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Channel: mangiare greco - cucina greca con tutte le ricette tipiche
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uova al pomodoro e feta

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Uno degli abbinamenti culinari più riusciti che io conosca è feta e uova. In qualsiasi modo si facciano le uova; sode, frittata, alla coque, pochè o al tegamino, la feta le completa ed esalta il loro sapore.
A casa mia ma un pò in tutte le case che frequentavo,  si preparavano abbastanza frequentmente con patate fritte e feta. Il tutto avveniva così: prima friggevamo le patate, poco prima che fossero pronte aggiungevamo le uova all'occhio di bue e cospargevamo il tutto di feta sbriciolata. Se non vi spaventa il fritto provatelo. Meraviglioso!
Un altro abbinamento, tradizionale questa volta,  sono le uova al pomodoro, con eventuale aggiunta di salsiccia e/o formaggi vari. Il “kagianàs” come si chiama in tanti luoghi del paese, che altro non è che uova strapazzate al pomodoro.

Le mie uova al pomodoro  sono un po' diverse. Dato che amo il tuorlo morbido e gocciolante per pucciare il pane e l'albume ben rappreso, ho fatto una via a metà tra uova strapazzate e uova al tegamino. Ho strapazzato gli albumi e ho mantenuto i tuorli interi per aggiungerli dopo che l'albume si è rappreso. E' un ottimo modo per ottenere sia albume rappreso bene che tuorli morbidi.

Le uova si portano a tavola nel tegamino dove sono state cotte e possono essere consumate sia come mezès e in tall caso vanno bene per 2-3 persone, o come piatto unico accompagnato da una insalata a foglia. In quest'ultimo caso sono per 1 persona al massimo 2.

Ingredienti: (per 1-2 o più persone)
  • 2 uova
  • 50 gr. di feta
  • 1 pomodoro grande maturo (in alternativa un paio di pelati)
  • ½ cipolla bianca
  • un pizzico di peperoncino piccante
  • paprika affumicata
  • olio evo
  • 1 peperone tipo friariello
  • sale
  • prezzemolo tritato


Procedimento:
Tritare finissima la cipolla. Lavare il peperone, asciugarlo, tagliare il picciolo e tagliarlo a strisce sottili.
Incidere una croce alla base del pomodoro e tuffarlo in acqua bollente per 1 minuto. Scolare, raffreddare sott’acqua corrente e spellarlo tirando per i lembi dell’incisione. Tagliarlo a dadini piccoli tenendo anche i suoi succhi, mettere tutto in una tazza e tenere da parte.
Sbriciolare la feta con una forchetta.
Versare 2 -3 cucchiai di olio evo in un tegamino e aggiungere cipolla e peperoncino piccante. Far appassire a fiamma bassa per qualche minuto, finchè la cipolla non diventi traslucida. A questo punto unire il peperone verde e far insaporire per 1 minuto girando spesso.
Aggiungere il pomodoro, salare leggermente, mescolare e far restringere la salsa cuocendo per 4-5 minuti.
Mentre la salsa cuoce, separare i tuorli dagli albumi. Tenere i due tuorli in due ciotoline separate e in una terza mettere i due albumi. Se volete, potete mettere più albumi rispetto ai tuorli. E' un modo per utilizzare albumi eventualmente avanzati da preparazioni precedenti. Sbatterli leggermente con una forchetta e versarli nella salsa. Aggiungere la feta e mescolando spesso cuocere per circa 2-3 minuti finchè la feta non sia quasi sciolta e gli albumi rappresi.
Creare due avvallamenti e far scivolare un tuorlo in ciascuno. Coprire il tegamino e cuocere per un minuto se vi piacciono i tuorli morbidi, per 2 minuti se vi piacciono più sodi.
Ritirare dal fuoco, spargere il prezzemolo tritato e un po’ di paprika affumicata sui tuorli.
Servire con dello yogurt greco a parte e del pane.





ayran / bevanda allo yogurt

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Una bevanda che preparo spesso d'estate quando comincia e finchè dura il caldo è l'ayran. E' una bevanda turca a base di yogurt. In Turchia è molto amata, e infatti ne è il maggior produttore al mondo. Rinfrescante e dissetante come nessuna bevanda e come solo l'acqua, è a base di yogurt e io quando si tratta di yogurt sono sempre in prima linea!!!!
Prepararlo è semplicissimo e non serve nessuna attrezzatura. Serve soltanto dello yogurt, dell'acqua ed eventualmente qualche erba aromatica o spezie per profumare.

Yogurt greco oppure qualsiasi altro, basta che sia naturale; niente frutta, niente zuccheri, niente aromi.
Personalmente negli ultimi anni uso lo yogurt greco nella proporzione di 1:1.
Una parte di yogurt, una parte di acqua. Ma voi regolatevi secondo il vostro gusto. Potete aumentare o diminuire l'acqua secondo lo yogurt che usate e il vostro gusto.
Si può profumare con cumino, menta, cetriolo frullato.

Ingredienti:
  • yogurt
  • acqua fredda (frizzante o naturale)
  • sale
  • spezie o erbe aromatiche
Procedimento:
Mettere lo yogurt in una brocca e frustarlo con una frusta a mano finchè non sia diluito. Aggiungere un pizzico di sale e mescolare con la frusta. Versare l'acqua fredda e mescolare. In alternativa mettere tutto al frullatore e frullare per 1 minuto.
Servire con dei cubetti di ghiaccio.
Potete berlo da solo, oppure accompagnare piatti di carne come il kebab, il souvlaki, piatti piccanti e speziati.


fiori di zucca farciti con riso / kolokythoanthoi gemistoi me ryzi

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 fiori di zucca sono un caso particolare non solo nella cucina greca, ma un po’ in tutte quelle dove non c’è la consuetudine di mangiare dei fiori. Con ogni probabilità è l’unico fiore che vanta una tradizione gastronomica nelle nostre cucine mediterranee.

Sono fiori delicati e come tali vanno trattati per far risaltare al massimo il loro sapore e consistenza. Il less il more qui è d’obbligo, un minimalismo che si raggiunge per sottrazione senza aggiunte inutili che tolgono e appesantiscono anziché aggiungere.

La farcitura con il riso è un classico della cucina greca e i fiori di zucca non si sottraggono a questa regola valida più o meno per tutti gli ortaggi che si possono riempire. Come fare per ottenere un piatto sublime nella sua semplicità è abbastanza facile. Seguite con attenzione le indicazioni che vi dò e avrete un esempio classico di cucina (una volta) povera che sa utilizzare con sapienza quello di cui si dispone, senza eccessi, senza esibizioni, senza sensazionalismi.
I fiori vanno comprati il giorno stesso che si intende cucinarli. Turgidi e di colore brillante sono indicatori di freschezza e non bisogna aspettare troppo per cucinarli, pena il loro afflosciamento.
Si possono mangiare come antipasto e in questo caso un paio di fiori a testa sono più che sufficienti. In alternativa si possono mangiare come piatto principale e bisogna calcolare circa 5 fiori a testa.
Se si mangiano come piatto principale, vanno preceduti da qualche antipasto e accompagnati da un paio di insalate di stagione.
Ingredienti: (per 3-4 persone)
  • 15 fiori di zucca
  • 1 zucchina molto piccola
  • 1 carota molto piccola
  • ½ cipolla tritata
  • 60 gr. di riso a chicco lungo (carnaroli, arborio)
  • aneto tritato
  • prezzemolo tritato
  • succo di limone
  • olio evo
  • sale
  • pepe macinato fresco

Procedimento:
Preparare i fiori prima di tutto. Eliminare con molta attenzione i pistilli e lavarli molto delicatamente. Stenderli su un panno pulito per farli asciugare.
Tritare la cipolla, la carota, la zucchina e 5 fiori di zucca. Velare il fondo di una casseruola con dell’olio evo e mettere ad far appassire a fiamma bassa il battuto di verdure per 6-7 minuti.
Versare il riso, far insaporire girando spesso per 1 minuto e versare 100 ml di acqua calda. Salare leggermente, macinare del pepe, coprire e cuocere per 10 minuti. Ritirare dal fuoco, aggiungere l’aneto e il prezzemolo, 1 cucchiaio da minestra di succo di limone, mescolare e lasciare riposare fino a completo raffreddamento.

Farcire uno a uno i fiori di zucca riempiendoli fino a ¾ e non di più. Il riso si gonfierà con la cottura e si rischia di vederlo fuoriuscire dai fiori. Girare a chiudere le estremità e sistemarli man mano che sono pronti in una pentola, vicini uno all’altro. Se dovesse esserci avanzata della farcitura mettetela sul fondo della pentola e fatela cuocere insieme ai fiori farciti.
Quando saranno pronti e sistemati nella pentola, versare 3 cucchiai di olio da minestra, e tanta acqua fino a coprirli a filo. Posizionare un piatto a contatto perché non si aprano durante la cottura e cuocere per circa 35-40 minuti. A fine cottura l’acqua deve essere assorbita.

Ritirare dal fuoco, togliere il piatto non appena potrete toccarlo e lasciare intiepidire. Servire con degli spicchi di limone.


giouvarlakia in salsa di pomodoro

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 giouvarlakia è uno dei miei piatti preferiti in assoluto di tutta la cucina greca. Li mangiavo da piccola e li mangio da grande senza soluzione di continuità e senza nemmeno dare segni di stanchezza. Comfort food per eccellenza della gastronomia ellenica, si prepara molto frequentemente in tutte le case. Insalsa avgolemonoè la mia versione preferita in assoluto, ma spesso e soprattutto d’estate, quando i pomodori sono al loro massimo splendore li preparo anche in salsa di pomodoro.

Per quanto amatissimi in tutto il paese, la loro origine non è greca come del resto si evince dal loro nome che deriva dal turco e pressapoco significa “rotondo, sferico”. Ma noi li abbiamo amati tanto, al punto che ormai li consideriamo piatto greco tout court.

La presenza del riso nell'impasto li caratterizza e li distingue dalle normali polpette di carne. Il riso ha un duplice scopo: da una parte aumenta la resa e dall'altra allenta e rilassa la carne, così diventa morbida e succosa. Perchè si parli di giouvarlakia e non di polpette qualsiasi l'aggiunta di riso è la condizione sine qua non, almeno nella cucina greca.
Saporiti, facili da fare, tutto sommato abbastanza veloci e sicuramente economici, sono tutti ottimi motivi per decidere di prepararli.
La carne può essere bovina oppure misto di bovina e carne di maiale. In questo ultimo caso la proporzione può essere al massimo del 70:30 a favore della bovina ma non di più. Non serve carne molto grassa, il compito di ammorbidire la carne sarà assegnato al riso; che deve essere poco, serve da supporto, non è l’ingrediente principale e non deve sovrastare gli altri sapori e le consistenze.
Pomodori freschi sarebbe il massimo quando sono nella loro stagione, altrimenti una scatola piccola di polpa di pomodoro è da preferire ai pomodori fuori stagione.
Il bastoncino di cannella è facoltativo; personalmente quando preparo piatti di carne con salsa di pomodoro lo aggiungo perché toglie acidità al pomodoro. Il pimento, spezie che mi piace tanto, può essere sostituita da pepe se non la trovate.
Da portare a tavole come piatto unico accompagnato da patate fritte e verdure di stagione.
Se invece preferite portarlo a tavola all’italiana, portatelo come secondo piatto sempre però accompagnato da patate fritte.
Ingredienti: (per 3 persone)
Per le polpette:
  • 300 gr. di carne macinata
  • 60 -70 gr. di riso (arborio, carnaroli, vialone)
  • 1 piccola cipolla bionda tritata
  • 1 albume
  • prezzemolo tritato
  • sale
  • 1 cucchiaio da minestra di olio evo
  • farina per infarinare

Per la salsa:
  • 1 bicchiere di vino rosso
  • 2 grandi pomodori maturi (300 -350 grammi)
  • olio evo
  • 1 bastoncino di cannella
  • 3 grani di pimento
  • sale


Procedimento: tempo di preparazione 30 minuti – tempo di riposo 30 minuti - tempo di cottura 40 minuti
Polpette:
Sbattere leggermente l’albume con una forchetta.
Mettere tutti gli ingredienti in una bacinella e impastare per 5 -7 minuti finchè non siano ben amalgamati. Coprire e mettere in frigorifero per mezz’ora.
Trascorsa questa, togliere la carne dal frigorifero.
Prendere un piatto piano e versare abbondante farina 00.
Formare delle polpettine sferiche del diametro di circa 3 cm.
Velare il fondo di una casseruola con dell’olio evo e accendere. Quando l’olio sarà caldo, infarinare le polpette e metterle nella casseruola a rosolare per un minuto girandole un paio di volte perché rosolino in modo omogeneo.
Man mano che sono pronte, toglierle dalla casseruola e sistemarli in un piatto.
Salsa:
Tagliare a metà i pomodori e grattugiarli dai fori grossi della grattugia. Raccogliere polpa e succhi in una bacinella. La buccia si può tenere per preparare i fiocchi di pomodoro.
Nella casseruola dove sono state rosolate le polpette versare il vino e deglassare il fondo grattando con una spatola di legno. Quando il vino sarà evaporato per buona parte aggiungere i pomodori grattugiati con tutti i succhi che avranno rilasciato. Salare leggermente, aggiungere il bastoncino di cannella e i grani di pimento.
Sistemare le polpette con tutti i succhi che avranno rilasciato in uno strato unico possibilmente, coprire e cuocere per 30 minuti. A metà cottura controllare i liquidi; se scarseggiano aggiungere 1 mestolo di acqua calda. Tenete presente che i giouvarlakia devono restare con una salsa leggermente densa, non a zuppa. Regolatevi quindi di conseguenza.
Verso fine cottura assaggiare ed eventualmente aggiustare di sale.
Ritirare dal fuoco, lasciare intiepidire e servire con delle patate fritte, del pane per l'obbligatoria scarpetta e verdure di stagione.


karpouzopita ode all'estate e alle cicladi

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In piena estate le angurie sono al loro massimo splendore. Nessun frutto come questo riesce a esprimere la stagione calda, rinfrescare i pomeriggi e le serate calde. Rossa, dolce, gioiosa e giocosa, chi riesce a resisterle? Mangiata come frutto da sola, accompagnata dalla feta che è un classico dell’estate greca, messa nelle macedonie di frutta, spremuta a succo e bevuta, l’abbiamo sempre mangiata in tutti i modi e in grandi quantità. Mia mamma le comperava grandi e intere, d’altronde all’epoca si compravano soltanto intere, ma noi non avevamo il problema di dove metterle al fresco. I suoi frigoriferi professionali erano pronti ad accoglierle e loro ci regalavano un immediato sollievo dal caldo che toglieva il respiro.
La karpouzopita di Milos invece l’abbiamo conosciuta quando eravamo già grandi e scorrazzavamo per le Cicladi. Le angurie trasformate in una delicata torta, senza troppi zuccheri se si escludono quelli contenuti nell’anguria stessa, aromatizzata con cannella e miele profumato.
E’ un dolce del tutto stagionale; impossibile replicarlo in altri momenti dell’anno e per questo tanto prezioso. Spartano e lussurioso insieme anche se sembra un ossimoro, come del resto sono le isole in cui è nato. 
Approfittate ora che la stagione è quella giusta per preparare un dolce che sa di vento e di salsedine, di isole greche e di caldo.
La karpouzopita non sfugge alla regola delle ricette tradizionali che vuole che ci siano tante versioni quante le famiglie che le preparano. La si può trovare più bassa o più altra, più o meno dolce, con aggiunta di noci o di uvetta, irrorata di miele oppure no.
L’aggiunta di zucchero e di farina dipende molto dall’anguria che avete tra le mani. Se è troppo zuccherina si può omettere del tutto lo zucchero; il mio suggerimento è di cominciare con qualche cucchiaio di meno a quello che indico e poi assaggiare per aggiungere eventualmente dell’altro. Lo stesso vale per la farina. Dipende molto da quanto acquosa è l’anguria quindi anche qui meglio partire con una quantità minore di farina e aggiungere dell’altra se necessario. E' tutto un gioco di equilibri dove è la materia prima a dettare le regole.
Non cadete nella tentazione di scolare l’anguria come fanno alcuni. Un’anguria priva di parte della sua acqua rischia di diventare stopposa. 
L’anguria va tagliata a pezzi piccoli, possibilmente con le mani che è pure divertente; ma se proprio non ce la fate è permesso usare il coltello raccogliendo tutti i succhi che rilascia. Pezzi piccoli ma non invisibili; dadini di 1 cm sono perfetti; alla fine sotto i denti si deve sentire qualche pezzo insieme a qualche pezzo di noce che va pestata grossolanamente nel mortaio.
Ingredienti: (per una teglia di 31x23 cm)
  • 1 kg di anguria pulita dalla buccia
  • 3 - 5 cucchiai da minestra di zucchero semolato
  • 1 cucchiaio da minestra di olio evo + extra per oliare la teglia
  • 1 cucchiaio da minestra di miele
  • 5 -7 cucchiai colmi da minestra di farina 00 setacciata
  • 40 – 50 gr. di noci sgusciate
  • 1/2 cucchiaino da tè raso di cannella in polvere
  • 100 gr. di sesamo bianco


Procedimento: (tempo di preparazione circa 20  minuti - tempo di cottura 50 minuti)
Pestare le noci grossolanamente nel mortaio.
Pulire l’anguria dalla buccia, tagliarla a fette, pesarla. Pulirla scrupolosamente dai semi e mettere le fette in una grande bacinella. Romperla con le mani o il alternativa con un coltello a dadini non più grandi di 1 cm. per lato.
Accendere il forno ventilato a 190 gradi.
Aggiungere nella bacinella con l’anguria inizialmente 2-3 cucchiai di zucchero, 1 cucchiaio di olio evo, 1 cucchiaio di miele e la cannella. Mescolare bene. Versare poco alla volta la farina sempre mescolando. Cominciare prima con 5 cucchiai colmi e se serve ancora aggiungere dell’altra, poca alla volta. Unire le noci e mescolare. La consistenza finale deve essere quella di una pastella, non troppo densa. Provate ad assaggiare e se vi sembra che serva ancora un poco di zucchero aggiungetelo.
Oliare bene una teglia bassa circa e spargere sopra abbondante sesamo. Versare la pastella di anguria e livellarla bene di modo che sia uniformemente distribuita nella teglia. L’altezza non deve superare il centimetro, massimo un centimetro e mezzo. Spargere sopra abbondante sesamo e infornare.
A modalità ventilata 45 - 50 minuti di cottura dovrebbero essere sufficienti. Trascorsi 45 minuti, provate a sollevare un angolo dalla teglia. Se si solleva, è pronta. Altrimenti lasciatela in forno per altri 10 minuti. Tenete presente che quando si toglie dal forno potrebbe essere ancora molto morbida ma lasciandola raffreddare si addensa.
Una volta raffreddata, tagliatela a quadri e poi a triangoli e servitela a colazione, a merenda, dopo cena. Accompagnate con del miele extra da parte per chi lo desidera.

Nota: il procedimento con le indicazioni  l'ho preso da questo blog che a mio avviso è uno dei più raffinati e colti nel panorama dei blog-




insalata di melanzane con pomodori

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Un’estate senza melanzane non è estate. Grandi, piccole, tonde, lunghe, viola, violette, striate o bianche, qualsiasi varietà va bene purchè melanzana sia. I greci le adorano e le cucinano in tutti i modi possibili immaginabili. Dal famoso moussakàs alle varie insalate e creme spalmabili, passando agli stufati e alle melanzane candite. La sagra della melanzana che si svolge ad Agosto a Leonidion di Kynouria, nel Peloponneso, laddove si produce la famosa melanzana DOP, la “tsakoniki”, piccola, striata e dolcissima è la dimostrazione di quanto si ami questo ortaggio venuto dall’oriente che ci ha conquistati!

I tempi lunghi di cottura che in genere richiedono mentre in genere fa un caldo che toglie il respiro, non sono un deterrente. Almeno a casa mia, sia quella di origine che quella che da grande mi sono creata, non lo sono mai stati. Immancabilmente ogni anno prepariamo molti piatti che le prevedono come ingrediente principale. Uno di questi è l’insalata con melanzane e pomodori, da non confondere con la melitzanosalata che è una crema spalmabile, altra cosa quindi.

Per l’insalata di melanzane vanno bene le melanzane tonde, più polpose di quelle lunghe. Viola o violette, sono tutt’e due varietà che vanno bene, fermo restando che possono variare i tempi di cottura. Trascorsi quindi 40 minuti da chè sono state infornate, controllate la loro morbidezza bucandole con una forchetta.
E’ un’insalata molto semplice e facile se accendere il forno d’estate non vi spaventa. Se così è, sarete ricompensati con un piatto squisito, fresco e rinfrescante che potrete servire come insalata, ma a me piace molto di più mangiarlo come piatto unico accompagnato da olive, capperi, peperoni grigliati, feta e un buon pane.


Ingredienti: (per 2 persone)
  • 2 melanzane tonde (700 gr. circa)
  • 2 pomodori maturi (300 – 350 gr.)
  • 1 cipolla bianca
  • 1 spicchio di aglio tritato (facoltativo)
  • abbondante prezzemolo
  • il succo di mezzo limone
  • sale
  • pepe nero macinato fresco
  • olio evo

Procedimento: (tempo di preparazione 10 minuti - tempo di cottura 50 minuti – attesa 30 minuti)
Accendere il forno a 200 gradi modalità statica.
Lavare le melanzane, asciugarle e bucherellarle qua e là con i rebbi di una forchetta.
Metterle in una teglia sul ripiano di mezzo e infornare per circa 50 minuti girandole un paio di volte. Quando saranno morbide e la buccia un po’ bruciacchiata sono pronte. Toglierle dal forno e lasciarle raffreddare un poco.

Non appena si potranno con le mani, tenendole dal gambo tirare via tutta la pelle pulendole perfettamente. Tagliare il gambo e raccogliere la polpa in un piatto. Irrorare con il succo di limone e mettere in uno scolapasta per mezz’ora affinchè perdano un po’ di liquidi.
Nel mentre, far bollire dell’acqua in un pentolino. Lavare i pomodori e incidere una croce alla base con un coltello affilato. Tuffarli nell’acqua bollente per un minuto. Scolarli e pelarli tirando la pelle dai lembi dell’incisione. Tagliare a metà i pomodori, togliere i semi e tagliarli a dadini piccoli.
Sbucciare e tagliare a filetti la cipolla.
Lavare, asciugare e tritare il prezzemolo.

Prendere una ciotola, mettere dentro i pomodori e il prezzemolo tritato, salare leggermente e versare 2 cucchiai di olio. Mescolare.
In un’insalatiera mettere la polpa delle melanzane con l’aglio tritato, salare leggermente e mescolare . Sistemare sopra i pomodori con il prezzemolo. Finire con filetti di cipolla e un paio di cucchiai di olio evo.
Servire da tiepida a temperatura ambiente come insalata, oppure come piatto unico accompagnato da olive, capperi, peperoni grigliati, feta e del buon pane.



la fava greca

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Post in collaborazione con Hellinikon - Prodotti Gastronomici Greci

Se mi si chiedesse una lista dei prodotti che a mio avviso meglio rappresentino la Grecia, senza pensarci troppo indicherei in ordine casuale l'olio di oliva, la feta e la fava. Sono tutt'e tre alimenti con storia millenaria che sono sopravvissuti e arrivati pressochè intatti fino alla nostra epoca.
Testimonianze del loro utilizzo si trovano in diverse opere di autori antichi e oggi come allora continuiamo a consumare la feta che probabilmente era il formaggio che produceva il ciclope Polifemo raccontato nell'Odissea, l'olio di oliva che veniva utilizzato e forse sopratutto anche per la cura del corpo come sono in tanti a raccontare, e la fava che viene citata esattamente con questo nome da Eschilo in una sua tragedia non sopravvissuta, alludendo a un piatto umile, per poveri.
E per poveri da allora sino ai nostri tempi è rimasta la fava. Fino a una ventina di anni fa tale era considerata e conseguentemente esclusa dai grandi ristoranti e snobbata dagli chef. Soltanto nelle case e nelle taverne dove si serviva come mezès si poteva mangiare il Lathyrus Clymenum della famiglia delle leguminose, legume antico e ancestrale.
Attualmente la storia è cambiata; da alimento per poveracci è diventato alimento per ricchi; gli chef sempre alla ricerca di novità, spesso attingono dal passato e improvvisamente la umile e millenaria fava è diventata piatto gourmet che si serve nei ristoranti premiati in versioni più o meno elaborate.

Per la ricetta che propongo qui, ho preferito il modo classico con il quale si prepara da secoli. Con le cipolle crude.
Ho utilizzato l'ottima fava di Feneòs, località nei pressi di Korinto, dolce e vellutata. E' proprio quella che compro sfusa a chili quando vado ad Atene, ma  ora  che la posso trovare a Milano posso farne a meno di portarmela nelle valigie! Il rapporto prezzo/qualità è imbattibile e l'alimento per poveracci che ormai è diventato alimento per ricchi, può essere consumato da tutti e continuare così la sua tradizione millenaria!

Ingredienti: (per 2 – 3 persone)
  • 1 tazza da thè di fava
  • 5 – 6 tazze da thè di acqua
  • mezza cipolla piccola tritata
  • anelli di cipolla (bianca, rossa, bionda, ramata)
  • 2 – 3 cucchiai di olio evo + extra per la finitura
  • sale
  • pepe macinato fresco
  • succo di limone
Procedimento: (preparazione 10 min. - cottura 50 min.)
Vedete che in questa ricetta non ho utilizzato il peso come unità di misura bensì il volume. In linea generale una tazza comune da thè contiene sufficientemente quantità di fava per 2 - 3 persone. La quantità di acqua che serve per cuocerla è rapportata al suo volume. In linea generale il rapporto è di 1:5-6, cioè per 1 di fava, 5 o 6 di acqua. Dipende chiaramente dal tipo di fava e per questo meglio iniziare con un poco meno e aggiungere successivamente quando serve.

Versare 2 – 3 cucchiai di olio evo in un pentolino e aggiungere la cipolla tritata. Far stufare per una decina di minuti a fiamma bassa, aggiungendo se servisse qualche cucchiaio di acqua calda.

Versare la fava e far insaporire per 1 minuto girando spesso. Versare 4 tazze di acqua calda, e cuocere a fiamma molto bassa e  a pentola scoperta. La fave deve sobbollire, non deve bollire violentemente, come si direbbe in napoletano deve "pippiare".
Durante la cottura mescolare ogni tanto sia  per verificare il punto di cottura  che per non far attaccare la fava sul fondo della pentola. 
Dopo circa 45 – 50 minuti, la fava deve essere praticamente disfatta, e presentarsi come una polenta abbastanza soda. Tenete presente che raffreddandosi si rapprende e diventa quasi gelatinosa. Quindi anche se sembra un poco liquida niente paura. Lasciandola raffreddare diventa soda a sufficienza.

A questo punto salare, mescolare e lasciare cuocere ancora per 5 minuti. Ritirare dal fuoco.
Potete lasciarla così com'è, oppure se la volete più cremosa frullarla con il frullatore a immersione. Io uso dare soltanto un paio di giri, perchè mi piace una consistenza non totalmente a crema, ma voi potete fare come più vi piace.

Lasciare raffreddare e versare in piatti o ciottoline. Macinare un poco di pepe nero, irrorare con del succo di limone e mescolare. Aggiungere in superficie gli anelli di cipolla e fare un abbondante giro di olio evo a chiudere.
Servire all'apertura di un pranzo con delle olive, aringa affumicata, e altre grecherie di vostra scelta.

Dove trovare la fava: Hellinikon - Via Casoretto 30/A - Milano / tel. 3898479888




il caffè greco è una cosa seria

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La bevanda più amata dai greci è incontestabilmente il caffè. “Pame yià cafè?” (Andiamo per un caffè?) è la frase che si sente dire più frequentemente quando si vuole incontrare qualcuno. Questo caffè può essere qualsiasi tipo di caffè, dal caffè greco al cold brew passando per l'espresso, il cappuccino, i vari mocaccino, freddocino e tutti gli xxxxino possibili ma in qui ci concentriamo sul caffè greco che è quello ancora e per ora il caffè più consumato in Grecia.

La sua storia comincia durante l’occupazione ottomana. Sono i greci del nord per primi, soprattutto i greci di Kostantinopoli e Salonicco insieme ai turchi a conoscere e a cominciare a consumare la nuova bevanda. A Salonicco in modo particolare, già nel XVII secolo si contavano svariati kafeneia, (singolare kafeneio) frequentati sia da greci che da turchi.
Ad Atene i primi kafeneia appaiono un po’ più tardi. Erano piccoli locali frequentati perlopiù dai turchi. Con il tempo la clientela si e arricchita con i greci e stando a quanto racconta Alexandros Papadiamandis (scrittore), dal metà del '700 in poi l’abitudine del caffè si estende anche al resto della paese.
Fino alla fine del XIX secolo, al kafeneio oltre che servire il caffè, si faceva anche la tostatura e la macinazione tramite piccoli macinacaffè manuali. I primi negozi specializzati, le prime torrefazioni, appaiono agli inizi del XX secolo e si occupano esclusivamente dell' importazione, lavorazione e vendita di caffè pronto al consumo. Questi negozi si chiamavano kafekopteia. Tra i primi ad Atene furono il “Oikos Belka” in piazza Kotzia e quello di Andrea Rizopoulos nella stessa zona. Il 1914 apre il kafekopteio Miseggianis – Mastoris in via Skoufa, nel quartiere borghese di Kolonaki e nello stesso periodo Loumidis apre il suo kafekopteio al Pireo.

Il caffè preparato al bricco senza essere filtrato è un’abitudine partita dagli arabi. Pare che i primi a preparare il caffè in questo modo fossero i beduini del Medio Oriente, i quali mettevano il bricco sulla sabbia che copriva i carboni per mantenerli accesi. Per questo il modo giusto di preparare questo tipo di caffè è sulla cenere che brucia lentamente, ricoperta di sabbia.
Dato che i greci hanno conosciuto il caffè durante l’occupazione ottomana, lo chiamavano “caffè turco” fino alla fine degli anni ’70. E' grazie alla reclame di un’ azienda greca che deciso di promuovere il carattere greco del caffè che fu ribattezzato “caffè greco”. La reclame si rivolgeva direttamente al consumatore: “Come lo chiama lei il caffè?” “Noi lo chiamiamo greco”! Ha avuto tanto successo che la denominazione “caffè greco” ha soppiantato quella del “caffè turco”. Comprensibilmente una buona dose di nazionalismo ha avuto la sua parte in questo cambiamento, ma oltre al nome esistono anche altre differenze. Il caffè greco è più biondo rispetto a quello turco, non si aromatizza con spezie, è più concentrato e si prepara in maggiore quantità per tazzina.

Le caratteristiche del caffè greco
Le varietà utilizzate perlopiù sono l’ Arabica e la Robusta. Miscela precisa e tostatura precisa che gli conferisce la tipica sfumatura bionda, macinazione molto fine.

Le regole per preparare il caffè greco
Come qualsiasi preparazione, anche il caffè greco ha le sue regole. Il modo tradizionale di bollirlo sulla cenere è stato messo praticamente da parte per ragioni di tempo e comodità, ma non sono ancora così pochi a resistere alla modernità e insistere con la tradizione.
Il caffè greco giusto si prepara sulla cenere in bricco di rame, di modo che possa bollire bene e formare in superficie la cremina vellutata che lo contraddistingue.

  • Prendete un bricco giusto. Ci sono bricchi per uno fino a quattro caffè. Evitate bricchi più grandi perché non formeranno la crema giusta. 
  • Versate tanta acqua quanta serve per il numero di caffè che preparerete. L’unità di misura è la tazzina stessa. 1 tazzina di acqua per 1 caffè, 2 per 2 etc. L’acqua non deve essere calda ma nemmeno fredda. A temperatura ambiente è l’ideale . Accendete la fiamma, bassa, molto bassa.
  • Versate zucchero a vostro piacimento. In genere 1 cucchiaino per tazza è la regola. Potete ovviamente aumentare/diminuire secondo gusto.
  • Mescolate per sciogliere lo zucchero e subito dopo versate il caffè. Un cucchiaino per tazzina è la norma ma anche qui si può aumentare/diminuire secondo i gusti.
  • Appena il caffè è sceso nell’acqua, mescolate con un cucchiaino per liberare l'aroma.
  • Non appena il caffè comincia a gonfiarsi, ritirate dal fuoco.
  • Versate nella tazzina lentamente, non tutto in una volta se no la crema formata si disferà. Se avete preparato più di una tazzina, versare poco caffè in ogni tazzina affinchè tutti abbiano la cremina. Successivamente riempite le tazzine con il resto del caffè. La tazzina del caffè è piena, quasi fino all’orlo.
  • Lasciate passare 1 minuto perché depositi sul fondo e bevete lentamente il vostro meritatissimo caffè greco, servito sempre con un bicchiere di acqua fredda e qualcosa da sgranocchiare. Che siano frutta allo sciroppo piuttosto che qualche koulouraki, o loukoumi, tutto va bene.

Modi di prepararlo ovvero come chiederlo al tabìs (così veniva chiamato il ragazzo dietro il bancone che prepara il caffè)
  • varìs (forte) 2 – 3 cucchiaini di caffè
  • elafrìs (leggero) ½ cucchiaino o poco più di caffè
  • glykòs (dolce): dai 2 ai 3 e più cucchiaini di zucchero
  • mètrios (medio) : 1 cucchiaino di zucchero
  • nai kai ochi: (si e no) ½ cucchiaino di zucchero
  • skètos: senza zucchero del tutto
  • varìglykos (forte e dolce) 3 cucchiaini di caffè e altrettanti di zucchero
  • glkykìvrastos (dolce bollito) 2 cucchiaini di caffè, 3 di zucchero e crema leggera
  • me olìgi (con poco zucchero): 1 cucchiaino di caffè, meno di mezzo di zucchero

foto credits: popaganda.gr
                      andro.gr
 info:             newsbomb.gr



kolokythakia laderà me patates / zucchine e patate all'olio

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La grande famiglia dei laderà  è composta da quei tradizionalissimi e amatissimi piatti che si cucinano in abbondante olio di oliva. A regola sono piatti vegetariani, preparati con ortaggi della stagione, in pieno rispetto di uno dei capisaldi della cucina greca. La stagionalità. Fagiolini, bamies (okra), melanzane e zucchine sono le verdure dell'estate, cucinate spesso con pomodoro, a volte con l'aggiunta di patate per dare corpo al piatto che quasi sempre è un piatto principale.
E' l'olio di oliva l'ingrediente sine qua non di questi piatti da cui prende anche il nome (ladi = olio). Cotture con altri tipi di grassi non sono previste e nemmeno ammesse altrimenti non potremmo parlare di laderà.

L'utilizzo di abbondante olio ormai è scomparso. Le esigenze nutrizionali sono cambiate e l'olio va dosato con criterio. Ci deve essere e si deve sentire come sottofondo; non deve coprire le verdure né come sapore né visivamente. Lo stesso vale per i pomodori. Servono ma non in quantità eccessiva per lo stesso motivo.
Le zucchine possono essere di qualsiasi tipo ma ovviamente varietà il tempo di cottura. Se sono molto piccole i tempi di cottura si riducono di molto. Uguale se sono molto acquose. In questo caso meglio cominciare con la cottura delle patate e aggiungere le zucchine quando le patate avranno cominciato ad ammorbidirsi. Se invece sono grandi e poco acquose, mettete a cuocere tutto insieme ma attenzione a tagliare le zucchine in rondelle non sottilissime.
D'estate i pomodori freschi sono praticamente d'obbligo. Pachino, datterino, ciliegino, perino, qualsiasi sia il pomodoro che avete a disposizione va bene. Se sono grandi tagliateli a dadini raccogliendo i succhi che rilasciano. Se sono piccoli basta tagliarli a metà. Con la cottura si restringono, appassiscono e si disfano offrendo una salsa delicata che non sovrasta gli altri sapori.
La cottura non deve prolungarsi troppo, altrimenti le verdure si disfano e perdono ogni resistenza sotto i denti. Morbide ma la consistenza si deve sentire. Regolate quindi il tempo di cottura secondo le verdure che utilizzate.

Allo stesso modo possono essere preparati i fagiolini, con patate o senza che sono un veramente must della cucina greca estiva.
Ingredienti: (per 2 – 3 persone)
  • mezzo kilo di zucchine
  • mezzo kilo di patate
  • 1 scalogno tritato (in alternativa 1 cipolla tritata e uno spicchio di aglio tritato)
  • 1 peperoncino piccante (facoltativo)
  • ½ bicchiere di vino bianco
  • 150 gr. di pomodori ciliegino o qualsiasi altro tipo purchè maturi
  • prezzemolo tritato
  • sale
  • 5 – 6 cucchiai di olio evo + extra per la chiusura del piatto
Procedimento: (preparazione 10 min. - cottura 30 min.)

Tritare lo scalogno, il prezzemolo e il peperoncino.
Lavare le zucchine e asciugarle.
Pelare le patate, lavarle e metterle in una bacinella con acqua fredda.
Lavare i pomodorini e tagliarli a metà.

In una cassseruola bassa e larga versare l'olio evo. Aggiungere lo scalogno finemente tritato insieme al peperoncino se avete deciso di metterlo. Accendere e far appassire a fiamma bassa per 5 minuti mescolando ogni tanto.
Mentre si prepara il soffritto, tagliare le zucchine a rondelle spesse circa 2 – 2,5 cm.
Tamponare le patate con un panno per asciugarle e tagliarle a spicchi.

Quando il soffritto sarà pronto, aggiungere le patate e le zucchine e far insaporire per 2 minuti girando spesso. Sfumare con il vino bianco e quando sarà evaporato per buona parte unire i pomodorini tagliati a metà. Se usate pomodori grandi invece, dopo averli lavati, tagliateli a metà e grattugiateli dai fori grossi della grattugia raccogliendo anche i succhi che rilasciano.
Aggiungere il prezzemolo tritato, salare e coprire con il coperchio.
Normalmente gli ortaggi rilasciano parecchia acqua e quindi meglio non aggiungerne fin dall'inizio. Controllate invece durante la cottura e se serve un poco, aggiungete mezzo mestolo di acqua calda.

Cuocere a fiamma bassa per circa 20 minuti e comunque finchè patate e zucchine non siano morbide ma non disfatte. Verso fine cottura correggere il sale se necessario.

Ritirare dal fuoco, lasciare intiepidire oppure portare a temperatura ambiente.
Fare un giro di olio evo per chiudere e servire come piatto principale con del buon pane, delle olive nere e della feta per la sapidità e dello yogurt greco che con le sue note acidule rinfresca la bocca.


polpette di fava con salsa cruda di pomodori

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Quando si parla di fava a casa mia quasi sempre si intende il modo di preparazione classico e millenario. Fava lessata in forma di purè, condita con cipolla cruda, olio, sale e limone. E' sempre stata una soluzione pratica, veloce e fino a qualche anno fa anche economica per portare a tavola il pranzo oppure per arricchire un tavolo di mezès.
Più raramente ma con crescente frequenza ultimamente, intendiamo anche le polpette di fava che seppur non veloci nella preparazione, sono semplici e sfiziosissimi da mangiare come mezès per accompagnare un bicchierino di tsipouro.
Il lavoro che richiedono non è gravoso né complesso. Sono i tempi di riposo della fava bollita, lunghi ma necessari, a richiedere un'organizzazione rigorosa dei tempi. Affinchè la fava rassodi bene e le polpette non si disfino durante la frittura è necessario che una volta lessata, riposi in frigorifero almeno 3 – 4 ore.
Se devono essere portate a tavola a pranzo meglio lessare la fava la sera prima e metterla a riposo tutta la notte. Se invece devono essere servite a cena oppure a un aperitivo si può lessare la mattina stessa.
Pronte e servite, si mangiano con le mani. Il fingerfood in Grecia esiste da secoli, dura da secoli e non è stato mai abbandonato!!!!


Ingredienti: (per circa 15 di polpette)
  • 1 tazza da tè di fava greca (180 ml)
  • 5 tazze da tè di acqua (900 ml)
  • 1 foglia di alloro
  • 40 gr. di semolino (tipo quello per gli gnocchi alla romana)
  • 1 cipollotto
  • prezzemolo o aneto
  • sale
  • farina per infarinare
  • olio per friggere
Per la salsa cruda di pomodoro:
  • un pomodoro grande maturo
  • mezza cipolla tritata grossolanamente
  • sale
  • 1 cucchiaio di olio evo

Procedimento: (tempo di preparazione 15 min. - tempo di attesa 3/4 ore – tempo di cottura un'ora e mezza)

Come in genere per tutte le ricette che richiedono un rapporto tra alimento/acqua, ho utilizzato come unità di misura una normale tazza da tè che equivale a un volume di 180 ml. Voi potete aumentare/diminuire la quantità a piacimento, ma in questo caso tenete presente il semolino che va aggiunto. Il peso di 40 gr. equivale a circa 2 cucchiai da minestra colmi.

Versare la fava in un pentolino e aggiungere l'acqua con la foglia di alloro. Accendere e quando la fava comincia a bollire, abbassare la fiamma e lessarla a fiamma bassa e senza coperchio, schiumando se si forma schiuma eccessiva. In genere dopo circa 50 minuti la fava ha assorbito tutta l'acqua, si è praticamente disfatta e assume la forma di una polenta un poco lenta. A questo punto togliere la foglia di alloro, salare e frullare con il minipimer. Continuare la cottura mescolando molto spesso per non farla attaccare sul fondo del pentolino, finchè non diventi come una polenta soda.
Ritirare dal fuoco e far raffreddare la fava. Una volta raffreddata, trasferirla in una ciotola di vetro o di terracotta, coprire e mettere in frigorifero per almeno 4 ore. Anche tutta la notte fino al momento di preparare le polpette va benissimo.

Mezz'ora prima di servire, pulire il cipollotto, lavarlo e tritarlo insieme al prezzemolo o aneto.
Togliere la fava dal frigorifero e controllare se ha rilasciato dell'acqua. Se si, inclinare la ciotola nel lavandino per far uscire l'acqua rilasciata.

Unire alla fava il semolino crudo, il cipollotto e il prezzemolo (o l'aneto) tritato e mescolare bene. Volendo si può aggiungere qualche spezie. Cumino o paprika vanno benissimo. 
Versare della farina per infarinare in un piatto.
Prendere una quantità di fava grande come una noce o anche poco più, formare una pallina e premere per appiattirla leggermente. Sistemare in un piatto e procedere fino a formare tutte le polpette.

Versare olio per friggere in una padella per circa 2 cm dal fondo. Portarla a temperatura di frittura (circa 170-180 gradi ma non di più diversamente le polpette si imbiondiranno subito lasciando crudo l'interno).
Infarinare le polpette, passarle da una mano all'altra per 2-3 volte per togliere l'eccesso di farina e metterle a friggere poche alla volta nella padella. Dopo circa 2 minuti, girarle delicatamente con 2 spatole di silicone e friggerle per 1 minuto circa anche dall'altro lato. Se non avete spatole di silicone vanno bene anche 2 forchette ma attenzione a non romperle con i rebbi.

I tempi di frittura come sempre sono indicativi perchè dipende dalla dimensione delle polpette. Quando le polpette arrivano a doratura sono pronte.
Toglierle dalla padella e sistemarle su un vassoio rivestito di carta assorbente perchè perdano l'olio in eccesso.
Servire calde come mezès insieme alla salsa cruda di pomodori.

Per la salsa cruda di pomodori:
Incidere una croce sul fondo del pomodoro e tuffarlo in acqua bollente per 1 minuto. Scolarlo e spellarlo tirando la pelle dai lembi dell'incisione.
Tagliarlo a dadini piccoli e metterli in una ciotola.
Tritare la cipolla e unirla al pomodoro. Salare, versare l'olio evo e mescolare.Servitela così insieme alle polpette di fava, oppure frullatela con il minipimer.



soutzoukakia me hylopitaki sto fourno / polpette con pasta al forno

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I soutzoukakia sono delle polpette a forma di salsicciotto il cui nome evidentemente deriva dal turco suciuk (salsiccia). Sono un classico della cucina greca casalinga e si portano a tavola come piatto unico accompagnato da purè di patate, patate fritte, riso pilaf, oppure della pasta.
La pasta può essere di qualsiasi tipo, corta o lunga, secca oppure fresca all'uovo. Può essere lessata prima e poi mescolata con la salsa, all'italiana per intenderci, oppure può essere cotta al forno con il metodo dell'assorbimento, molto comune in Grecia ma anche in altri paesi dell'area balcanica.

Per questo ultimo metodo di cottura la pasta che la meglio indicata è quella all'uovo, si cuoce con l'acqua o con vari brodi, vegetali o di carne, direttamente al forno. Il liquido che serve per la cottura è misurato in base al tipo di pasta. In linea generale si può affermare che per una parte di pasta servono 2 parti  di liquidi. 
Se pertanto misuriamo il volume della pasta che andremo a cuocere e risulta di 100 millimetri, l'acqua che servirà sarà di 200 millimetri. Questo chiaramente in linea generale, perchè molto dipende dal tipo di pasta, dal suo formato etc. E' fondamentale che durante la cottura non si lasci la pasta al suo destino mettendo un timer e dimenticando la pasta al forno aspettando che suoni!!! Passati i primi 20 minuti di cottura è buona regola che si controllino ogni tanto i liquidi per non rischiare di vedere tutto bruciato!!!!

Un altro metodo per calcolare l'acqua, empirico  ma funzionale che io uso quando preparo questo tipo di piatti è di coprire la pasta a filo con il liquido di cottura. Se la pasta è piccola e di formato lineare, generalmente è sufficiente. Se invece è grande e di formati più elaborati, è probabile che servano più liquidi, ma va verificato durante la cottura. Se bisogna aggiungerne, basta versare qualche mestolata. Un po' come per il risotto cui si aggiunge il liquido durante la cottura, con gran risparmio di acqua!!!!


Ingredienti: (per 3-4 persone)
  • 200 gr. di pasta corta all'uovo (quadrucci, maltagliati, tagliatelle corte)
Soutzoukakia:
  • 300 gr. di carne macinata (bovina o mista con maiale nella proporzione del 70:30)
  • 2 fette di pancarrè raffermo senza la crosta (o pane raffermo di cui si dispone)
  • 1 uovo
  • 30ml di olio evo
  • 1 spicchio di aglio tritato
  • mezzo cucchiaino raso di cumino in polvere
  • mezzo cucchiaino di menta secca (o 1 di menta fresca tritata)
  • sale
  • pepe
  • olio per friggere
  • farina per infarinare
Salsa:
  • 1 media cipolla tritata
  • 1 spicchio di aglio tritato
  • 500 gr. di pomodori maturi (in alternativa polpa di pomodoro)
  • mezzo bicchiere di vino rosso
  • 3 cucchiai di olio evo
  • 1 bastoncino di cannella
  • 1 foglia di alloro
  • sale
Inoltre:
  • formaggio grattugiato (pecorino romano, grana padano, parmigiano o altro di vostra scelta)

Procedimento: (preparazione 30 min. - cottura 60 min)

Soutzoukakia:
Mettere in ammollo il pane in acqua fredda e lasciarlo per 5 - 10 min. Strizzarlo bene e metterlo in una ciotola. Aggiungere tutti gli ingredienti trannel' olio per friggere e la farina per infarinare e impastare per qualche minuto per far amalgamare molto bene tutti gli ingredienti. Coprire la ciotola e mettere in frigorifero per mezz'ora.
Trascorsa questa, togliere l'impasto di carne dal frigo. Formare delle polpette di media grandezza e fregandole tra i palmi delle mani dargli la tipica forma di salsicciotto.
In una padella versare olio per friggere per 1 cm dal fondo. Infarinare leggermente i soutzoukakia e quando l'olio sarà caldo, friggerli per 2 – 3 minuti fino a doratura, girandoli per farli dorare da tutti i lati.
Toglierli dalla padella e metterli su carta assorbente per togliere l'olio in eccesso.

Salsa:
Prendere una casseruola e versare l'olio. Aggiungere la cipolla tritata e far appassire a fiamma bassa per 5 minuti. Aggiungere l'aglio tritato e continuare per altri 2 minuti.
Nel frattempo lavare i pomodori, tagliarli a metà e grattugiarli dalla parte grossa della grattugia. In alternativa ai pomodori freschi potete usare polpa di pomodoro. Versarli nella casseruola con il soffritto di cipolla e mescolare. Versare il vino, alzare un poco la fiamma e cuocere per 3 -4 minuti senza coprire per far evaporare parte dei liquidi. Abbassare la fiamma, aggiungere i soutzoukakia, il bastoncino di cannella, la foglia di alloro, salare e coprire. Cuocere per 20 minuti circa, controllando i liquidi. Dopo 20 minuti di cottura la salsa deve aver perso buona parte dei liquidi ed essere abbastanza densa. Se non lo è, lasciare sul fuoco per altri 5 minuti senza coprire per far evaporare parte dei liquidi. Togliere i soutzoukakia, sistemarli in un piatto. Scartare il bastoncino di cannella e la foglia di alloro.

Pasta:
Scaldare il forno a 180 gradi.
Versare la salsa in una teglia da forno, aggiungere la pasta e mescolare. Versare acqua calda fino a coprire la pasta a filo, coprire con della carta di alluminio e infornare.
Considerato che i tempi della cottura della pasta possono variare secondo il tipo che si utilizza, potrebbe esserci bisogno di più acqua. Controllare quindi ogni tanto i liquidi e nel caso servisse, aggiungere un mestolo di acqua calda.
Dopo 15 minuti togliere la carta di alluminio, posizionare sopra i soutzoukakia e continuare la cottura per altri 15 minuti. Trascorsi i 30 minuti totali, la pasta deve aver assorbito l'acqua ed essere pronta.
Assaggiare per verificare la cottura, aggiustare eventualmente di sale. Se la pasta non è ancora cotta, ovviamente deve restare al dente, aggiungere un poco di acqua e cuocere finchè non sia pronta.
Tenete presente che con il metodo ad assorbimento, la pasta deve restare un po' all'onda e al dente, perchè la cottura continua anche quando si ha ritirato la teglia dal forno, quindi regolatevi con l'acqua. 3 minuti prima di ritirare dal forno, cospargere con abbondante formaggio grattugiato.
Ritirare dal forno e  lasciare riposare per qualche minuto. E' un piatto sostanzioso, saporito e rassicurante, perfetto per questi primi giorni autunnali. 



lemonopita / torta al limone con pasta fillo

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La lemonopita è considerata e non a torto, una delle migliori torte casalinghe e a mio avviso una delle poche in grado di far dimenticare il cioccolato!
Profumata, succosa, soffice e rinfrescante, in perfetto equilibrio tra aspro e dolce, è una torta facile e tutto sommato veloce da preparare. Come anche la portokalopita (torta di arance), ha la peculiarità di essere preparata con la pasta fillo essiccata che sostituisce del tutto la farina.

Forse qualcuno si ricorda che qualche tempo fa avevo suggerito di non buttare gli avanzi di pasta fillo ma di congelarli per altri usi. Ecco, in questo post vi dimostro cosa si può fare con questi avanzi e scarti che pazientemente sono stati raccolti e congelati per usi futuri .
Va detto che torta non è nata per riciclare la pasta fillo. E’ soltanto un utilizzo diverso della pasta stessa. Però, dato che quando la si maneggia inevitabilmente ci sono degli scarti e degli avanzi, è opportuno congelarli per fare questa meravigliosa torta di cui, ne sono convinta, non riuscirete più a farne a meno!

Ovviamente per farla con gli avanzi bisogna utilizzare spesso la fillo . Io stessa che la utilizzo molto spesso ho raccolto avanzi per una modesta quantità, ergo ho fatto una torta piccola.
Se quindi avete congelato la pasta fillo oppure l’avete comprata congelata, tiratela fuori dal frigo e lasciatela scongelare. Mediamente un paio di ore sono sufficienti. Se invece la fillo è fresca perché appena acquistata, potete passare direttamente alla ricetta.

I tempi di cottura indicati fanno riferimento a quelli della torta, escludendo l’essiccamento della pasta fillo che può avvenire in forno oppure semplicemente lasciandola all’aria.
Calcolate che da quando avete deciso di fare la torta fino al momento in cui la consumerete passeranno non meno di 3 ore considerando anche i tempi dell’essiccamento della pasta in forno e il riposo della torta. Se poi la pasta è congelata bisogna aggiungerne altre due per lo scongelamento.

Io ho tolto la pasta dal freezer alle 09.00 di mattina, dopo 2 ore era scongelata e l’ho messa nel forno a essiccare per un’ora. La torta l’ho preparata nel pomeriggio.
I limoni sono da preferire biologici e non trattati e/o cerati, dato si utilizza sia succo che scorza.
Ingredienti: (teglia di 22 x 17 cm)
Sciroppo:
  • il succo di 1 limone medio (3 cucchiai da minestra circa)
  • 120 gr. di zucchero semolato
  • 80 ml di acqua
  • 1 cucchiaino di miele
  • 1 bastoncino di cannella
  • scorza di mezzo limone grattugiata
Torta:
  • 120 gr. di pasta fillo
  • 1 cucchiaino da tè di lievito istantaneo
  • 1 uovo
  • 50 gr. di zucchero semolato
  • 55 ml di olio di semi (girasole, arachidi, sesamo)
  • 50 gr. di yogurt greco
  • la scorza grattugiata di mezzo limone
  • 1 cucchiaino da tè di essenza di vaniglia
Per servire:
  • yogurt greco
  • gelato fiordilatte o vaniglia

Procedimento: (tempi di preparazione 20 min. – tempi di cottura 40 min.)
Sciroppo:
Mettere tutti gli ingredienti in un pentolino e far bollire per 5 minuti. Scartare la scorza di limone e lasciare raffreddare completamente.
Torta:
Accendere il forno a 100 gradi.
Arricciare i fogli di pasta fillo a fisarmonica e sistemarli affiancati in una teglia da forno senza aggiunta di grassi. Infornare e lasciare che secchino per circa 1 ora. Controllare che i fogli si siano seccati del tutto e togliere dal forno. Metterli in una ciotola grande e sbriciolarli con le mani fino a ridurli a quasi farina. Aggiungere il lievito istantaneo, mescolare bene e tenere da parte.
In alternativa al forno potete far seccare la fillo lasciando i fogli stesi su un canovaccio, separati uno dall’altro. Mediamente dopo 3 -4 ore si sono del tutto seccati.
Alzare il forno a 170 gradi. (forno statico)
Imburrare la teglia da forno.

In un’altra ciotola sbattere l’uovo con lo zucchero fino a chè non diventi spumoso e chiaro. Aggiungere l’olio, lo yogurt greco, l’essenza di vaniglia e la scorza di limone mescolando molto bene con una spatola.
Versare la pasta fillo sbriciolata nel composto dei liquidi e amalgamare scrupolosamente mescolando bene.
Versare il composto nella teglia, distribuire uniformemente e sbatterla sul piano da lavoro per livellare bene il composto.
Infornare nel ripiano inferiore con le resistenze accese sia sopra che sotto per circa 40 minuti. Per controllare la cottura fare la prova stecchino. Infilare uno stecchino o la lama di un coltello. Se esce pulito la torta è pronta.

Togliere dal forno e così com’è calda, versare a cucchiaiate lo sciroppo freddo. Versatelo tutto anche se sembra tanto; la torta lo assorbirà nel giro di poco tempo.
Lasciate raffreddare per un paio di ore la torta.

Al momento di servire tagliate le porzioni e servite con una pallina di gelato oppure con un poco di yogurt greco come piace a me!





frittelle di cipolla con feta / kremmydokeftedes me feta

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Le polpette insieme alle torte salate, sono le preparazioni che più scatenano la fantasia nella cucina greca.
Le polpette per antonomasia sono di carne, ma in mancanza di questa si può usare qualsiasi ingrediente. A fantasia e disponibilità. In questo caso però , si parla di “pseftokeftedes”, ossia polpette false.

In questa categoria rientrano i domatokeftedes di Santorini, i favokeftedes sempre di Santorini, i kolokithokeftedes, per farla breve tutte le polpette di cui l'ingrediente principale è qualche ortaggio e sicuramente non la carne.
Pur essendo delle frittelle, in Grecia si chiamano polpette; non si tratta di un errore ma di una consuetudine linguistica.

Le polpette di cipolla sono molto facili ed economiche, gustose e perfette da portare a tavola come mezès accompagnate da un bicchierino di tsipouro. Una trasformazione azzeccata di ingredienti umili in un risultato per veri intenditori.
Il gusto pungente della cipolla viene addolcito con la cottura e rinfrescato con la menta, mentre la feta dona sapidità e spessore di gusto.

Le cipolle, bianche o rosse, vanno tritate al coltello. Evitare per quanto possibile il mixer che fa rilasciare molta acqua di vegetazione. Se però non siete disposti a versare un po' di lacrime e decidete di usare il mixer, allora una volta tritate, raccoglietele, mettetele in un colino e salatele leggermente. Lasciatele mezz'ora, sciacquatele, lasciatele scolare e procedete con la ricetta.
Ingredienti: (per circa 15 frittelle)

  • 300 gr. di cipolle pulite
  • 40 gr. di farina 0
  • ½ cucchiaino raso di baking powder
  • 1 uovo
  • 50 gr. di feta
  • 2 cucchiaini di menta fresca tritata
  • sale
  • pepe nero macinato fresco
  • 20 ml di acqua
  • olio per friggere

Procedimento: (tempo di preparazione 20' - tempo di cottura 15')
Tritare fini le cipolle al coltello. Sbriciolare la feta con le mani, tritare la menta. Setacciare la farina con il baking powder.

Prendere una ciotola e versare l'uovo leggermente sbattuto. Aggiungere le cipolle e mescolare. Unire la menta, il sale, macinare del pepe nero e aggiungere la feta. Mescolare bene tutto.
Aggiungere ora la farina e versare l'acqua. Mescolare bene la pastella che deve risultare abbastanza densa.

Versare olio per friggere in una padella a 2 cm dal fondo e scaldare.
Quando la temperatura sarà arrivata al punto giusto, prelevare della pastella con un cucchiaio da minestra e buttarla nell'olio bollente. Ricordarsi di friggere poche frittelle alla volta per non far abbassare la temperatura dell'olio.

Quando, dopo circa 1 minuto e mezzo, le frittelle saranno dorate da un lato, girarle delicatamente con una spatola e friggerle anche dall'altro lato.
Man mano che sono pronte, toglierle dalla padella e sistemarle su carta assorbente.
Si consumano calde ma anche tiepide.




strudel di mele con halvas e pasta fillo

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Le torte di mele di qualsiasi tipo sono tra i dolci casalinghi più amati e preparati ovunque.
Non appena il tempo comincia a rinfrescarsi e messi da parte costumi da bagno, gelati e semifreddi, viene immediatamente voglia di una torta calda e profumata, da gustare insieme a un caffè lungo lungo oppure con una tazza di tè.

In Grecia esistono molte torte di mele, chiamate milopites, ma in questa ricetta mi dedico allo strudel di mele. A modo mio, non sia mai detto, con l'aggiunta di un dolce greco, il halvas, e la sostituzione della pasta con la pasta fillo. Il halvàs per chi non lo conoscesse, è un tipico dolce che si trova in Grecia, nell'area balcanica e mediorientale, fatto con pasta di sesamo e zucchero.
La scelta della pasta fillo e del halvàs non è casuale. In primis perché entrambi rimandano alla pasticceria greca, cugina di primo grado della pasticceria turca da dove pare che abbia origine lo sturdel, epigono del baklavàs. Secondariamente perché il risultato finale è veramente intrigante; pasta croccante in un bel contrasto con la morbida farcitura.

Perché però la pasta resti croccante, bisogna avere qualche accorgimento: primo, utilizzare possibilmente burro chiarificato che è privo di acqua; secondo, prima di infornare mettere il dolce nel frigorifero e farlo raffreddare e infine una volta tolto dal forno non coprirlo.
Considerato che l’aggiunta del halvas che è molto dolce, ho preferito utilizzare mele non troppo dolci; una verde e una gialla. Chiaramente le mele sono a discrezione, quindi potete utilizzare quelle che preferite. Renette, annurche, fuji, golden delicious, tutte vanno bene, purchè in equilibrio con gli zuccheri che si andranno ad aggiungere. Se volete potete fare come ho fatto io, mescolando diverse varietà.
Ingredienti: (per 2 rotoli)
  • 8 fogli di pasta fillo

Farcitura:
  • 2 mele di circa 400 gr.
  • il succo di mezzo limone
  • 40 gr. di zucchero
  • 1 cucchiaino da caffè raso di cannella in polvere
  • mezzo cucchiaino raso da caffè di chiodi di garofano in polvere
  • una manciata di uvetta
  • 1 tazzina da caffè di marsala semisecco
  • 6 – 7 noci
  • 80 gr. di halvas
  • 2 cucchiai di pan grattato
  • burro chiarificato q.b. per la pasta fillo

Per finire:
  • zucchero a velo

Procedimento: (preparazione 30 min. – attesa 120 min. – cottura 30 min.)
Mettere in una tazza l’uvetta e versare sopra il marsala. Lasciare ammorbidire per mezz’ora.
Sgusciare le noci e pestarle grossolanamente nel mortaio.
Lavare le mele, pelarle e tagliarle a dadini. Metterle in una ciotola e versare il succo di limone affinchè non anneriscano.
Tagliare il halvas a dadini.
Scolare l’uvetta e filtrare il marsala.

Prendere una ciotola di dimensioni adatte e metterci dentro le mele, l’uvetta scolata, 1 cucchiaio di marsala, le noci, il halvas tagliato a dadini, un cucchiaio di pangrattato, lo zucchero, la cannella e i chiodi di garofano. Mescolare molto bene.

Mettere in un pentolino il burro e metterlo sul fuoco fino a liquefarlo.
Rivestire una teglia con carta forno.

Srotolare la pasta fillo. Prendere un foglio e coprire i restanti con un tovagliolo per non farli seccare a contatto con l’aria. Stenderlo davanti a voi nel senso della lunghezza.
Intingere un pennello da cucina nel burro liquefatto e muovendolo sopra il foglio imburrarlo a macchia di leopardo. Spargere sul foglio imburrato un pizzico di pangrattato. Prendere un secondo foglio, posizionarlo esattamente sul primo e ripetere con il burro e il pangrattato.
Continuare allo stesso modo con 4 fogli.

Imburrato il quarto, distribuire sopra la metà della farcitura sulla parte bassa dei fogli avendo cura di lasciare dei bordi vuoti ai lati e dare alla farcitura forma cilindrica.

Girare verso l’interno i bordi coprendo in parte la farcitura e poi arrotolare non molto stretto dando una forma cilindrica. Abbiate cura di posizionare verso il basso il punto dove si chiude il rotolo.

Posizionare sulla teglia e imburrare abbondantemente la superficie.
Ripetere allo stesso modo con un secondo rotolo.
Mettere la teglia nel frigorifero per 2 ore. Se non avete tempo, mettete nel freezer per 10 minuti.
10 minuti prima di infornare, accendere il forno a 180°, modalità statica.
Infornare per 30 minuti.
Togliere dal forno e lasciare raffreddare.
Al momento di servire cospargere con dello zucchero a velo.

Piatti forniti da il cirmolo




è regolare ciò?

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Una premessa a questo post.
Lavorando non ho molto tempo da passare davanti al pc per monitorare se qualcuno oltre me pubblica  i miei post.
Detto ciò, qualche giorno fa mi sono casualmente imbattuta nel sito "mondogreco.net" e ho visto che in fondo alla homepage ha una sessione blog in cui c'è anche il mio blog che riporta interamente i miei post senza riferimenti precisi. Vero che cliccando sul titolo del post rimanda al mio blog, ma non credo che qualcuno clicchi sul titolo dato che può leggere i miei post interamente dove si trova quel momento.
Inoltre data l'impostazione, è difficile arrivare a capire che si tratti di un blog esterno che nulla ha a che fare con detto sito.

Faticosamente ho trovato una mail cui scrivere e ho scritto che non mi è stato chiesto il permesso che peraltro non avrei dato e che se proprio ci tengono , possono   pubblicare una delle mie foto e un paio di righe, rimandando al mio blog per leggere il seguito.
Non ho avuto risposta alla mail, ho scritto un commento su facebook e mi è stato risposto che ho frainteso e sul sito non sono pubblicati i miei post.
Ho scritto un altro commento chiedendo di rimuovere il mio blog dal detto sito, ma finora nulla è accaduto.

Ma chiedo e chiedo: è legittimo che i miei post che richiedono un notevole investimento di tempo in termini di ricerca, pianificazione, scrittura etc. vengano riportati senza esplicito consenso  a un altro sito?

Ecco come appaiono i miei post.

http://www.mondogreco.net/blog-grecia/12-great-mangiare-greco.html#.W66LaXtKjIU

Se vi prendete la briga di copiare e incollare il link vedete come appaia il tutto.





tzaletia: frittelle di mais di Corfù

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La plurisecolare dominazione veneziana di Corfù ha influenzato tutti gli aspetti dell’isola. Urbanistica, architettura, arte, lingua, organizzazione sociale, sono tutti temi che hanno profondamente contribuito a differenziare Corfù dal resto della Grecia, dominata dagli ottomani.
La gastronomia non è stata esente da questa contaminazione. Fino all’epoca bizantina la cucina corfiota era fondamentalmente una cucina mediterranea basata su olio di oliva, l grano, vino, erbe spontanee, pesce. La carne si consumava occasionalmente e soltanto alle feste comandate.

In questo panorama gastronomico così frugale, i veneziani hanno portato dei grossi cambiamenti. Nuovi prodotti, nuovi modi di cucinare. Mais, pomodoro, peperone, spezie, caffè e cioccolato che si sono subito inseriti nell’alimentazione isolana creando ricette che sono arrivate pressochè inalterate fino ai nostri giorni. Già dai nomi di molte di loro si comprende subito l’origine: bianko, bourdeto, salado, poulenta, sofrito etc.

Va detto però che di questa nuova e opulenta gastronomia beneficiava soltanto la classe nobile. Le diseguaglianze sociali ed economiche erano enormi e incolmabili, inoltre nobili e contadini erano due mondi che poco comunicavano tra di loro e quando accadeva era soltanto per ragioni contingenti. La conseguenza inevitabile era che contemporaneamente esistevano due tipi di cucina: quella nobile e quella contadina.
E’ verso la fine del XIX inizi del XX secolo che grazie alla costruzione della rete stradale la città si è collegata con la campagna e le due cucine si sono incontrate e fuse, creando così la cucina corfiota come la conosciamo oggi.
I tzaletia sono una ricetta tipica dell’isola e si comprende subito perchè si chiama così. Tzaleti (singolare) come giallo. Del resto mi ricordo perfettamente una collega di qualche anno fa che chiamava così i post-it che una volta si trovavano solo gialli. Gialletti!

I tzaleltia sono delle frittelle che si preparano soprattutto alla festa del patrono dell’isola, Santo Spiridione.
La ricetta di per sé non ha nessuna difficoltà di preparazione. Bisogna fare una pastella con farina di mais molto fine e farina di grano, arricchirla eventualmente con uvetta e friggere.
Noterete che non c’è aggiunta di zucchero. Quest’assenza rende le frittelle molto versatili che possono diventare sia dolci che salate. Con aggiunta di zucchero a velo o del miele o qualche confettura se le preferite dolci, oppure con l’aggiunta di formaggio se le preferite salate.
Io le ho provate sia dolci che salate. Dolci con uvetta, zucchero e cannella mentre per quelle salate ho omesso l’uvetta e ho sparso sopra del formaggio a scaglie.
Qui le propongo dolci per rispetto alla ricetta originale, ma se volete provarle anche salate non ve ne pentirete.

Ingredienti: (per una decina di frittelle)
  • 180 gr. di farina di mais fine
  • 50 gr. di farina 00
  • un cucchiaino raso di lievito istantaneo
  • 5 ml di spremuta di arancia
  • 180 ml di acqua
  • olio per friggere
  • una manciata di uvetta di Korinto o quella che vi piace

Per finire:
  • zucchero a velo
  • cannella in polvere

Procedimento: (preparazione 10 min –attesa 15 min cottura 15 min)
Mettere in ammollo l’uvetta per 15 minuti.
Setacciare le 2 farine con il lievito istantaneo.
Versare la spremuta di arancia e mescolare. Aggiungere l’acqua ma non versarla tutta insieme per capire se serve meno di quella indicata. Il risultato da raggiungere dovrebbe essere una pastella un poco densa. Aggiungere l’uvetta e mescolare.

Versare olio da frittura in una padella per circa 2 cm dal fondo. Quando sarà arrivato a temperatura, prelevare mezza mestolata di pastella e versarla nella padella con l’olio bollente. Lasciare che frigga da un lato fino a chè non si formino delle bolle sulla superfice. Indicativamente serve un minuto. A questo punto sollevare con una spatola di silicone la frittella e se vedete che è bella dorata girarla delicatamente dall’altro lato. Friggere anche dall’altro lato per circa 1 minuto.
Togliere dalla padella e sistemare su carta assorbente.
Cospargere di zucchero a velo e cannella, oppure irrorare con un miele, oppure sciroppo di agave o altro di vostro gradimento.
Servire calde a colazione e/o merenda. Sono buone anche a temperatura ambiente.

Piatto: il cirmolo



il banchetto di Aristofane

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Esplicitare più o meno minuziosamente gli ingredienti di un piatto nel menù di qualsiasi ristorante è diventata ormai una prassi consolidata. I clienti vogliono sapere cosa mangeranno ordinando un certo piatto e quindi elencare gli ingredienti che lo compongono diventa una necessità. Ciò chiaramente non vale per i piatti codificati dalla tradizione. Tutti sanno cosa mangeranno se ordinano un piatto si spaghetti alla carbonara al netto di eventuali slanci creativi del cuoco. Qualora ci fossero delle interpretazioni è corretto esplicitarle per non rischiare rimostranze e disaffezioni da parte dei clienti.

Così praticamente sempre quando si va al ristorante ci si trova nelle mani un menù composto da nomi di piatti variabilmente lunghi , secondo estro e creatività di chi lo ha composto. “Risotto con gamberi dell’Amvrakikòs, purè di salicornia al lime, bottarga affumicata e riduzione di mosto cotto” dovrebbe essere un nome sufficientemente chiaro per capire cosa si sta ordinando.
Fenomeno nuovo? Mica tanto, anche se sono in molti a esserne convinti.

Basta leggere la commedia di Aristofane “le donne in parlamento” (Ἐκκλησιάζουσαι) per constatare che il primo a descrivere un banchetto con un nome lunghissimo, composto da ben 7 versi senza punteggiature e senza soluzioni di continuità è stato proprio lui.
La commedia fu presentata ad Atene nel 391 a.C; un Aristofane ormai avanti con gli anni ma capace ancora di verbalismi pirotecnici, fa governare la città dalle donne che prendono il potere con l’inganno e applicano il comunismo integrale. La commedia è godibilissima nonostante un linguaggio a volte scurrile ma sempre efficace.

Il  banchetto conclusivo che chiude l'opera e dove partecipano tutti, viene descritto in sette versi senza punteggiatura e senza soluzione di continuità. Indubbiamente richiedeva dagli attori che recitavano grandi abilità verbali e dizione perfetta per riuscire a pronunciarlo correttamente.
A me ora resta il dubbio: lo cucino o lo pronuncio? 

λοπαδοτεμαχοσελαχογαλεο-
κρανιολειψανοδριμυποτριμματο-
σιλφιοκαραβομελιτοκατακεχυμενο-
κιχλεπικοσσυφοφαττοπεριστερα-
λεκτρυονοπτοκεφαλλιοκιγκλοπε-
λειολαγῳοσιραιοβαφητραγα-
νοπτερύγων


credits: foto
Traduzione italiana del banchetto: Corriere della Sera collana "I classici del pensiero libero"
pasticciodiostrichepesci-
conigliosalsapestosilfio-
formaggiomiele-

tordimerlicolombi-
piccionipollicefaliarrosto-
palombicutrettolelepri-
mostardaalucce









linguine al pesto di zucchine chiare e vongole

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Considero le vongole la quintessenza del sapore di mare. Di tutti i molluschi, crostacei e pesci che ho mangiato nella mia vita, e credetemi sulla parola se vi dico che sono tanti tantissimi, un po’ per età e un po’ perché ne sono ghiottissima, sono proprio loro, le vongole, ad avere un ruolo preminente nella mia pallette gustativa.
Senza dubbio perché sono indissolubilmente legate alla mia infanzia e alle nostre gite domenicali al mare. Essendo nata in un sobborgo del Pireo, il luogo di gita al mare era Salamina, isola ben conosciuta ai più per motivi storici.
Il tragitto è breve, non più di mezz’ora di nave, quindi ben adatta a un’escursione in giornata. Noi partivamo la mattina presto per arrivare tra i primi e scegliere l’albero più grande e dalla chioma più fitta per avere tanta ombra nella spiaggia sabbiosa dove andavamo di solito. Stendevamo tovaglie e coperte e mettevamo il pranzo al riparo da formiche e mosche. Noi piccoli correvamo subito al mare per pescare le vongole dal fondale sabbioso. Le mangiavamo sul momento, le aprivamo con un coltellino, spremevamo una goccia di limone e il paradiso era a portata di palato!!!!
Quel profumo e gusto salmastro lo sento ancora; è nelle mie narici, nel mio palato, nella mia testa, indelebile, anche se le vongole crude non le mangio più da molti anni.

Alle vongole crude ho rinunciato ma a un piatto di vongole veraci non rinuncio mai. Che siano semplicemente saltate in padella oppure con la pasta, ne sono sempre e inguaribilmente ghiotta.

La pasta al pesto di zucchine e vongole non è una ricetta della tradizione greca; ci tengo a sottolinearlo! Il pesto nella pasta non appartiene alla nostra tradizione, così come non appartiene la pasta alle vongole. Non che non avremmo potuto concepirlo, non ci mangano nè le vongole nè le zucchine e neppure la pasta, ma non l'abbiamo fatto!!!! Abbiamo fatto molto altro ma non questo!
Detto questo, la ricetta non presenta difficoltà, e tutto sommato serve poco tempo per prepararla, se si esclude il tempo di spurgo delle vongole. Se volete servirla a pranzo, basta mettere le vongole a spurgare la sera prima o la mattina presto; se la servite come cena mettetele a spurgare in tarda mattinata. I tempi di preparazione sono circa 40 minuti e i tempi di cottura tra vongole e pasta circa 20 minuti.
Le vongole per me sono vongole veraci, ma voi potete utilizzare quelle che volete o trovate. Le zucchine sono chiare, meno acquose e più delicate dalle verdi scuro perché venga esaltato il sapore delle vongole.


Ingredienti: (per 4 persone)

  • 500 gr. di vongole
  • 320 gr. di pasta secca lunga (spaghetti, linguine, bavette)
  • 1 spicchio di aglio in camicia
  • 50 ml di vino bianco
  • 2 cucchiai di olio evo
  • 70 gr. di sale
  • scorza di limone
  • qualche fogliolina di  menta fresca per la decorazione finale
Pesto:

  • 2 zucchine chiare (250 gr. circa)
  • 1 spicchio di aglio
  • 8 – 10 mandorle
  • 4 foglioline di menta fresca
  • 3 cucchiai di olio evo
  • pepe nero
Procedimento: (preparazione 40 min. - attesa 6 ore – cottura 20 min.)
Vongole:
Per prima cosa bisogna spurgare le vongole per non rischiare di trovarsi con granelli di sabbia tra i denti. Brrrrrr!!!!!
Controllarle una per una e scartare quelle già aperte o con il guscio rotto che significa che sono morte e rischiano di dare un sapore cattivo a tutto il piatto.
Prendere poi una bacinella di coccio o di ceramica e versare 2 litri di acqua fredda. Aggiungere 70 gr di sale e farlo sciogliere mescolando. Mettere le vongole nella bacinella, coprire e lasciare che spurghino per 6 – 8 ore cambiando l’acqua 2 volte. Se il tempo è caldo, sistemare la bacinella in frigorifero.
Trascorse le 6 – 8 ore, togliere le vongole dalla bacinella, sciacquarle sott’acqua corrente e metterle in uno scolapasta.
Versare 2 cucchiai di olio evo in una casseruola larga e bassa e aggiungere lo spicchio di aglio in camicia schiacciato. Accendere il fuoco, farlo imbiondire e scartarlo. Aggiungere le vongole, versare il vino bianco e coprire con il coperchio. Con il calore le vongole si apriranno. Quando saranno tutte aperte, in genere è richiesto qualche minuto, ritirare dal fuoco. Togliere le vongole sistemandole in un piatto, filtrare il liquido e tenerlo caldo da parte.

Pesto:
Lavare le zucchine, tagliare le estremità e grattugiarle dai fori grossi della grattugia. Salare leggermente e metterle in uno scolapasta per mezz’ora per far perdere liquido di vegetazione.
Sgusciare le mandorle, sbollentarle per 1 minuto ed eliminare la pellicina marrone che a questo punto verrà via subito. Se le vostre mandorle invece sono già sgusciate e senza la pellicina marrone, ovviamente saltate questo passaggio.
Strizzare le zucchine con le mani per togliere ulteriore acqua di vegetazione e metterle nel frullatore insieme alle mandorle, lo spicchio di aglio, un poco di pepe nero appena macinato, le foglioline di menta e l’olio evo. Versare un poco di acqua e frullare fino a ottenere una crema abbastanza densa. Se serve aggiungere un poco ancora di acqua. Mettere in una vasetto o in una ciotola, coprire e tenere da parte.
Pasta:
Far lessare la pasta in abbondante acqua poco salata scolandola quando sarà molto al dente.
Versarla in una casseruola larga e bassa e finire la cottura versando poco alla volta brodo di vongole tenuto da parte. Quando la pasta sarà pronta, aggiungere il pesto di zucchine, stemperare con un poco di brodo di vongole, grattugiare un poco di scorza di limone e mescolare bene.
Unire le vongole, mescolare, decorare con delle foglioline di menta fresca  e servire con del pepe nero e olio evo a parte.

Piatto:il cirmolo



bavette allo spezzzatino / kokkinistò me makaronia

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Lo spezzatino con la pasta è un tipico piatto famigliare per la Domenica che preparo spesso. L’avevo già presentato un po’ di anni fa, qui, praticamente agli albori di questo blog in una versione tradizionale, soprattutto nell’aspetto.
In questa ricetta invece ho fatto delle piccole modifiche per avvicinarlo alla cucina italiana, senza per questo stravolgere e tradire l’essenza del piatto stesso.

Innanzitutto ho omesso l’onnipresente cannella e arricchito il soffritto di sola cipolla come si usa in Grecia, con l’aggiunta di sedano e carota; un battuto all’italiana per intenderci.
Fino a un po’ di anni fa non mi ponevo la questione delle proporzioni degli ortaggi per il soffritto e quando leggevo 1 carota, 1 cipolla e un gambo di sedano, pedissequamente prendevo 1 carota, 1 cipolla e un gambo di sedano incurante delle dimensioni. 
Ora, da parecchio tempo ho capito che le proporzioni sono importanti. Le carote sono dolci, le cipolle hanno un sapore e odore pungente ma tendono ad addolcirsi con la cottura, mentre il sedano ha sapore e odore intenso, equilibrante. Per questo vanno calibrati affinchè il battuto non risulti dolce più del necessario e i sapori siano ben amalgamati. Salvo preparazioni particolari quindi, seguo i le proporzioni classiche, 2:1:1. 2 di cipolla, 1 di carota e una di sedano.

La seconda modifica riguarda le dimensioni della carne. Lo spezzatino classico si intende con carne tagliata a cubetti più o meno grandi. Io sono partita dai canonici cubetti per arrivare allo sfilacciamento della carne una volta cotta. Il risultato finale è veramente ottimo. Il piatto è ben amalgamato e i bocconi praticamente omogenei salvo qualche pezzo di carne più grande qua e là che crea un gradevole movimento in bocca.

Ingredienti: (per 4 persone)
  • 280 gr. di pasta lunga

Spezzatino:
  • 500 gr. di carne di vitello (reale, girello, pesce)
  • 1/2 carota piccola
  • 1/2 costa di sedano
  • 1 cipolla piccola
  • 1 spicchio di aglio
  • 1 bicchiere di vino rosso
  • 250 gr. di polpa di pomodoro
  • 1 foglia di alloro
  • olio extra vergine di oliva
  • una noce di burro
  • sale
  • pepe nero macinato fresco

Finitura:
  • abbondante pecorino romano grattugiato
Procedimento: (preparazione 30 min. – attesa 1 ora - cottura 150 min.)
Togliere la carne dal frigorifero 1 ora prima di cominciare a cucinare e portarla a temperatura ambiente.
Tamponarla con carta assorbente per asciugarla e tagliarla a cubetti piccoli di eguali dimensioni, eliminando eventuali filamenti.
Pulire e pelare la carota, pulire e togliere eventuali filamenti dal sedano, sbucciare la cipolla. Lavare, asciugare gli ortaggi e tritarli molto fini al coltello. Sbucciare lo spicchio di aglio e schiacciarlo.

Se avete una casseruola di coccio usate questa. Altrimenti prendete la pentola dal fondo più spesso che avete.
Mettere la noce di burro e 3-4 cucchiai di olio evo nella casseruola e quando il burro si sarà sciolto aggiungere lo spicchio di aglio. Quando sarà rosolato scartarlo e versare il battuto di verdure. Far stufare a fiamma molto bassa per 20 – 30 minuti. Se vedete che i liquidi cominciano a scarseggiare aggiungete qualche cucchiaio di acqua calda.
Nel mentre, versate un poco di olio evo in una padella e quando sarà molto caldo, rosolate i cubetti di carne. Mettete a rosolare pochi pezzi alla volta, per non rischiare di far abbassare troppo la temperatura dell’olio. In quel caso la carne con i succhi che rilascia anziché rosolarsi praticamente si lesserà ma noi non vogliamo questo. Vogliamo che avvenga la reazione di Maillard e cosa sia e come ottenerla almeno sul lato pratico ormai lo sappiamo tutti!!!
Rosolare ben bene i cubetti di carne da tutti i lati e man mano che sono pronti trasferiteli in un piatto.
Quando saranno tutti pronti e trasferiti nel piatto, lasciando la padella sul fuoco sfumare con il vino. Grattare il fondo con una spatola di legno per staccare la carne attaccata e cuocere fino a ridurre i liquidi di circa la metà.
A questo punto versare il contenuto della padella nella pentola con il soffritto, aggiungere la carne con i succhi che avrà rilasciato e mescolare.
Versare la polpa di pomodoro, unire la foglia di alloro, salare moderatamente e macinare del pepe.

Chiudere con il coperchio e lasciare cuocere finchè la carne non diventi molto tenera. Mediamente 1 ora e mezza, al più due ore sono sufficienti. Mentre la carne sta cuocendo tenete dell’acqua calda a portata di mano e quando vedete che asciughi troppo, aggiungete un mestolo alla volta. Non cadete nella tentazione di aggiungere tutta l’acqua all’inizio cottura. Il sugo che vogliamo ottenere deve essere un poco denso per poter condire adeguatamente la pasta senza che questa risulti acquosa.

Quando la carne sarà tenerissima, assaggiare ed eventualmente correggere di sale tenendo però presente che il formaggio che andremo ad aggiungere è molto sapido.
Scartare la foglia di alloro e sfilacciare la carne; per farlo avete due alternative. O farlo con le mani, oppure fare come ho fatto io, schiacciandola con una forchetta dentro la pentola. La carne ormai è molto tenera e si disfa facilmente. Questa ultima modalità ha due vantaggi. Si evita di sporcarsi e di scottarsi e poi si ottengono pezzi di carne sfilacciata si, ma di dimensioni diverse per un risultato finale tra i denti molto intrigante.

A questo punto si passa a cuocere la pasta. Calarla in una pentola con abbondante acqua salata e lessarla per il tempo indicato sulla confezione. Poco prima del tempo indicato assaggiare e se è quasi pronta, praticamente deve essere parecchio al dente, scolarla tenendo un poco dell’acqua dove è stata lessata.
Versare la pasta nella pentola con il sugo e mescolare. Ultimare la cottura aggiungendo se serve un poco dall’acqua tenuta da parte. Spargere abbondante pecorino grattugiato e mescolare.

Servire come piatto unico accompagnato da verdure di stagione cotte e crude.


pizza al taglio con salame di Lefkada

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La mia affermazione peraltro a più riprese ribadita che non amo particolarmente i salumi, rischia di sembrare non veritiera se il riferimento diventano i salumi greci. Anche questi per la verità non li amo indistintamente, per carità!!!! Di tutta la produzione greca sono quattro o cinque quelli che cerco ogni qualvolta vado in Grecia, perciò non più di qualche volta all’anno!!!
Tra questi rientra il salame di Lefkada, uno dei  prodotti più rappresentativi dell'isola ionica, che a quanto si dice è  stato portato da alcuni  abitanti di un’altra isola; quella di Burano da dove nei secoli passati partirono e approdarono a Lefkada. I salame ben presto è diventato un prodotto tipico il cui consumo si è diffuso in tutto il territorio greco.
E’I salame è  prodotto con carne di maiale macinata, con aggiunta di parti grasse, aglio, sale, grani di pepe, zucchero. Il tutto inserito nel budello e appeso a stagionare per un periodo che va dai 10 ai 20 giorni, secondo le condizioni del tempo. Per la modalità della stagionatura rientra nella classificazione dei cosiddetti “salami aeros”; una categoria che include tutti i salami che per la stagionatura vengono appesi all’aria.

Granatura media, sapore dolce speziato, peso intorno ai 250 grammi sono le sue caratteristiche principali. Tagliato a fette sottili diventa un ottimo mezès per accompagnare un bicchiere di vino o di tsipouro ma è perfetto anche per arricchire una pizza.
Io l’ho utilizzato per la maggiori parte in un plateau di salumi e formaggi e una piccola parte l’ho messo nella ricetta che segue.
La ricetta della pizza in teglia l’ho presa dal sito “Viva la focaccia” adattando le quantità degli ingredienti alle le mie esigenze. E’ una pizza facile, tutto sommato veloce e funziona sempre. L’ho preparata svariate volte senza mai fallare!!!!

Ingredienti: (per una teglia di 25 x 22 cm)
Impasto:
  • 130 gr. di farina per pizza (indicativamente W 220)
  • 90 gr. di acqua
  • 10 gr. di olio evo
  • 3 gr. di sale
  • 3 gr. di lievito disidratato
  • un pizzico di zucchero

Condimento:
  • passata di pomodoro
  • mozzarella fior di latte
  • salame di Lefkada tagliato a fette sottili
  • 1 peperone verde (tipo friggitello) tagliato a strisce
  • qualche pomodorino giallo
  • olio evo

Procedimento:
Scaldare appena l’acqua che deve risultare molto tiepida. Se avete un termometro da cucina misurate la temperatura. Dovrebbe essere 35-36 gradi e non di più se no il lievito muore.

Versare l’acqua in una ciotola capiente e sciogliere dentro il lievito. Aggiungere lo zucchero, l’olio e metà della farina. Mescolare con un cucchiaio di legno oppure una spatola fino a ottenere un impasto uniforme. A questo punto aggiungere il sale, versare il restante della farina, mescolare e impastare dentro la ciotola per 5 minuti.
Quando l’impasto non si appiccica più alle mani, spolverare di farina il piano di cottura e rovesciarlo sopra.

Infarinare le mani e impastare ancora per qualche minuto, finchè l’impasto risulti liscio e senza grumi. Formare una palla, oliare con le mani unte di olio e sistemare dentro una ciotola. Coprire e lasciare lievitare fino al raddoppio. Mediamente 60 – 70 min. sono sufficienti.

Mentre l’impasto lievita, tagliare la mozzarella a dadini e metterla dentro un colino affinchè perda il liquido di governo e risulti asciutta.
Lavare i pomodorini e asciugarli. Tagliarli a metà.

Quando l’impasto è pronto, preriscaldare il forno a 220 - 240 gradi.
Oliare la teglia dove si cuocerà la pizza e adagiare l’impasto. Cominciare a stenderlo sulla teglia spingendolo con le dita, gentilmente, senza tirarlo.
Quando l’impasto sarà ben steso sulla teglia, distribuire sopra la passata di pomodoro, la mozzarella tagliata a dadini, le strisce di peperone, i pomodorini  e il salame.
Fare un giro di olio, Infornare e cuocere per 10 – 12 minuti.

Se volete provare il salame che adoro, lo potete trovare a: Hellinikon, via Casoretto 30A - Milano.



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