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Channel: mangiare greco - cucina greca con tutte le ricette tipiche
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polpettine di alici e granita di pomodoro/gavrokeftedakia kai granita domatas

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Avere degli ospiti a cena è sempre un gran piacere e una gran fatica allo stesso tempo. Mettere insieme gli ospiti, selezionarli in base a comuni interessi, simpatie, affinità, è sempre stata la prima preoccupazione della perfetta padrona di casa. Poi comincia lo studio e la composizione del menù.  Stabilito questo,  si fa la spese e ci si mette a cucinare. Ecco fatto!  Giusto? Eh no!   Ho delle novità! Non ce se la cava più così. Intanto gli ospiti non si selezionano in base a interessi comuni, simpatie e affinità. Queste erano cose d’altri tempi. Ora si selezionano in base ai loro regimi alimentari, pena,  passare 3 giorni di fila in cucina per preparare 10 menù diversi, sempre che ce se la possa cavare,  a meno di non poter contare sull’aiuto di un paio di cuochi.  

Conoscere i vari regimi alimentari, sapersi destreggiare nell’acquisto dei prodotti necessari e saperci fare in cucina è indispensabile, se si vuole invitare a casa propria chi per necessità, per allergie, intolleranze, per scelta etica  o anche  per nevrosi  segue uno stretto regime alimentare e non ammette deroghe.

Bisogna sapere  cosa comprare e come cucinarlo quando si invita un vegetariano, un vegan, un ittovegetariano, un crudista,  un fruttariano, un flexitarian, un macrobiotico e non mettere insieme persone (tranne voi stessi per ovvi motivi, ma voi sapete adattarsi) appartenenti a tribù diverse.
Personalmente, dopo aver provato diversi  regimi e non avendo intolleranze, ho concluso:   appartengo alla tribù dei  flexitarian: cucina vegetariana con qualche strappo! Molto comodo!!!



Ingredienti:
Per le polpette:
-          ½ kg  di alici
-          2 fette di pancarrè
-          1 uovo
-          2 cucchiai rasi  di pecorino grattugiato
-          3 cucchiai di pangrattato
-          prezzemolo tritato
-          sale, pepe
-          farina per infarinare le polpette
-          olio di arachidi per friggere
Per la granita:
-          3 pomodori maturi
-          sale
-          tabasco a piacere
-          salsa worcestershire  a piacere
Procedimento:
Preparare innanzitutto la granita: lavare i pomodori,  con un coltello affilato incidere una croce sulla base e sbollentarli per un paio di minuti. Quando si saranno raffreddati abbastanza per essere toccati, spellarli. Frullarli insieme a tutti gli altri ingredienti e versarli in un contenitore adatto a essere posto in freezer. Dopo un’ora sgranare con una forchetta per rompere i cristalli di ghiaccio che si saranno formati. Ripetere ogni ora fino al momento di consumare.
Pulire i pesci da testa e interiora, aprire a libro e togliere la spina centrale. Staccare la coda e togliere eventuali altre spine  anche se raramente sono grandi da costituire un problema. Lavare bene i filetti ottenuti e asciugarli scrupolosamente.  A questo punto tritare al coltello le alici. Non c’è bisogno di ridurle in poltiglia, anche se resta qualche pezzo un po’ grande va bene ugualmente, anzi pure meglio! Tagliare tutt’intorno la crosta del pancarrè, metterlo a mollo in acqua per 2 minuti e  strizzarlo bene.  Versare in una terrina le alici tritate, unire il pane, l’uovo, il formaggio, il prezzemolo, salare leggermente  e macinare un po’ di pepe nero.  Lavorare bene l’impasto con le mani per amalgamare tutti gli ingredienti. Se serve, aggiungere un poco di pangrattato ancora.  Mettere in frigo per almeno mezz’ora ma meglio una.
Scaldare abbondante olio in una padella. Togliere l’impasto dal frigo, formare delle polpettine di dimensione di un’albicocca, premere leggermente per appiattirle. Infarinare e friggere nell’olio bollente. Servire calde con la granita di pomodoro decorata con qualche fogliolina di basilico.





calamari con crema di avocado e feta

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Se avete deciso di passare le vacanze in un’isola greca, forse un piccolo elenco di piatti locali da assaggiare potrebbe tornare utile. Ecco allora alcune delle isole  più richieste con alcuni piatti tipici  e anche  se la lista è giocoforza incompleta data la miriade di isole che si trovano in Grecia e dato che ognuna di loro ha i suoi prodotti e la sua cucina, un’idea la si può avere. Quanto meno gli oriundi capiranno che non vi accontentate della  cucina da turisti sprovveduti!

A Creta  senz’altro  il dakos, pane biscottato di orzo, con pomodoro e mizithra. Le sfakianopites  e le  sarikopites sono pites farcite di mizithra (formaggio locale)  condite con miele. Non dimenticate le lumache  fritte con rosmarino e sfumate con vino locale.
A Paros le pites dolci tradizionali dell’isola ma anche i calamari ripieni. Da assaggiare lo sgombro arrostito.
A Corfù chiedete la strapatsada (uova strapazzate al pomodoro), la pastitsada (carne in umido  con pasta), il bourdeto (zuppa di pesce). Famosa anche per i suoi dolci sciroppati: pomodorino, kumquat, bergamotto. Da non dimenticare i torroni e i croccanti di sesamo.
Ad Andros assaggiate le alici con pomodoro al forno e il volaki (formaggio tradizionale stagionato al sole).  La furtalia (frittata con patate, salsicce, latte e formaggio). Da comprare agli amigdalotà (biscotti di farina di mandorle).
A Chios, da assaggiare le pasteliaries, (fichi secchi) e le paste locali, fatte a mano. Non dimenticate che è l’isola della mastiha:  da compare assolutamente.
A Cefalonia da provare i bourbourelia (minestra di lenticchie, ceci, fave, mais e grano). Senz’altro la kreatopita (pita di carne) e la riganada (bruschetta di pane casereccio con pomodoro, origano, olio e sale.
A Samos chiedete il capretto che si cucina in tante versioni e i  bourekakia (pasta fillo farcita di zucca gialla, formaggio locale, cannella). Da non dimenticare i vini passiti.
A Mykonosassaggerete la kopanistì  e il xinotiro (formaggi locali). Senz’altro chiedete la kremmydopita (pita farcita di cipolle). Famosi anche gli amygdalotà, (biscotti di farina di mandorle)  cosparsi di zucchero a velo.
A Rodi assaggerete capretto al forno con ceci, fagioli e patate.  Se vi piacciono i dolci, chiedete i melekounia (croccanti di sesamo) e i moshopougkia (biscotti di  noci e mandorle avvolti in pasta fillo ma anche senza).  Provate il coriandolino (liquore di 7 erbe).
Che dire di Santorini! Senz’altro la fava,  i domatokeftedes (frittelle di pomodoro) ma anche l’agnello con le melanzane.
A Tinos chiedete la louza (salume di carne suina), la frittata di carciofi e i dolci locali come i xerotigana, sfoglie dolci al formaggio e i bezedes (meringhe).
Nella splendida Patmosmangerete  vari pesci sotto sale, riso pilaf con il polpo, polpo al vino e calamari ripieni.  Un liquore tradizionale è l’alisfakià.
Ad Amorgoschiedete i methismeni amorghiana (dolci arrotolati farciti  di  confetture e cosparsi di zucchero a velo), la melanzana amorghiani, (melanzana fritta con formaggio locale)  il patatato (carne di capretto in casseruola  con patate) e per bere il psimeni raki che trovate solo lì.
Ad Astypalaia, mangerete senz’altro la kakavia (zuppa di pesce) e le polpette di polpo. I pougkia (sfoglie di formaggio con miele) e gli ardistà (lenticchie con un impasto di farina e acqua sbriciolato).

Se invece vi attira la ricetta dei miei calamari, procedere come segue:


Ingredienti:
-          6 calamari
-          olio evo
-          mezza alga kombu
-          2 cucchiai di gomasio
Per la crema:
-          1 avocado sbucciato e snocciolato
-          50 gr. feta
-          3 cucchiai di olio evo
-          peperoncino verde piccante tritato a piacere
-          5 -6 foglioline di menta fresca tritate
-          il succo e la scorza di un lime
Procedimento:
Pulire i calamari, lavarli accuratamente e asciugarli. Spennellarli da tutt’e due i lati con dell’olio evo e sistemarli su una placca da forno. Cuocerli al forno  per 2 minuti per lato a 190 gradi in modalità grill.
Per la crema di avocado, frullare tutti gli ingredienti insieme.
Nel cutter, ridurre l’alga in polvere  e mescolare con il gomasio.

Sistemare la crema sul piatto adagiando sopra i calamari. Condire con la polvere di alga e gomasio.

Note: la crema di avocado l'ho vista al blog di Kikì e l'ho variata poco!



credits: my family



frozen yogurt: cosa comprare

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“Ela, pagotò, pagotò!”  (vieni, gelato, gelato) Tentava mia madre la mia figlia  quando era piccola e andavamo in vacanza in Grecia.  Tappa obbligatoria ad Atene per trovare la nonna che seduceva la nipotina con il gelato!  La bimba la seguiva e tornava con lo stecchino mentre la nonna con la confezione famigliare. Una  madre deve pensare a tutti!
Due sono le tendenze dei gelati industriali di quest’anno. La prima è il frozen yogurt che spopola già  da qualche anno e la seconda è il gelato con pochi grassi e l’utilizzo della stevia al posto dello zucchero.
Per refrigerare allora le  bollenti estati greche, ecco  qualcuna dalle tantissime novità  da comprare al “periptero”, al mini market della località vacanziera oppure al supermarket cittadino, o meglio ancora al beach bar!  Tutte frozen yogurt!
  
Frozen yogurt fragola/pesca
Stecchino con copertura di fragola o pesca dallo stabilimentoKri Kri.



Lo stabilimento  kayak ne propone una serie di gusti differenti, in confezione famigliare da 400 grammi:

Greek Frozen Yogurt con stevia – Low fat

Greek Frozen Yogurt Chocolate – Low Fat
  
Greek Frozen Yogurt Red Berries & Basil – Low fat



  
Greek Frozen Yogurt Honey & Sesame – Low fat

Greek Frozen Yogurt Passion Fruit – Mango & Jasmin – Low fat

La serie si completa con altri 3 gusti: Quinoa, Digestive Cookies e Madagascar Vanilla.


 credits: athinorama
               people greece


noodles di cetriolo con salsa allo yogurt

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Dopo 60 anni di onorata carriere mia madre ha deciso: ha appeso al chiodo mestoli e padelle, ha afferrato pennelli e tele  e si è data alla pittura! “Quel che ho cucinato ho cucinato” dichiarò un giorno, “adesso basta”.  Ma la sua decisione non è arrivata all’improvviso.  Già negli ultimi anni aveva cominciato a mandare segnali di insofferenza, di stanchezza, di un certo disinteresse per il cibo  che è stato il cardine sul quale ha ruotato la sua vita, privata e lavorativa.
Ma siccome il lupo perde il pelo ma non il vizio, a volte decide di fare qualcosa di particolare; spesso si tratta di una qualche pita oppure dei souvlaki. “Non mangiate fuori” mi sento dire, “stasera preparo dei souvlaki”.  Quello che mi trovo nel piatto non ha nulla a che vedere con quello che mi trovavo fino a qualche anno fa.  Lo tzatziki ormai no, non si può andare in giro sapendo di aglio, per carità!!! La salsa no, ma tutte quelle calorie, no, no!!!! Cipolla? Nemmeno a parlarne….
Ormai il suo souvlaki è fatto di piadina, carne, spicchi di pomodoro e yogurt al naturale!!!
Io ci sono cascata 2 volte. Dalla terza in poi, non volendola offendere, al temuto annuncio “stasera faccio i souvlaki”, passo prima da qualche baracchino per mangiarne uno  come Dio comanda, con dentro tutto!!!

  
Pelare dei cetrioli e tagliarli con il tagliaverdure a julienne.  Preparare la salsa con dello yogurt naturale a volontà condito con succo di lime, sale, un filo di olio e mentuccia tritata. Volendo, anche uno spicchio di aglio tritato. Mescolare e versare qualche cucchiaio sui cetrioli.
Versare  il resto a delle ciotoline individuali e servire con degli straccetti di carne appena scottati.




pesce con okra/psari me bamies

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Frutta e verdura sempre più spesso la compro a quei  supermarket  con reparto apposito, dove la si vende sfusa, esposta come sui banconi dei mercati, come ai negozi dei fruttivendoli,  per almeno 2 motivi: posso scegliere uno per uno quello che mi serve  secondo quello che devo preparare e non  corro il rischio che tra le mele sane mi si infili anche qualche mela marcia!!! Si, capita, mi è capitato e non così di rado…. essendo “vietato toccare la merce per motivi igienici”!  Ovviamente il divieto riguarda esclusivamente il cliente che toccherebbe per ultimo, ma poi quante mani hanno toccato la merce prima non è dato da sapere….. Il secondo motivo è che  posso comprare esattamente la quantità che desidero. Se desidero un limone ne prendo uno, lo peso, gli appiccico l’etichetta, vado alla cassa, pago e torno a casa con un limone, senza dovermi sentire in colpa per aver scomodato  il fruttivendolo per un limone, sempre che non mi si guardi storto e farmi sentire una pezzente!!!!
Sicchè sempre più raramente  vado al mercato, anche perché ormai tanti  supermarket si sono aggiornati, vendono   prodotti che fino a qualche tempo fa erano delle rarità da comprare   esclusivamente ai negozi etnici o a qualche bancarella del mercato  gestita da immigrati e infatti è cosi. I grandi supermarket si sono veramente aggiornati, tanto che qualche giorno fa curiosando tra i frigoriferi di un'esselunga ho scovato una vaschetta con dentro saranno state 10???? più o meno okra o gombi o bamies per dirla alla greca, al modico prezzo di € 3 e qualcosa!!! Ho strabuzzato gli occhi non pensando che questo ortaggio così bistrattato in Grecia sia un ortaggio d’elite a Milano!
Non le  ho comprate, ca va sans dire, ma siccome mi hanno fatto venire la voglia di mangiarle, il giorno dopo mi sono precipitata al negozio “etnico” di fianco al mio ufficio e ho comprato quasi un kilo  di ottime bamies per € 2,00.

Il pesce con le bamies è uno classico della cucina greca. Se trovate l’ortaggio ve lo consiglio!


Ingredienti:
-          ½ kilo di okra (bamies)
-          4 tranci di pesce tipo cernia o spinarolo
-          1 scatola di pelati
-          aceto di vino bianco
-          olio evo
-          1 cipolla bianca tritata
-          prezzemolo tritato
-          sale, pepe macinato fresco
Procedimento:
Pulire le bamies tagliando tutt’intorno il gambo con un coltello affilato.(qui)  Stenderle  in un vassoio, spruzzarle di aceto di vino bianco  e lasciarle al sole per 2 ore. In questo modo si asciugano e perdono quella loro caratteristica viscidità. Ritirarle dal sole, lavarle e tamponarle per asciugarle. Se  invece non c’è sole oppure se non c’è un balcone o un terrazzo dove sistemare il vassoio, dopo averle pulite, lavarle e farle bollire per 2 minuti in acqua con aggiunta di 1 cucchiaino di sale e 2 di aceto. Se si segue quest’ultimo metodo bisogna stare attenti  all'aggiunta di sale alla pietanza.
Finito il trattamento dell’ortaggio si passa alla cottura. Far appassire la cipolla in una padella con dell’olio evo. Aggiungere le bamies e farle  rosolare per 2 – 3 minuti alzando la fiamma, arrivando quasi a friggerle.  Aggiungere un cucchiaio da minestra di un buon aceto bianco e mescolare con delicatezza per non rischiare di romperle. Abbassare la fiamma e versare la scatola di pelati schiacciati un po’ con una forchetta. Unire il prezzemolo, salare e pepare.  Coprire e cuocere per una ventina di minuti o comunque finchè le bamies non diventino abbastanza tenere.
Lavare i tranci del pesce e asciugarli tamponando con carta assorbente. Ritirare le bamies dal fornello e versarle in una pirofila.  Adagiare sopra il pesce dopo averlo salato e pepato. Cuocere al forno per 15 minuti a 180 gradi. Il tempo della cottura al forno è indicativa, dipendendo dal tipo e dalle dimensioni  del pesce.
La stessa pietanza può essere fatta anche con pesci  tipo il fragolino, la spigola, il merluzzo, ma anche con il baccalà.




adana kebab: the greek way

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Il dibattito è perennemente aperto! Dove si mangia il miglior kebab ad Atene? Non è facile stabilirlo, le liste sono tante,  più o meno lunghe, ognuno propone la sua, modestamente anche io ho la mia pur non essendo in grado di seguire le nuove aperture in tempo reale,  e tutte quante hanno ragione di esistere. Si, perché dire kebab in Grecia è come dire pizza in Italia. Il paragone regge e anche se il kebab notoriamente non è di origine greca, ha talmente attecchito che ormai fa  parte imprescindibile della sua cucina.  Pita gyros, nome greco, notare, è la dimostrazione lampante! Quest’ultimo, sicuramente il più conosciuto dai turisti non è ovviamente l’unico.  Atene, Pireo e comuni intorno sono stracolmi di piccoli e grandi negozi che vendono kebab di tutti i tipi: doner, giaourtlou, iskender, adana  per citarne solo alcuni ma l’elenco è lungo e io non mi ricordo tutto!
Alcuni di questi si possono facilmente preparare in casa, non è il caso del doner, ma sicuramente è il caso dell’adana kebab che prende il nome dalla città omonima turca.
Tradizionalmente si prepara con carne di pecora, si usa anche parte della coda per renderlo più grasso e saporito,  pasta di peperone rosso, peperoncini piccanti, sumac, coriandolo, cumino. A volte si aggiunge del burro, sempre per renderlo più grasso. Io invece ho scelto la versione più “greca” di Cristoforos Peskias . D’ altronde nelle mie vene scorre olio di oliva e non burro!
Della ricetta  ho cambiato soltanto la proporzione delle carni. Peskias usa parti uguali di di agnello e di manzo.


Ingredienti:
-          600 gr. di carne macinata (200 gr. di agnello e 400 di manzo)
-          1 cipolla tritata
-          1 spicchio di aglio tritato
-          1 cucchiaino di cumino in polvere
-          un pizzico di origano
-          1 cucchiaino di paprika
-          peperoncino rosso piccante a piacere
-          1 pomodoro grande pelato e tagliato a dadini piccoli
-          1 cucchiaio di aceto di melograno (in alternativa aceto balsamico)
-          20 ml di olio evo
-          sale, pepe nero macinato fresco
Per accompagnare:
-          1 cipolla grande tagliata a rondelle
-          1 cucchiaino di sumac  (in alternativa ½ cucchiaino di paprika con ½ cucchiaino di scorza di limone)
-          il succo di mezzo limone
-          sale
Procedimento:
Emulsionare il sumac con il sale e il succo di limone. Versare sulla cipolla,  coprire con della pellicola e mettere in frigo fino all’ora di servire.
Per i kebap,  in una ciotola mescolare tutti  ingredienti e impastare vigorosamente per 5-6 minuti  per amalgamare gli ingredienti e rendere soffice l’impasto.  Coprire con della pellicola e sistemare in frigo per un paio di ore.
Accendere il forno a 190 gradi  in modalità grill. Oliare leggermente le mani,  formare  4/5 salsicciotti di circa 15 – 20 cm di lunghezza  e infilzarli in altrettanti spiedini.  Oliarli leggermente con un pennello,  sistemarli su una teglia ben oliata e cuocerli  sulla scanalatura più alta del forno per 15 minuti girandoli  per 3 – 4 volte.
Servire  sulla pita con le cipolle e accompagnare con dello yogurt.





parmigiana di melanzane/μελιτζανες παρμιτζανα

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Εαν εξαιρεσουμε πιτσα και ζυμαρικα, ενα απο τα πιο γνωστα  ιταλικα πιατα στον κοσμο σιγουρα ειναι η parmigiana di melanzane.  Το ονομα ειναι παραπλανητικο  μια που κανει  εμφανη αναφορα στην πολη Παρμα. Υπαρχουν βεβαια μερικοι που φρονουν οτι η καταγωγη του  ειναι απο αυτην την περιοχη, εδω που τα λεμε εριζουν η Εμιλια Ρομανια, η Ναπολι και η Σικελια  διεκδικωντας το πιατο, μα στην  πραγματικοτητα δεν υπαρχουν καθοριστικα στοιχεια που να το καθιστουν αναμφιβολο.  Απο την αλλη πλευρα το οτι  ειναι ενα πιατο συμβολο της ναπολετανικης και σικελιανικης κουζινας ενισχυει την αποψη οτι ειναι καθαρα  πιατο του ιταλικου νοτου.
Τα πρωτα ιστορικα στοιχεια  της   “alla parmigiana”  βρισκονται  στο “il Cuoco Galante” του Vincenzo Corrado, και μιλαμε για το 1773. Μονο που αναφερεται κυριως σε κολοκυθακια και καροτα, ενω οι μελιτζανες  εμφανιζονται ως παραλλαγη της συνταγης.  Αν  λαβουμε εξαλλου υποψει μας οτι τοτε  οι μελιτζανες ειχαν την φημη οτι ειναι τοξικες ως εκ τουτου η χρηση τους ηταν πολυ περιορισμενη, μου φαινεται λογικο. Πρεπει να φτασουμε στο 1837 για να βρουμε την περιγραφη της παρμιτζανας ετσι οπως την εννουμε  και την γνωριζουμε τωρα, στο βιβλιο του Cavalcanti cucina teorica e pratica”.
Το μυστηριο ομως του ονοματος παραμενει και μεχρι στιγμης δεν εχει βρεθει ικανοποιητικη απαντηση, και μαλλον δεν θα βρεθει ποτε, καθως ειναι ενα απο τα αναριθμητα πιατα που οι καταβολες του χανονται στα βαθη της ιταλικης κουζινας. Εκδοχες υπαρχουν πολλες,  μερικες πιο πειστικες  απο αλλες αλλα το μυστηριο παραμενει  αλυτο.
Μερικοι  ισχυριζονται  οτι το ονομα εννοει “μελιτζανες με τον τροπο της Παρμα”,  αναφερομενος στον  τροπο ετοιμασιας εδεσματων σε στρωσεις, χαρακτηριστικο της περιοχης , και ενισχυουν την αποψη τους με το οτι η  συνταγη προβλεπει την χρηση της παρμεζανας (parmigiano ιταλιστι), αν και αυτο το τελευταιο παιρνει συζητηση καθοτι αλλοι χρησιμοποιουν αλλα τυρια. Αλλοι εννουν οτι το ονομα προερχεται απο το  σικελικο λημμα parmiciana αναφερομενο  στα κουφωματα παραθυρων φιαγμενα απο ξυλινες λωριδες που ακουμπαν η μια την αλλη, οπως και οι μελιτζανες οταν στρωνονται στο ταψι.   
Οι διαμαχες  φυσικα δεν εξαντλουνται στην καταγωγη του πιατου.  Οι πιο εριστικες   αφορουν την ετοιμασια του.  Οι μελιτζανες ξεφλουδιζονται η οχι? Κατα πολλους ναι, κατα αλλους οχι το ξεφλουδισμα ειναι αιρεσια αξια αφορισμου.  Παναρονται πριν τηγανιστουν σε αυγο και γαλετα η οχι? Και τι τυρι βαζουμε? Mozzarella di bufala, fiordilatte, scamorza ητιαλλο?    Αν και τοπικες εκδοχες υπαρχουν διαφορες, σε μερικες περιοχες εμπλουτιζουν το πιατο με αυγα, σε  μερικες αλλες με λουκανικα, ακομη και τηγανιτα κεφτεδακια ακουσα, η συνταγη ασυζητιτι προβλεπει μελιτζανες, ντοματες,  μοτσαρελλα, τριμμενο τυρι, βασιλικο, τυρι, λαδι. Ολα τα υπολοιπα ειναι εμπνευση  του μαγειρα η  οικογενειακες  συνηθεις.
Προσωπικα, για ενα βασιλικο και απολυτα καλοκαιρινο πιατο, ακολουθησα την συνταγη του Gualtiero Marchesi, δηλαδη:

Υλικα:
-          600 γρ. μελιτζανες  (μακρουλες με την σκουρα φλουδα)
-          λιγο αλευρι για ολες τις χρησεις
-          200 γρ. μοτσαρελλα (μην παρετε bufalaκαι καλυτερα πριν την βαλετε στο φαγητο  να        την βγαλετε απο το νερο της και να την αφησετε για 2 – 3 ωρες  σε σουρωτηρι  με ενα       μπωλ απο κατω  να βγαλει τα πολλα υγρα / δικη μου σημειωση )
-          300 γρ. ωριμες ντοματες  ξεφλουδισμενες και ξεσποριασμενες (εναλλακτικα σαλτσα τυπο πουμμαρο / δικη μου σημειωση)
-          φυλλα βασιλικου πλυμενα και στεγνωμενα (o Marchesi  λεει 6 φυλλα, εγω εβαλα      περισσοτερα αλλα εξαρταται και απο το μεγεθος, παντως ο δικος μου βασιλικος  ειναι       πλατυφυλλος)
-          ενα μικρο κρεμμυδι ψιλοκομμενο
-          70 γρ. παρμεζανα τριμμενη
-          40 γρ. εξτρα παρθενο ελαιολαδο
-          λαδι για το τηγανισμα
-          αλατι
-          πιπερι μαυρο φρεσκοτριμμενο

Διαδικασια:
Πλενουμε, στεγνωνουμε και κοβουμε τις μελιτζανες κατα μηκος σε ομοιομορφες φετες , ενα εκατοστο παχος. Εγω τις εκοψα πιο λεπτες, αλλα εσεις αποφασιστε οπως θελετε. Τις αλατιζουμε και τις βαζουμε στο σουρωτηρι σε στρωσεις. Σκεπαζουμε με ενα πιατο που να ερχεται σε επαφη με τις μελιτζανες και βαζουμε πανω στο πιατο ενα βαρος.  Τις αφηνουμε για μια ωρα. Κατ αυτον τον τροπο χανουν τα υγρα τους και τυχον πικραδα που εχουν. Αφου περασει η ωρα, τις ξεπλενουμε κατω απο τρεχουμενο νερο, τις στεγνωνουμε και τις αλευρωνουμε ελαφρα.  Τις τηγανιζουμε μεχρι να ροδισουν αλλα δεν πρεπει να παρουν σκουρο χρωμα. Τις βγαζουμε απο το τηγανι και τις βαζουμε  σε αποροφητικο χαρτι κουζινας. Σκεπαζουμε με αλλο αποροφητικο χαρτι για να παρει τα πολλα λαδια.
Σε αλλο τηγανι μαραινουμε το κρεμμυδι σε 30 γραμμαρια λαδι. Προσθετουμε τις ντοματες αφου τις περασουμε απο μυλο λαχανικων, προσθετουμε αλατι και πιπερι.  Αφηνουμε να σιγοβρασουν για 10 περιπου λεπτα και μετα προσθετουμε τα φυλλα του βασιλικου.  Σιγοβραζουμε για 5 / 6 λεπτα ακομη.
Κοβουμε την μοτσαρελλα σε λεπτες φετες.
Παιρνουμε το ταψι και το λαδωνουμε με λιγο λαδι. Βαζουμε μια στρωση μελιτζανες, μερικες φετες μοτσαρελλα, σαλτσα ντοματας, παρμεζανα, και ελαχιστο αλατι. Επαναλαμβανουμε τις στρωσεις μεχρι να εξαντληθουν τα υλικα. Τελειωνουμε με μοτσαρελλα, σαλτσα και παρμεζανα. Ριχνουμε λιγο λαδι και ψηνουμε στον φουρνο για 15 λεπτα περιπου στους 180 βαθμους, η μεχρι να λειωσει η μοτσαρελλα. Εμεναμουπηρεμιση ωρα.


I dilemmi degli expat: moussakas o parmigiana? Cosa faccio quando mi trovo con delle belle melanzane,  rigorosamente quelle lunghe, d’altronde le rotonde quando vivevo in Grecia non si trovavano, avevamo solo quelle lunghe striate (a mia memoria), e quando si tratta di friggerle per me esistono solo quelle lunghe,  insomma, per cosa opto?
Facendo l’inventario  delle mie proviste  vedo che: non ho la carne, non ho il latte, ho la mozzarella, i pomodori li ho, ho la piantina del basilico sul balcone,  parmigiano, farina, oli e cipolle li ho sempre, voglia di uscire per comprare carne e latte non ne ho, quindi il dado è tratto!
La parmigiana l’ho sempre fatta così, con l’unica eccezione della cipolla. Ci ho sempre messo l’aglio. Ma volendo fornire una ricetta autorevole ai miei amici greci, ho deciso di proporre questa, tratta dal libro di Marchesi “il grande ricettario”. Nelle parentesi metto le mie annotazioni e/o variazioni:

Ingredienti:
-          600 gr. di melanzane (le lunghe, viola scuro)
-          2 cucchiai di farina bianca (mi è servita un poco di più)
-          200 gr. di mozzarella tagliata a fettine sottili  (fiordilatte che ho  tolto dall’acqua e lasciato scolare in frigo per  un paio di ore)
-          300 gr. di pomodori pelati e privati dai semi
-          6 foglie di basilico (io ne ho messe una decina)
-          1 cipolla piccola tritata
-          70 gr. di parmigiano grattugiato
-          40 gr. di olio evo
-          olio per friggere (di arachidi)
-          pepe nero
-          sale
Procedimento:
Lavare le melanzane,  asciugarle le tagliarle a fette di un centimetro. (Io le ho tagliate più sottili). Metterle a scolare in uno scolapasta con un piatto a contatto e un peso sopra. Lasciarle per un’ora, sciacquarle sott’acqua corrente e  asciugarle. Friggerle fino a doratura nell’olio di arachidi. Sistemare su carta assorbente coprendo con dell’altra carta per assorbire tutto l’olio.
Far appassire la cipolla nell’olio evo e aggiungere i pomodori dopo averli passati al passaverdure. Cuocere a fiamma moderata per una decina di minuti e aggiungere le foglie di basilico lavate e asciugate. Cuocere ancora per quindici minuti e ritirare dal fuoco.
Oliare leggermente una pirofila e mettere uno strato di melanzane.  Mettere sopra alcune fette di fiordilatte, salsa di pomodoro,  parmigiano e poco sale. Ripetere fino a esaurire gli ingredienti, terminando con mozzarella,  pomodoro e parmigiano.
Infornare a 180 gradi per 15 minuti, o comunque finchè la mozzarella sarà fusa. Io ho tenuto in forno per mezz’ora abbondante.
Superba!





parmigiano saganaki con le pere

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Il concorso del consorzio del parmigiano reggiano crosskooking l’avevo intravisto qualche giorno fa ma non mi ero soffermata. Sono tornata a rivederlo  quando l’amico blogger Stavros mi ha incitato a partecipare con la parmigiana di melanzane.  Invece  della parmigiana invece, e perché cross cooking sia, partecipo con il “parmigiano saganaki e pere”. 
Il saganaki è un famoso stuzzichino della cucina greca. Prende il suo nome dal recipiente in cui si frigge, che letteralmente significa “tegamino” laddove per tegamino si intende quello con due manici. Oltre a quello del formaggio, famoso è anche il “gamberi saganaki” e i “cozze saganaki”. Comune denominatore è il formaggio che si trova in tutte le ricette di “saganaki”.
Per questa ricetta ho voluto unire le cucine della mia patria di nascita e di quella di adozione e trasformare un classico della cucina italiana, cacio  con le pere in un classico della cucina greca: il formaggio saganaki.
Per i chips di pera ho seguito la ricetta e le istruzioni  “frutta essiccata al naturale” di Carlo Cracco.


Ingredienti:
-          parmigiano reggiano poco stagionato
-          farina 00
-          olio di arachidi per friggere
Per la salsa di pere:
-          2 pere williams
-          un pezzo di zenzero fresco
-          1 cucchiaino di succo di limone
Per i chips di pera:
-          2 pere williams
-          100 gr. di acqua
-         100 gr. di zucchero semolato


Procedimento:
Per i chips di pera: mettere in un pentolino l’acqua con lo zucchero e far bollire per 2 minuti.
Lavare le pere, asciugarle e tagliarle a fette sottilissime,  quasi a carta velina. Immergerle con una pinza nello sciroppo, scrollare per togliere il liquido in eccesso  e metterle ad asciugare su carta forno. Adagiarle  quindi su una teglia  tra 2 fogli di carta forno e infornare a 70 gradi  controllando ogni tanto. A me mi ci sono volute 2 ore e per accelerare i tempi nell’ultima mezz’ora ho tolto la carta forno superiore.
Per la salsa: lavare la pera, sbucciarla e tagliarla a dadini.  Pelare e grattugiare lo zenzero, strizzarlo in una garza, raccogliere un cucchiaino e mezzo di succo e versarlo in un pentolino. Aggiungere il succo di limone e la pera.  Cuocere a fiamma bassa per un quarto d’ora, finchè la pera non diventi morbida, quasi a disfarsi.  Frullare con il minipimer e tenere da parte.
Per il saganaki: Prendere un pezzo di parmigiano reggiano poco stagionato e tagliarlo a fette uniformi  allo spessore di 1 cm. Metterle nel freezer per 10 minuti.  Versare la farina setacciata in un piatto (volendo si può insaporirla con della paprika affumicata).  Scaldare dell’olio per friggere in un tegamino. Il formaggio non va fritto in un bagno di olio, l’olio deve coprire fino a metà altezza il formaggio. Togliere il formaggio dal freezer e passare velocemente  una fetta alla volta sott’acqua corrente. Infarinare stando attenti che la farina attacchi su tutta la superficie del formaggio e friggere nell’olio bollente per circa un minuto per lato girando con attenzione.
Servire con la salsa e i chips di pere.





summer top ten

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anguria/karpouzi
Chi riesce a farne a meno? Non io sicuramente. L’anguria si vendeva soltanto intera e così la compravamo, mia madre la metteva nei suoi frigoriferi professionali e quando diventava bella fredda la tagliavamo e ci  tuffavamo il muso!



ouzo
Più tardi ho scoperto l’ouzo! Immancabile insieme a piatti e piattini con svariati stuzzichini, un tavolo in riva al mare e tanti amici per ridere e divertirsi!



ghemistà 
Non manca mai; nessuna famiglia greca lascia che passi un’estate senza preparare i ghemistà, da mangiare rigorosamente tiepidi o anche freddi.
ricetta


pesce fritto/psaria tiganità
E’ un altro must estivo. Accompagnato da  una buona retsina  fredda. (qui faccio un’eccezione, non essendo un  amante di questo vino).



vlita
Le erbe estive più amate sono queste.  Limone, sale  e olio, semplicemente!


moussakas
Immancabile soprattutto nelle liste delle taverne,  ormai sinonimo di gastronomia turistica insieme alla horiatiki, non si nega a nessun turista e neanche a me!!!


pannocchia arrostita/psitò kalampoki
Le invernali castagne cedono il posto alle estive pannocchie.  Arrostite per strada, salate e avvolte in un pezzo di carta, caldissime, squisite, essenziali. Le nostre passeggiate sul lungomare vacanziero si concludevano sempre con  una pannocchia da sgranocchiare. Anche adesso!



ypovrichio vaniglia
Uno dei più caratteristici dolci estivi di tanti anni fa,  riscoperto di recente. Zucchero e acqua, aromatizzato con vaniglia o mastiha, offerto in un cucchiaino immerso in un bicchiere di acqua ghiacciata da cui anche il nome: “sottomarino”.



birra ghiacciata
Si dice che la birra non deve essere bevuta ghiacciata, ma è l’unica cosa in grado di darmi una sensazione di freschezza nelle  torride estati greche.



amarene sciroppate/vyssino glykò koutaliou
In tutte le case greche si preparava questo dolce al cucchiaio da offrire insieme al caffè greco.  Un must dell’estate!







manestra colopimpiri

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Addentrandosi nella cucina corfiata ci si rende conto immediatamente come questa sia stata influenzata dalla dominazione veneziana, tanto nelle preparazioni quanto nei nomi delle varie pietanze. Qui, nomi che non esistono da nessun’altra parte del paese, sono o molto probabilmente erano  di uso quotidiano, di inequivocabile origine veneziana:  la strapatsada , biguli-sarsa finta, rosi bisi, scatocetti inumido, savuro (pesce in saor), sguatsetto, sofrito, porpetes, museto,  per citarne solo alcuni. Perfino il ribolido  ho trovato con mia grandissima sorpresa che recita più o meno così: qualsia cosa sia rimasta nella pignatta, bourdeto, salsa, fagioli e cavoli,  entrada (questo è un modo di preparare la carne), la sera stessa si rimette nella pignatta, adagiato su fette di pane fritto e strofinato con l’aglio. Si lascia per tutta la notte e il giorno dopo si scalda sul fuoco.Il ribolido veniva preparatο o perché non c’era cibo a sufficienza per tutti, o perché la donna di casa era presa da mille altri lavori e non aveva tempo da dedicare alla cucina. Arrivato fino alla seconda guerra mondiale, pare sia ormai estinto!...

La manestra  colopimpiri (collu pimperi) era un altro piatto della quotidianità isolana probabilmente estinto pure questo. Ingrediente indispensabile il pepe rosso dolce in abbondanza e i risoni che generalmente sono questi che si usano quando si prepara una "manestra". La “manestra” può essere più o meno asciutta e condita con limone oppure con un formaggio poco stagionato grattugiato.
La ricetta non prevede il peperone, è una licenza che mi sono presa io, così come il brodo vegetale.



Ingredienti:
-          1 carota
-          1/2 costa di sedano
-          1 cipolla bianca
-          1 pomodoro maturo
-          ½  peperone  verde corno tagliato a rondelle
-          olio evo
-          pepe rosso dolce
-          un pizzico di peperoncino
-          un pizzico di cannella (facoltativo)
-          brodo vegetale q.b.
-          200 gr. di risoni
Preparazione:
Per prima cosa preparare un bel soffritto all’italiana. Pelare la carota, sbucciare la cipolla e con un pelapatate togliere i filamenti dal sedano. Lavare le verdure, asciugarle e tagliare a piccoli cubetti. Versare dell’olio evo in una casseruola, scaldarlo e unire il battuto di verdure insieme al peperoncino. Cuocere a fiamma bassa per un minimo di  15 minuti ma si sa che il soffritto più cuoce meglio è quindi se avete tempo anche di più.  Se vedete che asciuga troppo aggiungere un poco di acqua calda. Versare  i risoni, tostarli per un paio di minuti finchè non diventano lucidi, aggiungere il peperone, il pomodoro grattugiato dai fori grossi della grattugia, abbondante pepe rosso, il pizzico di cannella (se la usate)  e versare  del  brodo  vegetale bollente fino a coprirli a filo. Se il brodo è già salato, non serve salare ulteriormente. Diversamente salare un poco e aggiustare verso fine cottura. Mescolare e lasciare cuocere  finchè non si assorbe il brodo, tenendo presente che i risoni cuociono mediamente intorno  7  minuti.  Per evitare di avere una minestra troppo brodosa, un poco va bene ma non deve essere una zuppa, meglio versare meno   brodo all’inizio e all’occorrenze aggiungerne dell’altro.
Servire con del limone oppure con un formaggio poco stagionato grattugiato.



 credits: corfù history


domatopita / pita ai pomodori

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Ci si rende conto  quasi  a conti fatti, quando il processo si è già concluso e la movida si è spostata! Locali di ogni genere, caffetterie, bar notturni, winebar, ristoranti e clubs  cominciano a spuntare come funghi  in un determinato punto della città, rendendolo il punto più hot di quel momento. Fu così che negli ultimi 2 anni la piazza di Aghia Eirini con l’omonima chiesa nella  zona di Monastiraki,  laddove prima c’erano negozi di scarpe e di  articoli religiosi è diventato un  must per gli ateniesi  che amano uscire, socializzare, le  cozy atmosfere  e le easy situazioni, in fermento quasi 24 ore al giorno!

Ma i fasti  della notorietà la piazza li aveva già conosciuti!
Il primo vescovado ateniese era la chiesa dedicata a Santa Irene, nella centralissima via Eolou nella quale il nuovo sindaco della città inaugurava il suo mandato. In questa chiesa si festeggiò  nel 1835 l’entrata in età adulta del giovane re Ottone, il quale non portava né corona né scettro dato che la nave che li trasportava non arrivò tempestivamente a destinazione!!! Qui nel 1838 ebbe luogo per la prima volta la funzione che designava il  25 marzo come giorno di festa nazionale,  anniversario della liberazione. Alla funzione fu presente il giovane re   che portava il tipico gonnellone. Nella stessa chiesa ebbe luogo la funzione  per il primo anniversario della Costituzione.
Esattamente di fronte  si trovava il Caffè d’Europa  che  funzionava  sin dai primi anni del regno di Ottone ed era il primo che disponeva di un biliardo. Quasi di  fianco,  nel decennio del 1830 aprì le sue porte il primo ristorante ateniese, il Petroupolis. Fino ad allora soltanto alcuni alberghi disponevano di un ristorante.  Da un cronista dell’epoca veniamo a sapere che i suoi clienti si pulivano le mani nella parte posteriore  del gonnellone del cameriere mentre nella parte davanti si puliva le mani soltanto lui.


Ingredienti:
Per la pasta:
-          100 gr. di acqua
-          200 gr. di farina 0
-          sale
-          1 cucchiaio di olio evo
-          1 cucchiaio di vino bianco secco
-          olio evo per spennellare i fogli della pasta
Per il ripieno:
-          1 cipolla bianca affettata sottilmente
-          3 – 4 pomodori tipo grappolo
-          50 gr. di feta sbriciolata
-          10 foglie di basilico spezzettate
-          3 cucchiai di olio evo
-          sale
-          pepe macinato fresco
-          una fetta di pane toscano raffermo
Procedimento:
Preparare un impasto con gli ingredienti della pasta e lavorarlo finchè non diventi lucido e sodo.  Formare una palla e lasciare riposare per mezz’ora.
Sbollentare per un minuto i pomodori , spellarli e tagliarli a dadini raccogliendo pure il succo che sicuramente rilasciano. Far appassire la cipolla in una padella nell’olio evo per una decina di minuti a fuoco basso, all’occorrenza aggiungere un cucchiaio di acqua. Unire i pomodori e cuocere a padella scoperta per circa 15 minuti. Tagliare la crosta del pane, tagliarlo a pezzetti piccoli e unirlo ai pomodori. Salare, macinare del pepe nero,, aggiungere il basilico e la feta, mescolare  e cuocere ancora per 5 minuti.  Ritirare dal fuoco e lasciare raffreddare.
Prendere l’impasto e dividerlo in 8 pezzi di uguale peso.  Tirare con il mattarello più sottile che si può il primo pezzo e stenderlo in una teglia oleata lasciando che fuoriescano il bordi. Oliare la pasta e procedere con altri 3 pezzi spennellando ciascuno con l’olio. In totale dobbiamo stendere 4 pezzi per la parte sotto evitando di oliare il quarto. Versare il ripieno e livellare bene. Piegare sul ripieno i bordi della pasta che fuoriescono e proseguire con gli altri 4 pezzi allo stesso modo, coprendo il ripieno e oliando tutti quanti, anche l’ultimo. Incidere la pita per come vorremmo tagliarla una volta cotta, senza però arrivare fino in fondo. Serve per far evaporare i liquidi ed evitare la pasta si afflosci.
Accendere il forno, modalità statica a 200 gradi e cuocere  per 15 minuti. Abbassare a 180 gradi e cuocere ancora per 40 minuti.

Togliere dal forno, lasciare raffreddare e servire come antipasto, spuntino o pranzo insieme a un’insalata verde.

Nota: per una teglia piccola, di diametro circa 22 cm.



credits: in2life


ghemista me kima / verdure ripiene di riso e carne

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 “Cosa ti preparo quando vieni”? ho chiesto a mia figlia verso metà maggio. “ghemistà” mi rispose  senza pensarci nemmeno per un attimo. Lei  che è cresciuta a suon di lasagne, tagliatelle,  tortellini, prosciutti e ciccioli….  In  particolare adora i pomodori. Ma no, mi disse suo padre quando gliel’ho raccontato.  Che pomodori vuoi trovare a maggio… Figurati….  Te li porto io, dall’orto.
Me li sono figurati infatti i bei pomodori maturati sulla pianta, rossi, sodi, profumati, zuccherini quanto basta e ho preparato un bel pasticcio di maccheroni rimandando più in là  il piatto di verdure che mette d’accordo grandi e piccini. Mai trovato nessun bambino che non le adori, in Italia come in Grecia.

La classica teglia,  in genere enorme, la più grande che ci sta nel forno,  prevede pomodori, peperoni, melanzane e zucchine.  Le verdure per me sono rigorosamente di un certo tipo e se non le trovo non sostituisco ma ometto. I peperoni devono essere verdi, piuttosto piccoli  e  sicuramente non carnosi. Peperoni rossi, gialli, arancioni, tutti carnosi, conferiscono  al piatto un sapore dolciastro che non gli si addice.  Le melanzane devono essere lunghe e possibilmente quelle striate. Le melanzane tonde sono troppo grandi, serve  troppo ripieno e si perde l’equilibrio  di sapore tra la verdura e il ripieno.  Le zucchine,  lunghe o tonde vanno entrambe bene; io uso quelle lunghe perchè sulla tradizione non transigo, ma voi usate quelle che volete; d'altronde le tonde sono più coreografiche e creano armonia di forme nella teglia! Stanno pure in piedi!!!!  I pomodori  d’altra canto sono più facili da trovare. Il sapore non sempre è garantito,  ma almeno si trovano  sempre quelli tondi, sodi e della giusta grandezza.

Il ripieno è di riso, su questo non si discute, si potrebbe discutere sul tipo di riso ma non ha senso trasferire le discussioni dato che riporterei nomi  di riso sconosciuti in Italia.  Riassumendo però: riso tipo parboiled oppure riso tipo arborio? Lavare il riso prima di usarlo oppure no?  Il dibattito è aperto.
La carne è un optional; la maggioranza dei greci li prepara senza,  anche io in genere, (qui  la versione vegan) ma le eccezioni ci stanno!
Per la quantità delle singole verdure regolatevi! Fosse per mia figlia dovrei fare una teglia solo di pomodori, fosse per me ne farei più peperoni!!!!
E un suggerimento: capita spesso che avanzi del ripieno o qualche verdure ne resti senza. In quest’ultimo caso poco male, ma se avanza del  ripieno bisogna trovargli  un contenitore. Io in genere ho qualche  pomodoro  di scorta; nel caso, svuoto e riempio.

Ingredienti:
-          3 pomodori
-          3 peperoni verdi
-          3 zucchine
-          3 patate
-          300 gr. di carne macinata
-          9 cucchiai colmi di riso arborio (calcolare un cucchiaio per ogni verdura) 
-          2 cipolle piccole tritata
-          1 tazzina e mezza da caffè di olio evo
-          prezzemolo tritato
-          menta tritata
-          sale
-          pepe nero macinato fresco
-          2 cucchiai di pangrattato
-          un pizzico di zucchero
Procedimento:
Lavare le verdure e asciugarle.  Tagliare una calotta ai pomodori dalla parte opposta  al torsolo (se riuscite non staccare completamente la calotta) e svuotarli  attentamente scavando  con un cucchiaino cercando di lasciare un poco di polpa attaccata alla buccia.  Raccogliere la polpa e i succhi in una ciotola. Spargere un poco di  sale in ogni pomodoro e capovolgerli. Tagliare la parte superiore delle zucchine e svuotarle raccogliendo la polpa in un'altra ciotolina. Se avete delle melanzane, fate esattamente come per le zucchine. Tagliare la calotta ai peperoni e pulirli da semi e filamenti.
Versare la polpa e i succhi dei pomodori nel frullatore e frullare. Tritare la polpa delle zucchine (e delle melanzane se ne avete).
In una casseruola  versare la metà dell’olio e rosolare la carne. Aggiungere la polpa delle zucchine e le cipolle e continuare ancora per 3 minuti. Unire il riso e mescolare. Versare la metà del pomodoro frullato, salare, pepare, versare una tazzina di acqua e cuocere  a fiamma bassa per 5 minuti. Dovesse servire aggiungere ancora un pochino di acqua, tenendo presente che il ripieno  deve risultare all’onda.  Ritirare dal fuoco, unire le erbe tritate, mescolare e lasciare raffreddare.
Riempire le verdure fino a ¾, coprirle con le loro calotte  e sistemarle in bella fila in una teglia da forno.  Le zucchine e le melanzane possiamo “tapparle” con la metà di un pomodorino o con il pomodorino intero se piccolo. Pelare le patate, lavarle e tagliare a spicchi. Salarle e distribuirle  intorno alla teglia e in mezzo alle verdure.Prendere il succo di pomodoro frullato rimanente e emulsionarlo con il resto dell’olio, sale e pepe. Con un cucchiaio versarlo sulle verdure. Infine mescolare il pangrattato con un pizzico di zucchero e  cospargere sulle verdure ma non sulle patate. Coprire la teglia con il coperchio oppure con un foglio di alluminio e cuocere a 180 gradi per mezz’ora.  Scoprire  e continuare la cottura ancora per 45 minuti.
Servire a temperatura ambiente rigorosamente  con un bel pezzo di feta.  




insalata di Mani / maniatiki salata

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Severa e parsimoniosa sono due parole che si addicono alla cucina di Mani   come del resto si addicono al suo territorio arido e secco. Pochi ingredienti, poche parole;  il “less is more”  è nato qui, d’altronde i vicini spartani si nutrivano con il brodo nero.
Data la scarsità degli ingredienti e le difficoltà di conservazione, l’affumicatura delle carni ( di maiale soprattutto)  e dei pesci,   e l’essicazione delle erbe selvatiche erano  tecniche molto usate.  I piatti  di profumano con la cannella,  i chiodi di garofano, il cumino, le  arance, la menta,  il finocchietto selvatico, il sedano e il prezzemolo. Caposaldo e ingrediente fondamentale  resta l’olio di oliva mentre legumi e verdure completano l’alimentazione locale.
Probabilmente  il prodotto più rappresentativo di questa cucina è il sygklino: carne di maiale salata,  affumicata con rametti di salvia, e successivo bagno in olio, succo di arance e acqua. Si conserva in vasi coperto di strutto.
Per consumarlo, si usa bollire la quantità desiderata  in acqua con pezzi  di arancia e lasciato raffreddare.  Quest’insalata l’accompagna divinamente!


Ingredienti:
-          4 patate  medie lessate
-          1 arancia pelata a vivo
-          1 cipolla affettata sottilmente
-          una decina di olive nere
-          olio evo
-          sale, pepe verde
-          origano
-          1 cucchiaino di un buon aceto di vino bianco
Procedimento:
Tagliare a spicchi o a rondelle le patate e sistemarle sul piatto.  Salare, macinare del pepe verde, spargere l’origano  e spruzzare con l’aceto. Aggiungere l’arancia tagliata a spicchi o a rondelle, la cipolla e le olive. Versare l’olio.

Servire a temperatura ambiente per accompagnare  del capretto arrosto in mancanza del sygklino!




se voglio un buon espresso volo ad Atene

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Se fate parte di quella nutrita  schiera di persone che dopo qualche giorno di permanenza all’estero cominciano ad avere nostalgia della pasta italica, della pizza italica, dell’espresso italico e cominciate a lamentarvi  perché credete che all’estero nessuno prepari né pasta né pizza né espresso degni di questo nome, almeno per quanto riguarda l’espresso dovete aggiornarvi e riconsiderare la situazione.

Al “World Barista Championship”  svoltosi  a giugno a Rimini, preparando 4 espresso, 4 cappuccini e 4 drinks analcolici a base di caffè, tutto  in 15 minuti, si sono classificati nell’ordine:
Primo: Hidenori Izaki, Giappone
Secondo: Kapo Chiu, Hong Kong
Terzo: Christos Loukakis, Grecia


Tra 54 concorrenti  provenienti da tutto il mondo,  il barista greco si è aggiudicato il terzo posto utilizzando per l’espresso  la varietà red Catuai (Coban -Guatelama),  per il  cappuccino il Pacamara (Santa Ana)  e  per il drink di sua ispirazione il Geisha (Panama).

Se invece oltre  all’espresso amate anche il caffè filtro (all’americana per intendersi)  sempre ad Atene trovate il campione mondiale. Stefanos Domadiotis si è aggiudicato il primo posto al campionato mondiale Brewers, utilizzando la varietà Geisha del Panama. La precisione nella macinatura, il controllo della durezza dell’acqua e la temperatura di estrazione gli hanno regalato la vittoria!

Tutt’e due  i ragazzi li si trova al TAF Coffeein via Emmanouil Benaki 7 - 9, accanto a piazza Omonoia, nel centro di Atene.  



Le foto dalla pagina  di fb del TAF Coffee.

la pita a pizza

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Quello che troviamo sin dalla nascita crediamo  o che  sia sempre esistito o che la sua nascita risale a tempi remoti, nell’era giurassica,  finchè non arriva un’informazione inaspettata e ci fa collocare correttamente nel tempo la nascita di quello  pensavamo senza inizio!
Vale per tante cose, soprattutto per quelle che entrano nel quotidiano e non hanno  un’attribuzione precisa di paternità,  ma sono il risultato di tante componenti e circostanze, a volte frutto di casualità  ma  anche di eventi funesti come le guerre e le occupazioni.
A un  periodo funesto appunto si colloca la nascita della pita, quella del  souvlaki con la pita, il pita gyros, il cibo probabilmente più amato dai greci e anche dagli stranieri che in Grecia ci vanno.  Abbiamo creduto che sia sempre esistito, che faccia parte della nostra immutabile tradizione, ma le cose non stanno esattamente così.  Intanto è un’ invenzione recente e non ha nulla a che fare con la cucina turca, come sono in  tanti  a credere.  La paternità  è greca, semmai  di ispirazione italiana! Eh si, perché pare che durante la seconda guerra mondiale , gli  occupanti italiani hanno preteso e conseguentemente   insegnato ai fornai greci di preparargli  le friselle, avendo bisogno di un pane di lunga conservazione.  I fornai greci che conoscevano  e preparavano un tipo di pane dell’Asia Minore simile alla pita hanno evidentemente coniugato le due techinche,   dando  inizio all’ascesa  gloriosa di un pane così versatile che si presta a svariate preparazioni!  
I forni di Hatzis e di Lambrakis a Nikea (comune  limitrofo  del Pireo) sono stati i primi  al mondo a produrre  la pita per souvlaki.
La prima azienda di produzione di pita invece è del 1952, costituita dai fratelli Antonis e Kyriakos Papadopoulos originari della Grecia del nord. I due  fratelli,  hanno subaffittato un forno a legna  dove andavano la sera presto per impastare e cuocere le pites che impilavano in cartoni e cassette e  distribuivano con carretti e  tricicli, pure a piedi. Per i percorsi più lontani usavano l’autobus dato che le auto private erano  allora un genere di lusso. La produzione ammontava  a 200-300 pites all’ora e si vendono a  4-5 decimi di dracma. I fratelli dovevano lasciare il forno alle 3 del mattino perché a quell’ora cominciava la produzione del pane.
Oggigiorno le pites si cuociono in forni elettrici su nastri mobili e la produzione ammonta ad almeno 250.000 al giorno. Buona parte  si esporta.
Stralcio dall’’intervista di Kostantina Hasioti al FOOD (greek pita) al n. 14-Marzo 2007.

  
Ingredienti:
Per il pesto:
-          una manciatina di pistacchi non salati
-          1 spicchio di aglio
-          1 foglia di menta fresca
-          2 cucchiai di olio evo
-          un pizzico di sale
Pestare i pistacchi nel mortaio con l’aglio,  la foglia di menta e il sale . Aggiungere l’olio a filo  mescolando. In alternativa frullare tutto insieme.
Poi:
-          1 pita per souvlaki (ricetta)
-          1 fetta di prosciutto cotto tagliata a strisce
-          1 bastoncino (circa 30 grammi) di feta
-          1 manciatina di ribes
-          qualche foglia di sedano verde
-          un cucchiaio di olio evo
Versare l’olio in un padellino e saltare leggermente i ribes. Toglierli e nello stesso padellino  scaldare la pita da ambo i lati per un minuto per lato. Togliere dal fuoco e stendere sulla superficie intera uno strato di pesto e poi distribuire nell’ordine, il prosciutto, i ribes, la feta sbriciolata e le foglie di sedano tritate.

Finito!!! Saporito quanto basta!



credits: 24grammata



peperonata/πεπερονατα το απολυτο καλοκαιρινο must

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Προφανως   ο πρωτος ευρωπαιος που γευτηκε  την πιπερια  ηταν ο Χριστοφορος Κολομβος.  Ξεμπαρκαρισε στην Αμερικη και αναμεσα στα πολλα και διαφορα πρωτογνωρα που ειδε και δοκιμασε, ηταν και η πιπερια. Μμμμμμμμ, καλο ειναι, δυνατη γευση αλλα καλο, θα μπορουσε και να ειναι φαγωσιμο, σκεφτηκε και τις πηρε μαζι του.
Στην Ευρωπη οι πιπεριες επιασαν, και  ετσι  λοιπον  τις  αποκτησαμε !  Και απο κει που οι πικαντικες γευσεις ηταν σχεδον αποκλειστικο  προνομιο των πλουσιων, μην ξεχναμε οτι τα μπαχαρικα ηταν πανακριβα τοτε, εξαλλου και ο Κολομβος   ηθελε να  βρει  συντομο δρομο για την προμηθεια των μπαχαρικων, ξαφνικα πλουσιοι και φτωχοι ειχαν προσβαση στην πικαντικη γευση. Μαλλον τοτε οι πιπεριες  δεν ηταν ακριβως ετσι οπως  γνωριζουμε  που ειναι πια  ολογλυκες.  Εξαλλου και το ονομα “πιπερια” πηγαζει απο το  λατινικο “piper”  δηλαδη πιπερι.  Ειμαι πεπεισμενη οτι η αρχουσα ταξη δεν ηταν και πολυ ευχαριστημενη  που   κουτσοι στραβοι  ολοι  στον Αγιο Παντελεημονα,  δηλαδη ολοι πικαντικο τρωμε και μαλλον ετσι εξηγειται
οτι ενω ο λαουτζικος του εδινε και καταλαβαινε με τις πιπεριες, στα συνταγολογια καν  δεν αναφερονταν δεδομενου οτι  τα συνταγολογια ηταν γραμμενα απο τους μαγειρες των παλατιων που αλλη εννοια δεν ειχαν να ασχολουνται με το τι τρωει ο λαος . Φανταζομαι οτι και ο λαος αλλη ορεξη δεν ειχε παρα να ασχολειται με συνταγολογια που εγραφαν οι μαγειρες των παλατιων .  Και πως  να τα διαβασει κιολας αφου στην μεγαλη πλειοψηφια ηταν αγραμματος!...
Πρεπει  να φτασουμε στο 1781 για να βρουμε την πρωτη αναφορα στις πιπεριες σε συνταγολογιο.  Στο βιβλιο  του “H πυθαγορικη τροφη”  οπου για πυθαγορικη τροφη  εννοει την χορτοφαγια, ο Vincenzo Corrado τις αναφερει ως πεπαρολο, τροφη χωριατικη και αξεστη, αλλα γευστικη,  που  καταναλωνεται κυριως  στην ευρυτερη περιοχη της Ναπολης!! Λεει μαλιστα  και πως τις μαγειρευουν: τις φιαχνουν γεμιστες,  φιαχνουν την πινιακκατα,  τις φιαχνουν αλα ραμολατα, αλα παστεττα,  με πουρε ντοματας. Για αυτο το τελευταιο  μας εξηγει πως  φιαχνεται:  ψηνοντα (oι πιπεριες εννοειται)   σε νερο και αλατι με ριγανη και μαιντανο και σερβιρονται με πουρε ντοματας, με κοκκινη σαλτσα δηλαδη!
Οσον αφορα τον μεγαλο γαστρονομο, Pellegrino Artusi,  το οτι δεν τις πολυπαει ειναι  εμφανες αφου τις αναφερει μονο απο σποντα:  τις βρισκουμε στο caciucco, στην salsa verde οπου παιρνουν την θεση της καπαρης  και σε μια σαλτσα  πιπεριας. Ψιλοπραμματα δηλαδη!!!
Παραδοξως η πρωτη συνταγης της πεπερονατας  γραφτηκε  κατα τον πρωτο παγκοσμιο πολεμο, απο εναν αξιωματικο που ηταν  κρατουμενος σε  καποιο αυστριακο στρατοπεδο αιχμαλωτων. Μαλλον απο νοσταλγια και  για να περασει η ωρα εγραφε με τους συγκρατουμενους του συνταγες, προφανως αυτες που μαγειρευε η μαμα του η η γυναικα του και του θυμιζαν σπιτι, σπιτι, σπιτι..... Γραφει λοιπον για την πεπερονατα:  ολα ωμα, πιπεριες κομμενες σε μικρες λουριδες, κρεμμυδια κομμενα σε ψιλες φετες, ντοματα κομμενη σε κομματακια, λαδι, αλατι, πιπερι,και ψηνουμε. 

Υλικα:
-          3 πιπεριες διαφορα χρωματα
-          2 ασπρα κρεμμυδια κομμενα σε φιλετα
-          1  φλυτζανι πουμμαρο
-          μια χουφτα μαυρες ελιες ξεκουκουτσιασμενες κομμενες σε κομματακια
-          ενα κουταλι καπαρη στο ξυδι
-          4 κουταλια λαδι
-          μισο φλυτζανακι καλο ασπρο ξυδι
-          αλατι
Διαδικασια:
Κοβουμε το κοτσανι απο τις πιπερις, βγαζουμε ινες και σπορια και τις κοβουμε σε λωριδες, περιπου 2/3 εκατοστα φαρδος. Ζεσταινουμε το λαδι σε τηγανι και ριχνουμε τα κρεμμυδια. Μολις μαραθουν ριχνουμε την ντοματα και ψηνουμε για μερικα λεπτα σε χαμηλη φωτια. Προσθετουμε τις πιπεριες, σβηνουμε με το ξυδι και αλατιζουμε. Μετα απο δεκα λεπτα περιπου ριχνουμε τις ελιες και την καπαρη και συνεχιζουμε το ψησιμο μεχρι να μαλακωσουν εντελως οι πιπεριες, περιπου μιση ωρα.
Τρωγεται  χλιαρη η κρυα. Οπως αγαπατε.
Συνοδευει αριστα ψητα κρεατα. Επισης την χρησιμοποιουμε ως σαλτσα σε ζυμαρικα.
Εαν θελουμε ξεφλουδιζουμε τις πιπεριες. Μπορουμε να βαλουμε και σκορδο και  να παραλειψουμε τις ελιες και την καπαρη που εξαλλου ειναι δικη μου προσθηκη.


Pignaccata, ramolata, pastetta. Vi dicono qualcosa questi termini? A me proprio nulla e probabilmente è così per tutti.  Ma erano termini che si usavano intorno al 1700, erano dei modi di preparare i peperoni nel napoletano. Così almeno ci dice Vincenzo Corrado e se lo dice lui bisogna credergli.  I termini si trovano nel suo libro “il vitto pitagorico”, da intendersi come “alimentazione vegetariana” dato che Pitagora era un fervente sostenitore del mangiare vegetariano.  E’ lui (non Pitagora, alla sua epoca i peperoni esistevano probabilmente ma non dove visse lui) che fornisce la prima testimonianza del “mangiare i peperoni”. Stranamente,  fino ad allora non ci sono state  testimonianze scritte dell’ortaggio che sbarcò dalle Americhe insieme a Cristoforo Colombo. Dalla sua comparsa in Europa fino al libro di Corrado, silenzio! Ma anche in epoche più recenti non trovò tanta fortuna nei ricettari. Artusi ne scrive qualcosa, ma di poco conto. Lo cita nel caciucco, nella salsa verde e poco più. Insomma, bazzecole!    
Eppure il popolo i peperoni li mangiava alla grande e  senz’altro ci faceva la peperonata, tanto che la prima ricetta scritta è dovuta a un ufficiale  che rinchiuso in un campo di prigionia austriaco durante la prima guerra mondiale, probabilmente per crearsi una  parvenza di normalità,  insieme ai suoi commilitoni hanno scritto le ricette che si cucinavano a casa:
Tutto a crudo: peperoni tagliati a strisce, cipolle tagliate a fette sottili, pomodoro a pezzi piccoli, sale, pepe, olio. Cuocere.
Le notizie  da  questa divertente  e istruttiva trasmissione radiofonica.

Ingredienti:
-          3 peperoni di colori diversi
-          2 cipolle bianche tagliate a filetti
-          1 tazza di passata di pomodoro
-          una manciata di olive nere denocciolate e tagliate a pezzi
-          1 cucchiaio di capperi nell’aceto
-          4 cucchiai di olio evo
-          mezza tazzina da caffè di un buon aceto bianco
-          sale
Procedimento:
Tagliare il gambo ai peperoni, pulirli di filamenti e semi e lavarli. Tagliarli a strisce di 2/3 cm. di larghezza. Scaldare l’olio in una padella e far appassire le cipolle. Versare la passata di pomodoro e far insaporire per qualche minuto. Aggiungere i peperoni, sfumare con l’aceto e  salare. Cuocere per una decina di minuti, unire le olive e i capperi. Coprire  la padella e cuocere per una mezz’ora o finchè i peperoni non saranno belli morbidi.




pomodorini sciroppati / domataki glyko koutaliou

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Anche i mercati all’aperto hanno la loro storia!  Quale sia quella italiana lo ignoro, altrettanto ignoravo quella dei mercati greci  fino a qualche giorno fa, quando ho letto della loro nascita su questo bel blog  dove mi fermo volentieri ogni tanto, essendo dedicato al Pireo.
Nati nel  1929 su decisione dello statista  Eleftherios Venizelos, che tra  parentesi  con mia grande sorpresa  qualche anno fa  ho visto una sua statua al museo di Pallanza (VB), la gente inizialmente li chiamava “nuovo mercato”, ma questo  termine non ha  mai attecchito. Nei mercati si poteva far la spesa direttamente dai produttori senza l’intermediazione dei commercianti. Freschezza dei prodotti e prezzi bassi sembrava fossero sufficienti per attirare la gente ma all’inizio non fu così.   Un po’ per le proteste degli intermediari che si vedevano sottrarre una fetta di affari,  un po’ perché la gente  era diffidente temendo  che i venditori potessero imbrogliarli sul peso, il nuovo mercato faticava a decollare.
Tuttavia, appena due mesi dopo,  le cose cambiarono radicalmente.  In un  contesto di sviluppo della fiducia verso la nuova istituzione, in ogni mercato il primo banchetto fu della polizia annonaria munita di bilancia, di modo ché  il cliente potesse  fermarsi a quel banchetto e far controllare il peso della merce acquistata.


La sua presenza non era silenziosa come si potrebbe supporre. Ogni tanto  a voce alta: “attenzione, l’infrazione aspetta al varco”.  E l’infrazione era salata, 300 dracme, vale a dire praticamente tutto l’incasso.  L’ispettore sanitario era un’altra presenza fissa  oltre all’ annonaria. Girava tra i banchetti, ficcava il naso, controllava, e se  trovava della merce non adatta al consumo, la prendeva e la buttava direttamente nell’immondizia. Dal bancone all’immondizia! Nessuno protestava. L’infrazione si elevava soltanto in caso di protesta!!!
I mercati hanno avuto un ruolo centrale nella vita greca. Oltre al ruolo svolto nell’economia, sono stati centri di propaganda elettorale.  Non c’è stato un candidato che fosse uno, sia alle elezioni comunali che nazionali, a non far visita almeno una volta al mercato.


Ingredienti:
-          500 gr. di pomodori piccoli, fondamentale che siano sodi  (io ho preso i ciliegini)
-          300 gr. di acqua
-          380 gr. di zucchero semolato
-          1 bastoncino di cannella
-          5/6  chiodi di garofano
-          qualche goccia di essenza di vaniglia
-          il succo di mezzo limone
Procedimento:
Lavare i pomodorini. Con un coltello affilato incidere una piccola croce alla parte opposta al picciolo senza andare in profondità  e spremerli leggermente per far uscire i semi.  Scottarli per un minuto in acqua bollente, scolarli e immergerli in una bacinella con acqua ghiacciata. Spellarli, questo è un lavoro certosino trattandosi di ciliegini, ma va fatto. Le bucce si possono essiccare e tritare per usarle come condimento di insalate o anche di pasta fredda .  Dopo averli spellati, con uno stuzzicadenti bucarli da una parte all’altra partendo dal picciolo (questo non ho capito  a cosa serva ma ho ubbidito!).
Mettere a bollire l’acqua con  tutti gli ingredienti eccetto i pomodorini.  Contare dieci minuti da quando l’acqua stacca il bollore e immergere i pomodorini. Far bollire per circa 20 minuti. I pomodorini devono ammorbidirsi ma assolutamente non disfarsi. Anzi, se restano un pochino croccantini io lo preferisco.   Spegnere il fuoco e lasciarli nello sciroppo per tutta una notte. Il giorno successivo togliere con una schiumarola i pomodori e controllare lo sciroppo  che versata qualche goccia in un piattino deve poter essere solcato con un coltello senza rinchiudersi immediatamente. Se è troppo liquido, far bollire ancora per il tempo necessario controllando ogni tanto, se viceversa è troppo denso, diluire con un poco di acqua e far bollire fino al risultato desiderato.
Quando lo sciroppo è pronto, immergere i pomodorini, prendere la pentola dai due manici (con le presine mi raccomando!) e muoverla ciclicamente per 5 minuti. In questo modo lo sciroppo permea i pomodorini rendendo ogni boccone una dolce delizia!  Mettere in vasetti sterilizzati, versare lo sciroppo fino a coprirli, chiudere e conservare in frigorifero.
Come mangiarli? Serviti in un piattino con il caffè greco e un bicchiere di acqua ghiacciata è il modo classico e infallibile! Oppure con lo yogurt, usarli per un cheesecake, ma secondo me il modo migliore è con un tomino di capra su pezzo di pane abbrustolito!


Il metodo è diElenae funziona! Grazie Elena.



credits: Pireorama
           Syntages tis kardias

all'isola: cosa comprare

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Per fortuna i miei amici e conoscenti italiani amano la Grecia e ci vanno!  Fortuna loro che scelgono dei luoghi incantevoli per fare le vacanze, ma fortuna anche mia. Perché non appena sento che uno chiunque abbia  scelto la  Grecia, mi informo dove esattamente va  e subito dopo  comincio le mie ricerche: che prodotti tipici ci sono in quel luogo, in quell’isola, in quel paese di montagna? Alle ricerche  seguono le richieste: mi porti questo, quell’altro e quell’altro ancora?  Nessuno mi dice di no!
Se anche voi volete sapere cosa ordinare o meglio ancora cosa chiedere in loco, ecco alcune isole e le loro specialità. (I parte qui).


Kos:  Uno degli autentici sapori dell’isola è il “krasotyri”,  “il diamante di Kos” come viene chiamato, formaggio  stagionato  in salamoia arricchita con vinacce. Il  suo sapore aromatizzato  di vino si abbina perfettamente all’anguria.  Da compare i pomodorini sciroppati.
Kalymnos:   L’isola  dei pescatori delle spugne  è indissolubilmente legata al mare. Il polpo è il protagonista assoluto in cucina e si prepara in tanti modi. Uno su tutti i famosi chtapodokeftedes (polpette di polpo). Le krithokouloures (pane biscottato) si impastano con semi di finocchio, mastiha e nigella. Con questo pane biscottato si prepara il mirmizeli. Le donne dei pescatori preparano il nero di seppia e le sarde sotto sale. Da assaggiare lo “spinialo” un mezes (stuzzicchino)  con pinne(molluschi), ricci e razza, tutto quanto  conservato in acqua marina.
Leros:  All’isola dai ritmi lenti si mangia i “koukouvades” che altro non sono che triglie con rosmarino e uvette. Tradizionali gli “amygdalota” (dolci con farina di mandorle) , dai classici sino a quelli farciti con arancia. Per dissetarsi chiedete la soumada (bevanda analcoolica di mandorle).
Limnos: L’isola di Efestos è famosa per i  suoi formaggi;  melichloro, kalathaki  (DOP) e kaskavali oltre che per le paste fatte a mano: aftoudia, makarounes e flomaria. Da provare  il vino dai vitigni “moschato limnou”.  Da non dimenticare i dolcetti tradizionali “venizelikà” con mandorle e cioccolato ricoperti di  glassa alla vaniglia, dedicati  dagli isolani allo statista Eleftherios Venizelos.


Lesvos:  Le sarde sotto sale e l’ouzo sono il  marchio  dell’isola, ma c’è anche tanto altro, come “l’oro liquido di Omero”  ossia l’olio di oliva, il sale del golfo di Kalloni, il ladotyri (formaggio dal sapore leggermente piccante), le paste fatte a mano, le hahles (pastina locale), i liquori e le confetture.
Ikaria:  E’ uno dei pochi luoghi del mondo studiati per la longevità dei suoi abitanti. Cosa mangiano e vivono così a lungo e soprattutto arrivano in età avanzata  in buona salute? Olio di oliva, il “kathoura” che è un  formaggio di capra conosciuto già dal 17mo secolo, capra selvatica, erbe selvatiche, pesci, “kaisià” (un tipo di albicocca da fare sciroppata), miele,  petali di rosa canditi. Per bere, un vino rosso dai locali vitigni Fokianò e Begleri.
Syros:  Nel capoluogo delle Cicladi non dimenticare assolutamente il San Michali, (formaggio DOP), i loukoumia, le halvadopites,  la pasta  di finocchietto selvatico, i capperi, il miele di timo e la louza  (salume aromatizzato con pimento e cannella.)
Naxos:  Il “arsenikò” e la “graviera di Naxos” , quest’ultimo è DOP,  sono i formaggi  isolani più conosciuti.  Conosciuta anche la sua patata DOP e il tradizionale liquore di cedro.  Gli animali che crescono sull’isola forniscono le carni che consumerete!
Kythira: Nell’isola di Afrodite troverete il miele al timo, iladopaximada,  eccellente olio di oliva, il “fratsia” (formaggio affumicato con erbe aromatiche) le paste fatte a mano e il  “fatourada” liquore fatto con tsipouro, cannella, chiodi di garofano e miele.
Skopelos:  Frutta e verdura candita e sciroppata sono tradizionali nell’isola di “mamma mia”! Oltre, formaggio di capra e miele.
Samothraki: Dall’unico caseificio dell’isola escono graviera, kaskavali, formaggio sarakatsaniko  e feta.
Egina: Qui basta una parola: pistacchi! Cos’altro chiedere all’isola dei pistacchi???



credits: lifo
foto credits: athinorama
                    my greek taste
                     gastronomos
                     cycladia

kalogeros di Naxos

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“Grande dolcezza  aveva  questa isola, grande tranquillità, bonari  i volti delle persone, mucchi di meloni, pesche, fichi, e il mare calmo. Guardavo la  gente,  mai queste persone sono state  spaventate  da terremoto o da turco…. . Qui la libertà  ha cancellato  la brama  di libertà e la vita si stendeva  acqua  tranquilla  felice,  e se anche qualche volta  di increspava mai diventava  tempesta.  Sicurezza era il primo  dono dell' isola che ho sentito passeggiando a  Naxos, sicurezza e dopo un paio di giorni noia. Abbiamo conosciuto un ricco naxiota, il signor  Lazaros  che aveva  uno splendido frutteto a  Engares, a un'ora dal paese, ci ha invitato,  ci siamo  stati due settimane,  che  abbondanza,  quanti alberi carichi di frutti, che felicità! Creta è diventata  racconto, tempestosa  nuvola lontana, mai paura e sangue e battaglie di libertà, tutto si  scioglieva   e si liquefaceva   in questa  sonnolenta beatitudine di Naxos. "

Nikos Kazantzakis nel 1897 all’età di 14 anni, allo scoppio di una delle innumerevoli  ribellioni dei cretesi contro l’occupazione ottomana, si trasferì con la sua famiglia a Naxos.
La descrizione dell'isola  è tratta  dal suo libro “Riferito a Greco”.


Ingredienti:
Per la carne:
-          ½ kg. di  di carne bovina per umidi (io ho preso il taglio reale)
-          battuto di cipolla, carota e  poco sedano
-          mezzo bicchiere di vino rosso
-          una tazza da thè di passata di pomodoro
-          1 foglia di alloro
-          1 pizzico di chiodi di garofano in polvere
-          1 pizzico di cannella in polvere
-          sale
-          pepe nero macinato fresco
-          4 cucchiai di olio evo
Per le melanzane:
-          4 melanzane rotonde ma non eccessivamente pasciute meglio un po’ allungate
-          sale
-          farina per infarinare
-          olio per friggere (io uso quello di arachidi)
Per finire:
-          4 fette di formaggio fontina (va bene anche il provolone dolce, volendo l’emmenthal)
-          4 rondelle di pomodoro fresco
-          un pizzico di cannella
Procedimento:
Per prima cosa ho preparato la carne in umido.  Ho versato l’olio in una casseruola  e ho rosolato la  carne a fuoco vivo. L’ho tolta dalla casseruola e sistemata in un piatto. Nella stessa casseruola  ho messo  il battuto di cipolla, carota e sedano. Ho abbassato il fuoco e ho lasciato stufare le verdure per circa 15 minuti. Ho rimesso la carne nella casseruola  e ho sfumato con il vino. Dopo qualche minuto ho aggiunto la passata di pomodoro  e tutte le spezie. Ho salato e lasciato cuocere per  2 ore e mezza  controllando  ogni tanto i liquidi. Sostanzialmente ho fatto  uno stracotto.  Ho ritirato dal fuoco e lasciato raffreddare.  Successivamente ho tagliato a fette.  Se si disfano un po’ fa niente, anzi pure meglio!


Un’ora prima di fine cottura della carne ho preso le melanzane, le ho lavate, asciugate e tagliato il picciolo. Dopodiché le ho tagliato a metà per la lunghezza.  In ogni metà ho praticato dei tagli  a rombi  non troppo profondi, ho cosparso del sale fino e le ho messe capovolte su una gratella.   Dopo un’ora le ho prese, asciugate con della carta assorbente e infarinate leggermente. Ho scaldato l’olio per friggere in una padella e ho fritto leggermente le melanzane. Quello che basta per ammorbidirle. Non le ho salate dato che le avevo già cosparse di sale prima di farle spurgare.
Indi, ho preso le melanzane e le ho adagiate su una teglia. Ho sistemato sopra ognuna un cucchiaio di fondo di cottura,  una fetta  di carne, una rondella di pomodoro, ho salato leggerissimamente il pomodoro, una fetta di formaggio e infine un pizzico di cannella in polvere.
Ho  frullato il fondo il restante  fondo  di cottura  della carne, l’ho versato  sul fondo della teglia e ho infornato per 10 minuti a 190 gradi.


credits: naxos.gr


loukoumarte a Syros

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Rossi dalle rose , gialli dalla mastiha  e verdi dal bergamotto, 10.000 loukoumia diventano fonte di ispirazione per artisti che creano dolci  opere d’arte. Che si tratti di cuori oppure di ancore gli artisti  si ispirano al dolce bocconcino dalla forma di  tessera di mosaico.
Syros (isola cicladica e capoluogo delle cicladi) diventa  “loukoumarte” e festeggia per il secondo anno il loukoumi con un festival dedicato.
Mosaici composti dai “turkish delight”, il 23 e 24 di agosto ad Ano Syros e a Ermoupolis saranno esposti come opere d’arte dentro cornici di legno. Ma siccome oltre la vista anche la gola reclama la sua parte i produttori dei bocconcini più golosi dell’isola li offriranno ai visitatori con l’accompagnamento di  musica jazz, fisarmonica e rebetika.
Il primo giorno i dolcetti si potranno ammirare dentro cornici di legno di 70 x 70 cm dopo che è stato tolto lo zucchero a velo di cui sono cosparsi. Alla fase finale verranno spruzzati di acqua per far risaltare il loro colore.
E mentre ad  Ano Syros ogni artista è libero di esprimersi come desidera,  a Ermoupolis si preparerà un grande mosaico composto da 9 cornici che formeranno un’unica immagine  di 4 metri quadrati, dedicata  al teatro Apollon che festeggia 150 anni di attività.

Far diventare istituzione e attrattiva il festival del loukoumi a Syros è l’obiettivo espresso  da Haris Bekris, presidente del Forum 20.21, associazione culturale delle Cicladi che si candida a capitale culturale europea del 2021.

Qui la storia dei loukoumia.



credits: clickatlife

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