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Channel: mangiare greco - cucina greca con tutte le ricette tipiche
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domatosoupa (zuppa di pomodori)

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Pensando a una zuppa di pomodoro la prima che mi viene in mente è questa.

Non l’ho mai assaggiata ma è irrilevante dato che la sua forza dirompente non sta nel sapore, ottimo, mediocre, buono che sia.  Un  barattolo di zuppa di pomodoro trasformato in un oggetto feticcio, da possedere a prescindere dalla bontà del prodotto stesso.

La zuppa di pomodori di Tilos (isola del dodecaneso) ha avuto un destino diverso.  Non so se abbia mai conosciuto tempi di gloria, se li ha conosciuti  erano senz’altro racchiusi dentro i confini dell’isola stessa, ma attualmente può annoverarsi tra i cibi dimenticati, spolverati e riportati  di recente in superficie da qualche nostalgico oppure da qualche gastronomo che gira per il paese cercando ricette locali abbandonate.
Dato che si tratta di una preparazione essenziale, spartana,  i prodotti di ottima qualità sono indispensabili.   I pomodori devono essere maturi e succosi, se maturati sulla pianta come in questo caso, meglio ancora.

 Ingredienti:
-          3 – 4 pomodori grandi,  maturi
-          mezza tazza da thè di riso per minestre
-          1 cipolla bianca tritata
-          4 cucchiai di olio evo
-          2 foglioline di menta
-          brodo vegetale
-          sale
-          pepe macinato fresco
Procedimento:
Lavare i pomodori inciderli sulla base (dalla parte opposta del picciolo) e sbollentarli per qualche secondo.  Immergerli subito in acqua ghiacciata e spellarli.  Frullare e passare da un colino per togliere i semi  anche se  questo passaggio non è obbligatorio.  In una casseruola stufare  nell’olio la cipolla  e aggiungere i pomodori frullati e due foglioline di menta tritate. Coprire e cuocere a fiamma bassa per 20 minuti. Versare il riso, mescolare  e  coprire con del brodo vegetale bollente.  Salare, pepare  e portare a cottura a pentola coperta.
Servire tiepida  aggiungendo (facoltativo)  del formaggio di capra.

Il riso può essere sostituito dal bulgur, molto usato per questa minestra e in generale nella cucina del Dodecaneso.

Annotazione: La ricetta originale non prevede il brodo vegetale ma l'acqua. 
                       




torta di nutella

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Nanni Moretti ne ha dichiarato la sua passione e l’ha fatta assurgere a cult food! Che grandiosa soddisfazione per la nutella! Fossi il presidente del cda o il direttore marketing della Ferrero gli avrei  fatto un monumento. Minimo minimo  gli avrei dedicato  uno di quei bicchieri/barattoli  celebrativi raffigurato mentre addenta il pane spalmato di nutella!  Un bicchiere così lo comprerei, come ne ho comprati diversi negli anni, alcuni sopravvissuti, per ora si intende,  altri frantumati.
Non la gusto  in nessun altro modo tranne che spalmata sul pane. Non  accade  spesso a dire il vero, il senso di colpa mi assale inevitabilmente…., ma per questa torta ho fatto un’eccezione!


Ingredienti:
-          1 bicchiere/ barattolo di nutella
-          10 cucchiai colmi di farina autolievitante
-          2 uova
-          zucchero a velo
Procedimento:
Imburrare  e infarinare  leggermente una teglia di 20 cm. di diametro. Sbattere leggermente le uova. Versare la nutella, le uova e la farina in una ciotola e mescolare con accuratezza  con una spatola di silicone o di legno.
Trasferire nella teglia, livellare e infornare per circa 40 minuti a 190 gradi. Per controllare la cottura fare la prova stecchino. Infilarne uno di legno nel centro della torta. Se esce pulito, la torta è cotta.
Togliere dal forno, aspettare che si raffreddi, capovolgerla in un piatto e cospargerla di zucchero a velo.
Da un'idea diEleni Psichouli.



portobello ripieni al forno/μανιταρια πορτομπελο γεμιστα στον φουρνο

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Ενα μεγαλο βαζο με αποξηραμενα porcini  και ενα πιο μικρο με piopparelli στο λαδι ηταν δυο καταπληκτικα δωρα απο τον  πατερα της κορης μου. Οχι  και οτι εκπλαγηκα, απο τοτε που τον γνωριζω, και τον γνωριζω καμποσα χρονακια, δεν υπαρχει καμια μα απολυτως καμια περιπτωση να ερθει η εποχη των μανιταριων και να μην αρχισει να οργωνει δαση, βουνα και πεδιαδες ψαχνοντας και βρισκοντας, ω ναι! μανιταρια που καθως δεν γνωριζω πως λεγονται στα ελληνικα, μου ειναι και αδυνατον να τα αναφερω.
Porcini, mazze di tamburo, chiodini, finferli, piopparelli, gallinacci,  καιποσααλλα πουεχωξεχασει!
Τα πιο ωραια porcini, αυτα με σκληρη σαρκα και χωρις χτυπηματα τα τρωμε στο λεπτο. Φιλεταρισμενα σε πολυ λεπτες φετες, λιγο αλατι, λεμονι και δυο σταγονες λαδι!  Μεχρι και η μαμα μου που ηταν προκατειλημενη και συνεπως δυσπιστη τρελλαθηκε μολις τα δοκιμασε!
Για αυτον τον λογο μου ειναι δυσκολο πια να  με ικανοποιησουν μανιταρια καλλιεργειας, αλλα καμια φορα γινεται και αυτο.  


Υλικα:
-          4 μανιταρια πορτομπελο η οποια αλλα θελησετε
-          1 σκελιδα σκορδο τριμενη
-          4 κ.σ. γαλετα τριμενη
-          3 κ.σ.  μαιντανο ψιλοκομενο
-          2 κ.σ. πεκορινο τριμενο
-          αλατι
-          φρεσκοτριμενο ασπρο πιπερι
-          4 κ.σ. εξτρα παρθενο ελαιολαδο
-          1 φλυτζανακι του καφε ζωμο λαχανικων
Διδαδικασια:
Ξεριζωνουμε με προσοψη  τα κοτσανια, πλενουμε γρηγορα κατω απο τρεχουμενο νερο και στεγνωνουμε πολυ καλα μανιταρια και κοτσανια. Αραδιαζουμε τα μανιταρια σε ταψι ελαφρως λαδωμενο με την κοιλια προς τα πανω. Βαζουμε το μισο απο το λαδι σε τηγανι και σωταρουμε το σκορδο. Προσθετουμε τα ψιλοκομενα κοτσανια και σωταρουμε για 2 λεπτα. Ριχνουμε ενα φλυτζανακι ζωμο λαχανικων η νερο, αλατιζουμε, πιπερωνουμε  και αφηνουμε να ψηθουν για 5 ακομη λεπτα σε σιγανη φωτια.  Τραβαμε απο την φωτια και οταν κρυωσουν λιγακι προσθετουμε ολα τα αλλα υλικα εκτος απο το υπολοιπο λαδι και ανακατευουμε καλα. Γεμιζουμε με αυτο το μειγμα τα μανιταρια, ραντιζουμε με το λαδι που κρατησαμε και ψηνουμε στον φουρνο στους 185 βαθμους για 20 λεπτα περιπου.
Τα τρωμε ως ορεκτικο.


Ho sempre  pensato che scrivere o parlare del tempo sia indice di scarsità di argomenti! A meno che non sia inglesi!!! Ma c’è per ogni cosa una prima volta  e quindi anche per me è arrivato il momento di scrivere del tempo, ossia di quest’estate che non c’è, che è come l’isola che non c’è, anelata, cercata,  ma non trovata… A Milano siamo già in pieno autunno! Con la città che si allaga ora perché esonda il Seveso, ora perché esonda il Lambro e le temperature in picchiata, il calendario diventa inaffidabile. Meglio scrutare il cielo e decidere se portare l’ombrello, se mettere l’impermeabile e se vale la pena andare dal parrucchiere!
Volendo quindi essere in armonia con il tempo e a dispetto del calendario che mi vorrebbe divorare angurie e bere bibite fresche, mi vado a fare un thè caldo e   propongo questo antipasto che fa molto autunno dove appunto siamo!

Ingredienti:
-          4 funghi portobello (o altri funghi freschi di vostra scelta)
-          1 spicchio di aglio tritato
-          4 cucchiai di pangrattato
-          3 cucchiai di prezzemolo tritato
-          2 cucchiai di pecorino stagionato grattugiato
-          sale
-          pepe bianco macinato fresco
-          4 cucchiai di olio evo
-          1 tazzina da caffè di brodo vegetale
Procedimento:
Lavare velocemente i funghi sott’acqua corrente e asciugarli scrupolosamente. Staccare delicatamente i gambi e tritarli al coltello. Mettere in una padella 2 cucchiai di olio e rosolare l’aglio tritato. Unire i gambi dei funghi tritati e far insaporire. Salare, pepare e versare il brodo vegetale caldo. Lasciar cuocere a fiamma bassa per 5 minuti. Ritirare dal fuoco e lasciar raffreddare un pochino. Versare tutti gli altri ingredienti a eccezione dell’olio rimasto, mescolare amalgamando bene tutto  e riempire le cappelle dei funghi. Oliare una teglia da forno, adagiare le cappelle ripiene, irrorare con l’olio rimanente  e cuocere per circa 20 minuti a 185 gradi.
Servire come antipasto.



ristoranti italiani ad Atene

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Nell’ era giurassica (anni ’70)  ho per la prima volta mangiato la pizza. Non avendo nessun’ idea di come avrebbe dovuto  essere non mi aspettavo nulla. L’ho presa per quello che era, uno spesso  disco di pasta con sopra innumerevoli ingredienti, tanto innumerevoli che quasi non si distinguevano e difatti non mi ricordo cosa fossero. Non mi dispiacque ma nemmeno mi piacque, infatti non l’ho più cercata. Ho capito come dovrebbe essere  una pizza quando sono arrivata in Italia (sbarcai a Roma)  e alla mia prima sera romana ho mangiato un supplì e una pizza margherita;  questa me la ricordo bene.
Sono passati più di 30 anni  e di pizze in Grecia ne ho mangiate poche, qualche rara volta. In compenso in qualche ristorante italiano mi è capitato di andarci più di una volta negli ultimi anni e consapevole di come si sia evoluto il panorama della cucina italiana in Grecia, d’altronde ora so valutare con più competenza un ristorante italiano, ecco alcuni ristoranti per chi  cercasse  buona cucina italiana ad Atene, pizza inclusa!

E’ doveroso dire che l’elenco non si esaurisce con questi, ma non avendo riferimenti personali per tutti  che d'altronde si contano a decine,  ho deciso di segnalare quelli che hanno ottenuto il marchio “Ospitalità Italiana” dalla Camera di Commercio italo ellenica,  che prevede  un disciplinare da rispettare.



Da Bruno

Anche  se trovare parcheggio quì è un’impresa titanica, voi che siete dei visitatori e  verosimilmente vi farete portare da un taxi,  di questi problemi non ne avrete. Potrete quindi gustare in questa  storica (ad Atene dal 1980) trattoria  italiana della famiglia Ortolano il filetto AltaMira cotto sulla pietra ollare, scaloppine di vitello, gnocchi di patate, risotto con i funghi porcini e naturalmente la pizza.
Via Aghiou Alexandrou 46, Palaio Faliro – tel. 0030 – 2109818959


Sale Bianco (certificazione Ospitalità Italiana)

Aperto nel 2010 ha subito riscontrato grande successo. Guidato dall’executive chef Salvatore Andolina originario di  Milazzo,  propone grandi classici come bucatini all’amatriciana, paccheri alla norma, pappardelle agli scampi e polpa di granchio, petto di pollo alla valdostana, piadina prosciutto e mozzarella.
Via Marko Botsari 10 – Glyfada – tel: 0030 - 2108986301


Vincenzo pasta e pizza (certificazione  Ospitalità Italiana)

Trattoria nel centro di Glyfada dotata di un bel giardino sul retro. Vincenzo è uno specialista  di pasta e pizza: spaghetti con pomodorini, penne con melanzane in salsa rossa, e naturalmente la pizza cotta nel forno a legna: prosciutto e rucola tra le più richieste.
Tra gli antipasti  molto apprezzata  la mozzarella di bufala con prosciutto e pomodoro.
Via Ghiannitsopoulou 1, Glyfada – tel. 0030 – 2108941425



L'Osteria da Claudio (certificazione Ospitalità Italiana)

Atmosfera easy, buon service e autentici sapori italiani da uno chef triestino in Grecia dal 1997: piadina romagnola, spaghetti allo scoglio, linguine al nero di seppia, la parmigiana, fegato alla veneta. Buona lista di vini e grappe.
Via K. Varnali 26, Halandri – tel. 0030 – 2106834228

 

Fabrizio’s (certificazione Ospitalità Italiana)

Fabrizio Buliani è uno chef italiano come  del resto rivela il suo nome. Pochi ma buoni i piatti della carta: gnocchi di zucca con amaretti, spigola con spinaci, seppie al nero con polenta, risotto al brodo di pesce con ricci di mare. Da tenere presente che qui si è adottata la filosofia del Bring your own Wine,  quindi  volendo potete portare il vostro vino anche se ovviamente il ristorante è provvisto di una buona lista. Se poi volete portare via qualcosa   vi sarà utile  sapere che funziona anche il take away.
Spefsippou 8, Kolonaki – tel. 0030 – 2107247180




credits: in2life
             com.it.es
             le foto sono prese dalle pagine fb dei ristoranti

Mediamente con € 30 - 35,00 si mangia e si beve un bicchiere di vino.



la torta di Gabriele

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 Finite le vacanze e rientrati a casa! Il lavoro è lì che attende, il traffico, gli impegni, gli appuntamenti…. l’ansia e le preoccupazioni  si specchiano sul nostro viso. Stress alle stelle!  Perché sono tornata? Perché non sono rimasta dov’ero? Mollo tutto e mi ritiro in un’isola deserta! Sfogo si, ma anche frustrazione  e senso di impotenza  per aver lasciato contro la mia volontà  ritmi umani, lenti e pigri.  
Non abbiamo fatto in tempo ad  annoiarci in vacanza quest’anno.  Negli anni passati, quando le vacanze duravano un mese  verso la  fine non ne potevamo più!   Cominciavamo a soffrire di nostalgia di casa e non vedevamo l’ora di tornare al lavoro. L’ essere  umano non è fatto per stara in panciolle tutto il giorno, ogni giorno della sua vita.
Quest’anno no! Le vacanze durano sempre meno, ora che hai preparato la piccola valigia  è già tempo di disfarla! Non resta tempo per  annoiarsi, la vacanza  perlopiù crea stress, tutto quel gran daffare e tutte quelle aspettative per qualche giorno al mare!  

Mi consolo con latorta di Gabriele, che ignoro chi sia, ma la sua torta me lo fa adorare!


Ingredienti:
-          400 gr. di cioccolato al latte
-          150 ml latte intero
-          1 vasetto di yogurt greco (full fat)
-          150 gr. di biscotti (oro saiwa, digestive, quelli che volete)
-          pistacchi per decorare
Procedimento:
Frantumare grossolanamente i biscotti, con le mani oppure nel mortaio.  Scaldare in un pentolino il latte e appena prima che arrivi al bollore unire il cioccolato tagliato a pezzi. Mescolare pazientemente con un cucchiaio di legno finchè non si scioglie. Ritirare dal fuoco, aggiungere lo yogurt  e mescolare  bene per amalgamare tutto.

Prendere una teglia  liscia, foderarla con carta forno e posizionare sopra un anello da pasticceria. Fare uno strato di biscotti frantumati, versare sopra la metà della crema, fare un altro strato di biscotti e finire con la crema. Mettere in frigo per almeno un paio di ore.  Togliere dal frigo 5 minuti prima di servire, sfilare l'anello  e spargere sopra  dei pistacchi pestati grossolanamente al mortaio. 




cipolline in agrodolce / γλυκοξινα κρεμμυδακια

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7 διαφορετικα κομματια  μοσχαρισιου κρεατος , 7 κρεατικα δευτερης επιλογης  (γλωσσα, κεφαλι με την  μουσουδα, κοτα, ποδαρακια κλπ), 7 διαφορετικες σαλτσες και  τα συνοδευτικα, κωδικοποιημενα επισης και αυτα. Ειναι  τα υλικα που προβλεπει ενα   τοσο ενδοξο  οσο  και πολυπλοκο  και χρονοβορο  πιατο “ilbollitomistoallapiemontese”, αναμικτο  βραστο αλα πιεμοντεζε.   Λογω της δυσκολιας τωρα πια για να βρεθουν ολα  τα υλικα  εχει επικρατησει  μια απλουστερη μορφη.  Συνηθως σερβιρεται με 5 κομματια κρεατος, 3 σαλτσες και τα συνοδευτικα του:  βραστες πατατες, βραστα καροτα, σπανακι σωταρισμενο στο βουτυρο, μανιταρια με σκορδο και μαιντανο, γλυκοξινα κρεμμυδακια.
Ακριβως αυτην την μικροτερη εκδοχη του φαγαμε πριν μερικους μηνες κοντα στην λιμνη Maggiore. Διοτι δεν υπαρχει καμια απολυτως  περιπτωση να βρω στην λιστα  bollito misto  και να μην το παραγγειλω!   Οταν το φιαχνω στο σπιτι περιοριζομαι σε 3 / 4 κρεατα, 3 σαλτσες και 3 / 4 συνοδευτικα, απο τα οποια τα γλυκοξινα κρεμμυδακια δεν λειπουν ποτε!


Yλικα:
-          500 γρ. κρεμμυδακια για στιφαδο
-          20 γρ. βουτυρο
-          20 γρ. ζαχαρη καστανη
-          50 ml. ξυδι μπαλσαμικο
-          αλατι
Eτοιμασια:
Kαθαριζουμε και πλενουμε τα κρεμμυδακια. Τα βαζουμε σε  βαρυ τηγανι  χωρις καθολου λιπος και αρχιζουμε να τα σωταρουμε ανακατευοντας τα συχνα.  Σκεπαζουμε το τηγανι  με το καπακι και αφηνουμε να ψηθουν μεχρι να μαλακωσουν αρκετα ανακατευοντας  που και που και αλατιζοντας προ τος τελος.  Ο χρονος  ψησιματος εξαρταται ασφαλως απο το μεγεθος των κρεμμυδιων. Στην δικη μου περιπτωση που ηταν μικρα σαν τα κοκκαρια ηταν αρκετα 15 λεπτα.
Ενω ψηνονται τα κρεμμυδια φιαχνουμε το σιροπι. Σε κατσαρολακι λειωνουμε το βουτυρο, προσθετουμε την ζαχαρη και ανακατευουμε. Ριχνουμε το ξυδι και αφηνουμε να σιγοβρασει για 2 λεπτα.  Το ριχνουμε στα κρεμμυδακια οταν ειναι ετοιμα, ανακατευουμε και σιγοψηνουμε για ενα δυο λεπτα ακομη.
Σερβιρεται σαν oρεκτικο  η συνοδευει βραστα κρεατα.


La mia amica Daniela, milanese doc, razza ormai in estinzione, mi ha insegnato diverse cose: dove comprare la migliore linzer tort a Milano, come fare il miglior risotto possibile ai funghi porcini,  mi ha fatto conoscere gli sciatt,  mi ha insegnato a fare un decente bollito misto. Se non con tutti i 7 tagli, i 7 ammennicoli e le 7 salse,  sicuramente  con un’ accettabile varietà di carni,  di salse e di contorni, dai quali le cipolline in agrodolce non mancano mai!

Ingredienti:
-          500 gr. di cipolline (io ho preso le maggioline)
-          20 gr. di burro
-          20 gr. di zucchero di canna
-          50 ml di aceto balsamico
-          sale
Procedimento:
Sbucciare e lavare le cipolline. Metterle in una padella dal fondo pesante senza aggiunta di grassi e rosolarle mescolando ogni tanto  fino a che non diventino abbastanza morbide ma senza disfarsi.  Tra una mescolata e l’altra meglio coprire la padella con un coperchio. Per queste cipolline sono sufficienti circa 15 minuti. Salare verso fine cottura.
Mentre rosolano le cipolline preparare lo sciroppo: in una casseruola sciogliere il burro e aggiungere lo zucchero. Mescolare e versare l’aceto. Far sobbollire per 2 minuti e versarlo sulle cipolline che nel frattempo avranno raggiunto la cottura. Cuocere per un paio di minuti ancora e ritirare dal fuoco.
Servire come antipasto o per accompagnare carni bollite.




melitzanosalata con la feta

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Se dico dip, crema di melanzane probabilmente la prima cosa che vi  viene in mente è il babaganoush e non a torto.  Ma il babaganoush ha una sorella o cugina, come preferite, la melitzanosalata greca,  molto simile alla preparazione  come  si può leggere di seguito.

Questa versione mi è stata data diversi anni fa dalla moglie milanese di un amico greco, originario del nord del paese. Si può sempre imparare, anche da chi non te l’aspetti!!!


Ingredienti:
-          2 melanzane tonde oppure 3 ovali
-          il succo di mezzo limone
-          2 spicchi d’aglio tritati
-          1 peperoncino piccante tritato
-          3 cucchiai di un buon aceto bianco
-          100 gr. di feta sbriciolata
-          poco sale in quanto la feta è un formaggio molto saporito
-          pepe  bianco  macinato fresco
-          1 tazzina da caffè di olio evo
Procedimento:
Accendere il forno in modalità grill a 200 gradi. Lavare le melanzane, asciugarle e cuocerle per circa 30 minuti, finchè la buccia non  si carbonizzi e si formino delle crepe in diversi punti. Togliere dal forno e appena raffreddate tanto da poter essere toccate con le mani, tagliarle a metà nel senso della lunghezza.  Con l’aiuto di un cucchiaino togliere quanti più possibile semi.  Togliere la polpa, metterla  in un recipiente e irrorare con il succo di limone perché non annerisca.  Trasferire nel frullatore  con tutto il resto degli ingredienti  e  frullare velocemente, giusto un paio di giri.  Tenere in frigo  fino al momento di servire, in un recipiente coperto da pellicola.  Servire versando un poco di olio evo ancora.




cin cin!

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Avrei scommesso che esiste una   linea alcoolica di demarcazione tra il sud e il centro nord Europa senza eccezione alcuna . Vino per il sud, birra per il centro nord.  Meno male che le scommesse non mi si addiccono; avrei perso quasi clamorosamente.  Quasi, perché mentre bisogna  girare intorno alla Spagna per quanto riguarda il vino, bisogna pure girare intorno alla Svezia per quanto riguarda la birra! Queste sì che sono notizie inaspettate! 

Ghost in Data ha creato una mappa mondiale  interattiva con dati ricavati dall’ OMS relativa ai consumi alcoolici su base settimanale per persona con focus su vino, birra e alcoolici vari. Rosso per il vino, giallo per la birra, azzurro per il resto degli alcoolici. La gradazione del colore indica il livello del consumo della bevanda preferita. Rosso scuro quindi per francesi e portoghesi, rosso tenue per italiani, greci, argentini, cileni  e curiosamente per gli svedesi e qualche altro paese a sorpresa; sorpresa per me si intende che molto non me ne intendo! 


Quila mappa.  

credits: lifo
            foto



involtini di melanzane con spaghetti / μελιτζανοδολμαδακια με σπαγγεττι

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Επειδη γνωριζω καλα την λατρεια θα ελεγα της Ελλαδας ως προς την Ιταλικη κουζινα, αποφασισα να σας προσφερω μια  συνταγη απο την λατρεμενη  μου Σικελια, που αλλο δεν ειναι απο μια διαφορετικη παρουσιαση της pasta alla Norma. Και ενω τα υλικα ειναι τα ιδια, το τελικο αποτελεσμα ειναι διαφορετικο, μια που οι μελιτζανες  αντι να ανακατευονται με το ζυμαρικο, εδω τυλιγουν αναλαφρα και με χαρη  τα σπαγγεττι που δειλα δειλα ξεμυτιζουν απο τις ακρες του ρολου.
Παστα αλα Νορμα χωρις  αλμυρη ρικοττα δεν εννοειται  εαν θελουμε  να σεβαστουμε την  προσωπικοτητα του πιατου,  διαφορετικα μπορουμε να βαλουμε ο,τι μας κατεβει αν και δεν θα το συμβουλευα. Για αυτον τον λογο στα υλικα αναφερω το ξηρο ανθοτυρο που απο μια συντομη ερευνα στο γουεμπ ειδα οτι υπαρχει. Εαν δεν το βρισκουμε,  ασφαλως το αντικαθιστουμε με μυζηθρα αλλα μεχρις εκει.
Ελπιζω να το απολαυσετε οσο και εμεις.


Υλικα:
-          2 / 3  μελιτζανες μακρουλες
-          μερικες κουταλιες αλευρι γογ
-          150 γρ. σπαγγεττινι
-          10 μεγαλα φυλλα  βασιλικου η 15 μικρα
-          300 γρ.  πασσατα ντοματας οπως το πουμαρο,  εναλλακτικα  600 γρ. φρεσκιες ντοματες ξεφλουδισμενες και κομμενες σε μικρα κυβακια
-          3 / 4 κουταλιες εξτρα π αρθενο ελαιολαδο
-          ενα κρεμμυδι ασπρο
-          80 γρ. ξηρο ανθοτυρο τριμμενο
-          αλατι, πιπερι
-          φυστικελαιο για το τηγανισμα
Διαδικασια:
Κοβουμε  κατα μηκος τις μελιτζανες σε φετες  περιπου μισο εκατοστο. Τις βαζουμε σε σουρωτηρι, τις αλατιζουμε, βαζουμε ενα πιατο επανω να εφαπτεται  στις μελιτζανες και πανω στο πιατο βαζουμε ενα βαρος. Εγω βαζω  συνηθως το βαζο με το χοντρο αλατι! Τις αφηνουμε ετσι να ξεπικρισουνε για μια ωρα και μετα τις ξεπλενουμε κατω απο τρεχουμενο νερο. Τις σκουπιζουμε καλα καλα, τις αλευρωνουμε ελαφρα και τις τηγανιζουμε  σε αφθονο καυτο λαδι. Τις βγαζουμε απο το τηγανι και τις  ακουμπαμε σε μια σειρα  σε ενα  μεγαλο πιατο που εχουμε ντυσει με αποροφητικο χαρτι κουζινας.  Σκεπαζουμε με αλλο αποροφητικο χαρτι και αφηνουμε ετσι ωστε να φυγουν τα περριτα λαδια. Εαν χρειαστει αντικαθιστουμε τα χαρτια με αλλα καινουρια και τις αφηνουμε  τουλαχιστον μια ωρα να ξεκουραστουν. Μερικοι τις αφηνουν και ενα ολοκληρο βραδυ ετσι . Κανονιστε εσεις!

Ενω ξεκουραζονται οι μελιτζανες φιαχνουμε την σαλτσα. Κοβουμε το κρεμμυδι σε πολυ μικρα κυβακια και το σωταρουμε σε μεγαλο τηγανι στο ελαιολαδο σε πολυ σιγανη φωτια μεχρι να μαραθει. Εαν χρειαστει προσθετουμε μερικες σταγονες νερο. Αφου μαραθει και μαλακωσει  καλα το κρεμμυδι, ριχνουμε την ντοματα, αλατιζουμε ελαφρα  και πιπερωνουμε και αφηνουμε να σιγοβρασει μεχρι να εξατμιστουν τα πολλα υγρα και να εχουμε μια σαλτσα μετριας πυκνοτητας, ουτε πολυ πηχτη ουτε πολυ αραιη.

Στο μεταξυ βραζουμε τα σπαγγεττι σε αφθονο αλατισμενο νερο που κοχλαζει και τωρα που το θυμηθηκα για να σας δωσω και πιο εγκυρες οδηγιες για το βρασιμο ζυμαρικων αναφερω αυτες του Carlo Cracco. Για καθε 100 γρ. ζυμαρικων βαζουμε ενα λιτρο νερο και 10 γρ. χοντρο αλατι.  Στην προκειμενη περιπτωση 1,5 λιτρο νερο και 15 γρ. αλατι. Βραζουμε τελος παντων τα ζυμαρικα και τα στραγγιζουμε δυο λεπτα πιο νωρις απο αυτο που αναφερεται στην συσκευασια. Τα ριχνουμε σε μπωλ και τα ανακατευουμε με την μιση σαλτσα και τα 2/3 του τυριου. Κοβουμε με τα χερια τα φυλλα του βασιλικου και τα ριχνουμε και αυτα. Ανακατευουμε καλα.

Παιρνουμε μια φετα μελιτζανας. Με το πηρουνι παιρνουμε μια μπουκια σπαγγεττι, φιαχνουμε ενα ματσακι και το τοποθετουμε στην μια ακρη  προς το κεντρο της μελιτζανας. Τυλιγουμε σε ρολακι και στερεωνουμε με οδοντογλυφιδα η εαν θελουμε το δενουμε με ενα κοτσανακι απο τον βασιλικο.  Συνεχιζουμε με τον ιδιο τροπο μεχρι να εξαντληθουν η τα σπαγγεττι η οι μελιτζανες. Σπανια συμβαινει να τα τελειωσουμε και τα δυο μαζι.  Ριχνουμε μια κουταλια σαλτσα σε ταψακι φουρνου και αραδιαζουμε σε σειρες τα ρολακια, ριχνουμε επανω την υπολοιπη σαλτσα και φουρνιζουμε στους 200 βαθμους για 10 λεπτα. Βγαζουμε απο τουν φουρνο ριχνουμε το υπολοιπο τριμμενο τυρι και αφηνουμε να ξεκουραστει το φαγητο για 5 λεπτα.


Luglio, Agosto e Settembre sono i mesi in cui questo blog ha delle impennate pazzesche, comprensibilmente. L’Italia e non solo,  in questi mesi esporta  milioni  di turisti verso la Grecia, gente  che prima di partire vuole sapere cosa si mangia  in quel paese, che prodotti si trovano, che abitudini alimentari hanno i greci etc. etc. Ad Agosto,  in  piena vacanza cerca di conoscere le specialità da ordinare alla taverna  insulare e a Settembre,  a vacanza conclusa per la maggior parte, forse presa  da malinconica nostalgia cerca le ricette da replicare a casa.
A tutti i miei lettori  dico un grande GRAZIE!
Un grande GRAZIE  speciale lo riservo ai miei lettori greci che mi seguono con affetto e con la curiosità di leggere qualcosa da una conterranea che vive in Italia da tanti anni e proprio a questi dedico questa ricetta come un  addio  all’estate che se ne va!

Ingredienti:
-          2/3 melanzane lunghe
-          qualche cucchiaio di farina per tutti gli usi
-          150 gr. di spaghettini
-          10 grandi foglie di basilico
-          300 gr. di passati di pomodoro (in alternativa 600 gr. di pomodori freschi spellati e tagliati a dadini)
-          3 / 4 cucchiai di olio evo
-          una cipolla bianca tritata al coltello
-          80 gr. di ricotta salata
-          sale, pepe
-          olio di arachidi per friggere
Procedimento:
Per prima cosa applicarsi alle melanzane. Lavarle, asciugarle, tagliare il picciolo e poi ricavarne delle fette di circa mezzo centimetro nel senso della lunghezza. Sistemarle su uno scolapasta, cospargere del sale e mettere sopra e a contatto un piatto sul quale posizionare un peso, tipo un mortaio pesante, un barattolo grande pieno di sale etc.
Lasciarle così per un’ora per far perdere il liquido di vegetazione con l’eventuale sapore amarognolo. Passata l’ora, sciacquare le fette sott’acqua corrente e asciugarle bene bene. Infarinare leggermente e friggere in abbondante olio bollente.  Coprire un grande vassoio di carta assorbente e sistemare le melanzane fritte in uno strato unico. Coprire con dell’altra carta assorbente, premere leggermente e lasciare per almeno un’ora. Se la carta si inzuppa di olio, meglio cambiarla, almeno quella superiore.

Mentre le melanzane riposano si passa al sugo. In una grande padella far appassire la cipolla nell’olio evo. Aggiungere i pomodori, salare leggermente, dare una macinata di pepe  e cuocere a fiamma bassa finchè il sugo non raggiunga una consistenza  né troppo liquida né troppo densa. Versare la metà  del sugo  in una ciotola di ceramica e far aspettare  che  cuocia la pasta.

Lessare la pasta in abbondante acqua salata e scolare un paio di minuti prima del tempo indicato sulla confezione.  Scolare e versarla nella ciotola dove aspetta  il sugo e dare una mescolata. Unire i 2 /3 del formaggio grattugiato e le foglie di basilico spezzettate con le mani e mescolare.

Prendere una fetta di melanzana, e stenderla su un piatto. Con una forchetta formare una matassina di spaghetti e adagiarla sulla melanzana sul lato più stretto e verso il centro. Formare l’involtino e fermare con uno stuzzicadenti o magari  legarli  con i gambi del basilico se abbastanza  elastici da poter fare un nodino.
Sporcare il fondo di una pirofila con un poco di sugo e adagiare gli involtini man mano che li formiamo.
Continuare così fino all’esaurimento di tutti gli ingredienti, anche se raramente finiscono tutti insieme. A me in genere avanza o un ingrediente o l’altro. In questo caso mi sono avanzate 2 fette di melanzana ma poco male!
Versare sugli involtini il resto della salsa e infornare a 200 gradi per circa 10 minuti. Togliere dal forno, spargere il resto del formaggio grattugiato, far riposare 5 minuti e servire.






ceci speziati / stragalia

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“16 Aprile 1593
Abbiamo attraccato al Porto Leone, appena un riparo rispetto a quel che fu una volta il gloriosissimo Pireo che Pericle unificò  ad Atene con la famosa muraglia. Ma questo famoso porto oggi non offre nemmeno erba per le capre e la gloria della Grecia classica, (Atene ndr)  la sublime città di Platone, di Alcibiade, di Temistocle e di Milziade, aldifuori di un presidio turco sull’Acropolis, conta circa 150 baracche!
Ma quest’Acropolis è di una bellezza……
Ma  oltre quest’opera del genio umano, qualche  storpia statua qua e là e una manciata di colonne, nella più famosa città dell’antichità non vedi  niente  altro che polvere, fango e cani assettati” (Dionisios Romas – Periplous – I tumulti dei popolani)

La situazione non era molto diversa  nel 1834, quando Atene fu proclamata capitale del neostato greco. Contava 10.000 abitanti e si estendeva intorno ad Akropolis con centro città il quartiere di Plaka.
Nei seguenti 4 anni furono costruite circa 1.000 abitazioni, molte delle quali abusive. Il re Ottone con un editto fece demolire  quelle abusive  intorno ad Akropolis e ne vietò la costruzione di altre, pena l’immediata demolizione. Perse di popolarità tra i poveri, ma il destino della città era già segnato.


Diventò polo di attrazione e flussi inarrestabili di gente da ogni parte del paese vi arrivava in cerca di lavoro e di una vita migliore. Non credo di sbagliare se dico che questo flusso si arrestò soltanto nel 2009, quando è cominciata una leggera inversione di tendenza, ma sto divagando…. Nel 1896, anno delle prime Olimpiadi dell’era moderna, Atene era radicalmente cambiata. Contava circa 140 mila abitanti ed  era diventata  il centro commerciale e intellettuale del paese.
Un mestiere  che abbondava  durante quel periodo fu quello del venditore ambulante. Dall’acquaiolo allo stagnino, dal venditore di ghiaccio a quello di latte,  tutta una serie di beni ma anche di servizi li offriva il venditore ambulante, figura ormai praticamente estinta. Uno di questi fu anche lo “stragalàs”, il  venditore di ceci abbrustoliti. Il mestiere entrò in crisi già nel primo decennio del XX secolo, ma fino ad allora lo stragalàs girava per le vie della città vendendo ceci abbrustoliti che comprava una clientela quasi esclusivamente giovane. Questione di dentatura immagino!!!
Il mestiere scomparse, ma non i ceci abbrustoliti che da piccola e noncurante della dentatura mangiavo con disinvoltura e gran piacere. Ora sto più attenta, ma quando mi prende la nostalgia del sapore, ne compro un po’, li pesto nel mortaio e aggiungo qualche uvetta.
In alternativa li preparo io, come segue, croccanti ma morbidi abbastanza da non correre rischi.

Ingredienti:
-          200 gr. di ceci
-          1 cucchiaio di olio evo
-          1 cucchiaio di limone
-          paprika  e/o altre spezie a piacimento
-          timo  e/o  altre erbe aromatiche a piacimento
-          maggiorana
-          sale
-          olio evo per la teglia
Procedimento:
Mettere in ammollo in acqua fredda i ceci per almeno 10 ore. Scolare, sciacquare e metterli con abbondante acqua fredda a lessare. Quando saranno morbidi ma non troppo, scolarli e stenderli su carta assorbente per asciugarli dopodichè versarli in una ciotola grande.
In un ciotolino mescolare l’olio, la paprika, le erbe e il sale e versare sui ceci. Mescolare bene.
Oliare una teglia da forno e stendere in uno strato unico i ceci. Infornare per circa 15 minuti a 200 gradi.


credits foto:  palia Athina

             

la pasta fillo

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La mamma dell’amica della mia mamma si meravigliava di un’altra amica della mia mamma, che pur essendo una “paesana” come la definiva, cioè non era cittadina dalla nascita, non sapeva preparare una pita! “Com’è possibile” si chiedeva “è una paesana, com’è possibile che non sappia preparare una pita”?  A me mi portava come esempio: “Irene che non è né paesana e non vive nemmeno in Grecia le sa preparare”! Io mi ringalluzzivo e ringraziavo! E’ un gran complimento sentirsi dire da una “paesana” che la pita che hai  preparato è buonissima.

Migliorare sempre si può e si deve e difatti io sono qui a distanza di anni a provare e riprovare farine, mattarelli (anche di legni diversi – l’ultimo è di abete), liquidi e temperature per riuscire ad avere la fillo perfetta!
Non l’avrò mai forse,  ma negli anni ho fatto dei miglioramenti  spettacolari  grazie soprattutto ai tanti consigli che mi sono stati dati dalle “paesane” e  che mi piacerebbe condividere con voi in barba a chi sostiene che un cuoco non rivela mai i suoi segreti!!!


Ingredienti:
-          200 gr. di farina  00 setacciata
-          3 cucchiai di olio evo + quanto serve  per oliare le sfoglie
-          2 cucchiai di aceto (alternativamente vino bianco o grappa)
-          un pizzico di sale
-          circa mezza tazza da thè di acqua tiepida

Procedimento:
In una ciotola capiente versare la farina, il sale, l’aceto e i 3 cucchiai di olio.    Versare l'acqua, mescolare,  e impastare a lungo con le mani  per ottenere un impasto elastico e sodo ma assolutamente non duro. Le quantità  degli ingredienti sono indicative. Se si vuole si può aumentare o diminuire l’olio e l’aceto, può essere necessario aggiungere della farina o dell’acqua.  Quando si avrà l’impasto della consistenza ottimale, fare un salsicciotto e dividerlo in tante parti quante sfoglie si vogliono ottenere. In questo caso ho diviso in 11 parti. Formare delle palline e lasciarle riposare sotto un canovaccio per mezz’ora. Dopodiché prendere la spianatoia e il mattarello. Io ho avuto questi giorni in regalo un nuovo mattarello, molto  sottile, diametro esatto 11 mm. La pasta fillo si tira con un mattarello sottile; tentare con un mattarello grosso è tempo e denaro  sprecati. Infarinare abbondantemente la spianatoia e adagiare la prima pallina di impasto. Alcuni usano degli amidi tipo amido di mais  o di riso per la stesura della pasta. Il suggerimento è di provare e decidere con che cosa ci si trovi meglio. Infarinare pure  la pallina di impasto e cominciare a stenderla con la tecnica che si vede in questo ottimo video. 


Si parla in greco, ma la tecnica è comprensibile anche senza parole. Quando si è avvolta  la sfoglia sul mattarello, tirare con una leggerissima pressione dal centro ai lati. E’ importante che ogni volta che si arrotola sul mattarello si cominci da un punto della sfoglia diverso da quello precedente. Così si ottiene una sfoglia perfettamente rotonda e di uguale spessore pure ai bordi.
Oliare una teglia (per questa quantità di farina la mia era di 22 cm.).
Stendere la prima sfoglia che deve essere più grande della teglia. Stenderla sulla teglia oliata e procedere con le altre 6, oliando  con un pennello ognuna di loro. La sesta non si olia perché si mette la farcitura che non deve mai essere più pesante della pasta diversamente  le porzioni della pita si disfaranno non appena l’avremmo tagliata.

La farcitura deve essere dal tiepido al freddo, mai calda,  per questo generalmente è la prima cosa che prepariamo se si tratta di farcitura che richiedono cotture! In questo caso ho farcito semplicemente con delle sottili rondelle di pomodoro,  fior di latte che avevo lasciato scolare per un’oretta e foglie di basilico spezzettate. Una margherita insomma!
Dopo aver farcito, girare  sulla farcitura la fillo che fuoriesce dalla teglia e  proseguire  con le altre sfoglie esattamente allo stesso modo. Tirare e stendere  oliandole una a una. Se si vuole ottenere un effetto arricciato ricavare delle  sfoglie di  dimensioni più grandi della teglia e stenderle sulla teglia creando delle “bolle di aria” qua e là. Oliare  pure l’ultima sfoglia e con un coltello affilato incidere a rombi  le porzioni. Non incidere  fino in fondo, fino a metà è sufficiente. che non deve mai essere più pesante della pasta perché  le porzioni della pita si disferanno non appena l’avremmo tagliata.

Infornare a  forno statico per non far seccare le sfoglie a 180 gradi per 50 minuti circa. Dipendendo però dal forno i tempi possono variare. Quando vedremo che la nostra fillo ha raggiunto un bel colore dorato è pronta.  Togliere dal fono e lasciare riposare SCOPERTAper almeno 15 minuti prima di servire.
Dovesse avanzarne si consuma fredda il giorno dopo. Almeno a me piace fredda. Se il cibo freddo non vi piace, scaldare al forno per qualche minuto o in modalità grill.





i segreti di Ikaria

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L’incarico che ho dato ai miei amici quando partivano per Ikaria era chiaro e semplice oltreché perentorio: “cercate di carpire il segreto della longevità degli ikarioti”!
Ikaria, un’isola dell’ Egeo di circa 10.000 abitanti,  insieme a qualche altra regione del mondo fa parte delle cosiddette “zone blu”, cioè quelle  aree  che vengono studiate per la longevità degli abitanti. Ogliastra in Sardegna, l’isola di Okinawa in Giappone, la penisola di Nicoya in Nicaragua, Loma Linda in California, Ikaria in Grecia.  Il termine ormai  consolidato,  si deve a  2 studiosi  perché usavano un pennarello blu per segnare le aree ad altra concentrazione di centenari.

I miei amici mi  comunicarono via sms  che il segreto ce lo  diranno via skype, a sottintendere che loro restano li, che non vogliono tornare! In attesa dunque del collegamento  skype ecco il racconto   della signora Kalliopi Panagiotidou di anni 82, cuoca dell’unica taverna  di Trapalou, minuscolo paesino di Ikaria.


Sono nata a Ikaria e ho passato tutta la mia vita  qui, in questo paese. Il nostro paese è piccolo e isolato, ha circa 10 abitazioni e per arrivarci bisogna guidare parecchio e non solo su strade asfaltate.  Con lo scirocco si alzano delle grandi onde. A volte nevica, pur essendo sul mare. Quando nevica non si riesce a distinguere i muri, i sassi dove mettere il piede. Per fortuna non dura a lungo. La neve dura soltanto un giorno. Dopo 2 – 3 giorni non c’è più niente. L’inverno comunque qui è molto bello. Facciamo la spesa  al supermarket. Se vediamo che l’inverno si annuncia  pesante facciamo  le scorte. Abbiamo la farina per il pane, impastiamo, inforniamo  e passiamo del tempo. Riempiamo la dispensa di fagioli, pasta. Abbiamo l’olio nelle giare.

Penso che la longevità degli ikarioti si debba all’incoscienza, al vino e al miele. D’inverno accendiamo il camino, ci riuniamo – quelli che siamo rimasti al paese – guardiamo la televisione, cantiamo, beviamo il nostro vino locale. L’incoscienza che dicevo non ha a che fare con la pigrizia ma con lo stress. Likariota non sa cosa sia lo stress. “Aspetta, di dove sei? Cosa fai? Non aver fretta. Cos’hai paura che la benzina evapori? Non evapora”! 

Nella taverna lavoro da anni. Nemmeno io so quanti….Faccio i kolokithokeftedes (polpettine di zucchine): grattugio le zucchine, la cipolla, una patata. Salo il tutto per far uscire i liquidi. Se mangio di magro non aggiungo l’uovo, se no,  metto un uovo, aggiungo del formaggio, pepe, menta, e se è la stagione del finocchietto selvatico, ne metto. Il pomodoro lo trito alla fine. Impasto tutto quanto con del pan grattato, infarino e friggo.

Ho due figli, 5 nipoti e 2 pronipoti di 10 anni. Mio marito è morto 23 anni fa. Era di 26 anni più vecchio  di me. E’ morto e io mi sono dedicata ai figli.


Desidero lavorare qui ancora. Di accendere grandi fuochi per cucinare. E di  inventare qualcosa per far sparire i  “faidones” dalla taverna. Non sai cosa sono i faidones? Insetti come le vespe, giovanotto.



testo e foto:   lifo

liquore di fichi d'india / liker fragkosyko

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Se per gli italiani è fico d’India, per i greci è fico dei franchi. Fragkosyko è proprio il fico d’India, la pianta  che  ha attecchito così bene nel sud dei nostri paesi da sembrare che si tratti di pianta autoctona e millenaria.  Millenaria e autoctona è,  ma in Messico da dove è  arrivata  e si è inserita perfettamente nei nostri paesaggi caldi e secchi.

Il Peloponneso e soprattutto la regione di Mani  è piena di fichi d’india ed è proprio a Mani che diversi anni fa  ho cominciato a conoscerli e ad apprezzarli. I cittadini come me avevano scarse o nulle possibilità di trovarli, a meno che non arrivassero come regalo da qualche amico o parente paesano, in genere anzianotto…..

Non so se questo frutto abbia mai avuto un mercato, ma ultimamente e soprattutto quest’estate me li trovo sotto gli occhi ovunque. Al mercato, al supermarket, dal fruttivendolo….. Ovunque vada trovo fichi d’india, sfusi o nelle vaschette.  Resistere alla loro bellezza arcaica, primitiva, non è facile, e così ne comprai alcuni scegliendo appositamente colori misti, come misti sarebbero se me li avessero portati in regalo da qualche paese di Mani….


Ingredienti:
-          5 – 6 fichi d’india
-          mezzo litro di vodka (di qualità mi raccomando)
-          mezzo litro di acqua
-          400 gr. di zucchero
-          1 bastoncino di cannella
Procedimento:
Per prima cosa ho pulito i fichi d’india. Io li ho comprati già puliti  ma le loro spine sono traditrici, quindi per ogni evenienza ho messo i guanti di gomma e li ho strofinati con una paglietta sott’acqua corrente. Ho sprecato una paglietta ma ne vale la pena! Ho messo un fico d’india alla volta sul tagliere,  l’ho tenuto fermo con una forchetta e con un coltello affilato ho tagliato le due estremità; ho inciso poi la buccia per il lungo. Dopodichè il frutto si pulisce praticamente da solo, basta aprire lungo l’incisione e srotolare! Puliti tutti, li ho tagliati a rondelle spesse e li ho infilati in un vaso a chiusura ermetica. Ho versato  sopra la vodka e ho infilato il bastoncino di cannella.  Ho tappato e  l’ho tenuto per 10 giorni in casa, in un angolo un po’ buio, dando l’incarico ai famigliari di agitarlo un paio di volte al giorno. Mica posso fare tutto da sola!!!


Il decimo giorno ho preparato lo sciroppo: ho versato acqua e zucchero in un pentolino e ho acceso il fuoco. Ho lasciato bollire per un paio di minuti, cioè finchè lo zucchero non si è sciolto completamente e ho spento.
Ho preso una brocca, ho posizionato sopra un imbuto e sull’imbuto ho messo 1 filtro di carta, di quelli da caffè per intendersi. Ho quindi filtrato il liquore e spremuto i fichi d’india che si sono fermati nel filtro per estrarre più succo possibile. Per maggior sicurezza l’ho filtrato una seconda volta con un filtro nuovo ovviamente e questa volto l’ho messo in una bottiglia con tappo a buona tenuta. Nel frattempo lo sciroppo si è intiepidito; l’ho versato nella bottiglia con il liquore, ho agitato ben bene e ho tenuto in casa per 7 giorni prima di assaggiarlo. Per il si e per il no, appena pronto,  ho infilato 4 bicchierini (di quelli adatti) nel freezer, si sa mai che qualcuno volesse assaggiarlo prima del tempo stabilito!

  



paccheri con ragù alla genovese / πακκερι με ραγκου αλα τζενοβεζε

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Προειδοποιηση: εαν εχετε στομαχι ντελικατο και γουστα φινετσατα, αυτο το πιατο ΔΕΝ κανει για σας. Τουναντιον, εαν σας αρεσουν οι δυνατες γευσεις και οι δυνατες συγκινησεις, σας το συνιστω ανεπιφυλακτα.
Οταν ανακοινωσα στον συζυγο τι θα εφιαχνα απο Σαββατο βραδυ για το κυριακατικο γευμα, με κοιταξε με δυσπιστια: “και τι κρεμμυδια θα βαλεις?” με ρωτα, καθοτι πολυ σχολαστικος και λατρης των κρεμμυδιων.  Κοιτα, του λεω, τα  καταλληλοτερα κρεμμυδια ειναι τα πυροξανθα του Montoro (στην ευρυτερη περιοχη της Ναπολη), λες να τα βρουμε?
Kαλα, θα ψαξουμε, αλλα αν δεν τα βρουμε, λεω να αλλαξεις πιατο, μου απαντα.

Τα κρεμμυδια ως εκ θαυματος τα βρηκαμε, ως εκ τουτου σας παρουσιαζω ενα απο τα δυνατα οσο και χαρακτηριστικα πιατα της Ναπολης, που οπως καταλαβατε και απο τον προλογο των κρεμμυδιων, απο εκει προερχεται.

Μπαινει  δικαιωματικα στην κατηγορια των “ragù”, αυτων  δηλαδη που χρειαζονται κρεας και μακροχρονο αργο ψησιμο για να αρτυσουν  τα ζυμαρικα. Το ραγκου για τους ναπολετανους δεν ειναι παιξε γελασε. Φημισμενοι  οι στιχοι του Εντουαρντο Ντε Φιλιππο (δραματουργος, θεατρικος συγγραφεας, ηθοποιος, ποιητης) στο ποιημα του Orrau(το ραγκου).  “.... Chest’ è rraù? ……Chestaè carne c’ ‘a pummarola/ αυτο εσυ το λες ραγκου? Αυτο ειναι κρεας με ντοματα.Εννοωντας φυσικα οτι το ραγκου ειναι αλλο πραγμα. Το ραγκου στο οποιο αναφεροταν ο ο Εντουαρντο ηταν οπως ηδη καταλαβατε,  με ντοματα, κατι εντελως διαφορετικο απο αυτο που παρουσιαζω εδω, που ειναι ασπρο.


Τωρα, γιατι αυτο τι συγκεκριμενο ονομαζεται τζενοβεζε, αυτο ειναι ακομα μια ανεξηγητη ιστορια, αν και υπαρχουν διαφορες εκδοχες. Μια απο αυτες αναφερει οτι εστιατορες τζενοβεζοι μαγειρευαν στο λιμανι, της Ναπολης εννοειται, κρεας με κρεμμυδια και οι  οι ναπολετανοι αργοτερα προσθεσαν τα ζυμαρικα, ως αθεραπευτοι μακαροναδες! Κριμα μονο που στην Λιγκουρια δεν υπαρχει ιχνος απο τετοια συνταγη.
Αλλη μια εκδοχη εινα οτι καποιος απο την Γενευη (Geneve, οποτε Genoveseγια τους ναπολετανους) εφερε σε καποια αριστοκρατικη κουζινα αυτη την παραλλαγη της soupe doignon.  Δεν θα το μαθουμε ποτε, και εξαλλου τι σημασια εχει? Μπορει απλως Genovese να ηταν ενα παρατσουκλι καποιου τσιγκουνη ταβερνιαρη! Εδω πρεπει να πω οτι η τζενοβεζοι εχουν το ονομα, οσο για την χαρη το αγνοω, προσωπικα γνωριζω αρκετους απο την Τζενοβα που δεν ειναι καθολου τσιγκουνηδες, ελεγα τελος παντων οτι οι τζενοβεζοι εχουν την φημη οτι ειναι τρομεροι τσιγκουνηδες. Καλυτερα να σου βγει το ματι!!! ....

Υλικα:
-          1 κιλο κρεας βοδινο (καταλληλο ειναι αυτο που εμεις, οι ελληνες εννοω, λεμε νουα, απο μοσχαρι απο τον ογδοο μεχρι τον 12 μηνα ζωης, οχι γαλακτος τελος παντων αλλα ουτε και γερικο)
-          κρεμμυδια ισου βαρους (τι ποικιλια  κρεμμυδιων... μαλλον θα το δοκιμαζα με τα ζακυνθινα μπελουσιωτικα)
-          1 μετριο καροτο τριμενο
-          σελερυ τριμενο
-          1 φυλλο δαφνης
-          αλατι
-          πιπερι φρεσκοτριμενο
-          1 ποτηρι καλο ασπρο κρασι
-          μερικες κουταλιες ελαιολαδο
-          320 γρ. ζυμαρικα (παραδοσιακα χρησιμοποιουνται τα ζιτι, ενα ζυμαρικο σαν χοντρα μακαρονια που τα σπανε με τα χερια, εγω χρησιμοποιησα τα paccheri)
-          πεκορινο τριμενο

Διαδικασια:
Πρωτα απο ολα βγαζουμε το κρεας απο το ψυγειο και το αφηνουμε να ερθει σε θερμοκρασια δωματιου. Καθαριζουμε τα κρεμμυδια, τα πλενουμε, τα στεγνωνουμε και τα κοβουμε σε λεπτα φιλετα. Σκουπιζουμε τα δακρυα μας και παμε παρακατω.
Κοβουμε το κρεας σε κομματια μεγεθους μανταρινι  και το σωταρουμε σε ζωηρη φωτια μεσα στο ελαιολαδο. Εαν εχουμε πηλινο σκευος με καπακι ασυζητητι χρησιμοποιουμε αυτο. Ριχνουμε μετα το καροτο και το σελερυ, χαμηλωνουμε την φωτια και αφηνουμε να μαραθουνε. Σβηνουμε με το κρασι και αφηνουμε λιγα λεπτα μεχρι να εξατμιστει το αλκοολ.  Ριχνουμε μετα ολα τα κρεμμυδια, ανακατευουμε, αλατιζουμε ελαφρα, προσθετουμε το δαφνοφυλλο και ενα ποτηρι ζεστο νερο.
Σκεπαζουμε με το καπακι, χαμηλωνουμε στο ελαχιστο την φωτια και αφηνουμε να σιγοψηθει για τουλαχιστον 3 ωρες.  Παιρνουμε  ενα ποτηρι καλο κρασι  και  το σιγοπινουμε κουτσομπολευοντας στο τηλεφωνο με την καλυτερη μας φιλη! Ελεγχουμε που και που τα υγρα ανακατευοντας, και  εαν δουμε οτι στεγνωνει πολυ, προσθετουμε λιγο ζεστο νερο. 

Μετα απο 3 ωρες το κρεας πρεπει ηδη να εχει μαλακωσει πολυ. Βγαζουμε απο το σκευος τοσα κομματια οσα ειναι και οι συνδαιτημονες, τα βαζουμε σε ενα πιατο και το  σκεπαζουμε. Συνεχιζουμε με το ψησιμο αλλη μια η ακομη και δυο ωρες, μεχρι δηλαδη τα κρεμμυδια να παρουν ενα ωραιο καφε χρωμα και να γινουν σχεδον μια κρεμα μαζι με το υπολοιπο κρεας που εμεινε μεσα.
Οταν φτασουμε σε αυτο το σημειο, ελεγχουμε το αλατι, τριβουμε το πιπερι και βγαζουμε το δαφνοφυλλο. Αφηνουμε ακομη να ψηθουν 10 λεπτα και ξαναβαζουμε τα κομματια που ειχαμε βγαλει να να ζεσταθουν.

Στο μεταξυ βραζουμε τα ζυμαρικα σε αφθονο αλατισμενο νερο, τα σουρωνουμε και τα ριχνουμε στο σκευος με την σαλτσα. Ανακατευουμε και σερβιρουμε, φροντιζοντας να βαλουμε στο καθε πιατο ενα κομματι απο το κρεας που ειχαμε κρατησει στην ακρη. Σερβιρουμε με αφθονο πεκορινο τριμενο αλλα δεν  τρελλαινομαστε κιολας  εαν δεν  το εχουμε,  το κεφαλοτυρι του παει μια χαρα!
Για 4.


Sono poche le cose che mi mettono in crisi profonda; una di queste è  quando decido di proporre qualche ricetta della tradizione, quelle di cui non ho né memoria né esperienza di vita diretta, dove non ho  vissuto gli odori, i sapori, i rumori, i colori di un determinato paese, città, posto del mondo. Non mi è mai facile postare una ricetta che richiede tutto questo;  informarmi da scritti non mi è sufficiente. Sento sempre che qualcosa manchi e che non basti nemmeno una visita veloce nel posto per acquisire, assimilare e incorporare i suoi sapori. Perché questo accada bisogna vivere i luoghi, viverli a lungo, entrare nelle case della gente, sentire i profumi che si diffondono dalla cucina , sedersi sulla stessa tavola e condividere lo stesso pasto.

I posti che ho abitato non sono tanti; ed è esattamente il motivo per cui le ricette che non conosco direttamente non trovano molto spazio in questo blog, seppur con qualche eccezione, come questa  che lo visto  qui e per la quale ho subito preso una cotta pazzesca, un autentico colpo di fulmine!

Ingredienti:
-          1 kg. di carne (girello di vitellone)
-          1 kg. di cipolle (ramata di Montoro)
-          1 carota media
-          1 gambo di sedano
-          1 bicchiere di un buon vino bianco (greco di tufo)
-          1 foglia di alloro
-          qualche cucchiaio di olio evo
-          sale
-          pepe nero macinato fresco
-        320 gr. di pasta (si parla di ziti tradizionalmente, ma io ho usato i paccheri che pari siano ammessi!)
Procedimento:
Togliere la carne dal frigo e portarla a temperatura ambiente. Sminuzzare al coltello la carota e il sedano. Sbucciare le cipolle, lavarle e tagliarle a filetti sottili.
Scaldare in una pentola di terracotta possibilmente,  l’olio evo. 
Tagliare la carne a porzioni delle dimensioni di un mandarino, asciugarla con carta assorbente e rosolarla a fuoco vivo nell’olio. Girarla con un cucchiaio di legno per farla rosolare uniformemente da tutti i lati.
Abbassare la fiamma, aggiungere le verdure e farle appassire. Sfumare con il vino bianco e dopo qualche minuto, quando l’alcool sarà evaporato, aggiungere tutte le cipolle, mescolare bene,  salare leggermente, aggiungere la foglia di alloro e versare un bicchiere di acqua calda.

Mescolare e cuocere a pentola coperta e fiamma molto bassa per 3 ore. Mescolare ogni tanto e controllare i liquidi; se serve aggiungere un poco di acqua calda e continuare la cottura. Dopo  3 ore di cottura togliere tanti pezzi di carne quanti sono i commensali, sistemarli su un piatto e coprire. Lasciare il resto della carne nella pentola e continuare la cottura alla stessa modalità per ancora un’ora o anche 2, finchè la carne non si sfilacci e le cipolle non prendano un bel colore marroncino e non si riducano a una crema.

A questo punto mettere la pasta a lessare in abbondante acqua salata.
Unire la carne che abbiamo tenuto da parte nella pentola con il ragù, aggiustare di sale, macinare del pepe nero, togliere la foglia di alloro e continuare la cottura.
Scolare la pasta, versarla nella pentola con il ragù, mescolare e impiattare mettendo in ogni piatto un pezzo di quella carne che abbiamo rimesso in pentola.
Portare a tavola  con abbondante pecorino grattugiato.


                                                                                                                                                           

semi festival

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Con il patrocinio di “Demeter International” Organismo di Certificazione di Agricoltura Biodinamica, 6 capitali europee si uniscono per una campagna di informazione e sensibilizzazione dei cittadini sul tema dei semi vegetali.
Con l’obiettivo di informare i cittadini sul tema di  libera produzione, disponibilità, commercio e  scambio di semi tradizionali e propri, il rafforzamento della biodiversità e la promozione dell’agricoltura sostenibile come priorità della politica europea, dal 5 – 13 di Ottobre, in Inghilterra, Belgio, Olanda, Grecia, Polonia e Romania  si organizza  il  primo festival dei semi.
In Grecia il festival  si chiama “Love sporoi – Let’s grow together”  (amo i semi – cresciamo insieme) e comincia ad Atene il 6 di Ottobre per finire con una grande festa il 12 dello stesso mese.


La conservazione dei semi tradizionali e la  biodiversità è tema centrale per chi si occupa di agricoltura e  per gli specialisti, oltre che per i consumatori stessi. Basti pensare che ci vogliono circa 2-3.000 anni perché un seme compaia e si sviluppi,  e che insieme a ogni seme che scompare, scompare un patrimonio genetico.
L’Unione Europea dopo mesi di campagna di  informazione e sensibilizzazione sull’ argomento, ha rigettato una proposta del 2013 per un regolamento che tutti i paesi UE avrebbero dovuto recepire: quello di stilare un catalogo  che elencasse tutte le varietà  di semi esistenti. Con ogni seme catalogato il rischio della scomparsa di varietà locali coltivate su piccola scala è reale ed esistente. Il regolamento è stato rigettato  nel Maggio 2014 dal Parlamento Europeo e sicuramente costituisce una vittoria dell’ Unione Europea dei cittadini  a favore del libero movimento dei semi.

Alcune informazioni da paura:

-         Negli ultimi 100 anni il 75% della biodiversità si è perso;
-         Il 95% dei semi di vegetali  a livello mondiale è controllato da 5 aziende;
-         Più di 7.000 varietà sono state utilizzate in tutta la storia per l’alimentazione di umani  e animali. Attualmente soltanto 30  specie coltivabili costituiscono il corpo della    nostra alimentazione e il  90% delle calorie che si assumono quotidianamente;
-         Soltanto 3 specie (riso, grano e granoturco) sono contenuti in alimenti che    costituiscono quasi la metà dell’alimentazione quotidiana degli essere umani;
-          Nell’ UE i prezzi dei semi è aumentata mediamente del 30,2% nel periodo 2000 –      2008;
-        10  aziende controllano il 75% del commercio dei semi.

credits: lifo (info  e foto)
              organizationearth
              demeter





tyropita di Skopelos

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Buona parte del mondo ha conosciuto  Skopelos dopo “Mamma mia”,  piacevole film con una sempre splendida Meryl Streep.
Se il mondo intero  ha scoperto Skopelos qualche anno fa, i coloni cretesi la scoprirono già all’epoca minoica dove capitanati da Stafylos vi si stabilirono. All’epoca  l’isola non aveva questo nome, si chiamava Peparithos, dal nome proprio di uno dei fratelli di Stafylos che di fratelli ne aveva tre,  come madre Arianna e  come padre Dionysos (Bacco per i romani). Non sarà un casuale se uno dei figli fu chiamato Stafylos (uva in greco)!

In ogni caso, il mythos è questo:
Teseo, con l’aiuto del  mito che gli diede  la molto innamorata fanciulla  cretese Arianna, figlia del re Minosse, uscì dal labirinto dopo aver ucciso il Minotauro. Teseo la rapì e la portò via da Creta per abbandonarla poi a Naxos, da cui anche la locuzione “piantare in asso/piantare in Nasso”.
Non so se Arianna si disperò, immagino di si, comunque  a Naxos la trovò Dionysos che la portò all’isola di Limnos, dove giacquero insieme e fecero 4 figli.
Reperti archeologici scoperti nel 1936 confermano la provenienza cretese dei primi abitanti di Skopelos mentre Stafylos attualmente è una bella spiaggia dove si suppone fosse sbarcato il fondatore dell’isola.

La tyropita di Skopelos, tipica dell’isola, contrariamente alla maggior parte delle torte salate che si cuociono al forno, si frigge, usanza molto frequente d'altronde  anche a Creta. La versione originale prevede soltanto la feta, ma avendo la feta  un sapore molto sapido e forte,  ho preferito ammorbidirlo  un poco aggiungendo  la ricotta e profumando con la menta che alla feta sta come il cacio sui maccheroni!


Ingredienti:
-          pasta fillo (nella quantità indicata)
-          200 gr. di feta
-          100 gr. di ricotta
-          pepe nero macinato fresco
-          menta tritata
-          olio per friggere
-          olio per oliare
Procedimento:
Sbriciolare la feta e mescolare con la ricotta.  Aggiungere il pepe e la menta e amalgamare bene il composto.
Tagliare la pasta fillo a strisce di circa 10 cm. di larghezza e lunghezza almeno 30 cm.  Prendere una striscia alla volta, spennellare con un poco di olio  e distribuire un poco del ripieno per la lunghezza. Lasciare  un paio di centimetri vuoti alle estremità che girerete  verso l’interno. Arrotolare l’impasto  formando un tubo al quale infine darete la forma di spirale.
Friggere in olio bollente per circa 3 minuti per lato.

Con le quantità indicate (valgono anche per la fillo) si ottengono 8 -9 pezzi  relativamente piccoli, diciamo individuali! Ma nulla impedisce di prepararli  nella grandezza che desideriamo.




la rosa di Ikaria

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Quante isole ha la Grecia?  Secondo alcuni 2.000, secondo altri 3.000, una quantità indefinita di isole grandi, piccole, scogli, isole abitate, isole disabitate, mari, arcipelaghi…..
Da questo numero impressionante, le isole abitate sono circa 120. Poche se paragonate al totale delle isole, tante se si vuole conoscerle tutte che anche volendo credo sia impresa ardua a meno che non si decida di passare tutti gli anni le vacanze nelle isole greche e visitare 3 – 4 alla volta e sempre diverse. Per fare due conti, diciamo un 4 all’anno che diventano  40 in 10 anni, 80 in venti, 120 in trenta!!! Possibile si, improbabile pure!


Così dovendo fare per forza delle scelte, a Ikaria non ci sono mai stata e non la conosco.   A dire il vero conoscevo praticamente soltanto il nome e la collocazione geografica fino a un paio di mesi fa, quando due amici mi comunicarono che l' hanno scelta per trascorrere qualche giorno di vacanza.
Non vorrei mai diventare il terrore di chi va in Grecia e inevitabilmente si vede piombare addosso la richiesta: “mi porti quello? Mi porti quell’altro”? Spero non debba mai accadere e che i miei amici mi sopportino pazientemente! 
Dicevo insomma che quando ho saputo che sarebbero andati a Ikaria mi sono messa alla ricerca di prodotti locali che  si potessero  trasportare in aereo!  Così fu, ho trovato,  ho chiesto, mi è stato dato, e ora, anche  da qui ringrazio di cuore!


La rosa di Ikaria rientra nella categoria dei "dolci al cucchiaio" che tradizionalmente si servono con il caffè greco che è questo che si vede nella foto e non altro!!!! Chi ha orecchie per intendere intenda.....   Sostanzialmente si tratta di una confettura  con  un leggero  e   caratteristico profumo di rose. Fonti scritte intorno alla nascita  di questa confettura non esistono, ma la tradizione orale la colloca inizialmente nell’Asia Minore. 
In Grecia la sua preparazione è cominciata a Ikaria, a livello casalingo,  intorno al 1930 mentre la produzione commerciale  comincia nel 1950 ad Aghios Kirikos, il capoluogo dell’isola.
I fiori vengono raccolti  a Maggio dalle piante che crescono spontanee nella parte sud di Ikaria. I petali vengono puliti e fatti  bollire con acqua e successiva aggiunta di zucchero finché lo sciroppo non raggiunga i 75 brix. (misura di sostanze solide dissolte in un liquido). La produzione raggiunge le 2 – 3 tonnellate all’ anno e  la confettura generalmente si confeziona  in scatole di metallo.  
La vendita è destinata principalmente agli ikarioti emigrati ad Atene, in Australia, negli USA. I locali se la preparano da sè!




cous cous alla greca

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Per far la spesa  a meno che non ci  si vuole  coccolare con sapori famigliari, rassicuranti, bisogna essere predisposti all’ avventura, bisogna avere  quel preciso momento quel non so chè che spinge a uscire dal tracciato ed esplorare mondi nuovi, fare scoperte ed esperienze gastronomiche impensabili fino a qualche anno fa. Già io  che  ero avvantaggiata avendo ormai nel mio DNA le cucine di due paesi e quando ho visto per la prima volta a un mercato di Milano  per esempio  le bamies aka okra non ho strabuzzato gli occhi dalla meraviglia, spesso mi trovo in seria difficoltà. 
Accade regolarmente quando entro nel negozio "etnico" di fianco al mio ufficio. Ci entro spesso, quasi tutti i giorni,  non sempre compro qualcosa, la maggior parte delle volte lo faccio  per ammirare stranezze di frutti e verdure, barattoli  e scatole con dentro non so che cosa, insomma non sempre sono in mood  per avventurarmi  nelle cucine altrui. Soprattutto quando sono così distanti dalle mie 2 che richiedono parecchio impegno ed energie per tirare fuori qualcosa di decente.

Fortunatamente tanti prodotti sono versatili ed estremamente adattabili e così, non sostenendo ovviamente che il couscous sia un prodotto sconosciuto anche se non lo preparo spessissimo, eccolo in versione greca,  fortemente ispirata  da Yannis Loukakos


Ingredienti:
-          150 gr. di couscous
-          5 – 6 pomodori secchi
-          una decina di olive nere al forno
-          100 gr. di feta  sbriciolata
-          6-7 foglie di basilico spezzettato con le mani
-          mezzo cucchiaino scarso di cumino
-          il succo di  un piccole mlimone 
-          olio evo (una tazzina da caffè scarsa)
-          sale
-          pepe nero macinato fresco
-          brodo vegetale q.b.
Procedimento:
Per prima cosa tagliare i pomodori  secchi a julienne e farli rinvenire per un’ora nell’ olio evo. Snocciolare le olive e  tritarle grossolanamente al coltello.
Mettere il couscous in una ciotola e mescolarlo con il cumino. Cuocerlo  in  brodo vegetale (se è già salato è sufficiente così, non aggiungere altro sale, diversamente salare leggermente)  seguendo scrupolosamente le indicazioni  riportate sulla confezione.

Una volto pronto, versarlo in un ciotola da portata e sgranarlo con una forchetta.  Unire tutti gli altri ingredienti , mescolare e servire.




tombarello al forno con patate e cipolle

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Facciamo marcia indietro!  Noi che andavamo   alla ricerca di spigole, orate, dentici e  triglie di scoglio, tutto rigorosamente pescato,  noi che ci siamo svuotati le tasche, noi  irriducibili amanti del pesce pescato  e mai rassegnati al pesce di allevamento, facciamo marcia indietro.
Lo spopolamento dei mari è ormai una realtà e un trend irreversibile;  siamo in troppi a voler mangiare del pesce pregiato, in troppi a voler mangiare del pesce pescato, in troppi a voler mangiare del  pesce, magari 2 -3 volte alla settimana come suggeriscono i nutrizionisti.  
Facciamo marcia indietro e  lasciamo le spigole, le orate,  i dentici e le triglie a chi ostinatamente continua a chiedere in barba allo spopolamento dei mari e lo svuotamento delle proprie tasche; facciamo marcia indietro e  cerchiamo il pesce povero, a volte del tutto sconosciuto  come questo,  da cui mi sono lasciata tentare  senza pentimenti!


Ingredienti:
-          1 tombarello di circa 1 kg
-          5 – 6 patate grandi
-          2  medie cipolle bionde
-          4 – 5 cucchiai di olio evo
-          1 bicchiere di vino bianco
-          1 bicchiere di acqua
-          sale
-          pepe nero macinato fresco
Procedimento:
Sbucciare le patate, tagliarle a spicchi, lavarle  e  lessarle  per 15 minuti . Sbucciare le cipolle, lavarle e tagliarle a rondelle.
Eviscerare il pesce, tagliare la testa e ricavarne dei tranci di  un paio di cm. di spessore. Togliere quante spine possibile, lavarli accuratamente sotto acqua corrente  e adagiarli in una teglia da forno.  Togliere le patate dalla pentola con una schiumarola e sistemarle intorno ai tranci di pesce.  Distribuire sopra  le rondelle di cipolla, salare, pepare e versare l’acqua e il vino. Infornare e cuocere per 20 minuti a 180 gradi.




filetto di maiale a bassa temperatura / χοιρινο φιλεττο σε χαμηλες θερμοκρασιες

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Δεν ειχα ασχοληθει ποτε με ψησιματα σε χαμηλες θερμοκρασιες για διαφορους λογους. Κατ αρχην δεν εχω τον καταλληλο εξοπλισμο ουτε για να κλεισω αεροστεγως τα τροφιμα, ουτε συσκευες για ψησιμο sous vide. Εξ αλλου ειναι πεποιθηση μου οτι  καποιες τεχνικες μπορουν να εφαρμοστουν μονο σε καλα εξοπλισμενες εστιατορικες κουζινες αν και  ισως   και στο σπιτι μπορουμε να εχουμε καποια καλα αποτελεσματα  εαν διαθετουμε  τον καταλληλο εξοπλισμο  που προυποθετει μεγαλο budgetκαι  πολυ χωρο.
Εγω εχω ενα απωθημενο αλλα δεν ειναι η συσκευη για sous vide. Toαπωθημενο μου ειναι ενας αποξηραντης μια που αποξηραινω στον φουρνο ο,τι μπορει να φανταστει  οπως και να μην φανταστει κανεις. Οποτε σιγουρα σε αυτο θα δωσω  απολυτη προτεραιοτητα εαν  αποφασισω να πεταξω καποια πραγματα και να κανω λιγο χωρο στην κουζινα μου  που  ισως  και να το κανω αμεσα  για  να αγορασω τον αποξηραντη ως  χριστουγεννιατικο δωρο.
Προς το παρον, διαθετοντας  ενα ψηφιακο θερμομετρο με καθετηρα, δωρο της κορης μου, πηρα την τολμηρη αποφαση να πειραματιστω με  τον εξοπλισμο που μου παρεχει η κουζινα μου που πανω κατω εινα ανυπαρκτος για αυτην την τεχνικη. Διαβασα φυσικα σε πολλα και διαφορα σαιτς πως μπορω να ψησω κατι , κρεας στην προκειμενη περιπτωση, σε χαμηλες θερμοκρασιες χωρις τις καταλληλες συσκευες, και βρηκα τον τροπο που εξηγω παρακατω.
Πηρα λοιπον ενα μικρο  χοιρινο φιλεττο που ζυγιζε ακριβως 265 γραμμαρια.  Το εβγαλα απο το ψυγειο και το εφερα σε θερμοκρασια δωματιου.  Το ετριψα μετα  με αλατι,  μαυρο πιπερι φρεσκοαλεσμενο, λιγο θυμαρι, εβαλα στα χερια μου λιγες σταγονες εξτρα παρθενο ελαιολαδο και το αλειψα καλα καλα. Μετα το εκλεισα σφιχτα  σε μεμβρανη οπως φαινεται στην φωτογραφια.


Πηρα ενα σκευος , οχι μεγαλο, να χωραει ισα ισα το φιλετο και το γεμισα μεχρι τα 3 / 4 με νερο. Εβαλα το σκευος σε πολυ χαμηλη φωτια και εβαλα μεσα το θερμομετρο.  Φροντισα να μην ακουμπα ο αισθητηρας τον πατο του σκευους που αναποφευκτα η θερμοκρασια ειναι πιο δυνατη αφου ερχεται σε  αμεση επαφη με την φωτια.  Οταν το θερμομετρο εφτασε τους 68 βαθμους εβαλα μεσα το φιλετο και απο επανω του εβαλα ενα μικρο πιατακι ετσι ωστε να το κραταει εντελως μεσα στο νερο. Ρυθμισα το θερμομετρο ετσι ωστε οταν ξεπερνουσε τους 68 βαθμους να χτυπαει  για  να με ειδοποιει και σκεπασα με το καπακι.  Αρχισα λοιπον το ψησιμο το οποιο κρατησε 1 ωρα και ενα τεταρτο.  Οταν η θερμοκρασια ξεπερνουσε τους 68 βαθμους  και το θερμομετρο με ειδοποιουσε, εριχνα μεσα λιγο κρυο νερο, ελαχιστο, ωστε να ξαναερθει στην  στανταρντ θερμοκρασια .
Μολις τελειωσε το ψησιμο εβγαλα το φιλετο απο το νερο,  το ξετυλιξα απο την μεμβρανη και το εβαλα στο ξυλο κοπης. Το εκοψα σε φετες  και  το αποτελεσμα  ειναι αυτο.

Επειδη ομως σωνει  και καλα ηθελα και την αντιδραση μαγιαρντ, εβαλα το σχαροτηγανο να πυρωσει στην φωτια χωρις καμια λιπαρη ουσια και   ακουμπησα για 10 δευτερολεπτα απο την καθε μερια τις φετες του φιλετου.
Αυτο ηταν. Το φαγαμε απλο,  με  ανθος αλατιου απο το Μεσολογγι και λιγες σταγονες ελαιολαδο.
Του δινω ενα 8 και εαν με ρωτησετε εαν θα το επαναλαβω, η απαντηση ειναι ΝΑΙ!
  

Dico subito che se avessi budget e spazi illimitati, la prima cosa che acquisterei parlando di cucina ovviamente, è un essiccatore.  Essiccare frutta e verdure è una mia passione che mi costringe estate inverno a tenere il forno accesso per ore infinite…. Dunque se sapessi dove infilarlo, un essiccatore sarebbe il primo acquisto che farei a meno che non mi decidessi di buttare via qualcosa per fare spazio in cucina. Ma buttare via le cose della cucina mi costa fatica, al contrario di tutto il resto che lo butto con estrema facilità, non è un  caso se  ho la fama di “grande buttatrice”!
Dato quindi  questo  mio desiderio per ora restato inappagato, non mi sono mai occupata di cotture a bassa temperatura, pur essendo state cool  da e per qualche anno, magari tuttora, non lo so, mi dichiaro ignorante in materia!  E non mi sono finora occupata perché semplicemente non posseggo le apparecchiature necessarie cioè la macchina sottovuoto e quella per la cottura lenta. E non me ne sarei nemmeno occupata se mia figlia non avesse  avuto l’idea di regalarmi un termometro a sonda, si, quello dell’IKEA.


Quando l’ho avuto per le mani mi è venuto subito in mente questo post e sono partita in quarta per il mio primo esperimento!
Ho comprato dunque un filetto di maiale, (che tra l’altro costa pochissimo e mi ha permesso di stare tranquilla in caso di insuccesso…) peso 265 grammi. Proprio piccolino. L’ho salato, pepato, oliato, ho cosparso un poco di timo e  l'ho avvolto strettamente nella pellicola.


Ho preso una pentola piccola, giusta per contenerlo senza che lasciasse grandi spazi vuoti intorno e l’ho riempita per  3 / 4 di acqua.  Ho accesso al minimo il fuoco mettendoci anche la retina, ho  tarato il termometro a 68 gradi e l’ho infilato nella pentola avendo cura che la punta non andasse a toccare il fondo che inevitabilmente è più caldo essendo a contatto diretto con il fuoco. Quando la temperatura ha raggiunto i 68 gradi ho infilato il filetto e per non rischiare che galleggiasse ho posizionato sopra un piattino.  Ho abbassato al minimissimo la temperatura e ho cotto il filetto per un ora e un quarto.
Quando il termometro mi avvisava che la temperatura superasse quella   stabilita (c’è l’opzione) aggiungevo un filo di acqua fredda per farla tornare nei ranghi.
Finita la cottura  ho tirato fuori il filetto,  tolto la pellicola,  appoggiato sul tagliere e  tagliato a fette come nella foto.
Siccome però volevo anche la crosticina ho arroventato la piastra a secco, senza nessun grasso, e ho appoggiato le fette per 10 secondi per lato.
L’abbiamo mangiato semplice, con del fior di sale di Mesolonghi e un goccio di olio evo.

Un bel voto se lo merita, certamente lo ripeterò.




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