23 maggio, 29-30 maggio, 5-6 giugno, 12-13 giugno.
Tel. 0030210 5228400 - Mikrolimano



credits: athinorama

club sandwich con salmone affumicato e tsalafouti

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club sandwich
I formaggi in Grecia vantano una tradizione millenaria come nessun altro paese nel mondo.  Dal ciclope Polifemo in poi e senza soluzione di continuità sono un’importante componente dell’ alimentazione greca e non è sicuramente un caso se i greci ne sono tra i maggiori consumatori al mondo. Ogni singola isola, ogni paese e quasi ogni famiglia produce i suoi, perlopiù pecorini e caprini.
Molti di questi sono freschi e spalmabili, da consumare quasi subito. L’anevatò della regione di Epiro, il pichtogalo di Chanià a Creta, il xigala di Siteia sempre a Creta, il katiki di Domokòs, lo tsalafouti della Grecia Centrale, il xinomizithra e i vari xinotyria delle Cicladi sono soltanto alcuni delle decine che si trovano in tutto il paese.
Hanno molte similitudini; spesso sono uguali e varia soltanto il nome secondo il luogo della produzione. Sono tutti formaggi senza crosta, dalla consistenza di uno yogurt densissimo, a volte cremosi altre granulosi. Perfetti per spalmarli sul pane, nelle insalate, nelle torte dolci e salate.
Grandi provviste quando vado in Grecia non ne faccio dato non hanno lunga conservazione e bisogna consumarli velocemente. Francamente mi dispiace perché mi limita molto la preparazione di ricette con autentici prodotti greci che non siano la feta o lo yogurt greco! Finalmente però a questi ultimi due, da pochissimo si è aggiunto lo tsalafouti. Formaggio fresco, originario della Grecia centrale con latte esclusivamente agostano di pecora.
L’ho trovato qui e mi sono precipitata a comprarlo. Buono, leggermente granuloso, con note acidule abbastanza marcate. L’ho usato per fare delle bruschette e il club sandwich che segue, con salmone affumicato e piadina romagnola integrale. Ottimo!
Ingredienti: (per 2 persone)
  • 3 piadine romagnole integrali
  • 150 gr. di tsalafouti o altro formaggio cremoso spalmabile
  • 1 cucchiaino da tè di senape delicata
  • fette si salmone affumicato (non posso dare un’indicazione precisa perché dipende dalle dimensioni delle fette che avete acquistato, ma a peso 80 – 100 gr. sono sufficienti)
  • pepe bianco macinato fresco
  • foglie di lattuga iceberg o altra insalata a foglia verde di vostra scelta
  • fettine di limone (possibilmente biologico)
  • un cucchiaio di olio evo per la padella
Procedimento:
Se il vostro limone è biologico utilizzatelo pure con la scorza. Diversamente meglio eliminarla. In ogni caso, lavare il limone, spazzolarlo con uno spazzolino da cucina e tagliare qualche fettina sottilissima con un coltello molto affilato.
Lavare le foglie di insalata e asciugarle bene.
Mettere lo tsalafouti in una ciotolina insieme al cucchiaino di senape e mescolare per amalgamare bene i due ingredienti.
Velare il fondo di una padella con il cucchiaio di olio evo e scaldare le piadine una alla volta per un minuto al massimo per lato.
Prendere una piadina, metterla sul tagliere e spalmare sopra uno strato abbondante di formaggio.
Distribuire alcune fette di salmone cercando di coprire tutta la superficie delle piadine. Metterci sopra qualche fettina di limone qua e la, macinare del pepe e finire con delle foglie di lattuga. Sistemare sopra un’altra piadina e ripetere allo stesso modo con tutti gli ingredienti. Metterci sopra l’ultima piadina, premere un poco con i palmi per comprimere, e infilzare qualche stuzzicadente qua e là perché tengano insieme il tutto quando andremo a tagliare.
Con un coltello affilato tagliare verticalmente fino in fondo e poi orizzontalmente. Sostanzialmente tagliare a croce, ricavando 4 porzioni.
Servire come spuntino, come antipasto oppure come anche come cena da consumare davanti alla tele!
salmone affumicato e tsalafouti


tyropitakia flauti

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Fino a qualche tempo fa, la pasta fillo la preparavo esclusivamente in casa. Per trovarla pronta dovevo praticamente attraversare Milano e non sempre avevo tempo. Inoltre aveva un prezzo abbastanza proibitivo. Una confezione introno ai 4 euro, il chè francamente è un pò troppo se la si usa con regolarità. Farla in casa ha inoltre in pregio di permettermi di avere il controllo degli ingredienti che uso e sperimentare con farine varie.

Da qualche tempo però, vale a dire da quando la trovo in una notissima catena di supermarket pronta a prezzo ragionevole, la compro anche se non regolarmente, comunque spesso. Quando non ho tempo oppure sono troppo stanca per mettermi in cucina con farine e mattarello ma non voglio rinunciare alla tyropita per esempio, la scelta è la fillo pronta.
L'ho usata per fare questi flauti tyropita che sono estremamente semplici, qualcosa da preparare in poco tempo per un aperitivo con gli amici. Feta, yogurt, pepe e menta e pronto al forno!
Ingredienti:
  • 1 confezione di pasta fillo (10 fogli)
  • 150 gr. di feta
  • 100 gr. di yogurt naturale intero
  • un pizzico abbondante di menta secca
  • pepe nero macinato fresco
  • burro chiarificato per la pasta fillo
Procedimento:
Ricoprire una teglia con carta forno.

Sbriciolare la feta con una forchetta e metterla in una ciotola. Unire lo yogurt, la menta secca e il pepe. Mescolare per amalgamare gli ingredienti.

Togliere la pasta fillo dalla confezione e strotolarla. Metterla sul piano di lavoro davanti a voi nel senso verticale e con un coltello affilato tagliare a metà. Verticalmente!!!! Così si ottengono 20 strisce. Coprire con un panno leggermente umido, ricordandosi che la fillo a contatto con l’aria secca molto velocemente.

Mettere del burro chiarificato in un pentolino (circa 100 gr) e scaldarlo fino a liquefarlo. Il burro chiarificato lo uso da parecchio tempo per i soffritti o per friggere (quando uso il burro si intende, e non sono tantissime le volte), perchè essendo privo di acqua e siero è composto di grassi al 99%. Ha un punto  fumo molto alto rispetto al burro normale. Per capirci, il burro normale ha un punto fumo intorno ai 165-170 gradi, mentre il burro chiarificato intorno ai 250. Capite la differenza quindi!!!
Nella pasta fillo è la terza volta che lo uso per spennellare i fogli della pasta e la differenza è notevole. Per lo stesso motivo, essendo privo di acqua cioè, rende la fillo croccante e friabile. Con il burro normale un risultato così non l'avevo. 

Prendere una striscia di pasta fillo, intingere un pennello da cucina nel burro liquefatto e imburrare agitando il pennello e lasciando cadere il burro a macchia di leopardo. Mettere all’ estremità inferiore un cucchiaino di ripieno e arrotolare per 3 – 4 giri senza stringere troppo. Girare i bordi laterali sul centro. Finire di arrotolare fino in fondo formando un rotolino. Qui il procedimento spiegato con delle foto.
Sistemare il rotolino nella teglia e ripetere fino a esaurimento della pasta.

Mettere la teglia nel frigorifero per 2 ore perché il burro si solidifichi. Aiuterà la fillo a restare croccante e friabile. Se avete fretta, potete metterla nel freezer per 20 minuti.
10 minuti prima di infornare accendere il forno a 180 gradi modalità ventilato e preriscaldare.
Infornare per circa 30 minuti posizionando la teglia nel ripiano di mezzo. Quando la fillo avrà preso un bel colore dorato i tyropitakia sono pronti.
Togliere dal forno e lasciare intiepidire senza coprire, pena l’ammollamento della fillo. C

Consumare come antipasto oppure come aperitivo finger food.





la prima volta al ristorante greco

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Non essere mai stati in un ristorante greco è una mancanza cui bisogna porre assolutamente rimedio. Non è difficile, ormai nelle grandi città se ne trovano diversi, ma anche in quelle più piccole non è così raro trovarne almeno uno.
Un pranzo o una cena greca è un’esperienza, ma per goderne appieno bisogna conoscere come si compone la tavola, come ci si comporta e che cosa ci si può ragionevolmente aspettare di trovare in un menù tipico.
Innanzitutto va chiarito che la cucina ellenica non prevede un primo e un secondo piatto come quella italiana. La tavolata si apre con i mezès che più che una lista di pietanze stabilite, è un concetto, una filosofia di vita, un modo di essere. Qualsiasi cibo può trasformarsi in un mezès. E’ la varietà e la dimensione dei piatti che determinano la categoria. Almeno 5 – 6 piatti di dimensioni non eccessive. Tutto quanto si mette in centro del tavolo e i commensali si servono come, quando e quanto vogliono. Non sono piatti individuali, sono di tutti e proprio per questo è meglio che prima di ordinare ci si metta d’accordo su cosa chiedere.


Un menù classico prevede senz’altro alcune salsine spalmabili di cui sicuramente la taramosalata (salsa con uova di pesce sotto sale), lo tzatziki, la melitzanosalata e l’indispensabile pane pita servito caldo da intingere nelle salsine. Feta, dolmadakia (foglie di vite farcite con riso), olive, polpettine varie, fagioli ghigantes al forno, fava, feta fritta, zucchine fritte, tyropitakia e spanakopitakia. Spesso si trova il polpo grigliato oppure bollito e condito con olio, limone e origano.
Potrebbe accadere e di fatto accade e non di rado che ci si fermi a questo punto; quando i mezès sono tanti e ordinati più e più volte è facile saziarsi con questi e decidere di chiudere qui la cena. A me succede, ma se non avete esperienza di cucina greca, meglio fermarsi in tempo e procedere con il resto.

Ai mezès segue il piatto principale che può essere di carne, di pesce oppure di ortaggi vari. Sono piatti individuali e ognuno decide in autonomia cosa ordinare. Se si opta per la carne, il moussakàs, il pastitsio, il gyros e gli spiedini, in genere di maiale ma si trovano anche di pollo, sono tra gli imprescindibili.
Gli spiedini di carne e il gyros sono sempre accompagnati da patate fritte, pomodori, e spesso anche da tzatziki, tutto nello stesso piatto.

Se invece la preferenza va al pesce, si potrà scegliere tra il latterino, le alici oppure le triglie. Quasi sempre fritto tutto. E’ abbastanza facile trovare anche spiedini di pesce spada. Provateli.


Se he non volete né carne né pesce, provate i ghemistà. Pomodori, peperoni, zucchine, melanzane farcite di riso.

Le insalate vengono servite insieme al piatto principale e anche qui vengono messe al centro del tavolo a disposizione di tutti. Insalata greca in primis che accompagna perfettamente i piatti di carne, vlita (le tipiche erbette estive) che accompagnano deliziosamente i pesci.

I dolci sono la conclusione naturale di un pasto greco. Il baklavàs, il halvàs, lo yogurt greco con miele e noci sono quelli più rappresentativi.
Cosa bere? Vino e birra per non sbagliare, ma se volete fare un’esperienza proprio greca, provate lo tsipouro o l’ouzo per i mezès e poi scegliete il vino per i piatti principali. Per i dolci un liquore alla masticha è quanto di meglio per chiudere il pasto.
Il caffè a fine pasto non è una tradizione greca, ma ultimamente si sta affermando sempre di più. L’espresso ormai lo si fa bene, al pari degli italiani perciò se proprio non riuscite a farne a meno ordinatelo tranquillamente, ma se optate per un caffè greco la vostra prima esperienza  al ristorante greco potrà dirsi al top!!!!

credits foto di apertura:  gastronomos


asparagopita / pita nuda con asparagi

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Un pilastro della cucina greca sono le pites che senza eccezione alcuna troviamo in tutto il paese. Dal nord a sud, da est a ovest ogni regione, ogni singola isola, ogni luogo ha le proprie, preparate perlopiù con il prodotti locali che d’altronde erano gli unici che si trovavano fino a non tanti decenni fa. Kilometro zero ante litteram!

Per pita (singolare) si intendono tutte quelle preparazioni che in Italia vengono genericamente indicate come “torte salate”. Per i greci invece possono essere sia dolci che salate. Prendono il nome dall’ingrediente principale che le caratterizza quindi se è il formaggio diventa “tyropita”, se carne “kreatopita”, se spinaci “spanakopita”, con le noci diventa “karydopita” e via dicendo.
Oltre che dolci o salate, si dividono in due ulteriori categorie: quelle con la pasta fillo e quelle senza. Una brava donna di casa si riconosce dall’abilità di preparare una pita; si diceva una volta o perlomeno si sottintendeva. Che al lato pratico significava che questa donna sapesse preparare la pasta fillo. Io pur non essendo mai stata una donna di casa, la pasta fillo senza false modestie la so fare. Mi sono applicata a lungo con pazienza e umiltà, osservando e chiedendo a chiunque mi capitasse sotto tiro e alla fine ho imparato. Probabilmente non con il virtuosismo di mia mamma e delle donne della sua generazione, ma la so fare. Ragion per cui non è poi così frequente che prepari delle pites senza pasta fillo che erano perlopiù caratteristiche di cucina contadina e che nella mia famiglia cittadina non erano tanto di casa!

Per farle serviva poco, una manciata di ingredienti, quello che c’era nella dispensa. Un poco di farina, un po’ di formaggio, anche se quest’ultimo non era proprio indispensabile. Non bisognava aspettare che l’impasto lievitasse, niente tempi morti e quindi era una soluzione veloce e pratica quando i lavori da fare nei campi erano tanti e impegnavano per molto tempo le donne fuori casa, nelle campagne.
Pur trattandosi sostanzialmente della stessa preparazione possono assumere nomi diversi da regione a regione, diventando babanàtsa nella regione di Epiro, kolobaròbita nella Calcidica, plastòs nella cucina di Olympo, batzìina in Tessaglia, gymnòpita nell’area di Messinia. In alcuni di questi nomi si denota un velato disprezzo per una preparazione tanto scarna e povera. L’aggiunta di formaggi e ortaggi dipendeva esclusivamente da quello che si aveva a disposizione e sicuramente non sempre si aveva qualcosa. Quella più frequente era la zucca gialla che si trovava facilmente nelle case contadine e perciò la maggior parte delle ricette propongono questa. Se volete, potere prepararla con gli spinaci, con i fagiolini, con i carciofi, con i fiori di zucca etc.
Io invece ho approfittato della stagione di asparagi che ormai giunge al termine, per preparare un’asparagopita dal grande sapore che si può mangiare sia a colazione se vi piace quella salata, sia come spuntino, oppure se tagliata a cubetti come finger food per il vostro aperitivo.
Ingredienti:
  • 1 mazzo di asparagi verdi di circa 250 gr.
  • 3 uova medie
  • 1 vasetto di yogurt intero (125 gr)
  • 50 ml di olio evo
  • 80 gr. di farina 00
  • mezzo cucchiaino di baking powder
  • 200 gr. di feta
  • pepe nero macinato fresco

Procedimento:
Lavare gli asparagi e tagliarli a metà tenendo la parte della punta. Il resto dei gambi potete usarlo per preparare un bel risotto; almeno così ho fatto io.
Sbollentare le punte degli asparagi in acqua leggermene salata per 5 minuti. Scolarli (l’acqua tenetela per il risotto) e metterli su un telo pulito per asciugarli. Tenere qualche punta per la decorazione e tritare grossolanamente il resto al coltello.
Setacciare la farina con il baking powder.
Sbriciolare la feta con una forchetta.

Rivestire una teglia di dimensioni 30 x 20 cm. circa con carta forno bagnata e strizzata molto bene. E’ probabile che la teglia vi sembri grande quando andrete a versare la pastella, ma tenete presente che una delle caratteristiche di queste pites è che devono essere basse. Non più di un centimetro di altezza da crude che diventa poco più una volte cotte e intiepidite.

Accendere il forno modalità statica a 180 gradi.

In una ciotola sbattere le uova con la frusta a mano fino a che non diventino spumose. Aggiungere lo yogurt e l’olio e mescolare con la frusta.
Versare a pioggia nella ciotola dei liquidi la farina setacciata con il baking powder mescolando sempre con la frusta a mano. Amalgamare bene tutti gli ingredienti stando attenti stando attenti affinchè non si formino dei grumi. La consistenza deve essere quella di una pastella abbastanza densa. Macinare del pepe nero a piacimento e unire gli asparagi tritati insieme a ¾ della feta sbriciolata. Mescolare bene il tutto e versare nella teglia. Sbattere la teglia sul piano di lavoro per livellare bene. Distribuire sopra la rimanente feta e le punte degli asparagi tenute da parte.

Infornare mettendo la teglia al ripiano inferiore per 15 minuti. Spostarla al ripiano di mezzo per altri 15 – 20 minuti. Togliere dal forno e una volta raffreddata, tagliarla a piacimento.


allestire un tavolo con mezès per ouzo o tsipouro

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Se siete stati in Grecia probabilmente avete notato una moltitudine di locali chiamati ouzerì o tsipouradiko. Se vi siete seduti a uno di questi avete capito senz’altro di cosa si tratti, ma forse non sapete quale ne sia l’origine, come sono nati e qual è e la differenza tra i due.
Tutt’e due appartengono alla stessa categoria ma l’attribuzione della denominazione dipende dal tipo di liquore che servono. Se servono ouzo si chiamano ouzerì, se servono tsipouro, si chiamano tsipouradika. Se poi vogliamo capire qual è la differenza tra ouzo e tsipouro diciamo senza approfondire troppo che l’ouzo è un distillato di mosto d'uva aromatizzato con l’anice,  mentre lo tsipouro o rakì, diffuso sopratutto nel nord della Grecia e a Creta,  è un distillato di vinaccia, una grappa bianca,  e può essere aromatizzato oppure no.
Chi apriva uno di questi locali di cui lo scopo primario era offrire da bere ouzo o tsipouro, doveva obbligatoriamente considerare anche il fatto di offrire qualcosa da mangiare, qualche mezès (stuzzichino). Spesso cose salate per portare i clienti a bere di più. I greci non amano bere “xerosfyri” ossia senza qualcosa da mangiare. Cose spartane inizialmente, qualche oliva, un pomodoro, un po’ di feta, un po’ di pane. Giusto l’indispensabile per non bere a stomaco vuoto. L’ouzerì che Vassilis Tsitsanis (famoso rebetis, autori di alcune delle migliori canzoni di questo genere) aveva aperto a Salonicco durante l’occupazione tedesca serviva soltanto sarde arrostite e formaggio. Vero che erano anni bui e mancava tutto , ma era lo spirito originario era esattamente questo.

Con gli anni si sono evoluti, è scomparso lo spirito spartano e ormai sono diventati veri e propri locali dove andare a mangiare fondamentalmente. I mezès sono abbondanti e di grandissima varietà, in grado di sostituire in tutto e per tutto un pranzo o una cena. Possono essere ordinati separatamente uno per uno e in questo caso si servonoi in tanti piattini piccoli, oppure tutti insieme in grande vassoi. In questo caso si chiamano “poikilia” (varietà) che in genere si propone grande o piccola.

Se avete fatto quest’esperienza e volete replicarla a casa vostra per evocare una vacanza indimenticata oppure per immergervi nello spirito greco in vista delle vostre prossime vacanze, vi propongo di seguito un elenco di mezès per accompagnare l’ouzo o lo tsipouro. Di regola i prodotti di mare sono perfetti per questi liquori.

Prendete dunque un grande vassoio e metteteci dentro almeno 6 – 7 piattini scelti tra:
acciughe dissalate, disiliscate e condite con un filo di olio evo, sarde sott'olio. Se siete diretti a Lesvos per le vacanze, le sarde del golfo di Kallonì sono un must da mangiare in loco e da portare a casa. Poi polpo, grigliato oppure lessato e condito con olio, limone e origano, avgotaracho (bottarga ) tagliata a fette sottili, taramosalata (crema spalmabile di uova di carpa o di merluzzo), vari patè di pesce, olive di qualsiasi tipo e varietà, peperoni e melanzane arrostiti, sottaceti vari, patè di olive verdi , melitzanosalata (crema spalmabile di melanzane arrostite), fagioli al forno, fava, impepata di cozze oppure impanate e fritte, gamberi fritti o lessati, calamari fritti.
Sistemate tutto curando l’estetica e create dei contrasti cromatici, di consistenze e di sapori.
Portate il vassoio a tavola insieme a un ciotolino di un olio evo superbo, un po’ di erbe aromatiche, fiocchi di sale marino e pane fresco, friselle o grissini.
Portate a tavole la bottiglia di ouzo o tsipouro, quello che avete scelto, una brocca di acqua fredda e un secchiello con del ghiaccio. Chi desidera  può allungare il liquore con acqua e/o ghiaccio.
E' cibo da condividere, mettete tutto al centro della tavola e lasciate che i vostri ospiti spilucchino come vogliono. 






risotto con patè di pomodori secchi mantecato allo yogurt greco

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Il  riso con lo yogurt aveva il pregio e la funzione di essere un piatto dell’ultimo momento, quando non c’era tempo per preparare qualcosa di più laborioso ma bisognava pur portare qualcosa a tavola. Molto spartano, riso pilaf mescolato con qualche cucchiaiata di yogurt. Tutto qui. Ma buono, equilibrato nei sapori e se accompagnato da un’insalata greca diventava un pasto completo. Almeno a casa mia si faceva così. Non so se qualcuno ormai lo prepari ancora, io si.
A volte in versioni un po’ più elaborate come la ricetta che segue, che è il risultato di un felice matrimonio tra prodotti greci e italiani. Ai sapori e prodotti molto greci di pomodori e yogurt ho abbinato uno dei risi italiani più preziosi, l’acquerello invecchiato 7 anni. E’ stato un investimento dato che il suo costo non è indifferente ma ogni tanto si può decidere di trattarsi molto bene. Voi scegliete ovviamente il riso che preferite. Carnaroli, arborio, vialone nano, baldo, purchè riso per risotti.
Se voleste farlo, cosa che io consiglio caldamente, ma non avete il patè di pomodori che ho utilizzato io, a Milano lo potete trovate pronto qui e anche questo lo consiglio caldamente! Altrimenti lo preparate da soli, frullando dei pomodori secchi con uno spicchio di aglio, del basilico fresco e dell’olio evo.
Il risotto è perfetto, molto cremoso, delicato al palato nonostante il sapore deciso dei pomodori secchi che viene attenuato e rinfrescato dalle note acidule dello yogurt. Le foglie di menta danno un ulteriore tocco di freschezza e creano un armonioso contrasto cromatico. Un ottimo primo piatto che per noi in verità è stato piatto unico, accompagnato da insalata a foglia verde.

Ingredienti: (per 2 persone)
  • 150 gr. di riso per risotti
  • 1 scalogno
  • 1 bicchiere di vino bianco
  • brodo vegetale
  • 1 ½ cucchiaino di patè di pomodori secchi
  • 2 cucchiai da minestra di olio evo
  • 2 cucchiai da minestra colmi di yogurt greco
  • 8 foglie di menta fresche
  • olio per friggere
Procedimento:
Brodo vegetale:
Prima di tutto preparare il brodo vegetale. Pulire e lavare una carota media, una costa di sedano e una cipolla. Infilzare nella cipolla 3 chiodi di garofano. Mettere le verdure nella pentola con 1 lt di acqua, salare leggermente e far bollire per mezz’ora. Filtrare e tenere caldo il brodo.
Foglie di menta:
Da una pianta di menta scegliere 8 -10 belle e sane foglie, le migliori, senza ammaccature. Lavarle delicatamente sott’acqua corrente e stenderle su un tovagliolo di tela pulito per farle asciugare.
Versare dell’olio per frittura in un padellino. Quando sarà intorno ai 170 gradi e vi accorgerete perché l’olio comincia a creare delle onde, tuffare le foglie di menta e friggerle per qualche secondo. Quando sono pronte diventano traslucide e brillanti. Toglierle dalla padella e sistemarle su carta assorbente.
Risotto:
Tritare finemente lo scalogno. Se non avete lo scalogno oppure se preferite la cipolla, usate tranquillamente questa.
Versare 2 cucchiai di olio evo in una padella e aggiungere lo scalogno. Far appassire a fiamma bassa per una decina e più di minuti aggiungendo all’occorrenza un cucchiaio di brodo vegetale.
Mentre lo scalogno sta appassendo, prendere la pentola che userete per il risotto, versare il riso e tostarlo a secco mescolando spesso senza aggiungere grassi. Quando i chicchi saranno tanto caldi da non poterli praticamente toccare con le mani il riso è tostato a dovere. Sfumare a questo punto con il vino bianco. Quando sarà assorbito per buona parte, aggiungere il soffritto di scalogno, versare un mestolo di brodo vegetale e mescolare. Quando il brodo sarà assorbito per buona parte dal riso versare un altro mestolo e continuare così la cottura aggiungendo un mestolo di brodo alla volta.
Sciogliere il patè di pomodori secchi in mezzo mestolo di brodo. Dopo 15 minuti circa, quando il riso sarà ormai a fine cottura, versare il patè di pomodoro sciolto nel brodo. Mescolare e assaggiare di sale. Aggiustare se necessario e ultimare la cottura avendo cura di non far asciugare troppo il risotto, ricordandosi che deve restare all’onda.
Ritirare dal fuoco, aggiungere lo yogurt e mescolare. Lasciare riposare per due minuti e servire decorando con le foglie di menta fritte e dell’ulteriore yogurt a parte.




i miei imprescindibili / cosa compro in Grecia

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Prima di ogni viaggio in patria preparo scrupolosamente 2 liste. Non si tratta di vestiti da portare, da diversi anni lo shopping lo faccio ad Atene e quindi da Milano parto con 2-3 cose e basta. Il resto lo compro là. In fondo qualora anche mi mancasse qualcosa, se non lo compro ho sempre 2 sorelle che mi prestano quello che voglio!!!!

Le mie liste riguardano luoghi gastronomici da esplorare o da ricordare (ristoranti, cocktail bar, bistrot, food events) e prodotti gastronomici da comprare. Questi ultimi cambiano di volta in volta e quasi sempre la mia spesa si allunga con prelibatezze non incluse nella lista ma scoperte in loco.
Qualsiasi sia però la spesa, non mancano mai, ma proprio mai, quelli che io chiamo “gli imprescindibili” e che costituiscono lo zoccolo duro dei miei acquisti. Non possono essere sostituiti da nulla, nemmeno da surrogati, perciò o li compro lì o non li ho.
E io compro!
la fava
Non potrei che cominciare dalla fava. Quella greca, unica al mondo; la specie Clymenum della famiglia Lathyrus cui appartiene anche la cicerchia. Qualsiasi altra fava o cosiddetta tale dovessi trovare nel globo intero, so che non sarà mai così vellutata, cosi delicata, così dolce, così veloce da cuocere che non ha bisogno di essere messa in ammollo.
Se sono in vena di spendere compro quella di Santorini; il suo territorio vulcanico produce da millenni la fava ormai più famosa al mondo, prodotto di eccellenza e da parecchi anni DOP. Negli ultimi tempi sta conquistando fette di mercato anche la fava di Schinoussa, altrettanto eccellente e parimenti cara.
Diversamente, opto per l’ottima fava di Feneòs dell’area di Korinto, nel Peloponneso. Costo più che dimezzato rispetto alle altre due, la compro sfusa 2 – 3 kg. alla volta che non sia mai che ne resti senza fino al prossimo viaggio!!!!
trachanàs
Prodotto antico, archetipico e ancestrale, appartiene alla non lunghissima lista dei cibi che ho profondamente odiato da piccola e ne sono divenuta fanatica consumatrice da grande.
Si tratta di una pasta disidratata, fatta con farina di grano o di semolino e latte. Si presenta in piccoli granuli irregolari e può essere dolce o acidulo. Quello dolce si impasta con il latte, mentre quello acido con yogurt o latte acido. Le donne di campagna generalmente lo preparavano d’estate e n quantità notevoli perché doveva bastare per tutto l’inverno.
Si cucina come zuppa accompagnata da feta, si usa nelle frittate e anche delle torte salate. Negli ultimissimi anni, sulla scia del risotto che ha conquistato il mondo e la Grecia pure, viene proposto anche come trachanotto.
Si vende in confezioni da 500 gr. e io ne compro almeno 1 kg che generalmente finisce dopo un paio di mesi. Fino al prossimo viaggio devo farne a meno!!! 

soutzoùki
Questo o lo ami o lo odi; non ama le mezze misure. Io non penso di aver bisogno di dire a quale categoria appartengo dato che l’ho inserito nella mia lista degli imprescindibili.
Il soutzouki è una salsiccia stagionata e piccante di origine kostantinopolita che si prepara in diverse località del paese. Fatto con carne bovina, abbonda di aglio e varie spezie come il cumino, il pepe e altre secondo il produttore. Il soutzouki di Cesarea (Kesarìas) si differenzia dagli altri perché contiene paprika piccante in quantità!
Si mangia tagliato a fette come il salame, ma il massimo per me è con le uova al tegamino. Lo uso anche nella pizza oppure nel peinirli (barchetta di pane traboccante di burro e formaggio filante).
Cerco di contenermi nell’acquisto perché l’odore persistente e penetrante di aglio non è quanto di meglio per andare in giro….. Rinunciare però del tutto mi è impossibile quindi ne compro sempre uno piccolo!

la lakèrda
Pesce palamita pulito, tagliato a fette variabilmente sottili e messe in salamoia da qualche ora a qualche giorno. Il tempo di salatura determina anche la durata di conservazione che può variare da un paio di giorni a diversi mesi. Una volta raggiunta la salatura desiderata, le fette di pesce vengono tolte dalla salamoia e messe ad asciugare. Successivamente vengono messe in barattoli e si ricoprono di olio con aggiunta di aromi come l’alloro o il rosmarino o anche tutt’e due. Caruccia ma la compro sempre. E’ un classico mezès per buongustai che personalmente amo accompagnare da un bicchierino di tsipouro.

kaparofylla (foglie di cappero)
Nelle isole cicladiche la pianta del cappero cresce spontaneamente tra le rocce e lungo i muri di pietra. Il terreno arido e roccioso ben si adatta a questa pianta di cui non si mangiano soltanto i frutti ma anche le foglie. Opportunamente lavorate per togliere l’amaro, si conservano in salamoia oppure sott’aceto. Perfette per arricchire l’insalata greca, nell’insalata russa, per arricchire la maionese che accompagna il pesce bollito.
Li compro sempre; in genere all’aeroporto di Atene, tornando a casa.

caffè greco
Se l’espresso lo bevo per lo sprint, quello greco per il relax e per il cerimoniale che richiede.
Perché il caffè greco va bevuto in compagnia e lentamente, magari giocando a tsavli. Si 
sorseggia e  si sbocconcella qualche dolcetto. Frutta candita, biscotti, cakes, koulourakia sono quelli che lo accompagnano più frequentemente.
La maggior parte delle volte lo compro in torrefazione, biondo, tradizionale. Macinato sul momento, 2 buste sigillate da 200 gr. cadauna. Mi bastano fino al viaggio successivo.
ouzo e/o tsipouro
Uno dei due, a volte tutt’e due i liquori più rappresentativi della Grecia, non mancano mai dai miei acquisti. Perfetti appena arriva il caldo per accompagnare i mezès (stuzzicchini) in genere di mare.
Li compro sempre all’aeroporto per evitare di metterli nel bagaglio da mandare in stiva.


liquore di masticha
Posso dire semplicemente una frase: lo adoro! Inebriante profumo e sapore, preparato con la resina dell’isola di Chios. Come digestivo dopo cena con un cubetto di ghiaccio è perfetto ma a volte lo utilizzo anche per preparare qualche piatto.
Anche questo lo compro all’aeroporto per il motivo di cui sopra (ouzo/tsipouro).

foto credits
foto di apertura:         gastronomos
liquore di masticha:   oinoxoos




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