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Channel: mangiare greco - cucina greca con tutte le ricette tipiche
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Volos val bene una tappa

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Thanasis Kouziokas è il vincitore del Mediterranean Inspiration 2014! La competizione mondiale  tra i massimi barman del globo organizzata dall’azienda che produce il gin spagnolo Gin Mare, nella sua quarta edizione è stata vinta dal bartender di Volos non senza suspense e dopo aver tenuto parenti e amici con il fiato sospeso.
A Ibiza dove si è tenuta la finale, Thanasis o Sakis come lo chiamano gli amici,  aveva deciso di presentare i suoi cocktails in una cassetta su sabbia, sassolini ed erbe aromatiche di montagna. Ma il bagaglio è stato smarrito a Barcellona e le compagnie non riescono a localizzarlo. Panico;  la mamma prega e prepara la fanouropita (dolce votivo rigorosamente vegan che svela gli oggetti smarriti) e mentre Sakis si rassegna all’idea di non riuscire a partecipare, mezz’ora prima della finale la valigia si trova a Barcellona. Gareggia per ultimo, il tempo che il bagaglio arrivi….


I finalisti partecipano con  tre cocktails di loro ispirazione che riflettono la loro personale interpretazione dello stile mediterraneo: un mediterranean Gin and Tonic, un Red Snapper/Bloody Mary e un cocktail Mare Nostrum, che rifletta i valori del brand  in fatto di stile, di lifestlye,  di gastronomia.
A detta dei giudici, la decisione è stata  più che mai difficile:  Sakis ha vinto per la sua semplicità e nonostante il forte disagio e l’emozione per il bagaglio smarrito è riuscito a restare calmo e concentrato. Ma la cosa più importante è che mostra un grande equilibrio nelle sue creazioni, ha commentato Jorge Balbontin, brand development manager di Vantugard, che include Gin Mare.
Il campione ha vinto € 4.500,00 e  il titolo di “brand ambassador”  rappresentando Gin Mare in 6 eventi l’anno prossimo.
“Sono eccitatissimo, è il frutto di 15 anni di duro lavoro e la prova che non si deve mai smettere o  rinunciare a ciò che si ama. Rappresentare Gin Mare è la mia prossima sfida: è qualcosa di nuovo per me, e sono sicuro sarà molto interessante” dichiarò Kouziokas.
Il secondo posto è andato a Nico Colic del Hotel Rivington and Sons di Zurigo che si è aggiudicato 2.000,’’ euro e rappresenterà il Gin Mare in due eventi e il terzo ad Anna Martinez del Boca Chica di Barcellona con mille euro di premio e la partecipazione a un evento nei prossimi 12 mesi.

Gli altri 6 finalisti erano Russel Downie del Tonic di Edinburgo, Filippo Sisti del Carlo e Camilla di Milano, Ciro Adriano del Georgio of Dvars di Amsterdam, Andre Filipe Do Reis del Talbik di Lisbona, Cordula Langer del Monkey Bar di Berlino e Angel Ramòn Tovar del Pueblo 106 di Messico.

Thanassis Kouziokas lo trovate a Volos,  al Groove Coktail Bar: Koumoundourou 40, tel. +30/2421033032.
Se dovete andare a  Skiathos, Skopelos, Alonissos o ai paesini del monte Pilion, da Volos dovete passare.

Una tappa al Groove  è d’obbligo!



credits: lifo
              thespiritbusiness
              groove coktail bar


un menù speciale per Amal

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L’avvocato Amal Alamuddin,  da poco sposa del più famoso George Clooney è già tornata al lavoro. Un incarico  delicato e complicato, che la vede consulente del governo greco per la restituzione da parte dell' Inghilterra dei fregi  del Partenone, in una disputa che  dura dal 1983 quando  l’ allora ministro della cultura Melina Merkouri ha iniziato la rivendicazione dei marmi esposti  al British Museum di Londra.L’avvocato è arrivata ad Atene con il suo collega Geoffrey Robertson  per un primo scambio di opinioni con  in primo ministro Antonios Samaras e il ministro della cultura Kostantinos Tasoulas. Non sappiamo ancora cosa si siano detti, sappiamo però dove  l’avvocato ha consumato uno dei suoi pranzi durante la sua visita ad Atene. 



Insalata di mare, spigola marinata in olio extra vergine di oliva, filetto croccante di triglia su mousse di melanzane, pesce San Pietro su mousse di sedano rapa e citronette  di vegetali era il menu speciale che al “Varoulko Seaside” a Mikrolimano (Pireo), lo chef Lefteris Lazarou ha curato per Amal, il Ministro della Cultura Kostantinos Tasoulas e il Ministro del Turismo Olga Kefalogiannis.
Un assaggio di quello che è considerato una delle specialità dello chef,  “kritharaki con gamberi del golfo Amvrakikos” era d’obbligo e infatti nessuno si è sottratto!
L’avvocato ha scelto un vino rosso, un Cabernet Katogi Averof 2009.

Per dessert, parfait di formaggi su biscotto al limone e crema di passion fruit e infine caffè greco!

credits: tovima



cake di barbabietole e cioccolato

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Per noi (italiani intendo, mi sdoppio ogni tanto ma questi sono i vantaggi dell’essere expat  e sono specularmente anche  gli svantaggi) sempre di torte si tratta. Che siano dolci o salate, semplice pan di spagna aromatizzato, torte sofficissime di creme e ricoperte di glasse, sempre torte sono. L’unica eccezione riguarda le crostate e qui non c’è  nessuna possibilità di equivoco.
Parlando però di torte,  un’ immensa varietà di preparazioni dolci o salate sono classificate in questa categoria.
Altrove non è cosi, e non  andrò a fare riferimento alla differenziazione tra pie e cake, questo riguarda l’America e gli americani; mentre farò riferimento alle differenze tra torta e cake che riguarda noi greci (guardare la prima frase!).
Con il termine “tourta” (non devo tradurre vero?)  intendiamo una preparazione dolce, con farciture di creme e varie decorazioni e  glassature, di preparazione in genere non casalinga, quelle che si comprano dal pasticcere per farla breve.  Con “cake” invece, termine che si usa in Grecia da quasi sempre,  si indicano le preparazioni dolci  perlopiù casalinghe, in genere prive di farciture e creme, quelle sostanzialmente fatte con uova, farina, burro o olio, zucchero, aromi e poco più anche se ovviamente negli ultimi anni si arricchiscono sempre di più.
Senza equivoci quindi, questo dolce non è una torta ma un cake e di vantaggi ne ha tanti. E’ golosissimo,  si prepara in un vidiri e svidiri per dirla alla Camilleri, ci sono le verdure, è privo di grassi animali che non guasta ogni tanto e si consuma in un amen  e quest’ultimo è l’unico svantaggio!


Ingredienti:
-          300 gr. di barbabietole
-          200 gr. di farina 00
-          50 gr. cacao amaro in polvere
-          50 gr. cioccolato fondente 70%
-          2 uova
-          150 gr. di zucchero
-          100 ml olio di girasole
-          1 ½ cucchiaino di baking powder (lievito chimico senza aggiunta di aromi)
-          scaglie di cioccolato amaro per la decorazione
Procedimento:
Si si ha la fortuna di trovare delle barbabietole fresche, procedere come segue: tagliare  radici e steli, lavarle  bene sott’acqua corrente e cuocerle al vapore finchè non diventino tenere.  Lasciare raffreddare e sbucciare. Altrimenti (come ho fatto io) prendere quelle già cotte e toglierle dalla confezione. Tagliare a pezzi e frullare insieme alle uova e l’olio. Versare il composto in una bacinella.  Se avete paura di macchiarvi le mani con il colore delle barbabietole, mettete dei guanti, ma il colore va via con un paio di lavaggi. Parola di impavida!!!
Sciogliere a bagnomaria il cioccolato e versare nel frullato di barbabietole. Mescolare bene per incorporare il cioccolato.

Setacciare la farina con il cacao e il lievito e versare nel composto di barbabietole. Incorporare con movimenti gentili e lievi e versare il tutto in una tortiera unta con olio. Infornare per 40 minuti a 180 gradi. Togliere la torta dal forno, lasciare raffreddare, capovolgere sul piatto e decorare con le scaglie di cioccolato.




aglio marinato / skordo toursì

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In una tappa di quella che qualcuno con espressione felice definì “la prima crociera documentata della storia”, ossia l’ Odissea, l’eroe protagonista approdò all’isola della potentissima maga Circe. La storia è più o meno conosciuta dai banchi di scuola ma riepilogo:  la maga con i suoi incantesimi trasformò i compagni di Odisseo in maiali e li rinchiuse nel recinto.  Euriloco che scampò il pericolo perché non fidandosi non è entrato  con gli altri nella dimora di Circe ma osservava da lontano, corse da Odisseo e gli raccontò il tutto, esortandolo a partire subito. Odisseo non volle lasciare i compagni al loro destino sciagurato e nonostante i pericoli che ben avvertiva  decise di andare a liberarli. Nel suo cammino incontro il dio Ermes che lo istruì su come trattare la maga per fuggire ai suoi incantesimi. 


“… Farà per te un beverone , getterà nel cibo dei farmaci, ma neppure così ti potrà stregare: lo impedirà il farmaco che ti darò….. “
“…. Detto così , mi pose il farmaco, dalla terra strappandolo, e me ne mostrò la natura. Nella radice era nero e il fiore era simile al latte. Gli dei lo chiamano moly e per gli uomini mortali è duro strapparlo: gli dei però possono tutto…”.
Cosa fosse il molydi cui Omero dà  questa descrizione è  ampiamente dibattuto.  Tra le varie ipotesi spicca quella che si trattasse di una varietà di aglio selvatico. Non è dato da sapere se corrisponda a verità o meno,  ma alla fin fine mi sono detta: e perché no? Le molteplici proprietà benefiche dell’aglio sono risapute, scaccia i vampiri, perché non anche gli incantesimi malefici della maga?
Così, io che subisco il fascino dell’Odissea da sempre e l’avrò letta almeno una decina di volte  nella mia vita mi sono subito data da fare!!!


Ingredienti:
-          3 teste di aglio e se lo troviamo fresco tanto meglio
-          1 bicchiere di vino bianco
-          1 bicchiere di un buon aceto bianco
-          1 foglia di alloro
-          5 bacche di ginepro
-          1 peperoncino rossi piccante tagliato a strisce
-          1 pizzico di sale
-          olio per conservare (io ho usato olio di girasole volendo sapore e profumo quasi neutri)
Procedimento:
Sbucciare l’aglio. In un pentolino mettere a bollire tutti gli ingredienti  tranne l’olio. Quando il liquido bolle versare gli spicchi di aglio e contare un minuto e mezzo di bollitura. Spegnere il  fuoco e lasciare raffreddare completamente l’aglio  nel liquido. Togliere gli spicchi con la schiumarola, trasferirli in un vasetto sterilizzato con la foglia di alloro e le spezie, rabboccare con l’olio, tappare e conservare in frigorifero.
Da usare come si usa l’aglio crudo. E’ molto più digeribile, l’odore non è pungente e a mio gusto personale  sulle bruschette ci sta divinamente!





colache / zucca mexican style

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Volessi cucinare come gli antichi greci o romani cosa userei?  Non ho mai sperimentato  con intenzione,  pur essendo convinta  che l’argomento merita di essere approfondito, quindi non so se per ignoranza o superficialità avrei  usato  prodotti che all’epoca non esistevano, o meglio, esistevano ma in altri luoghi. So però con certezza che non potrei utilizzare zucche (a proposito quando i conquistadores arrivarono nelle Americhe e videro le zucche pensarono fossero delle varietà di meloni, ecco perché il nome pumpkin  come spiegato qui), dicevo insomma non utilizzerei zucche, pomodori, mais, patate, peperoni, cacao, vaniglia… per parlare soltanto di quelli che ormai  sono  parte imprescindibile della nostra alimentazione, tanto che credo siano in tanti a  pensare che  si tratti di  prodotti autoctoni.
L’import-export va insieme si sa, e se l’import ci ha regalato queste meraviglie, l’export ne  ha regalato ai nativi americani  delle altre, portate dai coloni:  agrumi, mele, albicocche, cavoli, carciofi, fichi, lenticchie per citarne soltanto alcune.
Una  sorprendente conseguenza è che a nostra insaputa, a mia nella fattispecie, ma  più che a insaputa dovrei  usare l’espressione non intenzionalmente , si preparano pranzi “a tema”.
Come quello che ho preparato io qualche giorno fa: “nativo americano”! Tacchino (anche questo è di origine americana) arrosto,  accompagnato da questo contorno che  ho visto qui e incuriosita ho fatto qualche altra ricerca. Tutte le ricette più o meno indicano le stesse cose  con  l’unica eccezione della zucca: in parecchie appare la zucchina, ma essendo in autunno con le zucche in tutto il loro splendore,  mi sono risparmiata l’imbarazzo della scelta!

  
Ingredienti:
-          1 kilo di zucca (pulita)
-          100 gr. di chicchi di mais  (io ho usato quello pronto in barattolo)
-          1 piccolo peperone verde
-          6/7 pomodorini tipo ciliegino o  datterino
-          1 spicchio di aglio in camicia
-          1 cipolla media tritata
-          2 cucchiai di olio di mais (quando ci vuole ci vuole!)
-          peperoncino piccante a piacere
-          qualche grano di coriandolo pestato nel mortaio
-          sale
Procedimento:
Lavare la zucca, asciugarla e tagliarla a dadini di circa 1 cm. per lato. Lavare il peperone, asciugarlo, tagliare il picciolo, togliere semi e filamenti e tagliarlo a dadini di circa mezzo cm.
Lavare i pomodorini e con un coltello affilato incidere una croce sulla base (la parte opposta del picciolo). Sbollentarli per un minuto, trasferirli in acqua fredda,  sbucciarli e tagliarli a strisce.
Versare l’olio in una padella capiente (io ho usato la wok) e soffriggere leggermente l’aglio. Toglierlo quando sarà dorato e versare la cipolla. Lasciare stufare dolcemente a fiamma bassa  e aggiungere  i dadini delle verdure.  Insaporire, salare, aggiungere il peperoncino  e il coriandolo, coprire e lasciare stufare a fuoco dolce.  La zucca contiene molta acqua, quindi non dovrebbe esserci bisogno di aggiungerne, ma meglio controllare e aggiungerne un poco di acqua calda se vediamo che asciughi troppo. Quando la zucca sarà diventata morbida ma ancora al dente (circa 20 minuti di cottura) unire il mais e i pomodorini tagliati a strisce. Mescolare, regolare di sale  e lasciare cuocere ancora per 5 minuti.
Ritirare dal fuoco e decorare con qualche fogliolina di coriandolo fresco. Io non l’ho trovato fresco  e la mia piantina mi ha abbandonata !!! L quindi ho messo un poco di prezzemolo che ci va dappertutto!
Per 4.




sull'Arca

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Noè è stato il primo della storia conosciuta a salvare la biodiversità dal cataclisma e dalla conseguente sparizione. Non so se veramente Dio in persona lo avvertì  dell’ imminente diluvio universale e lo esortò a costruire l’Arca, non so nemmeno se fu veramente una grande imbarcazione  a mettere in salvo persone, animali e sementi per ripopolare la terra quando la catastrofe sarebbe conclusa. Leggendo però la Bibbia con uno sguardo diverso, capisco che non si tratta di favole, capisco che tutto è vero, e che molto probabilmente sarà destinato a ripetersi, con modalità forse diverse, ma  bisogna cominciare a costruire Arche e provare almeno, di salvare sia la biodiversità che culture e gesti antichi che si ripetono uguali nei secoli, a volte nei millenni.
Per i sementi ci pensa  lo  Svalbard Global Seed Vault, in Norvegia, a mille chilometri dal Polo Nord;  una gigantesca cassaforte che conserva a 18° sotto zero dei sementi. Grano, patate, melanzane, riso, fagioli e molto altro ancora; centinaia di migliaia di sementi blindati  e conservati a 18° sotto zero per salvare la biodiversità e garantire la sopravvivenza in caso di guerre o cataclismi. Gli esperti garantiscono che a quelle temperature i sementi  possono sopravvivere anche per 20.000 anni. La “banca del germoplasma” , come si chiama il progetto è finanziato da governo norvegese e sostenuto dalla FAO.
A livello nazionale sono molti i paesi, tra cui anche l’Italia,  che hanno la loro propria banca per la conservazione dei semi.
Sul piano culturale invece, prodotti secolari se non millenari  che rischiano di scomparire definitivamente perché a bassa resa, non economici, salgono sull’ “Arca del Gusto”  della Fondazione Slow Food che raccoglie da tutto il mondo e segnala il rischio di estinzione  di razze animali, frutti  e verdure, prodotti caseari, salumi, pani.
Nella cartina interattiva qui, si possono vedere tutti i prodotti  a rischio estinzione saliti sull’ “Arca del Gusto”.   Io, per essere coerente con la mission del blog, segnalo  con un piccolo riassunto quelli greci, che sono:


Mavrotragano
Se associamo un vino a Santorini, quasi sicuramente è bianco, e probabilmente sarà un Assyrtiko. Ma l’isola ha anche il mavrotragno, vitigno a bacca rossa, che dai 350 ettari che si coltivavano negli anni ’50 è passato ai 140 attuali. Chicchi piccoli, grappoli di media grandezza, raccolta a mano rendono poco economica la coltivazione di questa varietà che dà un vino di colore violaceo, fruttato, di spiccata tannicità.


Niotiko
Un altro prodotto da un’altra isola cicladica. Il formaggio “niotiko” che significa semplicemente “di Ios” è un formaggio di latte crudo caprino con aggiunta di latte di pecora. La semplice tecnica di rompere la cagliata con un rametto di legno, raccoglierla e sistemarle nelle formelle, salare e lasciare stagionare, dà come risultato un formaggio di colore paglierino con fori fini, dal sapore ricco e pastoso, leggermente piccantino.


Oliva Hamada
L’oliva di Samos che prende il suo nome dalla parola “hamo”, per terra. Una volta maturata, l’oliva ha un colore marrone ed è piccola; può essere raccolta da terra e consumata subito, senza ulteriori lavorazioni. La raccolta non è facile, bisogna raccogliere le olive da terra tra la vegetazione alla base dell’albero, selezionare con attenzione e separarle dalle altre olive di colore verde o nero.
Sono molto richieste ma prodotto in piccole quantità, destinate perlopiù a uso domestico.


Fiore l’olio acerbo (Anthos agourelaiou)
La raccolta delle olive Koroneiki viene fatta a mano quando le olive sono ancora acerbe e l’olio viene estratto a freddo in assenza totale di calore. Le olive vengono schiacciate  con delle pietre rotanti e lavorate in una pasta per poi essere schiacciate con una pressa tradizionale.
L’olio e gli scarti vengono versati in barili di acciaio inox dove il fiore dell’olio acerbo è raccolto a mano. E’ un procedimento tradizionale ma molto laborioso e di bassa resa.

Salsiccia di Metsovo
La salsiccia è legata alla cultura locale di un’area montagnosa,  ricoperta di foreste di querce, adatta all’allevamento semi selvatico di maiali.  Solo un’azienda attualmente produce questa salsiccia e anche la preparazione domestica sta scomparendo.

Thermiotiko tyri
La preparazione di questo formaggio dell’isola di Kythnos è la medesima da millenni. E’ un formaggio caprino, il latte viene da capre che si nutrono di erbe locali. Raffinato e costoso, è citato da Aristotele nella “Storia degli animali”. Plinio decantava il candore e il sapore delizioso. Durante il periodo romano l’intera produzione veniva spedita a Roma.  Vi ha convinto?
A rischio estinzione perché sono ormai poche persone che conoscono la tecnica di produzione e spesso lo producono per autoconsumo.



Xinotyri di Naxos
Un altro formaggio a rischio estinzione. In un paese  dove ogni isola (isola significa isolato in origine, giusto?)  in epoche passate doveva essere autosufficiente  e dove le isole sono tante, è naturale che ci siano tanti formaggi quante isole. Non dimentichiamoci tra l’altro che i greci  con i loro 24 kg di consumo pro capite di formaggio, probabilmente ne sono i maggiori consumatori.
E’ un formaggio prodotto sulle montagne con il latte crudo di capre e pecore allevate a pascolo.  Di pasta bianca che con il tempo diventa gialla paglierina, senza crosta ma con una buccia sottile di note persistenti di erbe amare.


 Credits: foto di apertura
               fondazione slow food
               focus
               newwinesofgreece
               e-kyklades
               elialadi

trahanas al broccolo romanesco

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Di grandi certezze ormai non possiamo disporre. Le carte in tavola sono scompigliate, resta da vedere come saranno ridistribuite, le certezze di ieri  sono la speranza  di oggi e l’utopia di domani. D’altronde vita e certezze sono un ossimoro ma non è necessariamente un male.
I valori fissi non ci sono più, il posto fisso non c’è più, l’abbiamo sentito confermare anche dalla politica semmai ci fosse bisogno che ce  lo dicessero perché ce ne accorgessimo!!!! e quindi meglio prepararsi: flessibilità e resilienza sono parole molto attuali, molto usate e quasi inflazionate, ma  sicuramente rientrano tra le  qualità che servono per vivere e non accontentarsi di sopravvivere!
Ma se tante certezze sono sparite, altrettante restano: il sole sorge ogni mattina e tramonta ogni sera, le stagioni si susseguono, a Natale a casa mia si mangia il tacchino, in autunno appaiono le caldarroste e con i primi freddi  io  preparo il trahanas che è  considerato  più invernale che estivo o primaverile.


Per questa ricetta ho utilizzato il broccolo romanesco che adoro per il suo colore verde brillante e la sua forma  affascinante.


Ingredienti:
-          150 gr. di trahanas acidulo
-          1 broccolo romanesco
-          1 porro tritato (soltanto la parte bianca)
-          mezzo bicchiere di vino bianco
-          40 gr. di burro
-          1 piccolo peperoncino verde piccante tritato
-          brodo vegetale
-          sale


Procedimento:
Eliminare le foglie del broccolo romanesco e staccare le cimette. Lavarle sott’ acqua corrente e cuocerle al vapore per 15/20 minuti. Frullare grossolanamente con un giro di frullatore.
Tenere pronto il brodo vegetale bollente. In una casseruola  scaldare  i tre quarti del burro e soffriggere  a fuoco basso il  porro insieme al peperoncino. Versare il trahanas e tostare come si fa con il risotto.  Sfumare con il vino bianco, alzare la fiamma per far evaporare l’alcool  e dopo un minuto  versare tanto brodo bollente quanto serve per coprire il trahanas. Cuocere per circa 10 minuti e unire il broccolo romanesco cotto al vapore. Mescolare, salare leggermente  e lasciare cuocere ancora per 5 minuti. Controllare i liquidi, se serve aggiungere ancora un poco di brodo. Verso fine cottura aggiustare di sale.  Ritirare dal fuoco e mantecare con il burro rimanente. Coprire, lasciare riposare un paio di minuti e servire.

Il formaggio non lo metto nella specifica preparazione. Ma volendolo aggiungere, potete sbriciolare un poco di feta in fase di mantecatura, formaggio che in Grecia si abbina con il trahanas dalla notte dei tempi. In tal caso, stare attenti con il sale essendo la feta un formaggio molto saporito.




risotto con i funghi / ριζοττο με μανιταρια

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 Nα μιλησουμε λιγο για το ριζοττο με μανιταρια?  Θελετε?  Δεν θα πω λεξη ασφαλως για το τι ειναι το ριζοττο, απο που προερχεται και ποια ειναι η τεχνικη του μιας που ειναι  ενα απο τα πιο  δημοφιλη και εξαγωγησιμα ιταλικα πιατα ανα τον κοσμο εαν εξαιρεσουμε τα ζυμαρικα και την πιτσα.  Την τεχνικη τωρα πια  την γνωριζουμε ολοι,  λιγο πολυ. Εξ αλλου ειναι ευκολη και η περιγραφη.  Καβουρντιζουμε το ρυζι, ριχνουμε κουταλα κουταλα τον ζωμο μεχρι να ψηθει το ρυζι.

Aκριβως ετσι γινεται, αλλα επειδη ο διαβολος κρυβεται στις λεπτομερειες , ας δουμε μερικες απο αυτες τις λεπτομερεις  και την δικη μου βερσιον, ετσι οπως κατεληξα μετα απο 35 χρονια ζωης στην βορεια Ιταλια.
Κατ αρχην το ρυζι.  To καρναρολι ειναι το πιο φημισμενο  και οχι αδικα μιας και  σχεδον  παντα εξασφαλιζει ενα καλο αποτελεσμα.  Η ποικιλια αυτη ειναι σχετικα καινουρ για, γεννηθηκε το 1945 απο διασταυρωση του vialone και του lencino  αλλα εδραιωθηκε ως κατ εξοχην ρυζι για ριζοττο κατα την δεκαετια του  80 κλεβοντας την πρωτια απο το αρμποριο, αλλο καταλληλο  ρυζι για ριζοττο. Αυτο το τελευταιο γεννηθηκε περιπου 40 χρονια πριν το καρναρολι  απο τον καβαλιερε Domenico Marchetti  και για πολλα χρονια σχεδον μονοπωλησε την αγορα,  μεχρι που εμφανιστηκε ο αντιπαλος  του  και του πηρε την πρωτια.  Το τριτο ειναι το vialone nanoπου  ασυζητητι το  προτιμουν οι σκληροπυρηνικοι της βορειοανατολικης Ιταλιας. Parboiled, basmati κλπ. ουτε καν μας περνανε απο το μυαλο  εαν ετοιμαζομαστε  για ριζοττο,  τελεια για αλλες παρασκευες αλλα σιγουρα οχι για ριζοττο  και ακριβως για αυτον τον λογο δεν τα αναφερω σαν πιθανοτητα.


Τα μανιταρια ειναι το δευτερο υλικο που πρεπει να ειναι αριστο.  Παντα και αποκλειστικα πορτσινι, φρεσκα η αποξηραμενα, ολα τα αλλα μανιταρια ειναι συμβιβασμοι.   Προσωπικα, εαν εχω την τυχη να μου φερουν  φρεσκα πορτσινι , χρησιμοποιω τα πιο μεγαλα για να φιαξω το ριζοττο, τα πιο μικρα τα τρωμε στο λεπτο ωμα, σε σαλατα!  Παντα εχω  στο ντουλαπι μου αποξηραμενα που με προμηθευει ο πατερας της κορης μου! Μαζεμενα, καθαρισμενα και αποξηραμενα απο τον ιδιο!  Πιο ιδανικο δεν γινεται!
Ζωμος, και εαν ναι, τι ζωμος? O GualtieroMarchesi τονιζει  οτι εαν εχουμε αριστες  πρωτες υλες  δεν χρειαζεται ζωμος  για το ριζοττο. Μονο καυτο νερο. Εγω χρησιμοποιω εναν ελαφρυ ζωμο λαχανικων, αυτον που περιγραφω πιο κατω, στην συνταγη.
Βουτυρο η λαδι?  Το ριζοττο θελει βoυτυρο, αν και μερικοι χρησιμοποιουν ελαιολαδο  για το σωταρισμα και βουτυρο για την mantecatura. Εγω βουτυρο, αποκλειστικα βουτυρο!   Φυσικα σπορελαια και μαργαρινες ειναι off limits.
Κρεμμυδι ναι η οχι? Eαν ναι οπως και για εμενα, το κρεμμυδι δεν πρεπει να ειναι  απλως ψιλοκομμενο, πρεπει να ειναι λειωμενο. Με το μαχαιρι. Οχι μπλεντερ, για ονομα του Θεου!  Για κανεναν λογο δεν πρεπει να αισθανθουμε την υφη του στα δοντια μας.  Στο πιατο  οροσημο  “ριζοττο με φυλλο χρυσου” ο Δασκαλος του ριζοττο Gualtiero Marchesi  φιλτραρει   με chinoisτο βουτυρο οπου εχει σωταρει το κρεμμυδι  για να εξαλειψει τυχον κομματακια κρεμμυδιου που ηδη εξαλλου εχει  δωσει τις γευστικες τους ιδιοτητες στο βουτυρο.  Εδω ξαφνικα αισθανομαι gourmand απο κουνια!   Διοτι, και η μαμα μου το θυμαται  ακομη καλα, οταν ημουν μικρη εβγαζα απο τα κεφτεδακια, τους κεφτεδες και τα μπιφτεκια,  ενα ενα τα κομματακια κρεμμυδιου που δεν μπορουσα με κανεναν τροπο να φαω. Δεν ηταν το κρεμμυδι φυσικα που εξαλλου λατρευω, ηταν υφη και η αισθηση στα δοντια που με χαλουσε! 
Κρασι ναι η οχι?  Για εμενα ναι, και αν και το ξερω οτι θα με αποπαρουν πολλοι, εγω βαζω ενα ελαφρυ κοκκινο κρασι  αποκλειστικα  για χρωματικους λογους!  Δινει στο ριζοττο μια γηινη αποχρωση που ταιριαζει πολυ με τα μανιταρια. Αιρεσια ναι, συμφωνοι,  αλλα οι αιρεσιες τι ειναι στην πραγματικοτητα? Σκεψη απελευθερωμενη απο δογματα!!!!
Και τωρα στο επιμαχο σημειο. Ανακατευουμε η οχι το ρυζι? Tα στρατοπεδα ειναι δυο. Αυτων που ανακατευουν συνεχως  και μανιωδως, και των αλλων που αρκουνται σε ενα ελαφρυ ανακατεμα στην αρχη και σε ενα στο τελος.  Εγω περασα στο δευτερο στρατοπεδο με ενα τεραστιο αλμα τα τελευταια 5 χρονια.  
Οπως ηδη καταλαβατε οι εκδοχες ειναι πολλες, τα στρατοπεδα επισης, οποτε η τελικη  και αναμφισβητητη συνταγη μαλλον δεν υπαρχει. Οποτε οι πειραματισμοι για να βρει ο καθενας την δικη του τελεια εκδοχη ειναι μαλλον μονοδρομος.

Yλικα:
-          4 χουφτιτσες ρυζι καρναρολι (η αρμποριο)
-          40 γρ. αποξηραμενα μανιταρια πορτσινι
-          30 γρ. βουτυρο
-          1 κρεμμυδι ασπρο ψιλοκομμενο
-          μισο ποτηρακι  κρασι
-          ζωμος λαχανικων
-          αλατι
-          ασπρο πιπερι φρεσκοτριμενο
-          μαιντανος ψιλοκομενος
-          λιγο  τυρι τριμενο  / γκρανα παντανο η παρμιτζανο ρετζανο
Διαδικασια:
Βαζουμε τα αποξηραμενα μανιταρια σε μπωλ  και τα σκεπαζουμε με λιγο χλιαρο νερο για μιση ωρα.  Τα στραγγιζουμε και τα κοβουμε με μαχαιρι  σε κυβακια και εαν μας αρεσει αφηνουμε και κανενα πιο μεγαλο.   Φιλτραρουμε το νερο και  περναμε σ τον ζωμο λαχανικων.  Βαζουμε στην φωτια ενα λιτρο νερο, ριχνουμε μεσα ενα μεγαλο  καροτο κομενο στα δυο,  ενα κλωναρι σελινο, ενα κρεμμυδι ασπρο, κλωναρια μαιντανου, μια  φρεσκια μικρη ντοματα κομενη στα δυο,  το νερο των μανιταριων  και  το αλατι.  Αφηνουμε να βρασει για 20 λεπτα και χαμηλωνουμε την φωτια. Ο ζωμος μενει στην φωτια και  σιγοβραζει ανεπαισθητα καθ ολη την διαρκεια της ετοιμασιας του ριζοττο.
Ενω ετοιμαζεται ο ζωμος περναμε στο καβουρντισμα του ρυζιου.  Σε αντιθεση με τις αλλες φορες, αυτην την φορα δοκιμασα εναν διαφορετικο τροπο. Αντι δηλαδη να σωταρω το κρεμμυδι  με το βουτυρο οπως συνηθως κανω, και μετα να προσθεσω το ρυζι και να το καβουρντισω, πηρα ενα αντικολλητικο τηγανι και χωρις καμια λιπαρη ουσια  και αφου το ζεστανα στην φωτια, καβουρντισα το ρυζι για 1 λεπτo.  Σε ατσαλινο σκευος με βαρυ πατο ελειωσα το μισο βουτυρο και σωταρισα το πολτοποιημενο κρεμμυδι. Εριξα και ελαχιστο ζωμο απο τα λαχανικα και  το αφησα για δυο λεπτα πριν περασω στο επομενο σταδιο. Προσθεσα το καβουρντισμενο ρυζι, το ανακατεψα  με ξυλινο κουταλι  με  ελαφρες κινησεις  και μετα εριξα  το κρασι.  Εντελως αυθαιρετα εβαλα κοκκινο κρασι, κανεναν δεν θα ακουσετε να βαλει στο ριζοττο με μανιταρια κοκκινο κρασι, μερικοι ουτε καν βαζουνε κρασι για να μην θορυβησουν την ντελικατη γευση των μανιταριων.  Γιατι εβαλα κοκκινο?  Μα για το χρωμα φυσικα!!! Γιατι το ριζοττο παιρνει ενα ωραιο  γηινο χρωμα που κατ εμε ταιριαζει με τα μανιταρια.....!!! Τελος παντων εριξα το κρασι, κουνησα λιγο το σκευος για να παει  παντου και μετα απο ενα λεπτο  προσθεσα   τα μανιταρια και την πρωτη κουταλα απο τον ζωμο. Ανακατεψα αναλαφρα με το ξυλινο κουταλι  και μετα το εβαλα στην ακρη. Το κουταλι εννοω! Απο πολλους θα ακουσετε οτι για να φιαξουμε  ριζοττο  πρεπει να ανακατευουμε και ανακατευουμε και ανακατευουμε συνεχως....  Ασφαλως ειναι μια  εδραιωμενη διαδικασια, αλλα  πολλοι σεφ συμφωνουν οτι το ριζοττο ΔΕΝπρεπει να ανακατευεται για να μην σπασουν οι κοκκοι και διαρευσει  το αμυλο. Εαν το σκευος ειναι καλης ποιοτητας και η φωτια χαμηλη, δεν προκειται να κολλησει στον πατο. Παρ ολα αυτα, εαν δεν μπορειτε να νικησετε τον πειρασμο, να ανακατεψετε με αναλαφρες κινησεις. Μολις δουμε οτι απορροφηθηκε ο ζωμος, προσθετουμε μια αλλη κουταλα ζωμο   και ουτω καθεξης μεχρι να περασουν τα 15  εως 18 λεπτα που συνηθως χρειαζονται για να ψηθει το ρυζι καρναρολι. Στην συσκευασια συνηθως αναφερεται ο χρονος ψησιματος του ρυζιου που αγορασαμε και μπορουμε να προσανατολιστουμε σε γενικες γραμμες, αλλα φυσικα ο μονος εγκυρος τροπος ειναι να δοκιμασουμε και να ξαναδοκιμασουμε. Φροντιζουμε τα τελευταια λεπτα να ριχνουμε λιγοτερο ζωμο, για να μην κινδυνευσουμε να  εχουμε στο τελος το ρυζι ετοιμο αλλα με πολλα υγρα, σχεδον σαν σουπα. Το τελειο ριζοττο πρεπει να ειναι “allonda/στο κυμα”.  Που σημαινει οτι εαν κουνησουμε το σκευος πρεπει να κυματιζει, να μην στεκεται σταθερο.  Λιγα λεπτα πριν το τελος ελεγχουμε το αλατι και εαν χρειαζεται αλατιζουμε.
Τραβαμε το σκευος απο την φωτια, και  κανουμε αυτο που λεγεται mantecatura, δεσιμο. Δηλαδη μακρια απο την φωτια ριχνουμε το υπολοιπο βουτυρο και το τριμενο τυρι. Ανακατευουμε με ελαφρες κινησεις και σκεπαζουμε  με το καπακι. Αφηνουμε να ξεκουραστει  3  λεπτα και σερβιρουμε με ασπρο πιπερι φρεσκοτριμενο και λιγο μαιντανο ψιλοκομενο. Εαν θελουμε το ριζοττο πιο ζουμερο, ριχνουμε  και μια κουταλια καυτο ζωμο.
Για 2.


L’autunno ha i suoi riti: andare a funghi, pulire i funghi, fare la polenta con i funghi, mettere sott’olio i piccoli e  far seccare i grandi.
Andare a trovare la mia amica L. in montagna dove vive in  una casa a ridosso del bosco è stato per tanti anni  uno dei riti autunnali. “Cosa cuciniamo oggi”? chiedeva e subito dopo rivolgendosi al marito: “vai a prendere qualche fungo per favore”. Il marito usciva e poco dopo tornava con dei funghi freschi nel cestino. La prima volta ho pensato che li andasse a compare, ma non era così. Faceva una passeggiata al bosco e li raccoglieva!!!
Non so se  ancora  adesso se ne trovino così tanti, sono parecchi anni che non ci vado, ma i funghi non mi mancano mai. C’è sempre qualcuno cha mi regala vasetti  di funghi sott’olio e porcini secchi!
Il risotto con i funghi rientra tra i riti autunnali da tanti anni.  Con funghi freschi o secchi , segna l’arrivo definitivo dell’autunno e l’imminente arrivo dell’inverno!

Ingredienti e procedimento:
Mettere in ammollo in acqua tiepida per mezz’ora  40 gr. di porcini secchi.  Strizzare e tagliare a pezzetti. Preparare un brodo di verdure: in un litro di acqua mettere una carota grande tagliata in due, un gambo di sedano,  una cipolla bianca, qualche rametto di prezzemolo, un piccolo pomodoro tagliato in due, l’acqua dei funghi e del sale. Far bollire per venti minuti e tenere su fuoco bassissimo, il brodo deve sobbollire per tutta la durata della preparazione del risotto.
Tritare al coltello una piccola cipolla bianca fino a ridurla in poltiglia. Nella casseruola di acciaio  a fondo pesante far sciogliere 15 gr. di burro e unire la cipolla con un cucchiaio del brodo.  Cuocere a fiamma molto bassa per qualche minuto. Mentre la cipolla soffrigge, tostare  scaldare sul fuoco una pentola antiaderente e senza aggiunta di grassi, tostare  4 pugnetti di riso carnaroli per 1 minuto. Versarlo nella casseruola con il burro, mescolare delicatamente  con un cucchiaio di legno e sfumare  con mezzo bicchiere di un vino rosso leggero. Lasciare evaporare l’alcool e aggiungere i funghi insieme a un mestolo di brodo.  Mescolare con movimenti leggeri e posare il cucchiaio di legno. Fino a fine cottura non serve più.  Aggiungere un mestolo di brodo quando il riso sta per asciugarsi, agitando ogni tanto la casseruola. Il riso non attacca. Sul serio!!!
Dopo circa 15 minuti di cottura del riso, aggiustare di sale e quando il riso è pronto ritirare dal fuoco. Mantecare con 15 grammi di burro e del grana padano grattugiato. Coprire, lasciare riposare per 3  minuti e servire con del pepe bianco macinato fresco e del prezzemolo tritato. Se lo si desidera più brodoso, aggiungere un cucchiaio di brodo in ogni piatto.
Per 2.





stinco di maiale alla birra ovvero come ti preparo un piatto succulento con un euro e poco più

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Ma le macellerie sono a rischio estinzione oppure  si sono già estinte? Mi sono posta la domanda già qualche anno fa, quando la storica macelleria del mio  quartiere ha ceduto il posto a un bistrot  che ha cambiato pressochè in modo definitivo la conformazione del vicinato.   Da allora so dove andare a bere l’aperitivo restando nelle vicinanze della casa, ma se devo comprare della carne devo decisamente spostarmi. L’alternativa del supermarket spesso è valida, soprattutto quando ha un bancone macelleria con dietro il macellaio che taglia, affetta e macina, ma quasi sempre ha soltanto  i tagli più richiesti, quelli di prima e seconda scelta. Non so se comprano le carcasse intere oppure le mezzene, oppure soltanto alcuni pezzi scelti, ma non riesco a spiegarmi  perché è così faticoso trovare dei  tagli “poco nobili”. Poveri animali…..

Poi è arrivata la crisi!!! E con questa  si stanno verificando dei cambiamenti epocali!  Sono comparsi prodotti che mai prima avevo visto in vendita: croste e sticks di parmigiano, strani  pesci  nostrani talmente dimenticati da sembrare quasi esotici, tagli di carne abbandonati e snobbati ed è così che ho trovato il mio stinco di maiale!
Costo? Un euro e 98 centesimi!


Ingredienti e preparazione:
Togliere lo stinco di maiale dal frigo e portarlo a temperatura ambiente. Io ho tolto un po’ di grasso esternamente perché veramente ne ha parecchio. Dopodichè ho messo lo stinco in una teglia piccola, giusta per contenerlo e ho distribuito qua e là qualche bacca di ginepro. Ho pestato nel mortaio dei grani di pimento e del pepe rosa e  li ho mescolati con del sale e  dei semi di senape. Ho versato sullo stinco una lattina di birra lager a temperatura ambiente,  questa, anzi se volete la sua storia eccola qui


avendo cura che andasse a bagnare tutte la superficie e ho cosparso sopra il misto di spezie.
Ho scaldato il forno a 200 gradi, modalità statica, e ho infornato. Ho cotto per 2 ore, girando 2 volte. La prima dopo un’ora di cottura, la seconda nell’ultimo quarto d’ora. Ultimata la cottura ho tolto la teglia dal forno, ho posizionato lo stinco sul tagliere coprendolo con la stagnola  e l’ho lasciato a riposare giusto il tempo che mi è occorso per versare il fondo di cottura in un tegamino e farlo restringere  per utilizzarlo come salsa di accompagnamento.
Di contorno, patate e zucca arrostite e mouse di mele.  

Per 2.
Dimenticavo! La ricetta l'ho vista quie l'ho copiata!




dolce mattino

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Da qualche tempo ho preso l’abitudine di portare un toast in ufficio per la pausa pranzo. Niente di particolare, il classico e noioso prosciutto con formaggio oppure arrosto di tacchino con foglia di lattuga et similia! Ergo per cui  ultimamente ho sempre del pancarrè a casa mia che utilizzo variabilmente per tramezzini, tartine, toast dolci come questo che ho letteralmente divorato e ho promesso a me stessa che mai più  farò, almeno 500 calorie  ingurgitate in 5 minuti!!!!  



Ingredienti e preparazione:
Prendere 2 fette di pan carré integrale. Spalmare su di una uno strato abbondante di ricotta vaccina, spargere del cioccolato amaro al 70% grattugiato e far colare  un cucchiaino di un miele delicato come quello di acacia.  Coprire con l’altra fetta di pane. Scaldare una noce di burro in un  padellino e far dorare il toast da tutt’e due i lati.

Mangiare caldo accompagnato da un caffè americano nero!


Visto e copiato da qui!



torta rovesciata di cachi

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 “Accidenti! Ma come fai a mangiare i cachi acerbi? Non legano?”  Ho chiesto alla mia collega un anno fa quando l’ho vista addentare un caco come se fosse una mela. Davanti al computer! Pessima abitudine questa  di mangiare davanti al computer sbrigando le mail inevase; a dire il vero  nemmeno io mi salvo!
“E’ un persimmon”.  Mi risponde.   E al mio sguardo stralunato: “te ne porto qualcuno domani” e detto fatto, il giorno dopo arrivò in ufficio con alcuni  persimmon.
Vero che generalmente  a livello istintivo  i prodotti che compriamo sono quelli  rassicuranti che conosciamo da tempo, quelli che fanno parte da sempre delle nostre abitudini alimentari e per discostarsi e comprarne dei nuovi serve sempre un richiamo mentale.  Dei persimmon difatti  pur essendomi piaciuti tanto me n’ero quasi dimenticata;  mi sono tornati in mente quando ho risfogliato uno dei primi numeri della rivista  di Jamie Oliver, edizione italiana, in un capitolo dedicato alla cucina greca.
Per questa torta lui ha usato le mele cotogne che avendo  vita breve nel mercato milanese quando le ho cercate non le ho trovate.  Ho utilizzato quindi i cachi mela, altro frutto autunnale per eccelenza, che si è rivelato una grande sorpresa ben consone a questa torta.
Da servire  con dello yogurt  greco come suggerisce Oliver oppure con una pallina di gelato allo yogurt  come suggerisco io!
PS.  Della ricetta di Jamie ho salvato l'idea e gli ingredienti (salvo il frutto) ma in proporzioni diverse.


Ingredienti:
-          1 caco mela
-          130 gr. di burro + un poco per imburrare le pareti della tortiera
-          270 gr. di zucchero
-          1 arancia possibilmente non trattata
-          2 uova
-          170 gr. di farina 00
-          2 cucchiaini rasi di baking powder (lievito chimico non vanigliato)
-          ½ cucchiaino raso di cannella in polvere
-          7 noci  sgusciate pestate al mortaio
-          1 vasetto di yogurt intero naturale
-          2 cucchiai di un miele delicato (per me millefiori)


Procedimento:
Prima di tutto togliere il burro dal frigo e portarlo a temperatura ambiente.  Prendere una tortiera di 23 cm. di diametro e ritagliare un pezzo di carta forno nelle dimensioni giuste per coprirne il fondo. Imburrare le pareti.  Lavare il caco mela e tagliarlo a rondelle di circa ½ cm.  Far sciogliere in una padella 50 gr. di burro e versare 130 gr. di zucchero. Aggiungere la scorza grattugiata e il succo dell’arancia. Mettere le fette del caco e cuocere per 5 minuti girandole ogni tano. Toglierle dalla padella, alzare la fiamma e far caramellare lo zucchero per circa 7 minuti finchè non diventi di un colore dorato scuro. Disporre le fette del caco sul fondo della tortiera, versare lo zucchero caramellato e mettere da parte a riposare.

Setacciare la farina con il lievito. Con la frusta sbattere a crema  il resto del burro  con il resto dello zucchero  e aggiungere le uova, la farina, la cannella e tre quarti delle noci. Mescolare bene e unire lo yogurt.  Versare il composto nella tortiera e cuocere a forno preriscaldato a 180 gradi per circa 40 minuti. Per verificare la cottura fare la prova stecchino. Infilzare uno stecchino nella torta. Se ne esce pulito, la torta è pronta. Toglierla dal forno e dopo 5 minuti, prima che il caramello si solidifichi,  rovesciarla sul piatto di portata. Staccare la carta e versare il miele sulla superficie.  Spolverare con le restanti noci tritate.




halvas di semolino

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Quando faccio questo dolce mi viene immancabilmente in mente una deliziosa commedia del 1967 “notte di nozze”. Ma funziona anche al contrario. Quando mi viene in mente questo film va a finire che immancabilmente faccio questo dolce.   Perché? Forse mi chiederete! Ma perché in quel film si nomina il halvas. “Mamma fammi un sacco di polpette che sono depresso, chiede il protagonista mammone alla mamma. E fammi anche un poco di halvas ora che me l’hanno ricordato….”
Gliel’ ha ricordata la fidanzata che era appena uscita sbattendo la porta dandogli del halvas. Si,  perché per imperscrutabili motivi dare del halvas a qualcuno in Grecia, equivale a dargli dello stupido.



Non so se a causa della sua estrema semplicità, sicuramente proprio per questa è stato per lunghissimi anni un dolce casalingo, un dolce dell’ultimo momento, da fare  utilizzando una manciata di ingredienti che praticamente tutti avevano in casa.



Ingredienti:
-          250 gr. di semolino
-          200 gr. di zucchero semolato
-          60 gr. di burro
-          500 gr. di acqua
-          1 pugnetto di uvetta
-          3 albicocche secche
-          1 bicchiere di brandy
-          1 pugnetto di noci tritate (oppure mandorle, pinoli, pistacchi o anche tutto insieme)
-          scorza di mezzo limone non trattato
-          cannella in polvere


Procedimento:
Per prima cosa  tritare grossolanamente al coltello le albicocche secche. Metterle  a rinvenire nel brandy insieme all’uvetta per un’ora.   Scolare e tenere da parte.  Versare l’acqua con lo zucchero in un pentolino insieme alla scorza lavata del limone e far bollire per un paio di minuti. Sciogliere il burro in una pentola dal fondo pesante e versare il semolino a pioggia. Tostare girando continuamente per un paio di minuti o finchè non diventi di colore biondo scuro. A quel punto togliere la scorza del limone dallo sciroppo e versarlo tutt’insieme nel semolino. Unire tutta la frutta secca e  un pizzico molto abbondante di cannella. Mescolare energicamente finchè non  assorba l’acqua e prenda la consistenza di una polenta soda.  Imburrare leggermente uno stampo da plum cake e versare il semolino dolce. Livellare bene e lasciare che raffreddi completamente. Capovolgere e spargere ancora un poco di cannella sulla superficie.





manestra bourou bourou

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La manestra è una minestra!  Corfiata naturalmente, dato che questa cucina abbonda di termini  italiani dovuti a 400 anni e qualche spicciolo di dominazione veneziana.  Perché invece  si chiami bourou bourou e cosa significhi  lo ignoro.  Nello slang greco “bourou bourou”  è   un chiacchiericcio ininterrotto, bla bla, bla, ma non credo proprio che c’entri qualcosa.
Non credo nemmeno c’entri qualcosa la “bouroù”  (charonia tritonis),  una conchiglia  grande che veniva  pescata, limata a un estremità e utilizzata  come tromba dai  piccoli pescherecci.
In attesa dunque  che qualche corfiata mi illumini, riporto la ricetta così come l’ho interpretata  io, avendo trovato soltanto descrizioni sommarie: “piatto contadino fatto con cipolle, patate, salsa di pomodoro fresco.  spaghetti spezzettati con le mani  e abbondante pepe rosso . Si fa sia brodosa che asciutta”.

Neanche Ettore Botriniche sta rivisitando la cucina isolana  dice qualcosa in merito, anzi faccio un appello. Ettore, mi illumini???


Ingredienti:
-          1 cipolla bianca
-          2 patate medie
-          3 cucchiai di olio evo
-          1 tazza da tè di passata di pomodoro
-          80  gr. di spaghetti spezzati a mano
-          sale
-          pepe rosso dolce
-          750 ml di brodo vegetale
-          2 cucchiai di ricotta di capra
Procedimento:
Sbucciare la cipolla e tagliarla a filetti. Sbucciare le patate, lavarle, asciugarle e tagliarle a dadini. Far appassire la cipolla in una casseruola con l’olio evo.  Prendere una tazza dal totale del brodo vegetale e diluire la passata di pomodoro. Versare  nella casseruola  con la cipolla, mescolare e  unire  le patate.  Salare leggermente tenendo presente che il brodo in genere è salato , mescolare e cuocere per circa 10 minuti o comunque finchè le patate non  diventino  morbide. Se serve aggiungere ancora  un po’ di brodo. Frullare con il frullatore a immersione e versare il resto del brodo tenuto caldo. Quando bolle, buttare gli spaghetti e far cuocere per il tempo necessario.

Servire con abbondante pepe rosso e un cucchiaio di ricotta.
Per 2.




una tazzina di caffè! greco naturalmente!

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Non credo esistano prodotti miracolosi, alimenti dotati di proprietà quasi taumaturgiche che assumendoli si esorcizzino le malattie  e ci si assicuri una lunga vita in salute. Alimenti così non esistono anche se con grande puntualità ogni tanto ne spunta fuori uno nuovo, probabilmente perlopiù legato a motivi di mercato. Credo piuttosto che la lunga vita in salute sia una somma di molteplici fattori, di stili di vita, di  una parca alimentazione buona  e corretta.  Premesso questo, sicuramente ci sono alimenti che sono più utili  di altri, soprattutto quando si tratta di alimenti sottoposti a  lavorazioni.  Una mela è una mela è una mela, ma un formaggio  pur essendo sempre formaggio può avere delle proprietà nutritive  diverse da un altro formaggio, inoltre richiede processi digestivi diversi,  più o meno lunghi, secondo appunto il tipo di formaggio.

Il fatto quindi che il caffè greco inserito in un contesto di vita che segue le stagioni, di una vita che scorre lenta in una piccola isola sperduta nel mar Egeo contribuisca alla longevità dei suoi abitanti non mi sorprende.  L’isola in questione  è Ikaria, ne ho parlato qui, e la ricerca  che inserisce il caffè  greco tra i segreti della longevità dei suoi abitanti è stata condotta dalla facoltà  di medicina dell’Università di  Atene, guidata dal dott.  Gerasimos Siasos. Studiando 71 uomini e 71 donne ikariani,  è stato rilevato  che quelli che bevevano ogni giorno il caffè greco avevano il sistema endoteliale in migliori condizioni di quelli che bevevano altri tipi di caffè.  

Insomma, una tazzina di caffè greco, antiossidante e ricco di polifenoli,  fa sempre bene. Non so se possa assicurarci  di arrivare arzilli a 100 anni, ma gli elementi che fornisce all’organismo  sono tutt'altro che  trascurabili. Se poi si decide di berlo alla greca, da seduti! e con la lentezza dovuta,  forse ci  si mette già sulla buona strada per arrivare al traguardo!

tazze:  Loumidis

fyros: il gyros marinaro

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Quasi sempre  il primo cibo che mangio quando metto piede in terra ellenica è il souvlaki aka pita gyros. Il secondo nell’ordine è il kadaifi, ma questa  è un’altra  storia.
Ho quasi sempre cercato il pita gyros fatto con la carne di maiale anche se  negli ultimi anni ho cominciato ad apprezzare pure quello con il pollo e ho anche provato quello vegetariano con il tofu, con minore soddisfazione questa volta.  Con questo ultimo pensavo che le opzioni fossero finite  ma ho capito che non è così. Sicuramente non in America dov’ è apparso il fyros. Cosa sia il fyros  presto detto: pita gyros con pesce.

E’ proposto da Whole Foods, una catena di supermarket americana  specializzata in prodotti bio, con filiali in Canada, negli Stati Uniti e in Inghilterra che offre piatti pronti al consumo.  In una di queste filiali, al Bowery di New York è apparso il nuovo ibrido “fyros”. Fyros è composto da pane naan, salmone, gamberi, pescegatto o tilipia (prodotto di punta dell’itticoltura cinese con crescente consumo negli Stati Uniti) e si accompagna con lattuga, cipolla, formaggio e tzatziki. Il fyros è entrato di recente nella catena americana, ma esiste dal 2006 con tanto di pagina fb.

Quello che succede in America diventa presto notizia. Ma tra  i commenti all’ articolodove ho visto la notizia ne appare uno dove il commentatore riporta che nella souvlaquerì (così si chiamano adesso!!!) del suo vicinato, già parecchi anni fa in periodo di digiuno quaresimale,  il creativo proprietario  proponeva  pita gyros con calamari,  al quale volendo ci potevi aggiungere la taramosalata!



credits: lifo



cous cous con polpettine

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Nonostante la  grande  influenza  dalla cucina mediorientale, la cucina greca non fa grande uso di spezie.  Le spezie che io mi ricordo si usassero nella mia famiglia e anche nelle famiglie altrui erano poche:  pepe, pimento, chiodi di garofano, cannella, cumino, noce moscata e poco altro o forse erano tutte là. Non ho trovato molto di più in Italia e così l’incantato mondo delle spezie rimase  per me per parecchi anni un mondo sconosciuto, inesplorato,  esotico,  un mondo da mille e una notte!
E tale sarebbe rimasto se nella nostra vita  a un certo punto non fosse entrato un amico indiano, ottimo cuoco peraltro. Usava le spezie con la disinvoltura di chi possiede l’arte e la tecnica e  non lo considerava nulla di straordinario. I suoi erano gesti ordinari nel contesto di una cucina etnica.  Io ero affascinata e incuriosita dalle polveri, dai semi e dai baccelli e dai colori, oltre che dalla gestualità sapiente e leggera, quasi soave.
Così, vedendolo e invidiandolo, pian piano ho cominciato a osare! Ho cominciato a comprare qualche spezie sconosciuta e a far delle prove e come spesso accade la faccenda mi prese la mano.  Qualsiasi spezie sconosciuta vedessi in giro la compravo, con l’inevitabile risultato di avere l’armadietto stracolmo di spezie che non sapevo  minimamente come usare.
Poi mi è passata!  Sono ritornata alle mie origini e abitualmente ho quelle da cui sono partita più qualcuna in più, è ovvio, che si è aggiunta al mio bagaglio culturale culinario.


Ingredienti:
Per le polpette:
-          ½ kg di carne macinata di manzo
-          2 fette di pancarrè senza crosta
-          1 bicchiere di latte
-          1 pugnetto di pinoli
-          1 cucchiaino  raso di cumino in polvere
-          1 cucchiaino di  raso cardamomo in polvere
-          1 cucchiaino di  raso coriandolo pestato nel mortaio
-          1 cucchiaino  raso di semi di finocchio pestati nel mortaio
-          pepe nero macinato fresco
-          sale
Per la salsa di pomodoro:
-          1 cipolla tritata
-          1 scatola di polpa di pomodoro
-          1 tazza  da thè di passata di pomodoro
-          1 foglia di alloro
-          4 cucchiai di olio evo
-          sale
Per il cous cous:
-          200 gr. di couscous
-          15 stimmi di zafferano
-          sale
-          1 cucchiaio di burro
Per la finitura:
Prezzemolo tritato
Procedimento:
Mettere in ammollo il pane nel latte.  Pestare leggermente i pinoli nel mortaio.  Unire e mescolare bene tutte le spezie.  Mettere la carne in una bacinella, aggiungere il pane strizzato, la metà delle spezie e la metà dei pinoli e salare. Lavorare bene con le mani per 5 minuti  per amalgamare bene gli ingredienti. Coprire e lasciare riposare.
Mettere in ammollo gli stimmi di zafferano in 20 cl di acqua calda salata.
Prendere una padella abbastanza profonda e versare l’olio. Unire la cipolla e far appassire a fuoco dolce. Appena la cipolla sarà trasludica unire la polpa di pomodoro, la passata diluita in una tazza di thè di acqua calda e la foglia di alloro. Salare e coprire. Far cuocere a fiamma bassa per 15 minuti.
Prendere l’impasto di carne e formare delle polpettine nella misura di una noce.  Aggiungerle nella padella con la salsa e cuocere per 10 minuti, girandole a metà cottura. Togliere la foglia di alloro e tenere calde.
Versare il couscous in un pentolino e versare sopra l’acqua dove sono stati ammollati gli stimmi di zafferano.  Da questo punto seguire le istruzioni che sono riportate sulla confezione del cous cous. Per quanto riguarda il mio, ho lasciato assorbire l’acqua per 4 minuti, poi ho aggiunto il burro e ho messo sul fuoco. Ho cotto per un paio di minuti mescolando per non far attaccare il cous cous sul fondo del pentolino.
Ritirato dal fuoco, aggiungere il resto dei pinoli e mescolare.
Prendere un piatto di portata, fare un letto con il cous cous, sgranare con una forchetta  e distribuire sopra le polpettine.  Spargere del prezzemolo tritato e servire.

Per 4. 

Nota: letta qui.




patate con uova al cartoccio

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Mangiare fuori non faceva parte della quotidianità della gente. Era un’eccezione  che si ripeteva rare volte all’anno. Nella  mia famiglia ancora meno, avendo un padre estremamente diffidente  verso la ristorazione collettiva. Diffidava degli ingredienti, dell’igiene, dei metodi di conservazione.   “Chissà cosa ci mettono dentro” era una frase che sentivo invariabilmente quando  chiedevo qualcosa di “pronto”. Che fosse una semplice tyropita oppure un souvlaki la risposta era la medesima.  Così, noi mangiavamo sempre in casa, tutto fatto da mia madre che con gli anni si è specializzata  pure  al “fast food” .

Degna figlia di mio padre, ho la stessa diffidenza verso il cibo pronto. Invecchiando somigliamo sempre di più ai nostri genitori. Li abbiamo messi in discussione  credendo di essere completamente diversi, ma i loro tratti caratteriali  a un certo punto li ritroviamo in noi,  lentamente con gli anni risalgono in superfice dalle profondità della nostra anima dove erano così ben nascosti da rendersi invisibili non solo ai nostri occhi ma anche agli occhi dei nostri genitori, più esperti nel cogliere somiglianze e differenze.

Le patate con le uova  erano  il  cavallo di battaglia  di mia madre quando il tempo che aveva a disposizione era poco più che zero. Una montagna di patate fritte e un uovo all’occhio di bue con della feta sbriciolata sopra. 
Io di tempo ne ho un po’ di più!!!


Ingredienti:
-          3 patate di circa 150 gr. ciascuna
-          2 uova
-          50 gr. di  formaggio asiago
-          20 gr. di burro
-          2 cucchiai di panna da cucina
-          sale
-          pepe nero macinato fresco
-          qualche foglia di prezzemolo tritato

Procedimento:
Scegliere 3 patate rotonde, uniformi,  di circa 150 grammi ciascuna. Lavarle sott'acqua corrente spazzolandole con uno spazzolino da cucina e asciugarle. Tagliare una piccola fetta sottile alla base di ognuna perché possano stare “in piedi”. Avvolgerle nella carta alluminio e cuocerle al forno a 190 gradi per circa 50 minuti. Toglierle dal forno, lasciare che raffreddino un poco,   aprile la carta e avvolgerla intorno alla patata. Tagliare una calotta alla parte alta e con un cucchiaino svuotare la patata fino a tre quarti circa. Salare e mettere a ciascuna  un po’  di burro.
Tagliare la metà del formaggio a piccoli dadini. Rompere le uova e separare gli albumi dai tuorli. Sbattere leggermente gli albumi, incorporare la panna e unire il formaggio. Salare leggermente, pepare e e distribuire il composto nelle 3 patate.  Rimettere al forno in modalità grill per 10 minuti. Trascorso questo tempo togliere dal forno,  scavare un piccolo rientro nel composto che nel frattempo si sarà abbastanza gonfiato  e sistemare  sopra un tuorlo. Spargere sopra il resto del formaggio tagliato a dadini (io ho ricavato dei trucioli con il gadget per la julienne di verdure) e  rimettere in forno, sempre modalità grill per circa 3  - 4 minuti o anche di più se volete il tuorlo più sodo.
Togliere dal forno, spargere un poco di prezzemolo tritato e servire calde nel cartoccio.





roxakia

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“Roxakia”? E  da dove arriva questo nome? On the rocks? Roxane? E’ stata la prima cosa che mi sono chiesta quando ho visto questi dolcetti. Mi è sembrato un nome curioso di cui non avevo nessun riferimento etimologico e conseguentemente mi era impossibile collegarlo a una qualsiasi parte del paese in un qualsiasi periodo storico. Ho cominciato dunque a cercare ma per quanto abbia cercato sono al punto di partenza. Nei miei ricettari greci non c’è traccia di questi dolcetti  e nel web mentre abbondano le ricette scarseggiano le informazioni storiche.  L’unica cosa acclarata è che si tratta di un dolce molto conosciuto al nord del paese e altrettanto sconosciuto al sud ed ecco spiegata la mia ignoranza in materia!  Era pre-inernet naturalmente!
Le ricette online sono parecchie, tutte simili, praticamente senza varianti. Qui  si vede una che ho scelto non tanto per il metodo che è praticamente simile a tutte le altre, ma perché è illustrata con foto passo passo.
Le noci cosparse sopra sono una mia aggiunta perché fanno tanto Natale e io sono  ormai in mood natalizio!


Ingredienti:
-          ½ kg. di farina 00
-          150  ml di latte intero
-          12 gr. di lievito istantaneo
-          1 uovo grande oppure 2 piccole
-          150  ml di olio di girasole
-          qualche goccia di estratto di vaniglia
-          1 cucchiaio di cacao amaro
-          ½ cucchiaino raso di chiodi di garofano in polvere
-          ½ cucchiaino raso di cannella in polvere
-          1 tazza di gherigli di noci pestati nel mortaio
Per lo sciroppo:
-          ½ kg. di zucchero
-          ½ litro di acqua
-          il succo di mezzo limone


Procedimento:
Scaldare appena il latte, versarlo in una bacinella e sciogliere dentro il lievito. Con la frusta sbattere leggermente l’uovo e unirlo al latte. Aggiungere l’olio e l’estratto di vaniglia e mescolare bene con la frusta.  Versare la farina e impastare finchè non si ha un impasto morbido ed elastico.  Non c’è bisogno di lasciare riposare, procedere subito.
Tagliare l’impasto in 3 parti.  Con una parte preparare un impasto scuro; allargare  un poco con le mani e versare sopra il cacao,  metà delle noci e la polvere di chiodi di garofano e di cannella. Impastare a lungo per amalgamare bene gli ingredienti.  Dividere l’impasto al cacalo  in 2 parti e formare con ciascuna di loro un salsicciotto di circa 30 cm. di lunghezza.
Prendere una parte dell’impasto bianco e con il mattarello tirarla in un rettangolo di 30 cm. di lunghezza, 15  di altezza e di spessore circa mezzo centimetro.
Posizionare sopra un salsicciotto dell’impasto al cacao e avvolgere non troppo stretto. Con un coltello affilato tagliare in fette  di circa 2 cm. e premere ogni fetta  leggermente con il palmo della mano per appiattirla un poco. Ripetere con i 2 impasti rimanenti.
Ricoprire una  teglia grande con carta forno e sistemare sopra i roxakia. Infornare a 180 gradi per circa 20 minuti a forno ventilato. Lasciare che intiepidiscano nel forno.
Mentre i roxakia cuociono  preparare lo sciroppo. Versare tutti gli ingredienti in un pentolino e far bollire per 10 minuti. Tuffare nello sciroppo caldo i roxakia  intiepiditi e lasciare che si impregnino.  Mediamente un paio di minuti  per lato sono sufficienti. Toglierli dallo sciroppo, sistemarli in un vassoio e spargere sopra il resto delle noci.





makaronopita

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Se dovessi indicare un cibo che meglio rappresenti la Grecia intera, senza esitazioni indicherei le pites. Quelle preparazioni con l’involucro di pasta fillo e il ripieno di qualsiasi cosa offra la natura, la stagione, il portafoglio,  e che si trovano in qualsiasi angolo del paese, dal nord al sud, da est a ovest, dal continente alle isole.
Ma per quante pites abbia mangiato nella mia vita, e sono veramente tante e di tutti i tipi, la makaronopita mi mancava e non perché non l’avessi mai sentita. Era l’abbinamento pasta fillo/pasta  a non convincermi  sembrandomi sostanzialmente della stessa cosa  combinata  in modo diverso con un eccesso di farinacei.
Sbagliavo e sono felice di essermi ricreduta. La makaronopita con la fillo  è entrata a pieno titolo nel mio repertorio di pites e qui propongo questa  ricca versione per il pranzo di Natale. Sembra laboriosa ma non lo è. In fondo si tratta di un ragù e di una besciamella!


Ingredienti:
Per il ragù di carne:
-          250 gr. di carne macinata (io ho utilizzato il reale di vitellone macinato due volte)
-          1 carota piccola
-          ½ gambo di sedano
-          1 cipolla bianca piccola
-          1 spicchio di aglio
-          1 tazzina da caffè di vino bianco
-          2 foglie di alloro
-          1 tazza da thè di passata di pomodoro
-          4 cucchiai di olio evo
-          sale
-          pepe
-          un pizzico di cannella
Per la pasta fillo:
-          100 gr. di farina per tutti gli usi
-          1 cucchiaio di olio evo
-          mezzo cucchiaino di grappa o vino bianco
-          circa mezza tazzina da caffè di acqua tiepida
-          olio evo per oliare le sfoglie
-          farina extra per infarinare la spianatoia
Per la besciamella:
-          30 gr. di farina
-          30 gr. di burro
-          mezzo litro di latte intero
-          sale
-          pepe bianco macinato fresco
-          una grattatina di noce moscata
In più:
-          160 gr. di pasta (io ho usato le hilopites, una pasta greca  con uova e latte, ma vanno           benissimo le penne, le mezze penne,  i bucatini, i garganelli)
-          abbondante pecorino grattugiato
-          sale grosso per la cottura della pasta
Procedimento:
Ragù:
Per prima cosa preparare il ragù.  Pelare la carota, lavarla e asciugarla insieme al gambo di sedano. Sbucciare la cipolla e lo spicchio di aglio e preparare il battuto tritando al coltello tutte le verdure. Versare l’olio in una casseruola e rosolare a fiamma vivace la carne finchè non abbia cambiato colore e evaporata l’acqua. Abbassare la fiamma, unire  alla carne le verdure e far appassire lentamente, mescolando ogni tanto. Sfumare con il vino bianco, alzare un poco la fiamma e lasciare evaporare l’alcool per un paio di minuti. Diluire la passata di pomodoro in poca acqua calda e versarla nella casseruola. Mescolare, aggiungere le foglie di alloro, il sale, il pepe macinato fresco e la cannella. Coprire e lasciare cuocere per mezz’ora a fiamma bassa. Spegnere, togliere le foglie di alloro e lasciare raffreddare.
Pasta fillo:
Versare la farina sulla spianatoia, aggiungere l’olio, la grappa o il vino e pochissima acqua. Impastare  a lungo, aggiungendo pian piano l’acqua fino a ottenere un impasto elastico e abbastanza sodo.  Formare una pallina, coprire e lasciare riposare per mezz’ora.
Per la besciamella:
Preparare un roux chiaro facendo sciogliere in un pentolino 30 gr. di burro e aggiungendo la farina. Mescolare per evitare che si formino dei grumi e cuocere finchè non raggiunga un colore biondo. Versare il latte tutto in una volta, salare, macinare del pepe bianco, grattugiare un poco di noce moscata  e cuocere la besciamella mescolando fino al raggiungimento della consistenza desiderata che non deve essere molto densa. Diciamo che in giro di un quarto d’ora dovrebbe essere pronta.
Per la pasta:
Lessare la pasta in abbondante acqua salata per la metà del tempo indicato sulla confezione. Sostanzialmente deve essere semi-cotta. Scolare, versare in un’ insalatiera, aggiungere il ragù e la besciamella.  Spargere abbondante pecorino romano grattugiato e mescolare bene. Coprire e  lasciare raffreddare.
Assemblamento:
Prendere l’impasto  e dividerlo in 6 pezzi. 3 pezzi devono essere leggermente più grandi, o più pesanti se si vuole  pesarli sulla bilancia.
Infarinare la spianatoia e il mattarello, prendere un pezzo alla volta e tirarlo in una sfoglia rotonda. Le prime 3 sfoglie   che vanno sul fondo della teglia devono essere più grandi per strabordare. Oliare una teglia di 23 cm. di diametro e stendere la prima sfoglia. Oliarla con un pennello e proseguire con le altre due. Ogni sfoglia di fillo deve essere oliata, tranne le superficie che sono a contatto con il ripieno. Stesa la terza sfoglia, versare il ripieno, distribuirlo uniformemente e  livellare con il dorso di un cucchiaio. Piegare la pasta che straborda sul ripieno. Tirare un altro pezzo di pasta nelle dimensioni della teglia e coprire il ripieno. Oliare e proseguire con gli ultimi 2 pezzi. Oliare la superficie della nostra makaronopita, incidere con un coltello affilatissimo le porzioni senza arrivare al fondo.  Serve per far uscire i liquidi dalla nostra pita mentre cuoce al forno, sfiatare insomma ma anche per  non sbriciolare la fillo al momento di tagliare per servire.
Accendere il forno a 180 gradi e cuocere  a forno statico per  50 minuti. Togliere dal forno, lasciare riposare 10 minuti, tagliare e servire.
Per 3.





trasloco / μετακομιση

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Το ειχα σχεδον  ξεχασει οτι στις αρχες σεπτεμβριου ειχα αγορασει το “domain” .com.  Το αγορασα και το εβαλα στην ακρη με το σκεπτικο οτι συντομα θα μετεφερα το μπλογκ. Αυτη η στιγμη δεν θα ειχε ερθει ποτε αν δεν διαβαζα στο μπλογκ της Κιαραπου αρκετοι ελληνες μπλογκερς γνωριζουνε οντας η Κιαρα δηλωμενη fan της ελληνικης κουζινας, οτι μετεφερε το δικο της μπλογκ. Αν ηταν η ζηλια ψωρα.... οπως ελεγε και μια παλια παροιμια!!!

Η Κιαρα μου συστησε τον επαγγελματια στον οποιον απευθυνθηκε και ω! tου θαυματος.... Αυτο που εμενα μου φαινοταν βουνο, λυθηκε σε λιγες ωρες!
Ευχαριστω πολυ τον Fabrizio Castelliκαι ασφαλως την Κιαρα!

Απο εδω και στο εξης ειμαι εδω: http://www.mangiaregreco.com/


Anche se generalmente sono una persona dalle azioni rapide, ci sono delle volte in cui la rapidità viene a meno e le azioni vengono rimandate alle famose calende greche.
Succede quando decido qualcosa  ma non so destreggiarmi, non conosco sentieri e scorciatoie e l’azione portata fino a un certo punto resta li…. incompiuta.

La cronistoria è questa: a settembre del 2014 ho comprato il dominio .com, con il pensiero che prima o poi ci avrei messo le mani e avrei trasferito il mio blog. Ho provato a capirci qualcosa ma la questione mi sembrava una montagna da scalare e ho accantonato il tutto, pensando che prima o poi l’avrei risolta.
Probabilmente quel momento non sarebbe mai arrivato se non avessi letto nel blog di Chiara che lei ha trasferito il suo blog con il supporto di un professionista.
Mi sono rivolta allo stesso professionista e la faccenda si è risolta nel giro di qualche  ora grazie all’ efficientissimo Fabrizio Castelli.


D' ora in poi sono qui: http://www.mangiaregreco.com/

Grazie a tutti quelli che mi leggono!




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